mercoledì 31 agosto 2022

Il castello di mercoledì 31 agosto


 
JOPPOLO (VV) - Torre Parnaso

Detta anche Torre di Joppolo o Torre Saracena, si trova lungo la costa meridionale del territorio di Joppolo, al confine con Nicotera. E' una struttura di forma circolare con ingresso al primo piano, a cui si accede mediante una scala esterna. All’interno è presente un focolare utilizzato in passato per le segnalazioni di pericolo: di giorno si effettuavano segnali di fumo, di notte si accendeva il fuoco sulla sommità della torre. L’edificazione della Torre coincide con la fondazione della vicina Joppolo, quando Carlo D’Angiò affidò ad un suo ufficiale Artemidoro Joppolo queste terre che andavano difese. Il soldato del Re valutò un posto in altura adatto a sorvegliare dallo Stretto di Messina fino a Capo Vaticano scegliendo il promontorio più aperto e più in alto. La Parnaso è una delle torri più giovani dell’intero Regno di Napoli, sorse appunto a cavallo tra il XIV ed il XV secolo. Di forma circolare, Parnaso era adatta ad ospitare la sentinella a cavallo (per cui cavallara); ciò permetteva un più facile galoppo del destriero che doveva avvisare il conte del pericolo. La torre venne edificata con materiali più resistenti del solito poiché sottoposta alle intemperie marine ed ai continui attacchi di artiglieria nemica. Tuttora dal lato mare della torre è possibile scorgere ancora i segni di bombardamenti da parte delle navi turche. Delle mura merlate oggi rimane ben poco, il tempo e le intemperie marine hanno corroso il marmo grigio autoctono. Aveva un cannone del calibro di 18 coll’impresa della Terra, e coll’epigrafe Joppolo: esso fu preso da alcuni lancioni inglesi nel tempo dell’occupazione militare, quando (prestando fede a quel che ci narrarono gli abitanti) si era quivi armata una lancia dal Governo dell’occupazine medesima. La scaletta che era ubicata de visu le campagne permetteva alla sentinella di soggiornare e di accudire il fuoco che sarebbe servito, per avvisare il borgo quando in lontananza veniva scorta una nave moresca. Fu Ermenegildo Sintes, ingegnere della Real Corte di Napoli, mandato in Calabria con altri tecnici dopo il terremoto del 1783, a lasciarci la pianta di riforma per Tropea e per le torri da Zambrone a Nicotera (uno schizzo a penna su carta) ai fini del loro restauro. Tale prezioso documento, culturale e scientifico, si trova in parte ne “Il progetto della forma” del prof. Ilario Principe, Gangemi Editore Napoli 1985. Torre Parnaso rientrava con la lettura di questo documento di diritto nei monumenti da riedificare ssegnale chiaro che ancora in età borbonica era viva la pirateria. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=KmbhCJgdUJM (video di TL FLY CAM), http://www.vibonesiamo.it/wordpress/2015/02/18/torri/, https://www.ilvibonese.it/cultura/11639-torre-joppolo-vibonese-parnaso-rogito-notarile-preiti/, https://www.youtube.com/watch?v=vL5UqivgAgQ (video di Tonino Campisi), https://www.youtube.com/watch?v=9medQ8NiYzk (video di LaC)

Fonti: https://www.calabriaportal.com/joppolo/286-joppolo.html#torre-parnaso, testo di Maria Lombardo su https://www.calabria.travel/storia-della-calabria/torre-parnaso-di-nicotera-la-dominatrice-della-costa-dei-calamaci/

Foto: la prima è presa da https://catalogo.beniculturali.it/detail/ArchitecturalOrLandscapeHeritage/1800157539, la seconda è presa da https://www.facebook.com/CalabriaMystery/photos/joppolo-vv-torre-di-parnaso-o-torre-saracena-simbolo-di-joppolo-e-una-delle-anti/649322728433402/

martedì 30 agosto 2022

Il castello di martedì 30 agosto

 



TORELLA DEI LOMBARDI (AV) - Castello Candriano (o Ruspoli)

La sua origine si fa risalire al periodo in cui l'imperatore Ludovico II risolse la disputa per il Ducato di Benevento 848 d.C., fissando il confine tra il suddetto Ducato e quello di Salerno sul fiume Fredane, attorno al quale nacquero dei forti o rocche, da un lato Sant'Angelo del Pesco (nel territorio di Frigento) e Rocca San Felice, e dall'altro Monticchio dei Lombardi, Sant'Angelo dei Lombardi, Torella dei Lombardi e Guardia dei Lombardi. La prima citazione del borgo medioevale risale all'850 come "Turrella" (piccola torre). Sulla parte “alta” dell’antico insediamento medievale sorge un Castello di origine longobarda (X- XII sec.) che rinnovato in epoca normanno-sveva (XII-XIII sec.) ha subìto ampie ristrutturazioni nel XIII- XIV secolo e nel XIV-XV. Il feudo di Torella e quello di Girifalco sono appartenuti originariamente alla famiglia Saraceno, la cui dinastia testimoniata dal 1151, perse tali territori per essersi schierata con Francesco I nella guerra tra la Francia e la Spagna di Carlo V (1521-1529). Torella e Girifalco passarono, alla fine del conflitto, ad Alfonso della Rosa, che li cedette, per 31000 ducati, a Domizio dei Caracciolo, i quali nel 1639, vennero insigniti del titolo di principi di Torella che tennero fino all'Unità d'Italia quando, nel 1889, Umberto I concesse il titolo di marchese di Candriano (dopo principe) a Giuseppe Caracciolo. L’edificio fu nuovamente restaurato dopo il sisma del 1466, quando furono costruite le due torri cilindriche con base a scarpa, che incorporavano le precedenti torri quadrangolari. Nel XVI-XVII secolo fu realizzata la trasformazione in casa palaziata, ad opera della famiglia Caracciolo, tra i cui membri va almeno menzionato Giuseppe III ( 1747-1808), uno dei protagonisti della rivoluzione Napoletana del 1799. I Caracciolo fecero erigere il portale marmoreo d’ingresso, trasformarono in giardino pensile uno dei bastioni, ingentilirono gli ambienti interni e dotarono l’edificio di molte opere d’arte. All’interno si trova la cappella palatina, anch’essa abbellita dai Caracciolo, dedicata a Sant’Eustachio, entro la quale è conservato il sepolcro monumentale di Sigismondo e Camillo Saraceno, risalente al XVI secolo. Con la morte di Giuseppe V (1920), principe di Candriano, si estinse la famiglia. Il titolo e il castello passarono al nipote Camillo Ruspoli, figlio della sorella Laura e di Emanuele Ruspoli. Il castello, distrutto dal sisma del 23 novembre del 1980, venne ricostruito e fu poi donato nel 1959 da Terry Margherita Blanc, vedova di Camillo, alla città di Torella. Attualmente è la sede del Municipio, di un museo antiquarium archeologico, dell’Associazione Sergio Leone e dell’ufficio turistico dell’Alta Irpinia. Ricerche archeologiche hanno reso possibile riconoscere le fasi di costruzione, trasformazione e impiego dell’edificio, permettendo di ricostruire aspetti della vita quotidiana testimoniati da manufatti d’uso domestico, residui dell’alimentazione, oggetti riguardanti alcune attuività produttive . La ricerca archeologica ha consentito il rinvenimento di numerosi manufatti in ceramica da cucina e da mensa; la maggior parte risale al tardo medioevo e ai secoli XVI-XVIII., nonchè al periodo tra il XII- XV secolo. Al pentolame da fuoco (testi, bollitori, tegami e coperchi) si affiancano anfore, brocche, boccali, bacini, coppe e piatti. Legati alla storia del castello sono i piatti con lo stemma dei Caracciolo, su fondo bianco. La classe ceramica documentata in percentuale maggiore rispetto alle altre è la smaltata monocroma bianca, versione economica delle maioliche a decorazione policroma. Gli scavi hanno restituito monete, oggetti in vetro (calici e bottiglie), in metallo (chiodi, pentole, ditali, coltelli, ferri da cavallo), in terracotta (fuseruole, pipe, biglie) e manufatti in pietra ( proietto, mortaio, frammenti scultorei e architettonici). Vedendo il Castello dall'esterno, oltre alle possenti mura, si viene colpiti dal Donjon, di forma cilindrica (che si ritrova anche nei castelli di Montella, Rocca San Felice, Monteforte Irpino ed Ariano Irpino). Tale torre, nota come "Torrione di Torella", risale al XII-XIII secolo e venne fatta erigere dai feudatari Saraceno. La prima citazione di tale torre nell'ambito di un documento risale al 1151. Interessanti sono le varie feritoie da cui venivano scagliate le frecce incendiate accendendo gli stoppini in un'apposita vasca. Altri elementi sono il giardino pensile del XV secolo tra le due torri cilindriche e un portale del XVI secolo. Visitando il castello dall'interno, scendendo nelle sue "viscere", si viene colpiti dalla successione delle tre mura difensive. Si passa infatti dalle mura originarie, quelle edificate durante la dominazione longobarda, a quelle successive, che risalgono, rispettivamente, al XIII ed al XV secolo. Tale stratificazione successiva fornisce una buona idea dello sviluppo storico della struttura. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=4jUvO_S-r5k (video di Luigi Salzarulo), https://www.memoriaditorella.it/luoghi/castello-ruspoli-di-candriano/, https://www.youtube.com/watch?v=HGiFQzMijJE (video di Angelomaria Iuorio), https://www.facebook.com/watch/?v=383098492699716 (video)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Torella_dei_Lombardi, http://www.comune.torelladeilombardi.av.it/zf/index.php/musei-monumenti/index/dettaglio-museo/museo/1, http://www.castellidirpinia.com/torella_it.html, http://www.irpinia.info/sito/towns/torelladeilombardi/castellocandriano.htm, https://sistemairpinia.provincia.avellino.it/it/luoghi/castello-ruspoli-candriano,https://www.museodeicastelli.it/castelli/torella-dei-lombardi-castello-candriano/

