martedì 30 novembre 2010

Il castello di martedì 30 novembre



CACCAMO (PA)- Castello Chiaramonte

Il castello di Caccamo, realizzato in pietra calcarea, sorge sulla sommità di una massiccia rupe e con il suo aspetto ricco di bastioni e merlature sembra quasi fungerne da corona. Le prime notizie che ne fanno riferimento risalgono al XIV secolo quando gli Angioini tentarono invano di espugnarlo. L'edificio, in seguito all'alternarsi nei secoli di diverse famiglie signorili, si presenta oggi come un insieme di corpi di fabbrica non omogenei. Ai Chiaramonte, nobile famiglia palermitana che per più di un secolo condizionò la storia della Sicilia medievale contrapponendosi al potere regio degli Aragonesi, e in particolare a Manfredi I, si deve lo sviluppo e il potenziamento del maniero tra il 1300 e il 1392. Purtroppo del periodo chiaramontano sono rimaste visibili pochissime tracce a causa dei continui rimaneggiamenti subiti nei secoli successivi. Manfredi I fortificò la struttura e fece erigere una nuova torre, chiamata Gibellina, solidificando la già esistente torre di Pizzarrone. In seguito il castello passò alla famiglia Prades-Cabrera che, temendo ritorsioni da parte della popolazione rimasta fortemente legata ai Chiaramonte, fortificò ulteriormente il castello con alcune torri scarpate nell'angolo a nord-est e fece realizzare un’ intera ala adibita al piano terra a scuderie e al primo piano a salone delle udienze, in seguito convertito in teatro di corte. Con la signoria degli Amato (1646-1813) il castello da edificio difensivo divenne palazzo baronale seppur arricchito dagli stessi da un'abbondanza di merli. In particolare la parte sud del castello venne arricchita di soffitti lignei dipinti, pareti decorate da fasce affrescate. Tra gli ambienti più caratteristici e rilevanti che troviamo all’ interno del Castello di Caccamo ricordiamo: la piccola chiesa di corte; le prigioni - vani dalle pareti umide e annerite, con incisi motti e improperi e figure varie esprimenti lo stato d'animo di chi si trovava lì in attesa di giudizio; il balcone detto della «bella vista» per il meraviglioso panorama che vi si può ammirare; il salone detto «della congiura», ove, secondo la tradizione, nel 1160 si riunirono i baroni del reame di Sicilia ribelli a re Guglielmo, capitanati dal signore di Caccamo Matteo Bonello. Suggestive le sue pareti dove sono appese diverse armi da guerra: elmi, scudi, pugnali, spade, scimitarre, frecce. Dal 1963 il castello è di proprietà della Regione Sicilia.

lunedì 29 novembre 2010

Il castello di lunedì 29 novembre



Sala Baganza (PR) - Rocca Sanvitale-Farnese

Si tratta di una costruzione, un tempo molto imponente, a torri angolari quadrate, con dongione centrale. Attualmente la Rocca ha l’aspetto di un lungo parallelepipedo sezionato da tre piani e delimitato agli estremi dai resti di due torrioni. Ciò che ancora si erge oggi è solo un’ala dell’edificio originario, ricostruito per volere di Gilberto II nel 1477 dietro il consenso del Duca di Milano Galeazzo Maria Sforza. Nei secoli successivi appartenne alle importanti famiglie nobiliari dei Sanvitale, ai quali deve il suo periodo di maggiore splendore ed importanza, e dei Farnese, durante il cui feudo si arricchì di un piano nobile con stupendi cicli di affreschi e decorazioni pittoriche. Nel 1630 divenne luogo di convalescenza alla scampata epidemia di peste e nel 1676 residenza estiva del Collegio dei Nobili di Parma. Il trasferimento della residenza Farnese a Colorno coincise con l'inizio del declino per la rocca, che raggiunse il suo culmine con l'opera distruttiva di Michele Varron, tenente che nel 1804 ebbe in dono l'intera struttura da Napoleone.
In questo periodo vennero abbattute alcune ali del castello, che assunse così le forme tuttora visibili; rimase di proprietà privatA fino al 1987, anno in cui il Comune si appropriò dell'ala nord, la parte cinquecentesca, intraprendendo un'opera di restauro che si è da poco conclusa. Ad ovest della Rocca si estende la “Cortaccia”, un’ampia corte quadrangolare dove erano dislocate le scuderie ed i bassi servizi. E' da poco aperta al pubblico e disponibile per l'organizzazione di mostre, convegni, iniziative varie.