Foto: la prima è di Vito Galgano su http://test.computer-stamps.com/torella-dei-lombardi/, la seconda è presa da https://www.memoriaditorella.it/luoghi/castello-ruspoli-di-candriano/

lunedì 29 agosto 2022

Il castello di lunedì 29 agosto



MONSELICE (PD) - Mastio Federiciano

Chiamato anche Rocca di Monselice, è situato al vertice del Colle della Rocca, elevazione dei Colli Euganei, che domina l'abitato di Monselice. La costruzione, voluta da Federico II di Svevia, venne edificata sui resti di un precedente castelletto bizantino con materiali provenienti dalla demolizione dell'antica pieve di Santa Giustina, chiesa poi ricostruita a metà monte e localmente citata anche come Duomo Vecchio. Nei primi anni del XIII secolo la contesa politica che videro contrapporsi le fazioni politiche di guelfi e ghibellini, i primi che sostenevano lo Stato Pontificio e i secondi l'imperatore del Sacro Romano Impero, ebbero dei risvolti anche nel territorio basso padovano. Azzo VII d'Este, signore della vicina Este e già protetto dell'imperatore Federico II, venne con lui in seguito in contrasto assumendo l'incarico di capeggiare i guelfi della Marca. In previsione di un suo attacco alla città di Monselice l'imperatore richiese a Ezzelino III da Romano, signore della Marca Trevigiana, di innalzare una struttura a difesa dell'abitato. Questi ordinò dunque la costruzione di una rocca situata al vertice della collina che domina, isolata dai vicini Colli Euganei, l'abitato e parte della pianura circostante. Iniziata nel 1239, per la sua struttura si ricorse ai materiali demolendo dell'antica pieve di Santa Giustina, risalente al X secolo. La fortezza, a pianta quadrata si elevava da una base troncopiramidale in blocchi di trachite, alta circa 8 metri, che sostiene la parte abitata, alta circa 20 metri (originariamente molto alta, oggi appare scapitozzata), verso la parte sommitale realizzata in legno e non più presente, attorniata da cinque cerchie murarie, delle quali le parti preesistenti più antiche risalgono al VI secolo, rendendola per le capacità belliche del tempo inespugnabile. Negli anni successivi la fortificazione segue le sorti del territorio e di Monselice e all'inizio del XIV secolo fu sotto il controllo degli Scaligeri, tuttavia dopo un lungo assedio da parte di Marsilio da Carrara nel 1338 passò sotto il dominio dei carraresi. In qualità di avamposto difensivo verso sud, venne ampliato e ulteriormente fortificato l'impianto delle mura di Ezzelino, che assunsero nella seconda metà del XIV secolo la loro configurazione definitiva: una cerchia esterna provvista di torri e di monumentali porte di accesso e quattro cerchie interne, che risalgono la Rocca fino al torrione sulla vetta. All'inizio del secolo successivo, come conseguenza dell'espansione dei suoi Domini di Terraferma, la città venne inglobata nel territorio della Repubblica di Venezia. L'avvento del dominio veneziano a partire dal 1405, portò alla cessione dell'intero complesso fortificato del Colle della Rocca ad alcune famiglie nobili, tra cui i Marcello e i Duodo, che qui edificarono le loro dimore di villeggiatura. Pur non essendo, vista la posizione oramai lontana dalle mura esterne, direttamente interessata da eventi bellici, la rocca svolse una sua funzione difensiva anche in occasione dell'assedio portato dalle truppe del Regno di Francia nel luglio 1510 come parte della guerra della Lega di Cambrai. Negli anni successivi, intervallati da periodi di assenza di vicende belliche, l'evoluzione delle armi e della strategia ad essere correlate fecero diventare sempre più obsolete le fortezze concepite nel periodo medioevale e la rocca, perdendo progressivamente la sua importanza strategica, venne lasciata all'incuria del tempo e abbandonata. In tempi recenti, delle ricerche archeologiche presso il mastio hanno portato alla luce una necropoli longobarda, il cui ricco corredo è oggi esposto nell'Antiquarium Longobardo allestito all'interno della biblioteca di Ca' Marcello. Altri link suggeriti: http://www.monseliceantica.it/mastio-di-federicio-ii-a-monselice/, https://www.castellodimonselice.it/mastio-federiciano-e-percorso-naturalistico/, https://www.montagnando.it/art/cdz/roccamonselice/ (immagini varie), https://www.youtube.com/watch?v=tAeLjuVuhDU (video di DAV 4K), https://www.magicoveneto.it/Euganei/Monselice/Monselice.htm, https://www.youtube.com/watch?v=Mrwo8duE1dc (video di Mattino di Padova),

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Mastio_Federiciano, https://www.collieuganei.it/castelli/mastio-federiciano/, https://www.icastelli.it/it/veneto/padova/monselice/rocca-di-monselice

Foto: la prima è presa da https://www.lapiazzaweb.it/2021/05/monselice-e-universita-di-padova-uniti-per-valorizzare-la-rocca/, la seconda è presa da https://tgpadova.telenuovo.it/cronaca/2022/05/04/rocca-di-monselice-riprendono-gli-scavi-archeologici-a-monselice

lunedì 22 agosto 2022

Il blog vi dà appuntamento a fine agosto


Cari amici che seguite questo mio spazio dedicato ai castelli italiani,
mi concedo un breve viaggio di relax e conto di riprendere a pubblicare dal 29/08.

A presto !

Valentino

Il castello di lunedì 22 agosto



MACERATA FELTRIA (PU) - Torrione in frazione Mondagano

E' un fortilizio del tardo Quattrocento, segnalato in tutte le mappe antiche del Montefeltro (vedi mappa del 1606), di cui resta un abbondante torrione a pianta rotondeggiante che domina un´antica strada di crinale. Il torrione ha scarpa multigonale molto simile, anche per il marcapiano, alla vicina, coeva e famosa Rocca di Sassocorvaro (https://castelliere.blogspot.com/2010/10/il-castello-del-giorno_05.html) e la canna superiore, modificata successivamente, pressochè cilindrica, su cui poi venne costruita una chiesetta ora diroccata. ll restauro del fortilizio è stato attribuito al senese Francesco di Giorgio Martini, progettista anche della Rocca citata. Purtroppo la vendita a suo tempo ad un privato da parte della Curia fa prevedere che, visto lo stato di abbandono in cui versa la costruzione, fra qualche decennio rimanga in piedi ben poco.

Fonti: testo di Giovanni Venturi su https://www.facebook.com/groups/670376989761844/posts/829142990551909/, https://www.comune.maceratafeltria.pu.it/vivere-macerata-feltria/conoscere-macerata-feltria/natura/natura/itinerari-nel-verde-e-frazioni

Foto: entrambe (recentissime) del mio amico, e inviato "speciale" del blog, Claudio Vagaggini

venerdì 19 agosto 2022

Il castello di venerdì 19 agosto



PALERMO - Torre Ingastone

Sorge in contrada Petrazzi, località all'ombra del Monte Cuccio il cui nome, oggi poco sconosciuto visto che la zona è identificata con i quartieri Borgo Nuovo e Cruyllas, trae origine dalle numerose cave di pietra da cui veniva estratto il noto grigio di Billiemi, utilizzato nella decorazione di molti palazzi e ville palermitani per la sua somiglianza con il marmo. Tornando alla torre, la località in cui sorge è stata sin dall'epoca dei normanni di pertinenza del feudo di Bellolampo, di proprietà dell'Arcivescovo di Palermo, che ne concedeva in censo i vari appezzamenti. Nel '500 i concessionari elevarono alcune torri e qualche baglio fortificato a difesa dei propri fondi. Di queste sopravvive appunto la torre Ingastone, che un tempo sorgeva al centro di una grande masseria di cui restano poche tracce. La torre versa oggi in stato di evidente degrado. Essa prende il nome da Francesco Ingastone, celebre giureconsulto della Gran Corte di Palermo e presidente del tribunale del Regio Patrimonio. Fino al 2010 il complesso monumentale sorgeva isolato in stato di abbandono e incuria, circondato da un agrumeto. La decisione di realizzare un grande centro commerciale destò non poche preoccupazioni in merito alla sorte che sarebbe toccata al complesso monumentale. In effetti comportò la fine dell’agrumeto e dello splendido isolamento della torre però, grazie a precisi vincoli, è stata creata una grande area di rispetto da mantenere a verde che valorizza il manufatto che è stato pure oggetto di restauro. Altro link proposto: http://lopiccolosalvatore.weebly.com/via-torre-ingastone.html (foto varie)

Fonti: testo di Maqveda su https://balhara.blogspot.com/2015/05/la-torre-ingastone-in-contrada-petrazzi.html, testo di Manlio Romano su https://www.facebook.com/groups/461105674094509

Foto: la prima è presa da https://www.lasiciliainrete.it/directory-tangibili/listing/torre-ingastone/, la seconda è presa da https://www.vivasicilia.com/torre-ingastone/

giovedì 18 agosto 2022

Il castello di giovedì 18 agosto



GAZZOLA (PC) - Castello in frazione Rezzanello

Si trova sulle pendici del monte Bissago, sulla sponda destra del torrente Luretta, a breve distanza dalle ultime propaggini collinari della val Luretta. Il castello viene citato per la prima volta in una pergamena risalente al 1001, con la quale il vescovo-conte di Piacenza Sigerico, il quale aveva contribuito in maniera sostanziale alla costruzione della basilica di San Savino di Piacenza e del relativo monastero, concesse ai monaci benedettini la corte chiamata Regiano con tutte le pertinenze e la metà del castello di Monte Bissago. Delle due corti citate nella pergamena, Regiano viene identificata con Rezzanello, mentre del castello di monte Bissago non è rimasta traccia. Nel 1212, nell'ambito delle lotte tra guelfi e ghibellini, il castello, così come altre fortificazioni situate all'esterno della città di Piacenza, ospitò la fazione guelfa fuoriuscita dalla città a seguito della minaccia dell'assedio ghibellino, la cui fazione godeva dell'appoggio della famiglia Visconti. Dopo aver perso, nell'agosto 1213 una prima battaglia, combattutasi alle porte della città, nelle vicinanze dell'ospedale di Sant'Antonio, nella quale i guelfi scontarono il mancato appoggio di truppe parmensi, il castello fu teatro di un secondo scontro, culminato nella resa alle truppe milanesi. Nel XIX secolo, furono ritrovati in zone limitrofe al castello diversi resti umani ed equini, nonché parti di armi da taglio e armature, probabilmente risalenti alla battaglia. Nel 1357 il monastero concesse il castello a Gabriello Boccapiccina, tuttavia il prezzo pattuito venne giudicato non consono da parte del papa, dando il via ad una vertenza che si concluse con la concessione del castello al Boccapiccina per 10 anni dietro pagamento annuale di un canone. Dopo la scadenza dell'accordo il castello non rientrò nei possessi del monastero, ma passò alla famiglia Chiapponi a seguito di un lascito. Nel 1454 la famiglia, nella persona del dottor Bartolomeo, ottenne l'investitura sul castello e su tutti i terreni annessi da parte del monastero di San Savino, in cambio dell'impegno al potenziamento delle fortificazioni e alla ristrutturazione di diversi stabili posti sia all'interno sia all'esterno delle mura difensive. Durante la parte finale del XVI secolo, a seguito della profonda riorganizzazione a cui fu soggetto l'ordine dei Benedettini, il castello, insieme agli altri beni del monastero di San Savino, entrò nelle proprietà dei monaci Gerolamini, i quali, nel 1580, lo cedettero al Venerabile Collegio Inglese di Roma. La famiglia Chiapponi, tuttavia, riuscì a mantenere il possesso del feudo fino all'estinzione del ramo famigliare, avvenuta nel 1796, anno in cui ad essi subentrò la famiglia Scotti di San Giorgio. Gli Scotti, poco dopo aver ottenuto il castello, avviarono una dura contesa con il collegio romano che, infine, cedette la proprietà del castello a seguito del pagamento di un ingente risarcimento. Dopo essersi assicurati il possesso della costruzione, gli Scotti decisero la trasformazione dell'edificio in dimora signorile, realizzando importanti lavori di ristrutturazione e modifica. Nel 1898, dopo che l'ultimo erede della famiglia Scotti aveva sperperato buona parte delle ricchezze famigliari, il castello fu venduto ai fratelli Antonio e Francesco Lombardi, che mantennero la proprietà fino al 1905 quando il maniero fu ceduto ai fratelli Corrado e Giuseppe Manfredi; l'ingegner Giuseppe Manfredi affidò il restauro all'architetto Camillo Guidotti, che, in precedenza, aveva curato il restauro del duomo di Piacenza. Gli interventi di restauro realizzato dall'architetto Guidotti, realizzati secondo lo stile tardo-romanico in voga al momento, furono piuttosto invadenti, alterando l'aspetto originario del complesso, con effetti visibili soprattutto nella fascia sottotetto e sulla sommità delle torri. Nel 1918 il castello fu comprato dal commendator Bombrini di Genova che mantenne la proprietà fino al 1930, anno in cui l'edificio venne acquisito dalla Società Anonima Fides di proprietà dei conti Cigala Fulgosi. Nel 1938 l'edificio diventò di proprietà delle Madri Orsoline di Piacenza che l'acquistarono dal conte Gino Cigala Fulgosi e ne fecero la sede della Casa del Divin Cuore: le suore lo sfruttarono con l'organizzazione di convegni di ambito religioso e per la villeggiatura estiva, in collaborazione con diverse parrocchie limitrofe, l'Azione Cattolica e altri movimenti di stampo cristiano. Nell'aprile 1941 il castello, dopo essere stato sottoposto ad alcuni lavori tra cui la realizzazione di una recinzione con reti metalliche e filo spinato, venne adibito a campo di prigionia per soldati avversari catturati in azioni di guerra, diventando il primo sito della provincia ad essere riadattato a questo scopo, grazie alla sua posizione defilata che lo metteva al riparo da possibili bombardamenti. I primi prigionieri, una ventina di ufficiali inglesi accompagnati dai rispettivi attendenti, vennero condotti al castello il mese successivo; ad essi si aggiunsero in seguito altre unità inglesi, australiane e indiane. Nel maggio 1943 i prigionieri furono trasferiti e sostituiti da un contingente composto da ufficiali inferiori sudafricani, ai quali poi succedettero ufficiali inferiori britannici e, infine, soldati greci, i quali rimasero all'interno del castello fino all'armistizio dell'8 settembre 1943. Nel 1987 i coniugi Maddalena e Lorenzo Fiorani acquistarono il castello dalle Orsoline, avviando il restauro di diverse parti murarie, nonché sfruttandolo, a partire dal 1996, in ambito culturale e ricreativo con visite guidate e altri eventi. Il castello di Rezzanello è infatti oggi adibito a location per cerimonie, pranzi nuziali, meeting, sfilate di moda, concerti e convention con ben duemila posti a sedere riscaldati. Il castello presenta una pianta trapezoidale con quattro torri angolari di forma cilindrica, le quali presentano decorazioni in cotto e beccatelli. Le torri sono caratterizzate da una forma slanciata, presentano, alla sommità, uno sporto retto da archetti e terminano in un tetto di forma conica. Intorno all’anno Mille risale la costruzione della prima torre, solo in seguito divennero quattro. Al centro della struttura è presente un vasto cortile interno. Lo stesso tipo di archetti in doppio ordine si ripresenta come decorazione nel sottotetto. Con lo scopo di adeguare il castello alle esigenze abitative sono state aperte numerose finestre, regolarmente distribuite su tutte le facciate. Al suo interno è dotato di ampie sale elegantemente arredate, decorate e dipinte a mano oppure con pareti in pietra a vista e pavimenti in cotto. Tra di esse meritano una menzione il “Salone dei Blasoni”, abbellito con le insegne delle famiglie storiche che qui hanno abitato, e la Sala per ricevimenti, ricavata nei suggestivi ambienti delle antiche segrete. Numerosi sono i camini d’epoca originali. Al limitare della conca al cui interno è posto il castello si trova un parco esteso per 7 ettari dove sono presenti alberi secolari ed essenze esotiche, due piccoli laghi, uno dei quali dotato di una fontana a spruzzo e tre fonti da cui sgorga acqua ricca di magnesio. Altri link per approfondimento: https://www.preboggion.it/Castello_di_Rezzanello.htm, https://www.piacenzasera.it/2019/02/storia-millenaria-alla-scoperta-del-castello-rezzanello/284342/, https://www.youtube.com/watch?v=LP4zlx5OY44 (video di Annifrid Elle), https://www.youtube.com/watch?v=8fAF2_KIIMI (video di Bodaclick Empresas), https://www.youtube.com/watch?v=KzUzucU5Tss (video con drone di Copteroll)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Rezzanello, https://www.poderecasale.com/il-castello-di-rezzanello/, https://www.histouring.com/strutture/castello-di-rezzanello/, https://www.scopripiacenza.it/it/luoghi/castelli-val-trebbia-gazzola-castello-di-rezzanello

Foto: la prima è presa da https://www.pinterest.it/pin/437201076309467996/, la seconda è una cartolina della mia collezione

mercoledì 17 agosto 2022

Il castello di mercoledì 17 agosto


GAVORRANO (GR) - Mura in frazione Giuncarico

Costituiscono il sistema difensivo dell'omonimo borgo castellano del territorio comunale di Gavorrano. La cinta muraria fu costruita nel corso dell'XI secolo, nel luogo in cui sorgeva un preesistente insediamento di epoca altomedievale. Le mura andarono a racchiudere interamente il borgo di Giuncarico, del quale costituivano il sistema difensivo. Nel corso dei secoli successivi, non mutò l'originario impianto della cerchia muraria, nonostante il luogo fosse passato prima agli Aldobrandeschi, poi al ramo di Travale della famiglia Pannocchieschi e successivamente alla Repubblica di Siena (Nel corso del XIII secolo il paese entrò sotto le influenze di Siena, pur entrando a far parte della Repubblica senese soltanto intorno alla metà del XV secolo). Soltanto in epoche più recenti, alcuni tratti di cortina muraria sono venuti a trovarsi addossati a pareti esterne di edifici del centro. Le mura di Giuncarico delimitano quasi interamente il borgo di origini medievali. La cinta muraria conserva ampi tratti di cortina rivestita in pietre calcaree, che inglobano anche alcune strutture fortificate, tra le quali spiccano una serie di torri di guardia a sezione quadrangolare ed un imponente bastione di forma poligonale con un possente basamento a scarpa. L'accesso al borgo è possibile attraverso la Porta del Castello, che si apre ad arco tondo alla base di una torre di guardia, successivamente trasformata nel campanile dell'attigua chiesa. Alla metà del XVI secolo, Giuncarico venne inglobato nel Granducato di Toscana a seguito della definitiva caduta di Siena. Altri link per approfondimento: https://www.youtube.com/watch?v=GAqbljT7Nuc (video di Fabio Balocchi), https://www.youtube.com/watch?v=e4yeklav-8s (video di Maremma), https://www.maremmapress.it/giuncarico/ (foto varie)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Giuncarico, https://it.wikipedia.org/wiki/Mura_di_Giuncarico, https://giuncarico.blogspot.com/2010/01/blog-post.html?m=0