sabato 27 novembre 2010

Il castello di domenica 28 novembre




SONCINO (CR) - Rocca Sforza

E’ probabilmente il più importante, oltre che tra i più noti, edifici fortificati della provincia di Cremona. Il suo valore storico e documentario assume infatti rilievo nazionale. Le più antiche notizie riguardanti una Rocca a Soncino risalgono al X secolo, quando venne costruita una prima cinta muraria quale riparo da opporre alla calata degli Ungari. Nel 1200 il castello venne assediato e distrutto dai Milanesi e dai Bresciani. Soncino fu oggetto di contesa tra i principali Comuni Lombardi, infatti se nel 1312 il nuovo castello fu occupato dai Cremonesi, nel 1391 i Milanesi ne fecero una testa di ponte contro i Veneziani la cui politica di espansione in terraferma avveniva ormai a danno del Ducato Milanese. Sempre per timore e per aumentare le difese nei confronti della Serenissima, le mura ed il castello vennero rinforzati intorno al 1427. La pace di Lodi del 1454 sancì definitivamente i confini tra la Repubblica di Venezia ed il Ducato di Milano, assegnando a quest'ultimo anche Soncino. Nonostante ciò, Francesco Sforza nel 1460 fece rafforzare le mura attorno al castello e la Rocca stessa, che fu oggetto di richiesta di costruzione nel 1468 da parte dei soncinesi, che espressero il loro desiderio con una lettera indirizzata al duca. Quest'ultimo preferì tuttavia erigervi solamente un nuovo torrione dalla caratteristica forma circolare. Opere significative di manutenzione furono poi intraprese dal 1471 per opera di Benedetto Ferrini e Danese Maineri, ingegneri responsabili delle fortezze di Soncino e Romanengo, che dal 1473 iniziarono anche i lavori per la costruzione della nuova Rocca, sotto la direzione di Bartolomeo Gadio. I lavori furono molto rapidi, grazie alla sua collocazione all'estremità inferiore della depressione valliva nord-sud: la prima guarnigione fece ingresso nella Rocca già sei mesi dopo l'avvio del cantiere, che fu completato nel giro di un paio d'anni dall'inizio dei lavori. Dal 1499 la Rocca passò ai veneziani ai quali rimase sino al 1509 per poi essere trasferita ai francesi e nuovamente agli Sforza. Dal 1535, il Ducato di Milano divenne territorio spagnolo. Nel 1536 l'imperatore Carlo V d'Asburgo elevò Soncino a marchesato e lo passò in feudo alla famiglia milanese degli Stampa che lo trasformarono nei secoli successivi sempre più in una dimora, con la chiusura degli spalti per ricavarne stanze (oggi utilizzate per esposizioni temporanee) e la torre di sud-est cappella privata. II marchese Ermete I vi aggiunse il rivellino (1545), rivolto però non alla campagna, ma verso il borgo, perché i suoi nemici più temuti erano i riluttanti sudditi soncinesi. Un cunicolo collegava la rocca alla chiesa di S. Maria delle Grazie. Fu sotto gli Stampa che furono chiamati valenti pittori quali Bernardino e Aurelio Gatti e Vincenzo Campi per decorare alcune sale interne del castello, oltre alla cappella che vi fu eretta. La Rocca fu danneggiata dagli spagnoli del conte Fuentes nel 1601. Nel 1707 il fortilizio con l'intera giurisdizione di Milano passarono agli austriaci. Nel 1876 Massimiliano Cesare Stampa, ultimo marchese di Soncino, morì trasmettendo il castello ridotto a rudere al comune per testamento. La donazione non entusiasmò i soncinesi, a eccezione del conte di Bardone, Francesco Galantino, cultore di storia patria e locale. L'ultimo Stampa lasciò al Comune di Soncino l'antica fortezza (1876) e l'arch. Luca Beltrami la restaurò secondo la teoria del ripristino architettonico storico, cioè sulla base della documentazione d'archivio (1886-1895). Nonostante fosse stata interamente costruita dagli Sforza, la rocca risente degli influssi viscontei: il suo impianto quadrato con torri singolari sporgenti deriva dai castelli di pianura di Pandino, Pavia ed altri. La difesa si limitò a potenziare alcuni elementi quali lo spessore dei muri, la maggiore altezza delle torri, la profondità del fossato, ecc. La Rocca Sforzesca è alta 28 metri e larga 73 metri, si articola in due strutture quadrilatere. Il Rivellino costituiva uno sbarramento fortificato, che doveva assorbire gli sforzi di sfondamento degli assalitori; due scale scoperte permettono tuttora la salita allo spalto. Oltre all'uscita verso l'abitato, il Rivellino ne ha una verso la campagna, attraverso un ponte levatoio con un massiccio ponte merlato. Il raccordo tra il Rivellino e la struttura maggiore è operato da due ponti levatoi: uno per pedoni e l'altro per cavalieri e carrozze. Superato l'androne principale, ecco il piccolo cortile cinto da massicce cortine murarie, percorse da camminamenti con spalti merlati. Subito a destra, s'apre una scaletta, la quale porta al sotterraneo della Torre del Capitano, o Torre del Castellano. Scendendo, si raggiunge dapprima il locale che ospitava una porta levatoia, la quale si abbassava sul pontile in muratura, che superava il fossato per introdurre al cunicolo che collegava la Rocca al complesso conventuale di Santa Maria delle Grazie. Uno dei locali, con un rialzo giacilio lungo una parte, fungeva da prigione. Per quanto riguarda la Torre del Capitano, una scala interna conduce dal sotterraneo all'abitazione del castellano. La torre è costituita da due locali sovrapposti. Il locale a piano cortile è dotato di un grande camino e d'una finestra. Un'apertura nel muro orientale, presso l'angolo, ospita il pozzo per l'acqua ad uso domestico. La stanza superiore, con pozzo e latrina, era collegata sia allo spalto settentrionale che a quello occidentale da porte levatoie. La " Torre del Capitano" costituiva l'estrema possibilità di resistenza e difesa, da qui gli assediati potevano raggiungere l'uscita verso Santa Maria delle Grazie. Una scaletta, che si apre nell'androne della porta verso lo spalto, guida al piano della merlatura ghibellina, ossia a coda di rondine. Le torri a base quadrata, poste agli angoli orientali, sono identiche. La stanza a piano cortile ha una finestra il soffitto a volta a lunette; due porte conducono, per ripide scalette in laterizio, l'una al sotterraneo costituito da due ordini di locali sovrapposti, l'altra al piano superiore, aperto sugli spalti, un'altra scaletta guida al piano della merlatura. Nella torre di sud-est, il vano al piano degli spalti fu adattato a Cappella. La torre a base circolare presenta un angolo rientrante che permette l'inserimento degli spalti nel baluardo. L'originalità della torre è sorta dalla necessità di adeguare a baluardo un torrione che, con altri otto, costituiva la barriera delle mura del borgo. Al piano degli spalti si apre un vano a pianta circolare a calotta sferica; attorno ad esso si snoda una scaletta che porta al piano della merlatura, ove in un pilastro cilindrico una scaletta a chiocciola conduce all'osservatorio, aperto sul tetto conico della torre. È il belfredo. Il grande fossato che circonda la rocca era diviso in tre settori: permanentemente inondato d'acqua il primo, ad occidente verso la campagna l'acqua per riempire il fossato veniva prelevata da una diramazione della Roggia Bina. La torre circolare di sud-ovest costituiva una novità, un elemento aggiornato che venne edificato però su un preesistente torrione circolare e non intenzionalmente. L'architetto Beltrami ha individuato nella torre la stanza del tesoro al piano terra anche se la leggenda soncinese in realtà parla di un vano tra il piano terra e gli spalti. Per approfondire l'argomento suggerisco i seguenti link: https://www.pianuradascoprire.com/destinations/la-rocca-di-soncino/, https://www.youtube.com/watch?v=h5F5m7Y-WF8&t=13s (video di inLOMBARDIA), https://www.youtube.com/watch?v=i-zxHjbHd7U&t=15s (video di Tripilare Video), https://www.youtube.com/watch?v=-b2fllInOwE&t=1s (video di AvvenTube), https://www.youtube.com/watch?v=Waqos1a5qEk (video de I BORGHI PIU' DELLI D'ITALIA), https://www.youtube.com/watch?v=AakvGYizCkE (video di Stefano Mauro)

Fonti: https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A060-00399/, https://it.wikipedia.org/wiki/Rocca_Sforzesca_(Soncino), https://www.prolocosoncino.it/rocca-di-soncino.php,

Foto: la prima è di Lancill8 su https://www.pinterest.it/pin/797840890216531173/, la seconda è presa da https://www.laprovinciacr.it/news/cronaca/384400/soncino-rivellino-riapre-il-cortiletto.html. Infine, la terza è una cartolina della mia collezione

Il castello di sabato 27 novembre




Mesola (FE) - Castello Estense

Il complesso architettonico del Castello di Mesola venne edificato intorno al 1578 per volere del duca Alfonso II d'Este in onore della sua sposa Margherita Gonzaga, con l’intento di ospitare la Corte, che qui si sarebbe dedicata ad ameni svaghi e a imponenti cacce e pesche nella foresta circostante e sul litorale. Il suo aspetto è allo stesso tempo austero ed elegante. Il Castello era circondato da una cinta muraria lunga 12 km, di cui oggi non rimane nulla. Sono invece ancora visibili le strutture di servizio, un tempo riservate agli alloggi dei servitori, alle stalle, ai magazzini e ad altre attività complementari alla vita del Castello. Tali costruzioni, poste in modo da formare un ampio semiottagono di portici sono state trasformate oggi in negozi e ristoranti. Racchiuso da questa specie di recinto porticato, si erge l'imponente palazzo, a pianta quadrata, senza cortile interno, con quattro torri merlate disposte trasversalmente sugli spigoli. E’ costruito su tre piani e presenta il paramento murario di pietra a vista e tre ordini di finestre rettangolari. Mesola presentava dunque un apparato fortificato imponente, tale da sembrare ingiustificato per una tenuta dedicata solo al divertimento. Ed infatti studi recenti dimostrerebbero che la sua edificazione fosse il paravento di un progetto ben più ampio ed ambizioso: creare alle foci del Po una grande città emporio, in competizione con Venezia, per il controllo dei commerci adriatici verso l'entroterra, e da un punto di vista urbanistico sarebbe risultata la più grande città di nuova fondazione del Rinascimento italiano. Ma prima i dissesti finanziari, poi la morte senza eredi di Alfonso II, impedirono la realizzazione del progetto urbanistico.
Oggi, dopo essere stato restaurato, il Castello è di proprietà della Provincia di Ferrara e ha vari utilizzi: al piano terra sono ospitati un Ufficio Informazioni Turistiche e la biblioteca comunale mentre al secondo piano vi è la sede del Centro Visita del Parco Regionale del Delta del Po che ospita attività congressuali ed espositive.

venerdì 26 novembre 2010

Il castello di venerdì 26 novembre



IL CASTELLO NORMANNO-SVEVO DI MELFI (PZ)