Foto: l'unica trovata è di LigaDue su https://de.wikipedia.org/wiki/Giuncarico#/media/Datei:GiuncaricoGavorranoPortaDelCastelloChiesaSantEgidio.JPG

martedì 16 agosto 2022

Il castello di martedì 16 agosto


COLLELONGO (AQ) - Torre Baronale

Il borgo di Collelongo occupa parte delle pendici del Monte Malpasso, ai confini del Parco Nazionale D'Abruzzo. Il suo impianto urbanistico, prima del terremoto del 1915, presentava le caratteristiche tipiche dei borghi di fondovalle di età tardo-medievale: distribuzione compatta con palazzi signorili ed un'alta torre baronale. Le origini dell'antico complesso fortificato risalgono a non prima dei secoli XI-XII, epoca in cui il borgo viene citato dalle fonti prima come castrum e poi come castellum. Il feudo fu contea dei Marsi fino all'XI secolo, per poi passare sotto il conte Ruggero d'Albe in quello successivo. Sulle mura si aprivano due porte principali, sull'asse longitudinale, delle quali una, Porta Jò, si conserva ancora, e due porte più piccole, sull'asse trasversale. La torre venne edificata a guardia dell’antico borgo medioevale dai Normanni nell'XI secolo, a controllo e difesa del lungo percorso che conduceva alla Valle Roveto. La struttura della torre, di cui oggi sono individuabili solo pochi elementi originari inglobati nelle trasformazioni successive, si caratterizza per una tecnica costruttiva lineare, basata sull’utilizzo di conci di pietra calcarea squadrati: venne rinforzata nel XIV secolo e utilizzata nel Rinascimento come mastio dell’abitato, con l’adiacente Palazzo baronale. Completamente in pietra e di pianta quadrata (metri 7,60 x 8,20), si presenta come il frutto di varie modifiche, tra le quali la sua ricostruzione dopo il terremoto del 1915 che ne causò il crollo dell'ultimo piano (la cui presenza è testimoniata da foto d'epoca anteriori a tale data). Situata sulla sommità di piazza San Rocco e affiancata dal palazzo baronale, oggi è l’accogliente e affascinante sede dell’albergo ristorante Locanda Torre del Parco. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=brZVKmhbu2U&t=212s (video di PiccolaGrandeItalia.tv), https://vimeo.com/66056614 (video di Locanda Torre del Parco),

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Collelongo, https://collelongo-go.it/contenuti/316941/torre-baronale, https://abruzzoturismo.it/it/torre-baronale-di-collelongo-aq, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Abruzzo/laquila/collelongo.htm

Foto: la prima è di Pietro su https://it.wikipedia.org/wiki/File:Collelongo_-_Torre_baronale.jpg, la seconda è presa da https://collelongo-go.it/contenuti/316941/torre-baronale

sabato 13 agosto 2022

Il castello di sabato 13 agosto



BELCASTRO (CZ) - Castello Conti d'Aquino

La cittadina si sviluppa lungo le pendici della Sila Piccola, vicino al mare seguendo l’andamento della montagna, ai piedi della quale scorre il fiume Nasari. Ha origini lontanissime, probabilmente risalenti alla Magna Grecia, e fu feudo medioevale e vescovile. A difesa dell’autonomia vescovile, e più precisamente della cattedrale e del Palazzo vescovile, veniva utilizzata la Torre “Mastra”, una massiccia costruzione, ascrivibile ad un periodo compreso fra il secolo XI e XII, quando, in seguito all’insediamento dei Normanni, il vescovado bizantino fece posto al castrum. Alla sua base, posto al primo piano, si trovava l’ingresso, al quale si accedeva attraverso una ripida scala esterna che poteva essere convenientemente rimossa. Questa torre che occupava la posizione più elevata, era circondata da mura difensive, all’interno delle quali sorgevano gli edifici di servizio alla residenza del vescovo e la cattedrale. L’importanza strategica di Belcastro, però, era legata soprattutto al controllo della via che collegava le contee di Catanzaro e di Crotone. A tale scopo, verso fine del sec. XV, e per opera degli aragonesi, a seguito della minaccia turca, il castello fu fortificato. Il castello, eretto nell'XI secolo, come indicato dalle fonti, sorge sulla parte più alta del paese. La sua poderosa Torre Maestra, una massiccia costruzione quadrilatera a tre piani, posta al centro della fortezza, era circondata da mura difensive con torrette quadrangolari, cilindriche e semicircolari. Verso la fine del XV secolo il castello fu fortificato ed il mastio fu rinforzato alla base mediante la realizzazione di un barbacane. Questi interventi sottolineano l'importanza militare del castello fino al XVI secolo. Successivamente, modificato ed ampliato, divenne residenza dei feudatari. Attualmente del maestoso maniero rimangono il mastio, resti di muraglie perimetrali con torrette quadrangolari, cilindriche e semicircolari e ruderi di fattura aragonese, la facciata di un’ala residenziale e la Cappella di San Tommaso d'Aquino, costruita il 18 ottobre 1334 sulle rovine della Camera dove nacque s. Tommaso d'Aquino, come risulta dall'istrumentum di richiesta dei fedeli per questa costruzione al vescovo protempore Gregorio, rogata dal notaio apostolico Girolamo Cavallo, in occasione della canonizzazione del Santo. Dal cortile del castello, in cui vi si trovava la magella del pozzo del Cinquecento (in pietra locale a coronamento esagonale, con archetti e stemmi gentilizi scolpiti, oggi viene utilizzata come fonte battesimale nella Chiesa Madre), si possono ammirare il Golfo di Squillace e le montagne circostanti. E' stato avviato dal Comune nel 2005 a restauro conservativo. Nelle vicinanze sorge l'antica Via Grecìa che in epoca medievale costituì il rione dei bizantini ed il ghetto ebraico. Altri link per approfondimento: https://www.youtube.com/watch?v=Q_DJqclwiYo (video di Emmeppi Produzioni Televisive), https://www.youtube.com/watch?v=2GQfQSAxYvk (video di Pasquatto), https://www.youtube.com/watch?v=07tho2CGHa8 (video di Annifrid Elle), https://www.discoveringpresila.com/belcastro/, http://www.archiviostoricocrotone.it/chiese-e-castelli/il-castello-di-belcastro/, https://www.destimap.com/index.php?act=attraction&a=Castello-dei-Conti-d%27Aquino%2C-Belcastro%2C-Italy

Fonti: https://asci-italia.it/item/castello-dei-conti-daquino-a-belcastro/, http://www.sbap-cs.beniculturali.it/schede.php?id=68, https://it.wikipedia.org/wiki/Belcastro, https://www.ilborghista.it/dettaglio-da-fare-castello-dei-conti-d-aquino-belcastro-cz-23627, https://fondoambiente.it/luoghi/castello-dei-conti-d-aquino?ldc

Foto: la prima è presa da http://belcastro.asmenet.it/index.php?action=index&p=236, la seconda è di Rosario Marchio su https://www.facebook.com/CastelliRoccheFortificazioniItalia/photos/a.10157719840530345/10155178555010345

venerdì 12 agosto 2022

Il castello di venerdì 12 agosto



LAVAGNA (GE) - Torre del Borgo

Secondo alcune fonti la sua edificazione, forse ad opera della famiglia nobiliare dei Fieschi, risale al XVI secolo come torre di avvistamento o di difesa. Molto probabilmente venne realizzata in fretta: quest’ultimo dato è ravvisabile nel fatto che essa si compone dei materiali da costruzione più disparati ed eterogenei. Divisa in quattro piani, con i suoi 13 metri di altezza è stata per secoli l’ edificio più alto di Lavagna e senz’altro uno dei più storicamente rilevanti. Dopo vari secoli in servizio per il borgo, dove fu persino adibita ad abitazione con cappella gentilizia, è stata restaurata in occasione del Giubileo del 2000. Oggi ospita oltre ad attività culturali una raccolta di opere in ardesia dello scultore lavagnino Francesco Dallorso e la collezione archeologica Rodolfo Alloisio che raccoglie reperti di varia epoca e provenienza (da ogni parte del Tigullio) tra le quali ceramiche toscane e maioliche liguri. è ora sede della "Galleria artistica dell'ardesia" e della "Collezione Alloiso". Nel sottostante giardino alla genovese vengono inoltre organizzate mostre culturali e concerti musicali. E’ storicamente conosciuta con diversi nomi: Torre Saracena, Torre Fieschi oppure Torre Ravenna. Ogni anno a Natale viene realizzato qui un presepe che riproduce Lavagna, con i personaggi più noti della città. Altri link per approfondimento: https://www.archeominosapiens.it/torre-borgo-marini/, https://iltigullio.com/2021/03/04/la-torre-del-borgo-a-lavagna/, https://www.youtube.com/watch?v=7q148xzoQ5E (video di Giuseppe Sigrisi)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Lavagna_(Italia), https://www.lavagnaturismo.it/lavagna_da_visitare/giardini-della-torre-del-borgo/, https://www.paesionline.it/italia/monumenti-ed-edifici-storici-lavagna/torre-del-borgo, https://www.museoluogocultura.it/torre-del-borgo-museum-item

Foto: la prima è presa da https://www.cittametropolitana.genova.it/sites/default/files/Foto/DSC_2483_0.jpg, la seconda è di Davide Papalini su https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Lavagna-torre_del_Borgo.jpg

mercoledì 10 agosto 2022

Il castello di mercoledì 10 agosto



MARCELLINA (RM) - Castello in frazione Collevecchio

Venne costruito con ogni probabilità nel IX secolo. Quando il feudatario era assente veniva sostituito momentaneamente da un vice-comes. La zona ecclesiastica del feudo veniva gestita da un abate detto castellanus. Il Castrum forniva riparo alle genti delle case tutt'intorno. Nel XII secolo ne risultava feudatario un certo Gregorio De Marcellinis. In zona Collevecchio rimangono dei resti di Castrum Marcellini detto anche Castelluccio. Nel 1153 viene citato in un documento insieme all'abbazia. Nel XIII secolo il Castrum venne venduto ai monaci di San Paolo Fuori Le Mura come documentato dalle bolle dei Papi Innocenzo III, Onorio III e Gregorio IX, vendita contestata dai figli di Gregorio De Marcellinis, il quale credendo che nel 1000 ci fosse stata la fine del mondo, cedette per tale data il Castrum alla chiesa. La diatriba sta nel fatto che susseguentemente tale anno la fine del mondo non s'è verificata. Fu così che il Castrum, nel 1220, fu incendiato dai monaci di San Paolo, in modo che gli abitanti di Castelluccio furono costretti a rifugiarsi in parte nella vicina San Polo dei Cavalieri ed in parte nell'abbazia di Santa Maria delle Grazie. Così i De Marcellinis investirono Romano De Marcellinis come feudatario di Lunghezza, fratello di Arcione, rinunciando al Castrum Marcellini fatto ricostruire dai monaci. I De Marcellinis furono costretti a lasciar perdere il castrum per via delle lotte contro Tivoli, che allora era ghibellina ed alleata di Federico II. I De Marcellinis nel 1392 vendettero il feudo ad Orso Orsini, la cui famiglia fu ricompensata di vari castelli in seguito, compreso quello di San Polo dei Cavalieri. Nel 1558 gli Orsini vendettero il feudo per problemi economici. La peste del 1656 fece declinare la fortuna di Marcellina fino a che i Cesi nel 1678 vendettero il paese a Giovan Battista Borghese. Il completo abbandono e la decadenza definitiva di Marcellina Vecchia si ebbe quindi nel 1656 a causa di una pestilenza. Purtroppo, proprio per il fatto di essere stata completamente distrutta e depredata, Marcellina Vecchia ci appare povero di elementi architettonici e versa in condizioni di quasi completo abbandono e disfacimento. Dell’antico insediamento sono arrivate a noi solo alcune malinconiche mura che si stagliano sul terreno circostante disseminato di pietre. Le rovine del Castrum Marcellini si trovano a poca distanza dal paese “nuovo” di Marcellina. Si intravedono percorrendo la statale ma per essere raggiunte richiedono un po’ di costanza per divincolarsi tra stradine e proprietà private. Altri link suggeriti:http://www.tibursuperbum.it/ita/escursioni/marcellina/CastrumMarcellini.htm, http://www.marcellina.org/tabella_date_importanti.htm

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castrum_Marcellini, https://www.lazionascosto.it/citta-fantasma-borghi-abbandonati-del-lazio/marcellina-vecchia/, https://www.tesoridellazio.it/tesori/marcellina-rm-rovine-di-marcellina-vecchia/

Foto: la prima è presa da https://www.lazionascosto.it/citta-fantasma-borghi-abbandonati-del-lazio/marcellina-vecchia/, la seconda è presa da https://lifeinitaly.com/castrum-marcellini-in-marcellina/

Il castello di martedì 9 agosto



UMBERTIDE (PG) - Rocca di Preggio

L’ antico borgo di Preggio si trova a 630 m. di altezza a circa 18 km a SW di Umbertide vicino al confine con il comune di Passignano sul Trasimeno. La Rocca di Preggio, per la sua posizione dominante, era considerata tra le più importanti del territorio Perugino e dell’Alta valle del Tevere. Nel 917 viene citata in un documento dell'imperatore del Sacro Romano Impero Berengario I, che la confermava come signoria del marchese Uguccione II Bourbon del Monte. Preggio fu dunque feudo imperiale ma anche dominio ecclesiastico. La storia ecclesiastica si intreccia con quella civile e Preggio, relativamente ai beni parrocchiali, è citato tra i possedimenti dell’Abbazia di S. Maria di Valdiponte, già esistente alla fine dal X secolo e oggi nota col nome di Montelabbate. Verso la fine del feudalesimo il borgo chiese la protezione a Perugia invece che ad Umbertide allora “Fracta filiorum Ubertis”. Dal 1189 Preggio, pur mantenendo diritti e privilegi, segui le sorti degli altri castelli perugini e fu molto considerato per la posizione che occupava nel sistema difensivo della città. Nel XIII secolo (1282) era il castello più popolato del Comune di Perugia, avendo alle sue dipendenze quattrocentoventidue famiglie, e, forse, anche il più temuto per la sua turbolenza e per le iniziative di reazione contro le autorità perugine, capeggiate spesso dallo stesso priore (si ricorda che nel 1225 la comunità si ribellò a Perugia). Perugia, ogni sei mesi, vi eleggeva un podestà che amministrava la collettività e ne rendeva conto ai magistrati. Nel 1313 il castello di Preggio aveva necessità di interventi ed i priori perugini dettero ordine di restaurare le mura, esentando gli abitanti dal pagamento di tutte le imposte per tre anni. Nel libro degli Atti dei Conservatori della libertà di Perugia si legge che nel 1389 fu ordinata la costruzione della Rocca di Preggio, ma nel 1392 non era ancora ultimata, si provvide invece a scavare pozzi per approvvigionare di acqua la città in caso di assedio. Tutte le parti del castello furono rese comunicanti tra loro attraverso cuniculi sotterranei. Nel secolo XIV i Perugini rafforzarono il castello e stipendiarono soldati per la minaccia dei fuorusciti appoggiati dai Fiorentini, cosa che avvenne nei primi giorni di marzo del 1390 quando i nobili fuorusciti occuparono Borghetto e si spinsero fino a Reschio e Preggio. Dopo un’accanita battaglia quattro assalitori furono uccisi e i compagni, sconfitti, costretti a darsi alla fuga. Nel 1392 Biondo Michelotti, capitano di ventura e signore di Orvieto, giunse nel territorio perugino. Accompagnato da due celebri capitani, Broglia di Chieti e Brandolino di Forlì, e dal conte Giovanni da Barbiano con seimila cavalli e un gran numero di fanti, il Michelotti portò lo sgomento tra i soldati che difendevano Perugia, facendone molti prigionieri. I priori della città trattarono la tregua con Biordo, promettendo di pagare seimila fiorini d’oro purché si allontanasse da Perugia. Il Michelotti accettò, ma non poté impedire che venissero distrutti castelli, molini, abitazioni. Nel 1427 i Perugini scoprirono che alcuni abitanti del castello aizzati dal parroco, tramavano coi fuorusciti per farli diventare padroni del luogo; scoperti, i cospiratori vennero arrestati, condotti a Perugia e decapitati sulla pubblica piazza. Nel 1438 i priori perugini ordinarono che al castello di Preggio si rifacessero le mura, dove ne avesse bisogno e si fortificassero tutte le sue parti e per questi interventi furono assegnati duecento fiorini di danari pubblici. Nello stesso anno venne scoperta un’altra congiura per ribellarsi a Perugia e Don Nicolò di Preggio, svelato come capo dell’iniziativa, fu denunciato ed imprigionato ma dopo molti anni di reclusione evase dal carcere perugino con la complicità di Nicolò Montemelini. Nel 1439 Preggio subì la scorreria dei Tifernati, che ne rivendicavano il possesso, e con l’aiuto di alcune compagnie di cavalieri di Pietro Torcilo agli ordini del Patriarca, ne invasero il territorio e si abbandonarono al saccheggio. Per intervento dello stesso papa Eugenio IV, che mandò un ordine fulminante a Lorenzo di Todi, governatore di Città di Castello, gli uomini catturati furono rilasciati e i Castellani ammoniti severamente. Nel 1444, temendo l’arrivo dei soldati fiorentini e di Simonetto loro comandante, i Perugini restrinsero le mura del castello per meglio organizzare la difesa ed in seguito a questa decisione furono stanziati duecento fiorini e Preggio fu esonerato dal pagamento di tasse per dieci anni. I Fiorentini, come previsto, giunsero in Umbria e invasero le terre del Pontefice nel giugno del 1479 e dopo aver tentato invano di prendere Perugia, occuparono e saccheggiarono molti castelli del contado, tra i quali Preggio e Cartel Rigone; i due castelli furono riconquistati non molto tempo dopo dai Perugini aiutati dai Napoletani. Le occupazioni da parte dei Fiorentini però non cessarono fino a quando Lorenzo de’ Medici firmò la pace col Papa e Preggio tornò sono la giurisdizione di Perugia. Nel 1540 si ebbe la famosa “Guerra del Sale” decisa dalla Bolla del 21 gennaio di papa Paolo III con la quale se ne aumentava il prezzo. La rivolta che si ebbe fu stroncata dalle truppe papaline e Preggio, fu occupato da trecento militari spagnoli. Gli abitanti del castello piombarono nella più avvilente costernazione e nella più squallida miseria. Con suppliche commoventi chiesero soccorsi ai Conservatori dell’Ecclesiastica Obbedienza di Perugia per non essere costretti ad abbandonare la loro terra e andare raminghi altrove con le famiglie. La precaria situazione fu presa in tale considerazione che per dieci anni il territorio di Preggio fu esentato da qualsiasi tassa. Nel XVII secolo Il territorio perugino era entrato così a far parte dello Stato Pontificio: con Perugia anche Preggio passò sotto la giurisdizione papale, e il potere si accentrò nelle mani del clero locale. Secondo le norme dettate dal Concilio di Trento i parroci, avevano l’obbligo di tenere i registri delle anime, i “libri dei fuochi” in cui segnare accuratamente non solo nascile, matrimoni e decessi, ma perfino le pratiche religiose dl ciascun fedele. A seguito della guerra tra il Pontefice e il Duca di Toscana, nel 1643-44 furono distrutte in maniera irreversibile la cinta muraria, la Rocca e la sede comunale; furono danneggiate la Canonica ed altri edifici. Nella zona di Preggio ebbero possedimenti anche i degli Oddi, storica casata perugina antagonista dei Baglioni, e di cui Francesco degli Oddi viene ricordato per essere stato guardiano del convento francescano intorno al 1480. Gentile di Biordo degli Oddi parla nel suo testamento del 1504 di una dipinto della raffigurante la Madonna e destinato alla Chiesa della Ss. Trinità in San Francesco. Il paese ha perso gran parte della cinta muraria essendo stata inglobata nelle abitazioni che vi sono state costruite sopra. Molto ben conservato il vecchio palazzo della Canonica. Nella parte più alta della collina sono presenti i ruderi della Rocca. Visita del borgo con drone: https://www.youtube.com/watch?v=WOXAmtC2kIM (video di Mat Hall). Altro link consigliato: https://www.comune.umbertide.pg.it/it/page/bellezze-ambientali-e-architettoniche (dal minuto 4:58), video di Comune di Umbertide.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Preggio, https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-preggio-umbertide-pg/, https://www.perugiatoday.it/cronaca/itinerario-castello-preggio-storia.html