La città di Melfi, adagiata su un colle vulcanico nella parte settentrionale del Vulture, fu la capitale dei Normanni del Sud prima che fosse scelta Palermo, e in seguito residenza frequentata spesso da Federico II. Il suo castello è senza dubbio il più noto della Basilicata ed uno dei più grandi del Meridione. A dimostrazione della sua vastità, una leggenda lo vuole composto da 365 stanze, come i giorni dell’anno. Costruito sulla sommità di un colle nell’XI secolo sui resti di un’antica rocca normanna e successivamente oggetto di ampliamenti e alterazioni ad opera di Svevi, Angioini e Aragonesi, il complesso mostra chiaramente elementi e architetture delle varie dominazioni. La sua imponente massa frastagliata di superfici, muri, bifore, torri, feritoie ed altri particolari, fa in modo che si formino dei suggestivi giochi di luci ed ombre sempre diversi nelle varie fasi della giornata, creando delle atmosfere magiche, irripetibili e che ci riportano indietro nel tempo; cosicchè sembra quasi di rivedere gli antichi personaggi passeggiare sui suoi bastioni. E’ munito di ben dieci torri, di cui sette rettangolari e tre pentagonali, di concezione angioina. Ripercorrendo brevemente la storia di questa grandiosa costruzione, scopriamo che vi si svolsero quattro concili papali tra 1059 e 1101 e vi fu bandita la prima crociata nel 1089. Federico utilizzò il castello anche come tesoreria regia, come deposito delle riscossioni effettuate in Basilicata, nonché come prigione, visto che il saraceno Othman di Lucera vi fu incarcerato e dovette pagare 50 once d’oro per riacquistare la libertà.
Il maniero ha subito numerosi restauri in seguito al sisma del 1980 e oggi è di proprietà del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Alcune delle sue sale in una parte del pianterreno del corpo frontale, ospitano il Museo Nazionale del Melfese, nel quale sono esposti numerosi reperti archeologici provenienti dalle zone limitrofe. Nella torre dell'Orologio è custodito il Sarcofago romano ritrovato nel 1866. L'immenso blocco di marmo è probabilmente l'urna funeraria di Emilia Sauro, la figlia di Cecilia Metella.

giovedì 25 novembre 2010

Il castello di giovedì 25 novembre

ORIA (BR) - IL CASTELLO SVEVO L'imponente maniero, che occupa l'altura dell'acropoli messapica e domina la città in fortissima posizione difensiva, fu realizzato tra il 1225 e il 1233 per ordine dell’imperatore Federico II. La sua forma, di un triangolo isoscele con base a sud e vertice a nord, a molti storici ha richiamato quella di un “vascello natante nell'aria”. In realtà, più che un castello, quello di Oria ha tutta l'aria di un recinto fortificato, il cui nucleo più antico è individuabile nel massiccio torrione quadrangolare a sud-ovest, detto anche “del Maschio” o “del Becco”, costruito in forma di dongione probabilmente nel periodo svevo. Sono tuttavia evidenti i segni di rimaneggiamento ed adattamento alle nuove tecniche difensive operati in epoca rinascimentale con l'inserimento di cannoniere e feritoie. Altre torri si trovano sul lato meridionale, le cilindriche dette “del Salto” e “del Cavaliere” di epoca angioina, e alla punta settentrionale, la torre quadrata detta “dello Sperone”, simile alla prua di una nave e dalla quale è possibile ammirare un paesaggio magnifico. All'interno del recinto, ove si trova una vastissima piazza d'armi che poteva contenere fino a 5000 soldati, gli unici ambienti coperti esistenti sono caserme, magazzini e l'alloggio per il feudatario che, insieme ad una serie di capienti cisterne, testimoniano la natura prettamente indirizzata alla difesa della costruzione, oggetto in passato di numerosi prolungati assedi. Il castello è stato dimora di principi, cavalieri, marchesi e baroni, oltre che meta di studiosi provenienti da tutto il mondo. Restaurato più volte, sia prima che dopo la rovinosa tromba d'aria del 1897, è divenuto proprietà dal 1933 dei conti Martini Carissimo che ne hanno curato la successiva ristrutturazione. Oggi è monumento nazionale e oltre ad ospitare il Municipio, le sue sale espongono una ricca collezione di oggetti risalenti all’età romana e al Medioevo.

mercoledì 24 novembre 2010

Il castello di mercoledì 24 novembre



CERCHIARA DI CALABRIA (CS) - Ruderi del castello

Cerchiara di Calabria è posta a 650 metri s.l.m., adagiata su un costone staccatosi dal monte Sellaro e separata da questo da una profonda gravina in fondo alla quale scorrono le acque del torrente Caldanello. Questa antichissima località - molti storici infatti fanno risalire la sua origine nell'età preellenica - sovrasta la pianura di Sibari e per la sua particolare posizione è sempre stata considerata una fortezza naturale, sicuro rifugio dalle scorrerie turchesche. Il panorama che si può godere una volta saliti in paese è affascinante, provare per credere…. Il centro storico di Cerchiara è ricco di chiese, palazzi, portali in pietra ed è dominato dai ruderi del Castello, costruito nel '300 e rifatto nel '500. Il diruto fortilizio nacque a completamento delle mura della rocca longobarda, come si può dedurre da una delle torri di forma poligonale tipicamente normanna. La sua presenza ha a lungo influenzato il centro urbano per l'esigenza feudale di materializzare sia il potere del signore sul territorio, sia il suo esercizio di pubblica giurisdizione sulla popolazione. Di conseguenza il castello non costituì soltanto una struttura difensiva ma anche il centro della vita amministrativa locale. Sotto la famiglia Chiaromonte esso fu ampliato e restaurato, come lascia supporre la torre rettangolare di stile normanno, costruita a nord sullo strapiombo della Gravina. Vi si sono succeduti i Della Marra, i Sanseverino, i Borgia, i Carafa, i Chiaromonte e i Pignatelli. Questo splendido video sul castello, realizzato con drone, è di Marco Talarico: https://www.youtube.com/watch?v=eii-ZxQ9J2g

Ecco altre foto che ho scattato pochi giorni fa, in occasione del mio soggiorno a Cerchiara. Ogni volta che mi reco in questo paesino calabro per le vacanze, un'arrampicata fino al castello è doverosa....seppure ne siano rimasti pochi ruderi, ne resto sempre affascinato. Anche la notte, grazie all'opportuna illuminazione che il comune ha sistemato a ridosso della fortificazione, è un piacere ammirarlo in lontananza.





 

martedì 23 novembre 2010

Il castello di martedì 23 novembre



CASTELLO DI CERRIONE (BI)

L’impianto originario del complesso era di forma quadrangolare irregolare con 2 cortili interni, costituito da una doppia linea concentrica di caseforti, circondato da un recinto fortificato e da un fossato. Dal XV secolo perse il suo carattere di fortezza divenendo dimora di alcuni rami della potente famiglia degli Avogadro di Cerrione che ne ricavarono abitazioni e depositi. Restano tracce di una costruzione con merli ghibellini, della cappella, dei sotterranei, di uno dei due pozzi. Unica intatta ma pericolante, è una torre ottagonale coronata da merli ghibellini. Gli Avogadro possedevano anche un altro maniero nella zona, il Castello di Mongivetto.
Entrambi gli edifici sono stati quasi interamente distrutti dai bombardamenti del 10 ottobre 1944 delle truppe tedesche. Pur non essendo visitabile perché pericolante, quello di Cerrione è tra i castelli biellesi più appariscenti per la sua torre poligonale che spicca dalle macerie. L'edificio è oggi all'interno della Tenuta Castello Golf Club Cerrione e fa da cornice a un campo da golf, attualmente a quattro buche.