Foto: la prima è di Cantalamessa su https://it.wikipedia.org/wiki/Preggio#/media/File:Rocca_di_preggio.JPG, la seconda è presa da https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-preggio-umbertide-pg/

lunedì 8 agosto 2022

Il castello di lunedì 8 agosto



BASCAPE' (PV) - Castello

Il castello di Bascapè viene citato per la prima volta nel 879 e faceva parte della cerchia esterna di difesa del territorio di Milano. Fu distrutto nel 1159 dall'Imperatore Federico Barbarossa e ancora nel 1239 da Federico II. Dopo lotte e distruzioni nel XIII secolo il paese ebbe un periodo di floridezza e la famiglia Bascapè, feudataria indiscussa, acquistò sempre maggiore importanza soprattutto a Milano sia per le cariche politiche, sociali, ecclesiastiche che diversi suoi membri ricoprono, sia perché tra di loro vi sono molti uomini di pensiero e di cultura. Basterà citare Pietro da Bascapè, autore nel 1274 di un poema in volgare. Il più importante personaggio però, di cui la famiglia Bascapè è stata giustamente orgogliosa, fu il venerabile Carlo, vescovo di Novara. Entrato in possesso dei Bascapè, il castello rimase di loro proprietà fino al 1821 (a parte una breve interruzione nel 1400) e successivamente mantenne l’aspetto originario fino al 1830, quando fu parzialmente incorporato in costruzioni rurali sorte allora. Del primitivo edificio si possono vedere resti di finestre ed elementi vari incorporati negli edifici abitativi ricavati al suo interno: fregi, decorazioni, frammenti di pitture e stemmi gentilizi. Il complesso ha pianta quadrata ed è formato da corpi di fabbrica diversi tra loro sia per rapporto planivolumetrico sia per fisionomia. Ingloba resti di un castello del X secolo, poi ricostruito nel XII e XIII e oggetto di continui rimaneggiamenti fino al XVII secolo. L'ala sud con facciata principale sulla piazza conserva quattro grandi finestre a tutto sesto decorate a dentelli in cotto campeggianti entro riquadri di intonaco. Si articola su 4 piani, 3 fuori terra e 1 seminterrato. Le strutture verticali sono in muratura di laterizi e malta di calce a corsi regolari. Le strutture di orizzontamento per i piani fuori terra sono costituite da solai lignei a doppia orditura, mentre il seminterrato e' coperto da una volta a botte a sesto ribassato con lunette. La copertura ha struttura lignea costituita da capriate con monaco e manto di copertura in coppi. Sul lato interno (facciata nord) è presente un porticato. Il collegamento verticale è assicurato da 3 scale con struttura in muratura e pedate in pietra. Il piano terra presenta destinazione mista residenziale e servizi (ristorante), mentre il primo piano, dove si trovano i saloni principali, non è utilizzato. Al secondo piano si trovano delle abitazioni. Nei saloni principali sono presenti decorazioni cinquecentesche che consistono in un fregio dipinto a secco con decorazioni allegoriche e scudi araldici, che percorrono la parte alta di tutte quattro le pareti delle due stanze al primo piano e in un soffitto ligneo con cassettoni decorati. L'ala est oggetto di pesanti rimaneggiamenti si articola su 4 piani, 3 fuori terra e 1 seminterrato. Sono presenti sulla facciata ovest due finestre a sesto acuto con cornice.

Fonti: https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A130-00024/, http://www.paviaedintorni.it/temi/arteearchitettura_file/artearchitettura_castelli_file/castelli_BASCAPE.htm, http://www.visitapavia.it/itinerari/Castelli%20nel%20Pavese/Castelli-del-Pavese-Bascape.html

Foto: la prima è presa da https://www.paviafree.it/itinerari/bascape-piccolo-comune-della-provincia-pavese.html, la seconda è presa da https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A130-00025/

venerdì 5 agosto 2022

Il castello di venerdì 5 agosto

 


TERENZO (PR) - Castello in frazione Selva Smeralda

Il castello di Selva Smeralda è un maniero medievale che sorge nella piccola località di Selva Smeralda, appartenente al comune di Terenzo ma situata nei pressi di Neviano de' Rossi, frazione di Fornovo di Taro, in provincia di Parma. Neviano de' Rossi sorge a 401 m s.l.m., in posizione panoramica sul crinale che separa la valle del rio di Gambiolo, affluente destro del torrente Sporzana, da quella del torrente Scodogna, che nasce sul vicino monte della Croce; la frazione è situata inoltre a breve distanza dalla val Baganza. Nel XIII secolo il borgo, il castello e la cappella, seppur dipendenti dalla pieve di San Vitale Baganza, appartenevano alla famiglia Draghi. In epoca imprecisata subentrarono i Rossi; nel 1409 Ottobuono de' Terzi pose sotto assedio il maniero, costringendo, in cambio della pace, i fratelli Pietro e Giacomo de' Rossi a vendere a lui il castello di Carona, a suo fratello Giovanni i castelli di Tiorre e Castrignano e al terzo fratello Giacomo i castelli di Basilicanova e Mamiano. Nel 1464 Pier Maria II de' Rossi destinò nel testamento al figlio Guido Neviano de' Rossi, unitamente a numerosi altri feudi del Parmense. Tuttavia, probabilmente in occasione della morte del condottiero durante la guerra dei Rossi, il castello di Selva Smeralda fu acquisito dal colonnello Lorenzo Smeraldi di Parma. Nel 1552, durante la guerra di Parma, Selva Smeralda e Neviano furono saccheggiati dalle truppe imperiali guidate da Ferrante I Gonzaga, che catturarono Giovanni Smeraldi, alleato dei Farnese, e lo rinchiusero nel castello di Tizzano Val Parma; Giovanni riuscì a fuggire ma fu nuovamente arrestato e giustiziato. Di conseguenza la famiglia si ritirò a Parma abbandonando la fortificazione; verso la fine del XVII secolo la casata si estinse nella famiglia Tarasconi, dando origine ai conti Tarasconi Smeraldi, che mantennero il possesso di Selva Smeralda fino all'abolizione dei diritti feudali sancita da Napoleone nel 1805. In seguito il maniero fu acquistato dapprima dalla famiglia Folli e successivamente dagli ungheresi Orbàn. Completamente restaurato, fu trasformato in un agriturismo, successivamente chiuso, per essere adibito a funzione abitativa prevalentemente durante il periodo estivo. Il castello sorge isolato tra terre coltivate in posizione scoscesa, dominante sulla valle del torrente Sporzana. Dell'antico maniero trecentesco rimane quasi completamente integro il massiccio mastio rivestito in laterizio, che conserva su tre lati i beccatelli originari; in adiacenza al torrione avente base quadrata, si sviluppano gli edifici annessi in pietra mista a mattoni, parzialmente modificati nei secoli rispetto alle strutture originarie e restaurati agli inizi del XXI secolo; alcuni ambienti sono adibiti a deposito per mezzi agricoli. Altri link suggeriti:https://www.ilparmense.net/il-castello-di-selva-smeralda-o-neviano-de-rossi/, https://www.facebook.com/pages/Castello-di-Selva-Smeralda/143157162845527

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Neviano_de%27_Rossi, https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Selva_Smeralda