lunedì 22 novembre 2010

Il castello di lunedì 22 novembre



VIESTE (FG) - Castello di Federico II di Svevia

La prima edificazione di un primo castello a Vieste avvenne nel XI secolo, quando il conte Roberto Drengot iniziò l’opera di fortificazione della città, costruendo le mura e un castello con corpo quadrato e torri cilindriche nel punto più alto del roccione su cui è costruito il vecchio nucleo cittadino. Durante le lotte tra il Papato e Federico II nel 1240, il castello e la città di Vieste subirono numerosi danni ad opera dei Veneziani. In seguito a questo accadimento, nel 1242 Federico II decise di ricostruire il castello (comunemente chiamato, impropriamente “Castello Svevo”), all’interno di un progetto di fortificazione costiera che annoverava numerosi castelli lungo la sponda adriatica. La tradizione vuole che l’imperatore Federico II abbia soggiornato a Vieste almeno in due occasioni, nel 1240 e il 20 gennaio 1250, già molto se si considera che alcune tra le costruzioni da lui fatte edificare non ebbero mai l’onore di ospitarlo tra le loro mura. Il castello venne in seguito ampiamente utilizzato in epoca angioina ma la sua conformazione attuale si deve ad interventi spagnoli (e in particolare di don Parafan de Alcalà) attuati tra 1535 e 1559, durante i quali i resti della fortificazione sveva vennero inglobati e trasformati fino a perderne qualsiasi evidenza. Nel Cinquecento, infatti, il Castello di Vieste subì diversi assalti da parte dei saraceni, tra cui quello di Acmet Pascià nel settembre del 1480 e di Dragut Rais nel luglio del 1554. Venne riedificato, inglobando l’originale configurazione medievale, nel 1559 per ordine di Pedro Afan de Ribera, vicerè del Regno di Napoli, che lo dotò anche di artiglieria e munizioni, nell’ambito di in un progetto di fortificazione costiera che fece nascere anche le torri d’avvistamento, dandogli l’aspetto attuale con pianta triangolare corredata negli spigoli nord, est e ovest di tre bastioni cinquecenteschi, a punta di lancia che nascondono quelli più antichi a forma circolare. A sud invece vi erano una torre più piccola, una cappella e una serie di abitazioni che crollarono in mare nel 1646, in seguito ad un devastante terremoto. Dal castello si diramavano le mura di cinta, intervallate da porte d’accesso e da robusti barbacani, di cui i resti sono visibili ancora oggi, come nel caso della “Porta ad alt”, in prossimità della Cattedrale. Il Castello di Vieste è stato sempre abitato dalle truppe a difesa della città, al cui comando c’era il governatore, fino al 1840. L’autorità di questa figura si estendeva fino alla parte più a nord dell’Adriatico del Regno di Napoli. Sotto il regno d’Italia il castello venne danneggiato dai colpi di cannone del cacciatorpediniere austriaco Lika all’alba del 24 maggio 1915, dopo dichiarazione di guerra all’Austria. Successivamente lo stesso cacciatorpediniere, insieme all'incrociatore Helgoland e i caccia Csepel e Tatra, rivolse i cannoni contro il cacciatorpediniere Turbine, accorso in aiuto di Vieste, affondandolo a poche miglia dalla città. In epoca più recente è stato oggetto di vari interventi di restauro da parte della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici della Puglia. All’interno del castello di Vieste possiamo trovare vari ambienti: un giardino; un piccolo anfiteatro dove durante la bella stagione si svolgono incontri culturali e sociali organizzati dal comune di Vieste o dalle tante associazioni locali; una sala riunioni un tempo adibita a sala delle armi le cui pareti mostrano la natura militare del castello poiché presenta delle feritoie da cui si poteva perlustrare il mare verso nord e verso sud in lontananza e all’interno delle quali si sistemavano le cannoniere; un sotterraneo, oggi ristrutturato, che in estate viene adibito a locale per mostre fotografiche ed altro; ed altre stanze più o meno visitabili. Ma il fiore all’occhiello è senza dubbio la balconata a strapiombo sul mare, dalla quale si può ammirare tutta la spiaggia del Lungomare Enrico Mattei (oltre 5 km) ed in primo piano in famoso Pizzomunno, monolita simbolo della cittadina, su cui si fantastica da tempo una leggenda. Poco prima di raggiungere la balconata panoramica, però, si può notare una piccola scalinata che un tempo permetteva l’evacuazione dal castello in caso di attacco nemico. Queste scale, infatti, conducevano ad una stradina a strapiombo sul mare, che consentiva di raggiungere la spiaggia del castello, ovvero la spiaggia del lungomare, e dunque garantire la salvezza agli abitanti. Oggi questa stradina è quasi totalmente scomparsa poiché l’erosione delle rocce ha portato alla caduta di molti costoni e con questi anche dello storico passaggio. Attualmente la struttura è sede di un distaccamento della Marina Militare e di un osservatorio dell'Aeronautica per le previsioni del tempo. Altri locali del castello sono da anni in fase di ristrutturazione. Nel passato non troppo remoto, circa 50 anni fa, il castello di Vieste era abitato da alcune famiglie per concessione della Marina Militare. Bellissima la vista del mare che si gode dal belvedere del Castello e bellissima anche l’ immagine del Castello vista dal mare. Altri link suggeriti: https://www.retegargano.it/2021/12/11/vieste-il-castello-racconta/, https://www.youtube.com/watch?v=FRNa_ci5MSA (video di Immediato TV), https://www.youtube.com/watch?v=SdxCjqHFhBQ (video di m15alien)

Fonti: https://www.turismovieste.it/il-castello-svevo-%E2%98%85%E2%98%85/, https://www.vieste.it/castello/, https://www.ingargano.com/da-visitare-a-vieste/castello-svevo-di-vieste.html

Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, la seconda è presa da https://www.vieste.it/castello/

domenica 21 novembre 2010

Il castello di domenica 21 novembre



VAIRANO PATENORA (CE) - Castello d'Avalos

La sua esistenza è documentata dall'epoca del sovrano normanno Guglielmo II (circa 1188), ma probabilmente è ancora precedente. Nel 1193 il castello, difeso da Ruggero di Chieti, seppe resistere e scoraggiare definitivamente le offensive dell'esercito combinato di Enrico VI e di Roffredo dell'Isola. Nel 1229 fu visitato dall'imperatore Federico II, il 24 maggio 1272 dal re Carlo I d'Angiò e successivamente (1271-1276) dal papa Gregorio X. Successivamente vi soggiornò anche Carlo II detto lo Zoppo. Nel 1437 Vairano venne saccheggiato dall'esercito del Patriarca Vitellesco mandato dal papa Eugenio VI. Durante la lotta tra Ferrante I d'Aragona, Re di Napoli, e il pretendente al trono Giovanni d'Angiò, il castello di Vairano, fedele al sovrano aragonese, agli inizi di febbraio del 1460 fu assediato dalle truppe angioine, ma, come nel 1193 riuscì a resistere all'assedio. Nel 1461 i casali e il castello conobbero la furia distruttrice dell'esercito di Marino Marzano che lasciò Vairano, secondo le cronache dell'epoca, “depopulata et dehabitata”.
Tra il 1491 e il 1503 il Castello fu completamente ristrutturato ad opera del feudatario Innico II d'Avalos. Nel 1590 per la somma di 41020 ducati, Vairano fu acquistato dal barone Antonio Mormile di Frignano e rimase nelle mani della sua famiglia fino all'abolizione del feudalesimo (1806). L'ultimo barone di Vairano fu Michele Mormile, morto il 3 maggio 1820.
La fortezza è composta da 4 torri, di cui la più massiccia è detta torre “mastra”. L'interno è ormai completamente diruto, però ancora sono visibili la suddivisione dei piani, le cucine, le carceri e l'antica cisterna.
Su Facebook vi è un gruppo intitolato "Salviamo il Castello di Vairano Patenora", che fa pensare come la costruzione oggi assai degradata rischi di scomparire se non verranno al più presto sostenute delle opere di restaturo e messa in sicurezza del grandioso edificio.

sabato 20 novembre 2010

Il castello di sabato 20 novembre



LUCERA (FG) – Recinto svevo-angioino

Situato nella parte Nord della città di Lucera sul colle più alto Monte Albano (251 m.), il Castello Svevo Angioino è il monumento più maestoso della città, costruito agli inizi del XIII sec. per ordine di Federico II di Svevia il quale scelse questa posizione chiave della Puglia in cui trapiantò una colonia araba composta da Saraceni provenienti dalla Sicilia. Il palazzo di Federico II era un grande edificio a pianta quadrata a tre piani, fornito di torri laterali di guardia, comprensivo di magazzini, scuderie e caserme per i pretoriani e naturalmente di una reggia di 32 stanze per l’imperatore, ricca di tesori e marmi pregiati. Sconfitti i Saraceni ad opera di Carlo I D'Angiò, quest'ultimo fece costruire un'ampia muraglia dotata di bastioni quadrangolari, sette torri pentagonali e due maestose torri cilindriche. Parte della costruzione crollò a causa del terremoto avvenuto nel 1456, nel 1871 venne dichiarato Monumento Nazionale.
Oggi il Castello il più grande d'Europa si presenta come un opera lunga 900 metri in cui racchiude al suo interno un area di circa 8 ettari .

venerdì 19 novembre 2010

Il castello di venerdì 19 novembre



CIVITACAMPOMARANO (CB) - Castello Angioino

Si erge nella parte centrale del paese, di cui è il monumento principale, su un crinale di arenaria, fra i torrenti Mordale, che attraversa la Cavatella, e il Vallone Grande, uno degli affluenti del fiume Biferno. Dichiarato Monumento nazionale il 2 maggio del 1979 con Decreto del Ministero per i beni culturali e ambientali, è stato acquistato dallo Stato nel marzo del 1988, preso in consegna nel 1996 ed è stato chiuso per un lungo lavoro di restauro tra la fine degli anni Novanta e i primi del Duemila. Il castello si sostituì ad una più antica torre di avvistamento, databile probabilmente intorno alla seconda metà del XII secolo e di cui si può ancora vedere il perimetro, messo in evidenza durante i suddetti imponenti lavori di restauro. Molti sono stati i proprietari che hanno abitato nel maniero di Civitacampomarano come ad esempio i Durazzo, i Di Sangro, i Carafa e i d’Avalos. L'impianto così come lo vediamo oggi, invece, secondo gli studiosi dovrebbe risalire al XIII secolo, presentando l'edificio degli elementi architettonici tipici dell'epoca, sotto la dominazione angioina. La pianta è quadrangolare, scandita ai vertici da tre torri cilindriche, di cui due con base a scarpa perfettamente conservate, mentre una, parzialmente distrutta, è stata ricostruita durante i lavori di restauro. Intorno alla struttura vi è un fossato che si affaccia sull'attuale Piazza Municipio, oggi colmato dal verde, ma che, dalla fine del Quattrocento in poi, separava il castello dalla cinta muraria occidentale. È ancora visibile, sull'estremo sud-ovest di questa, una quarta torre più piccola che fa parte di una delle case private costruite a ridosso delle mura. La parte centrale dell'edificio è ornata da archetti pendenti conformi a quelli dei torrioni; mentre la parte superiore è costituita da un loggiato formato da sei archi a tutto sesto, appendice di epoca rinascimentale atta ad attenuare la forma compatta del complesso. La parte rivolta a sud che si affaccia sullo strapiombo e la parte esposta a nord che si erge su una parte urbana non destano particolare interesse. Il portale sulla facciata principale a est, trecentesco, è anticipato da una scalinata composta da dodici gradini. Su questo lato vi è un blasone con lo stemma di Paolo di Sangro e con ritratto un grifone con due gigli capovolti, simbolo della definitiva sconfitta da parte degli aragonesi (rappresentati dal grifone) sui rivali angioini (impersonati dei gigli) per la conquista del Regno di Napoli. Secondo alcuni studiosi, la presenza dei gigli capovolti è, nel contempo, il ricordo del tradimento del di Sangro ai danni dei d'Angiò. Ai lati dello stemma si trovano due feritoie sulle quali è ancora possibile vedere le tracce che le catene del ponte levatoio hanno lasciato, scavando la pietra. Il cortile interno presenta una piazzola con una fontana di origine incerta, la cosiddetta Fontana dei Fauni, rinvenuta dagli ultimi proprietari in agro di Montefalcone nel Sannio e collocata qui da essi. Per un lungo periodo fu considerata di origine sannita, ma non vi sono studi al riguardo che suffraghino l'ipotesi che è considerata quindi superata. Essa è costituita da un quattro figure zoomorfe simmetricamente disposte intorno ad una colonna centrale, alla sommità della quale vi è un basamento che non ospita niente. Secondo le teorie di uno storico dell'arte molisano, le quattro figure rappresentano dei fauni e potrebbe essere ispirata al lavoro di Pirro Ligorio, il quale aveva intrecciato ottimi rapporti con i Carafa della Spina, anch'essi feudatari per un breve periodo di Civitacampomarano. Il loro passaggio è rimasto impresso anche nella pietra, essendo presente, al di sopra dello stemma dei di Sangro, il loro blasone costituito da tre fasce orizzontali attraversate in diagonale da una spina. Tutt'intorno al perimetro del cortile, al di sotto del tetto, corre un sistema di grondaie, costituite da cocci in terracotta, che grazie ad intelligenti pendenze raccolgono l'acqua piovana e la convogliano, attraverso due pozzi, in una grande cisterna situata al di sotto del calpestio e della capienza di 120.000 litri. Anticamente provvedeva al fabbisogno idrico di tutto l'abitato. Sotto la scalinata del cortile si apre un’arcata che permette di accedere al piano inferiore, dove vi sono collocati dei locali adibiti a scuderie, magazzini, e al granaio, e che consente inoltre di arrivare alle torri e ai percorsi destinati alla ronda. Sotto la torre maggiore una scalinata interna portava al fossato e alle prigioni. Una scalinata scoperta, invece, conduce al primo piano dove si trovano le sale nobili e gli ambienti di servizio che in parte mantengono la decorazione pittorica. Al primo piano si trova un'enfilade di stanze che partono dal lato occidentale, affacciandosi sul loggiato, e proseguono lungo tutto il fronte meridionale e quello orientale fino alla torre a nord-est. Percorrendole si attraversa anche il salone di rappresentanza e quella che probabilmente al tempo era la sala da pranzo, completata da un ampio camino e posta in comunicazione diretta con una piccola stanzetta laterale in cui vi è una cucina, rivestita con maioliche e in cui sono presenti delle fornacelle e un forno. Il soffitto delle stanze signorili è a cassettoni e in origine erano tutti decorati. Si sono conservati purtroppo solo in poche stanze. Altrove, quelli che erano troppo compromessi, sono stati sostituiti durante il restauro. Nel salone di rappresentanza si firmò il già citato atto di matrimonio tra la figlia di Paolo di Sangro, Altobella, e Cola di Monforte, il 21 novembre del 1450 (questi vissero, con alterne fortune, a Campobasso prima, a Mantova poi e fu lì che nel 1465 Cola si macchiò di uxoricidio, annebbiato dalle voci d'infedeltà della moglie). Gli arredamenti esposti all'interno, purtroppo, per la maggior parte non sono originari del luogo, ma compatibili con quelli che si sarebbero potuti rinvenire al momento del trasferimento del castello allo Stato. Nel 2007 il castello è stato sede dell'attività didattica di un progetto a cura e sotto la direzione del DIRES - Dipartimento di Restauro e conservazione dei beni architettonici dell'Università di Firenze (oggi DIDA). Il progetto era volto alla formazione, specializzazione e aggiornamento di operatori al fine di qualificare personale e imprese esistenti nei settori di restauro. Originariamente di fronte al castello era posta la chiesa madre, crollata nel 1903 a seguito di uno sfaldamento del costone sul quale si ergeva. Di essa ora resta visibile solo il basamento, mentre il campanile è intatto e funzionante ed è provvisto anche di un orologio i cui rintocchi risuonano ogni quarto d'ora. Altri link di approfondimento: https://www.italia.it/it/molise/civitacampomarano/luoghi-della-cultura/castello-angioino-di-civitacampomarano, https://fondoambiente.it/luoghi/castello-angioino-civitacampomarano-2520?ldc, https://www.francovalente.it/2014/04/29/non-si-puo-vedere-ma-esiste-il-castello-di-civitacampomarano/, https://www.youtube.com/watch?v=MMJOBvZGTo8 (video di Direzione regionale Musei Molise), https://www.rainews.it/tgr/molise/video/2020/01/mol-castello-Civitacampomarano-polo-museale-Molise-1b0a63ff-d8fb-48b8-8c75-abda8b663440.html (video), https://www.youtube.com/watch?v=yJoo4LdUJBk&t=5s (video di Viaggia con Wallace), https://www.youtube.com/watch?v=0xXIbfxLhPw (video di Carmine Benedetto)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Civitacampomarano, https://artsupp.com/it/civitacampomarano/musei/castello-di-civitacampomarano, https://www.vaghis.it/arte-e-cultura/castello-di-civitacampomarano.html