Foto: è presa da https://www.facebook.com/groups/169346393690004 (risale al 2000, quando ancora ospitava un agriturismo)

giovedì 4 agosto 2022

Il castello di giovedì 4 agosto



BORRELLO (CH) - Palazzo Baronale

Borrello sorge su un altipiano ad oltre 800 metri sul livello del mare ai confini del Molise. Per la sua posizione può essere paragonato ad un promontorio che si incunea nella valle dell'impetuoso fiume Sangro. Il paese, come tramandato anche da Benedetto Croce, fu feudo della famiglia Borrello: il filosofo abruzzese afferma di aver ritrovato un documento dell'anno 1000 che lascerebbe ipotizzare una qualche signoria di questa famiglia già sul finire del X secolo. In effetti la notizia è confermata anche nelle fonti storiche più antiche, consultate e raccolte nel XVIII secolo da Anton Ludovico Antinori per la stesura dei suoi Annali degli Abruzzi, in cui il capostipite della dinastia, un tale Borrello da cui il Castello prese poi il nome e lo perpetuò nel corso dei secoli, sarebbe stato un condottiero franco discendente dai Conti dei Marsi. Il Croce, invece, asserisce che la famiglia discende da qualche esponente della famiglia Borel di origine francese. In un documento del Civitas Burrelli del 1754 scritto dall'ingegner Juliani, il palazzo baronale di Borrello viene citato il "Castello della Baronal Camera" composto da una torre con mura a "Scarapa" con terreni della camera baronale adiacenti composti dal giardino ortolizio e da una cantina presso la chiesa di Sant'Onofrio. Nel documento vengono descritte anche le stanze e la loro conservazione all'epoca. Nel 1913 il comune di Borrello acquistò il palazzo dalla famiglia Mascitelli di Atessa, ultimi feudatari di Borrello, per farne la sede del municipio; così si iniziarono i lavori di adeguamento. I bombardamenti del 1943 fecero crollare il tetto ed i solai. Fu ricostruito dal Genio Civile che lo riportò allo stato attuale. Posto in Via Roma, attualmente è sede del municipio. È costituito da tre piani. Sull'ultimo piano poggiava anticamente il ponte levatoio, nel punto ove si erge la Torre dell'Orologio. Le pareti sono rosa, mentre le cornici marcapiano, il cornicione, gli stipiti e gli architravi sono colorati di grigio. Il coronamento è costituito da un cornicione alto che segue le forme dell'edificio che celano il tetto a padiglione. Accanto al palazzo dei baroni si nota la Torre dell'Orologio con alla sommità una struttura piramidale in ferro battuto che sorregge la campana dei rintocchi dell’orologio. In epoca medioevale la torre era più bassa e consentiva l’appoggio del ponte levatoio, che per motivi di sicurezza costituiva l’unico accesso ai piani alti del palazzo; un lungo tratto della catena che collegava il ponte al suo argano è conservato nel museo. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=En6ONXY3iqw&t=1s (video di lucadinunziodotcom), https://www.youtube.com/watch?v=EloFTWVZ4pg (video di Giuseppe Cocco)

Fonti: https://www.comuneborrello.it/scopri-borrello-2/, https://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_Baronale_(Borrello), https://penisolabella.blogspot.com/2008/06/abruzzo-borrello-ch.html

Foto: la prima è di cobòò su https://www.tripadvisor.it/ShowUserReviews-g1078290-d14081873-r615736536-Palazzo_Baronale-Borrello_Province_of_Chieti_Abruzzo.html#photos;aggregationId=&albumid=&filter=2&ff=345291967, di Pietro su https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Palazzo_baronale_(Borrello)?uselang=it#/media/File:Borrello_2017_03.jpg

mercoledì 3 agosto 2022

Il castello di mercoledì 3 agosto

                                       

CARPIANO (MI) - Castello

Nel 1200 Carpiano esisteva già (ci sono documenti già dall'800), ma fu proprio agli inizi del 1200 che i Certosini -sotto la protezione dei Visconti- cominciarono la loro opera di bonifica e regolamentazione del territorio introducendo tecniche nuove, come quella delle marcite. Nel tempo questi frati riuscirono sfruttare le acque del Lisone, colatore pubblico che deriva le sue acque dal Naviglio Grande (Porta Ticinese) tramite il Ticinello e che assume il suo nome a partire da Opera. In questo posto esisteva -forse dall'XI secolo- una postazione militare tenuta da personaggi "di fiducia" dei Visconti, fra cui la famiglia più importante all'epoca è stata quella dei Pusterla. Ma quando Franciscolo Pusterla si mise (forse) a congiurare contro Luchino e Giovanni Visconti, questi lo fecero decapitare con l’inganno assieme a moglie, figli e molti altri parenti, confiscando il loro beni e distribuendoli a personaggi amici e ad amanti varie. Le cascine di Carpiano furono assegnate alla Certosa di Pavia, e quando alla fine del 1300 Gian Galeazzo Visconti decise di costruire a Torre del Mangano il suo Mausoleo, anche il Castello di Carpiano passò in consegna ai Certosini; per una cinquantina d'anni essi lo diedero in gestione a fittavoli, ma poi iniziarono ad abitarlo direttamente e ad usarlo come convento. Possedere queste terre non significava solo gestire e sfruttare i terreni agricoli: le proprietà certosine in Carpiano si estendevano fino ad assorbire la totalità delle strutture del borgo, comprendendo case, botteghe, notai e altri professionisti, (fabbri, falegnami, muratori, fornaciai), tutte cose che rendevano fitti perpetui e cospicue entrate. Man mano che la potenza economica di Carpiano aumentava, il Castello si caratterizzava - oltre che come sede amministrativa e organizzativa- anche come centro agricolo di grande rilievo. Subì danni nel corso della Battaglia dei Giganti (1515), dovuti non tanto a fatti d'arme, ma al passaggio e alla permanenza sul territorio delle truppe. La storia del Castello di Carpiano iniziò nel lontano 1549, quando i suoi abitanti, i Padri Certosini, riedificarono la struttura nella forma originaria che aveva quando era di proprietà della famiglia Pusterla e, successivamente, di Gian Galeazzo Visconti, che lo donò assieme ai terreni di Carpiano alla Certosa di Pavia. I frati modificarono la struttura che da castello fortificato divenne una grangia fortificata dalla forma rettangolare con quattro torri angolari (oggi ne sono visibili soltanto tre). Con la sottomissione del Ducato di Milano da parte dell'Impero Austriaco, gli ordini religiosi vennero sciolti e, nel 1782, il castello e i suoi territori vennero donati dall'imperatore Giuseppe II d'Asburgo-Lorena al barone Giovanni Alessandro Brambilla, generale e chirurgo pavese alla corte dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria che lo diede in affitto per alcuni decenni alla famiglia dei nobili Forni di Milano (discendenti di Don Francesco Ambrogio Forni, che aveva proprietà anche ad Ispra, Baggio e Loirano). Successivamente la proprietà fu ceduta dai baroni Brambilla al conte Giacomo Mellerio. Alla sua morte i suoi beni, compreso il castello e i suoi territori, vennero lasciati all'Onorevole congregazione del legato Pio Mellerio, divenuta poi Onorevole congregazione di Carità, negli ultimi anni E.C.A. e poi II.PP.A.B. Sul fianco della torre di sud-ovest si trova una loggetta creata con le piccole colonne tortili (provenienti dal protiro posto all'esterno della chiesa) e pareti ancora oggi affrescate. Il castello è un organismo architettonico articolato in diversi corpi di fabbrica che con i loro volumi definiscono tre corti interne: a nord il cortile principale, a ovest il cortiletto del pretore, a nord-ovest il cortiletto rustico. A sud si trova il braccio principale su due piani fuori terra, con due torri ai margini e una bassa d'ingresso, posta centralmente, che consente il passaggio carraio alla corte interna. Il braccio intermedio, posto perpendicolarmente a quello principale, tra la corte grande e il cortiletto del "pretore" è su due piani fuori terra, caratterizzato a piano terreno dal locale refettorio chiuso da volta con lunette unghiate e da un piccolo corridoio di passaggio al cortiletto del pretore con volta a botte decorata. Il braccio che a nord chiude il cortiletto è caratterizzato da balcone a ballatoio verso il cortiletto nord e termina a ovest con un grosso locale quadrato a tutta altezza al quale si appoggiano tre campate di porticato rustico. L'entrata al castello, una volta completamente affrescata con la figura della Vergine, della Certosa di Pavia, di rose del Carmelo e di gigli, è una torre molto più bassa delle altre, dotata di ponte levatoio sul fossato che circondava il castello. Nell'entrata si trovava la porta che conduceva alla foresteria, da un lato, e dall'altro le scale che conducevano alle sale del piano superiore. Opposte alle sale si trovavano le stalle. Sul lato corto si trovavano le sale del refettorio, il chiostro e l'oratorio dedicato a san Brunone (protettore e fondatore dell'Ordine Certosino) consacrato nel 1645, dove ancora oggi sono visibili diversi affreschi ancora in buono stato e un passaggio voltato completamente affrescato raffiguranti nel centro il crisma radiante circondato da medaglioni e sulla lunetta l'Annunciazione. Tutte le decorazioni in marmo (provenienti dalla Certosa di Pavia e si presume che alcuni siano opera di Giovanni Antonio Amadeo) e gli affreschi presentano la scritta GRA CAR (visibile anche nella chiesa) che significa GRAtiarum CARthusia. Ancora oggi sono visibili e ben conservate delle sale particolari al piano terreno come la ghiacciaia con copertura a cupola, sale con copertura voltate a crociera. Le sale del piano superiore sono tutte dipinte con colori bianco e rosa e tutte dotate di grossi camini visibili anche all'esterno grazie ai comignoli gotici sul prospetto sud. Altri link suggeriti: https://www.italianostra.org/wp-content/uploads/castello.pdf, https://cartusialover.wordpress.com/tag/possedimenti/

Fonti: https://fondoambiente.it/luoghi/cascina-castello?ldc, https://it.wikipedia.org/wiki/Carpiano, https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Carpiano, https://www.comune.carpiano.mi.it/c015050/zf/index.php/musei-monumenti/index/dettaglio-museo/museo/2, https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1c020-00041/

Foto: la prima è presa da https://cartusialover.wordpress.com/2020/11/25/la-grangia-di-carpiano/, la seconda è presa da https://fondoambiente.it/luoghi/cascina-castello?ldc

martedì 2 agosto 2022

Il castello di martedì 2 agosto



                                       