Foto: la prima è presa da https://dooid.it/castello-civitacampomarano-campobasso/, la seconda è presa da https://www.ilborghista.it/dettaglio-da-fare-castello-angioino-civitacampomarano-cb-22779

giovedì 18 novembre 2010

Il castello di giovedì 18 novembre



TRICESIMO (UD) - Castello Feudale

Le prime notizie certe sul castello si hanno a partire dal XIII secolo. Secondo un documento dell'anno 1253 esso risulta abitato dalla nobilissima Famiglia di Tricesimo. Verso la fine del secolo venne acquistato dai signori Della Torre che ne fecero feudo sottomesso al patriarcato di Aquileia. Per la sua importanza strategica la chiesa aquileiese del periodo ne difese la proprietà in numerose dispute. Dagli inizi del XIV secolo vennero rafforzate le difese perimetrali, così da opporre adeguata resistenza agli assalti sempre più frequenti, portati principalmente dai soldati dei Conti di Gorizia, rivelatisi fra i più fermi oppositori del patriarcato di Aquileia. Nel 1420 il feudo di Tricesimo, passò sotto il controllo della Serenissima. Fu negli anni immediatamente successivi che il maniero passò più volte di mano. Dapprima ai Prampero, poi ai Montegnacco, quindi ai conti Valentinis. Ai lavori di ampliamento e restaurazione iniziati da Sebastiano di Montegnacco seguirono quelli dei Conti Valentinis che sistemarono la facciata seguendo uno stile veneziano con finestre rettangolari ed una grande trifora al centro, così come appare oggi. Nel 1511 il castello venne saccheggiato dei contadini affamati in rivolta. La storia recente vede il castello è acquistato dalla curia di Udine nel 1948, per essere destinato al culto, ma principalmente utilizzato per il ritiro e gli esercizi spirituali. La struttura difensiva del castello è costituita da una cinta muraria esterna di epoca medievale, dotata di feritoie e di merli guelfi, con sei torri ai suoi angoli e, al centro, un palazzo quadrato. Tale palazzo, quasi completamente nascosto dalle mura, non conserva alcuna traccia di quello originario risalente ai secoli XIII e XIV, bensì appare come una residenza in stile architettonico rinascimentale. Sono degni di attenzione i caminetti monumentali presenti nelle numerose sale. Nei pressi del palazzo, a lato del campanile, vi è una piccola cappella gentilizia arricchita da un affresco di Pomponio Amalteo risalente al 1500, restaurata di recente e perfettamente conservata.

mercoledì 17 novembre 2010

Il castello di mercoledì 17 novembre




PARABITA (LE) - Castello Castriota

Questo maestoso maniero risale al XIV secolo e si deve agli Angioini che lo edificarono per potenziare il sistema difensivo della città. Nei primi anni del 1500 il feudatario di Parabita Francesco del Balzo, conte di Ugento, ospitò le truppe francesi di Francesco I che combattevano gli spagnoli dell'Imperatore Carlo V insediati a Gallipoli. Nel 1528 vi fu una storica battaglia contro i gallipolini guidati da Pirro Castriota, il quale sconfisse i francesi usciti dal castello di Parabita. In virtù di tale vittoria Pirro Castriota si trovò acquirente del feudo parabitano. Con l'avvento della famiglia Castriota, feudatari fino al 1678, la fortezza venne ristrutturata e ammodernata secondo i criteri militari dell'epoca. Tra gli anni 1540-1545, i lavori guidati dall'architetto copertinese Evangelista Menga portarono alla demolizione dei vecchi torrioni circolari e alla costruzione di quattro bastioni a pianta laoncelata. Sulla facciata è presente lo stemma dei Ferrari che lo abitarono nel XVIII secolo. L'attuale fisionomia è dovuta agli architetti Avena di Napoli e Napoleone Pagliarulo di Parabita che nel 1911, su incarico dell'allora proprietario Raffaele Elia, hanno definitivamente modificato il maestoso maniero rendendolo più gradevole dal punto di vista estetico. Lo stesso inserimento di nuove merlature ha segnato il tramonto definitivo del vecchio maniero angioino. Attualmente il castello presenta una una pianta di forma quadrangolare con quattro bastioni agli angoli. Pregevole è la corte interna sul quale si affacciano portali a tutto sesto che conducono negli ambienti interni. Le stanze hanno coperture a botte, a botte ogivale, a padiglione. La cappella di famiglia, dedicata a San Francesco d'Assisi, possiede una copertura con cupola su pennacchi sferici.

martedì 16 novembre 2010

Il castello di martedì 16 novembre



CASSANO D'ADDA (MI) - Castello Visconti-Borromeo

La sua costruzione sembra risalire all’epoca carolingia, a dominio del fiume Adda.
Durante il Medioevo, fu oggetto di lotte tra Guelfi e Ghibellini e seguì le vicende politiche della vicina Milano, conteso tra Torriani, Visconti e Sforza. Si presenta in modo sicuramente originale, privo delle fondamentali caratteristiche che accompagnano i castelli lombardi: una sola torre, nessun merlo, nessun bastione, nessun fossato. Questa conformazione altro non è che il risultato di una plurimillenaria storia di rimaneggiamenti e di abbandoni. Il castello venne ampliato e fortificato in epoche diverse, nel XIII, XIV e XV secolo. Il complesso edificio, disposto attorno ad un cortile trapezoidale, presenta, tra le altre, una parte viscontea poi trasformata e una parte sforzesca verso il fiume, realizzata per rafforzare un punto che offriva un facile appiglio alle aggressioni nemiche. La ristrutturazione Sforzesca trasformò il fronte orientale del castello in una poderosa barriera destinata a sostener l’urto dei veneziani e delle loro artiglierie. Venne costruita così una grande muraglia affiancata alla rocca, rafforzata da contrafforti esterni e munita di retrostanti casematte, alta quanto la scarpata naturale fino al castello.
Nel secolo IX la corte e il castello appartenevano agli arcivescovi di Milano, nel 1538 il feudo fu concesso da Carlo V alla famiglia D’Adda e nel 1549 divenne marchesato. Passò poi ai Castaldi, che lo tennero fino al 1752, ai Bonelli, e da questi venduto nel 1781 al marchese Gian Francesco D’Adda.
Solo con Carlo Emanuele III di Savoia, re di Sardegna, l'ormai stanca ed inutilizzata fortezza ebbe nuove attenzioni da parte di architetti e ingegneri. Nel 1764, in pieno illuminismo, si fece demolire il portone del ricetto, che cingeva il borgo fortificato e si procedette ad altre opere di smantellamento. Superata la sua funzione bellica tra il XVIII e il XIX secolo, il maniero fu riadattato ad usi diversi; sede di pretura e carceri, caserma militare. Nel Novecento continuò incessante l'opera di "snaturalizzazione" del castello che finì per ospitare una filanda, sede di Pretura, officine, laboratori artigianali, malsane abitazioni. Fino ai primi anni Ottanta vi si trovava anche una frequentatissima discoteca ricordata con nostalgia dai giovani dell'epoca. Ogni ambiente della rocca finì insomma vittima dell'incuria e del più sconfortante degrado. Agli inizi degli anni Novanta si registrò un improvviso quanto inatteso colpo di spugna: si sbaraccò tutto quanto non attinente alla vetustà e alla importanza del luogo e si diede il via a lavori di restauro che restituirono, almeno esternamente, un certo decoro all'antico castello.

lunedì 15 novembre 2010

Il castello di lunedì 15 novembre



PANDINO (CR) – Castello Visconteo

E' una delle residenze meglio conservate di tutta la Lombardia, poiché è ancora oggi molto simile al proprio aspetto originario. Il castello, contemporaneo di quello sito a Trezzo sull'Adda, venne edificato intorno al 1379 per volontà di Regina della Scala, nobile veronese e moglie di Bernabò Visconti Duca di Milano. L’edificio venne costruito con la funzione di luogo di svaghi: banchetti, caccia (rande passione di Bernabò), ricevimenti, danze, attività favorite anche dai rigogliosi boschi presenti all’epoca intorno all’abitato di Pandino. Inoltre Bernabò Visconti prediligeva Pandino perché, essendo terrorizzato dalla peste che in quegli anni incombeva su Milano, era un posto ideale per potervi sfuggire, in quanto lontano dai grandi centri abitati dell’epoca. Regina della Scala morì nel 1384, probabilmente senza poterne vedere compiuta la costruzione. L'edificio ha la tipica forma dei castelli di pianura dell'epoca: pianta quadrata con quattro torri angolari, anch’esse a base quadrata; ogni lato è lungo 66 metri. Il cortile interno ha un porticato scandito da archi acuti e loggiato superiore. E’ dotato di due ingressi: uno principale al centro della facciata sud, l’altro sulla facciata opposta e simmetrico rispetto al primo. All'esterno sono visibili le numerose finestre, monofore al piano terra, in origine destinato alla servitù, bifore al piano superiore, riservato ai nobili. Il lato est del piano inferiore era originariamente aperto come una sorta di secondo porticato ed era adibito a salone per i banchetti estivi (attualmente, corsi e ricorsi storici, è utilizzata dalla mensa della scuola agraria). In seguito furono intraprese opere di fortificazione quali l’aggiunta dei rivellini e la realizzazione di un fossato perimetrale esterno, atte a contrastare le mire espansionistiche della Repubblica Veneta. Le precauzioni difensive non bastarono, dal momento che Venezia prese senza difficoltà il castello per due volte, occupandolo però per pochi anni. Il castello al momento della realizzazione venne completamente affrescato, persino nella zona delle stalle, ora utilizzate come biblioteca comunale. La decorazione del maniero era composta da svariate forme geometriche, tarsie a imitazione del marmo e da alcune figure umane, variando da vano a vano. Nelle forme geometriche vennero rappresentati gli stemmi araldici dei Visconti e dei Della Scala. Realizzati in buona parte nel 1428 e attribuiti a Stefano da Pandino, gli affreschi sono ancora oggi visibili nella loggia. Tra i pochi dipinti con figure umane si distinguono S.Antonio abate e S.Cristoforo, dipinti ai lati dell'ex-salone dei banchetti per proteggere il primo la salute degli abitanti del castello e il secondo dalle morti improvvise; purtroppo, nel corso del '400, a causa di problemi di stabilità, si rese necessario aggiungere ad ogni angolo del porticato degli arconi di rinforzo, che sono andati a coprire in parte il S. Antonio e del tutto il S.Cristoforo. Alla morte di Beatrice Regina Della Scala, avvenuta nel 1384, Bernabò sposò una Savoia e in suo onore fece ridipingere gli stemmi scaligeri con quelli della casata Savoia. Nei secoli successivi il Castello passò a diversi feudatari: i Benzoni di Crema, Sforza, Sanseverino, Landriani e i d’Adda. Questi ultimi, marchesi di Pandino, rimasero in possesso del Castello per ben 4 secoli, impiegandolo come azienda agricola. A causa della fretta nella sua costruzione e della bassa qualità dei materiali usati per erigerlo, il fortilizio nel secolo scorso si trovò in stato di grave degrado, con due delle torri angolari parzialmente abbattute. I successivi interventi di restauro lo hanno riportato agli antichi fasti e ad essere uno dei castelli lombardi meglio conservati. Nel corso della II guerra mondiale, su una delle torri del castello, vennero portati i fili del telegrafo per segnalare al comando germanico il passaggio degli aerei alleati; a quel tempo il castello era abitato da famiglie in affitto, cui si erano aggiunti gli sfollati da Milano. Nel 1947 venne acquistato dall’Amministrazione Comunale e oggi ospita il Municipio, la Biblioteca Comunale e il Convito della Scuola Casearia. All’interno sono visitabili alcune sale dove scoprire alcune curiosità e misteri legati ai Visconti: la Sala della Caccia, la Sala del Drago e la Sala dei Tarocchi. Altri link proposti per approfondimento: https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A060-00388/, https://www.youtube.com/watch?v=7gben9wPcqQ&t=4s (video di gi1mo1), https://www.youtube.com/watch?v=TMpl6A6akoQ (video di Vita in Viaggio 7), https://www.youtube.com/watch?v=X1-4P2his2Q (video di paoloslavazza), https://www.preboggion.it/CastelloIT_di_Pandino.htm (foto), https://www.youtube.com/watch?v=gEzkcatF6Uc (video di Cremona1tv in cui si parla di un fantasma nel castello di Pandino)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Pandino, https://giteinlombardia.it/luoghi/castello-di-pandino/, https://www.comune.pandino.cr.it/itinerari/castello-visconteo, https://fondoambiente.it/luoghi/castello-visconteo-di-pandino?ldc

Foto: la prima è presa da https://turismocrema.it/luoghi_limitrofi/castello-visconteo-pandino/, la seconda è presa da https://www.codaconslombardia.it/comunicati-stampa/codacons-cremona-su-atti-vandalici-al-castello-visconteo/

sabato 13 novembre 2010

Il castello di domenica 14 novembre



GRADARA (PU) – Rocca Malatestiana

Gradara sorge sul crinale di un colle, ben visibile con la sua robusta cinta di mura e bastioni e con l'imponente mole della celebre rocca. Dotato di una prima torre medievale di difesa (il 'Mastio') nel 1150, il 'castello' di Gradara visse la fase di maggior splendore con l’insediamento dei Malatesta, i quali trasformarono la torre in rocca con tanto di primo girone di mura; successivamente aggiunsero anche i settecento metri del secondo girone con le diciassette torri merlate e i tre ponti levatoi che resero imprendibile il fortilizio. Cessata la dominazione malatestiana, il castello appartenne ad altre nobili famiglie quali gli Sforza e i Della Rovere fino alla devoluzione del ducato di Urbino alla Chiesa (1631). Solo dopo quasi tre secoli di abbandono e incuria, nel 1920, venne avviato il recupero del fortilizio per merito dell'ingegner Umberto Zanvettori e della di lui consorte Alberta Porta Natale fino a quando (1983) non passò in proprietà dello Stato Italiano. Oggi Gradara, oltre la monumentale Rocca, offre al visitatore anche la sua duplice cinta di mura e torrioni con le merlature e i camminamenti di gronda ricostruiti. Vuole un'antica tradizione che fra le mura della rocca di Gradara abbia avuto luogo il feroce assassinio di Paolo Malatesta e Francesca da Polenta ad opera del tradito Giovanni (Gianciotto) Malatesta detto 'Lo Sciancato'. Antica storia di sangue resa immortale dai celebri versi di Dante Alighieri.

Il castello di sabato 13 novembre



SAN GIORGIO IONICO (TA) - Castello d'Ayala

A San Giorgio Jonico quello che i suoi abitanti chiamano castello è in realtà un edificio piuttosto moderno: fu innalzato, infatti, dai conti D'Ayala-Valva agli inizi del 1900 ed è tuttora di proprietà di questa famiglia. Si tratta di un'imponente costruzione dotata di merlatura ed altri stereotipi dell'architettura militare d'epoca medievale. Nonostante i richiami all'architettura più antica il castello può essere considerato esclusivamente un monumento rappresentativo della storia dei D'Ayala-Valva, e certamente non si potrà mai identificare con la pluricentenaria storia di S. Giorgio Jonico, fondata probabilmente nel XIV secolo da esuli albanesi al soldo di Giorgio Castriota Skanderbeg, capitano di ventura in rotta con il principe Giovanni Antonio Del Balzo-Orsini.

venerdì 12 novembre 2010

vergogna romana !!

articolo di "Leggo" di oggi...che razza di futuro stiamo costruendo per i nostri figli? Eppoi, con la povertà che c'è in giro che senso ha cercare di togliere altri soldi con i giochi d'azzardo dove la vittoria è quasi impossibile ? Sono disgustato da quello che vedo quotidianamente e che è stato ben descritto qui di seguito.