POGGIARDO (LE) - Palazzo Baronale in frazione Vaste

Vaste fu una città messapica di considerevole importanza (l'antichissima Bastae o Baxta) fondata probabilmente attorno al 600 a.C. Subì nel corso dei secoli le violente invasioni dei Goti, dei Longobardi e dei Saraceni. Fu completamente rasa al suolo da Guglielmo il Malo nel 1147. Venne in seguito ricostruita e nel XII secolo il re Tancredi d'Altavilla l'assegnò in feudo ad Alessandro dei Goti. Nel tempo seguì le sorti del Principato di Taranto, sotto la signoria degli Orsini Del Balzo. Gli ultimi feudatari a detenere il controllo furono i Guarini di Poggiardo che rimasero fino al 1806, anno di soppressione del regime feudale. L'attuale fisionomia del Palazzo Baronale è il risultato di un'evoluzione planimetrica avvenuta fra il XIV ed il XVIII secolo. Il complesso è composto da due edifici principali, la torre e il palazzo, collegati da un tratto della cinta muraria del borgo quattrocentesco. La prima fase edilizia (XIV secolo) è costituita da una torre quadrangolare isolata a tre piani coronata da un parapetto merlato. Nella prima metà del XV secolo intorno alla torre si formò un piccolo insediamento difeso da cinta muraria; presso l'angolo sud-occidentale delle mura venne edificata una residenza fortificata, costituita da un piano terra e un primo piano collegati da una scala esterna. Un primo ampliamento del palazzo si data alla metà del XVI secolo, come testimonia l'iscrizione sulla porta di accesso alla struttura che attribuisce l'intervento a Ottavio dei Falconi feudatario di Vaste dal 1560. Nella prima metà del XVII secolo il palazzo venne ampliato verso sud-ovest al di fuori della cinta muraria in disuso. Con l'aggiunta del loggione a destra dell'attuale ingresso al borgo, il palazzo acquistò la fisionomia definitiva, corrispondente alla descrizione della metà del Settecento contenuta nei documenti che si riferiscono alla vendita del feudo ad Ippazio de Marco. All'interno del Palazzo è stato allestito il Museo della civiltà messapica (inaugurato nel Dicembre 2015), che conserva numerosi reperti archeologici provenienti soprattutto dall'area di scavo archeologica dell'antica Bastae, oggi compresa all’interno del Parco dei Guerrieri. Il percorso espositivo propone il susseguirsi di testimonianze che conducono l'osservatore lungo un suggestivo itinerario, percorrendo il quale si possono osservare i ricchi corredi delle tombe a sarcofago, i bellissimi crateri, i bacili, gli strigili, nonché le tipiche "trozzelle" a decorazione geometrica o floreale delle sepolture femminili. Un'accurata ricostruzione virtuale proiettata su grande schermo, inoltre, consente al visitatore un'autentica immersione a ritroso nel tempo e rende indimenticabile la visita in questo gioiello dell'archeologia pugliese. Per approfondire suggerisco questo link: http://web.tiscali.it/lecceonline/itinerario_vaste.htm

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Vaste, http://www.italiavirtualtour.it/dettaglio.php?id=95463,https://www.salento.com/info/2019/10/12/museo-archeologico-di-vaste/

Foto: la prima è di Lupiae su https://mapcarta.com/N7828750612, la seconda è presa da https://www.corrieresalentino.it/2015/12/vaste-e-poggiardo-il-19-dicembre-linaugurazione-del-sistema-museale/

lunedì 1 agosto 2022

Il castello di lunedì 1 agosto

 

                                          

MELITO IRPINO (AV) - Castello normanno

L’antico sito di Melito Irpino sorgeva presso la riva destra dell’Ufita, è circondato da coltivazioni di vitigni che producono uva di prima qualità da trasformare in vino, vanto e tipicità della zona; tracce dell’esistenza del vecchio abitato furono rinvenute solo nel 1880. Grazie agli scavi del sign G. Pecori furono trovati vari sepolcri, ritenuti di epoca romana, un tempietto, e alcune abitazioni oltre vari reperti come anfore lapidi e monete romane. Il borgo medioevale viene citato per la prima volta nel XII secolo in epoca normanna; nel 1239 Ferdinando II d’Aragona affidò il comune a Landolfo di Grottaminarda. Melito fece altresì parte della Baronia del Conti di Gesualdo, fu anche feudo dei conti di Ariano, dei Della Marra, dei D’Aquino, dei Caracciolo, dei Pagano fino all’abolizione della feudalità. Borgo piccolo e tranquillo, nel 1962 venne colpito da un violento sisma e successivamente, sembrerebbe per apparenti cause di sicurezza, venne interamente raso al suolo, salvo per fortuna il castello e la chiesa di S. Egidio. Anche il tracciato delle vecchie strade è andato perso, salvo i tratti rimasti pavimentati con basalto e ciottoli. Il centro storico (XI secolo) è dominato dal castello di fondazione normanno-sveva ma rifatto per volere della committenza nobiliare aragonese, unica costruzione storica (oltre ai ruderi della chiesa madre) superstite del borgo medievale di Melito. Se incerta è l'origine del castello, già esistente al tempo della conquista normanna, ma il cui primo riferimento storico risalirebbe al 1062 o al 1298, certa è la funzione strategica della struttura, che si erge senza fondazioni sulla roccia, su una piccola altura, che sovrasta la sottostante valle dell'Ufita. La forma romboidale irregolare della costruzione, con un corpo centrale allungato e torri angolari circolari (una sola quadrata), indicherebbero un'origine longobarda. Tale orientamento, sarebbe altresì sorretto dalla creazione da parte dei Longobardi di una serie di fortificazioni nei punti militarmente strategici, quale era Melito, a protezione dalle invasioni dei Bizantini stanziati in Puglia. Il castello, con una spessa muratura in pietrame, presenta diversi livelli a seconda del piano di fondazione. Era difeso da un fossato ormai scomparso, da mura e da un avancapo, detto il barbacane (la zona intorno al castello viene ancora oggi ricordata nel dialetto locale col nome di Varvacale). In prossimità del castello, a una cinquantina di metri, si ergevano le antiche porte di cui restano le grosse buche ove venivano issate barre di ferro o legno usate per sbarrarle. La presenza di cave a cielo aperto fa ritenere che per la costruzione del castello si utilizzò in prevalenza pietra locale, integrata da materiale alieno. L'originalità della struttura è stata tuttavia fortemente compromessa da diversi eventi, quali la distruzione parziale per le lotte sul suo possesso, manomissioni intervenute nel corso del tempo (asportazioni di blocchi di rivestimento riutilizzati in alcune abitazioni del borgo), incendi (notevole quello del 1779), a seguito del quale si effettuarono delle riparazioni che fecero perdere al castello i suoi caratteri originari. Nel corso dei secoli, il Castello venne dunque trasformato in una dimora signorile nella prima metà del '600 e appartenne a numerosi signori tra cui la famiglia nobiliare dei Pisanelli e per ultima la famiglia Pagano che ne conservò il possesso dal 1770 al 1806. Nel 1912 fu risistemato il lato occidentale della fortificazione. Il colpo di grazia arrivò col terremoto del 1962, che lo rese pericolante, tanto che i vigili del fuoco furono costretti ad abbattere la parte più antica, l'unica torre quadrata e una torre circolare, alcune stanze inabitabili all'interno. Nonostante conservi il suo fascino, il castello è ridotto a un imponente rudere, col tetto in più parti danneggiato, pericolante e con mura lesionate. Diverse leggende sono legate alla roccaforte, o più precisamente alle presenze fantasmagoriche che taluni raccontano di aver visto, avvertito o sentito. Tra le tante narrazioni locali, la più conosciuta è quella della Dama Bianca. Alcuni tra i più impavidi che si sarebbero addentrati e soffermati fino all’imbrunire in questa zona isolata, riferiscono strani avvistamenti che farebbero rimando al fantasma di una “Signora Marchesa”. Lo spettro, secondo vox populi, sarebbe riconducibile ad una bellissima e crudele castellana del ‘600 di nome Porzia, a cui erano attribuite doti di stregoneria, poteri magici e abilità nelle pozioni di veleno. Una sorta di Lucrezia Borgia irpina! Questa donna, avendo tradito il marito Goffredo con diversi uomini, fu fatta assassinare dallo stesso coniuge dopo essere stata rinchiusa nella torre. Leggenda vorrebbe che il suo spirito sia rimasto imprigionato in questo luogo e vaghi ancora nel suo vestito bianco sporco di sangue, desideroso di vendetta alla mercè del nulla. Le apparizioni sarebbero più frequenti nei mesi primaverili, periodo in cui ricorre l’anniversario della sua morte. Il racconto è rimesso alla tradizione orale, per cui non abbiamo documenti che attestino con certezza l’esistenza di queste persone. Cosa certa è che anche la “presenza” misteriosa e velata nell’occulto della Dama Bianca è parte integrante del folklore di Melito e, dunque, della verde provincia campana. Altri link proposti: https://www.youtube.com/watch?v=WGcZJHa7aQk (video di Castelli d'Irpinia), https://derivesuburbane.it/borghi-e-castelli/paesi-abbandonati-campania/melito-irpino/, https://spazioinwind.libero.it/melito/castello.htm

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Melito_Irpino,https://sistemairpinia.provincia.avellino.it/it/luoghi/ruderi-del-castello-di-melito-irpino, http://www.castellidirpinia.com/melito_it.html, http://www.irpinia.info/sito/towns/melito/castello.htm, https://www.museodeicastelli.it/castelli/melito-irpino-castello-normanno/, http://redwolf.altervista.org/melito-irpino-un-paese-fantasma-tra-passato-e-leggenda/

Foto: la prima è presa da http://www.paesaggiirpini.it/foto/melito-irpino/melito-vecchio/8067/, la seconda è di Pasqualina Giusto su http://redwolf.altervista.org/melito-irpino-un-paese-fantasma-tra-passato-e-leggenda/