Venerdì 12 Novembre 2010
di Franco Pasqualetti

ROMA - Slot machine e videopoker a pochi passi dai binari. File di giocatori a ridosso delle macchinette per stampare i biglietti. Ragazzini con tanto di zainetto sulle spalle intenti a puntare soldi. Non siamo in una bisca, né in un casinò: ma nelle stazioni della metro di Roma. Per l’esattezza sulla linea B, quella che attraversa la città passando per il Centro.
Un viaggio, stazione per stazione, per verificare la sala giochi underground. Partiamo da Rebibbia, capolinea della linea blu: qui c’è un’edicola. Ha tutto ordinato: giornali, riviste e in bella vista una slot machine digitale. In fila ci sono due ragazzi, uno di colore e l’altro italiano pronto con una decina di monete in mano. Scendiamo le scale mobili e andiamo avanti, scendendo ad ogni fermata: in tre stazioni non c’è traccia di macchinette, alla quarta (Monti Tiburtini) un bar tabacchi ha ben due slot. Un capanello di persone a pochi passi dai tornelli che portano alle banchine. Gli addetti di stazione assistono tranquillamente alle imprecazioni «Stamattina proprio non è aria - dice un omone coi baffi sui cento chili - cinquanta euro so’ volate».
Arriviamo a Termini, ma girando per la stazione sembra di essere a Las Vegas: c’è un grande punto “Game Express” dove ci sono quasi esclusivamente macchinette per giocare, all’ingresso (sorvegliato da dei body guard che chiedono i documenti) un grosso cartello che vieta l’accesso ai minori di 18 anni. Tutto regolare.
Le sorprese arrivano in altri punti vendita: una biglietteria ha due slot machine nella zona di transito dei passeggeri. Fermi ci sono un uomo e due donne, arrivano due giovani: avranno al massimo 16 anni. Attendono il loro turno in fila: puntano (e perdono) 15 euro in meno di 10 minuti. Poi se ne vanno.

Il castello di venerdì 12 novembre



CANCELLARA (PZ) - Castello

Si erge sulla sommità della collina che ospita il borgo antico e la sua mole imponente testimonia chiaramente come la sua costruzione avvenne a difesa del territorio. Edificato intorno al 1300, ha ospitato nel corso dei secoli diverse dinastie di principi feudali, i Carafa, i Caracciolo, i Pappacoda che gli hanno conferito gloria e prestigio. Nel 1694 fu semidistrutto dal terremoto e rimase diruto per lungo tempo e ricostruito agli inizi dell’Ottocento. L’articolazione planimetrica è varia e complessa, ma unica e suggestiva. Le cortine murarie hanno elementi artistici significativi come portali bugnati, decorazioni, fregi, cornicioni in pietra lavorata, ma a causa di una mancata custodia e dei danni relativi al sisma del 1980 il castello perse molta della sua bellezza.
L’impianto dell’edificio è a tre livelli, intorno ad un cortile interno trapezoidale.
In alcuni vani del secondo livello si riscontrano tracce d’affreschi del Seicento, mentre al terzo piano, privo ormai di una parte demolita in seguito al suddetto sisma, una scala a pioli porta alla botola nel sottotetto della torre, dove due mensoloni lapidei fanno pensare l’esistenza d’originari merli di coronamento del torrione. Il frazionamento proprietario del castello ha fatto si che l’intero assetto venisse modificato facendo assumere al castello l’aspetto di un condominio.
Le ultime ristrutturazioni del palazzo sono state eseguite dopo i terremoti del 1930 e del 1980, ed hanno comportato anche la demolizione di alcuni ambienti.

giovedì 11 novembre 2010

Il castello di giovedì 11 novembre



GAETA (LT) – Castello Aragonese-Angioino

Comprende un vastissimo fabbricato che, ora trasformato in caserma (da Vittorio Emanuele II), si estende fino al cosiddetto fossato, nel punto più stretto del promontorio della penisola gaetana. Si individuano immediatamente due distinti edifici: l'uno superiore di figura rettangolare, a mezzogiorno, rappresenta il castello nuovo o aragonese,più propriamente detto alfonsino; l'altro inferiore, di forma alquanto irregolare, ad occidente del primo, costituisce il castello antico che potremmo chiamare angioino. L'edificio superiore è munito, in tre dei suoi angoli di torri cilindriche; quella a sud-ovest la più massiccia, è molto più elevata delle altre due; l'angolo diagonalmente opposto alla torre più alta è privo di torre. I lati del rettangolo sono robuste costruzioni in muratura ordinaria,. L'edificio inferiore è anch'esso, negli angoli delle due facce che guardano verso la città e verso monte Orlando, guarnito di tre torrioni a forma di cono tronco, sormontati da mensole di travertini, sul quale girano archetti a tutto sesto, in muratura. Il torrione che sorge all'angolo occidentale dei lati nord e sud-ovest è a tre piani ed è sormontato da cupola. L'uno e l'altro edificio sono posti in comunicazione per mezzo di un androne o corridoio (attualmente interrotto), a piano inclinato, per correggerne il dislivello.

mercoledì 10 novembre 2010

Il castello di mercoledì 10 novembre



PREDAPPIO ALTA (FC) - Rocca degli Ordelaffi

Gli storici locali fanno risalire l'impianto del castello al 1283 ad opera di Giovanni d'Eppè o d'Appia, consigliere e comandante delle truppe del papa Martino IV inviate in Romagna per riconquistare le terre cadute sotto la dominazione ghibellina della famiglia forlivese degli Ordelaffi, ma senza successo.
Dopo la sconfitta rimediata Giovanni d'Eppè si ritirò sul colle di Predappio e vi fece costruire il castello sulla sommità di una roccia. Da qui deriverebbe anche il nome stesso di Predappio. Il castello in origine aveva tre torrioni merlati alla ghibellina (a coda di rondine), la porta d'entrata al castello era sormontata dallo stemma della nobile famiglia Theodoli di Forlì. Oggi il coronamento della cinta muraria e dei torrioni risulta piano, si nota purtroppo la totale assenza di merlatura. La pianta attuale del castello, pur se irregolare, può considerarsi quadrilatera, con il lato rivolto verso monte terminato alle due estremità da due torrioni dal diametro di circa 7 metri. La successiva storia del castello si identifica con le lotte feudali ed in particolare fra le famiglie dei Calboli e degli Ordelaffi di Forlì, tanto che nel 1289 risulta sotto il dominio dei Calboli del partito Guelfo, ma pochi anni dopo sono i Ghibellini Ordelaffi a controllarla.
Riconquistata al controllo della chiesa nel 1359 dal cardinale Albornoz, venne donata da Francesco de Calboli a Firenze nel 1382 e in questa epoca eretta a comune, la ritroviamo nel 1434 nuovamente in possesso degli Ordelaffi che apportarono pesanti modifiche alla struttura originaria per renderla in grado di far fronte ai nuovi criteri bellici. Di fatto però la rocca non fu mai direttamente al centro di attacchi, ma seguì le sorti dei castelli limitrofi nelle lotte delle famiglie che combattevano per il predominio dei territori del Forlivese e della Romagna.
Tornata in possesso dello stato della Chiesa nel 1504, sembra per il tradimento del castellano, vi restò, a parte il breve dominio Napoleonico, fino all'unità d'Italia.
Al centro del castello si nota la parte apicale dell'imponente masso di puddinga sul quale poggia l'intera struttura, circondato da alti cipressi.
Sul giardino si affaccia un locale recentemente ristrutturato ed utilizzato come centro degustazione dei vini prodotti dalle aziende locali, mentre su uno dei torrioni è stato ricavato un terrazzo panoramico.

martedì 9 novembre 2010

Il castello di martedì 9 novembre



TORGIANO (PG) - Castello di Rosciano

Il castello è un possente edificio in pietra arenaria, austero nelle sue forme rudi ed imponenti, che domina, nascosto tra gli alberi, la valle del Tevere e del Chiascio. Eretto in epoca longobarda su un antichissimo sito etrusco e poi romano, già nel mille il maniero era considerato imprendibile. Nel 1274 il comune di Perugia, iniziò l'erezione del castello di Torgiano per crearsi un avamposto in territorio bettonese, ciò segnò l'inizio di una fase di accesa rivalità tra gli abitanti di Rosciano e Torgiano che portò a scontri armati tra le due comunità nel settembre del 1277. Il castello ebbe il massimo splendore nell’alto medioevo per potenza militare e religiosa e fu dimora nobilissima degli Scifi conti di Sassorosso, famiglia di origine imperiale al seguito di Federico II, a cui l’imperatore concesse il castello quale feudo. In seguito passò ai Tancredi, ai Signorelli, ai Graziani, ai Baglioni, agli Ansidei per poi divenire possedimento dello Stato della Chiesa. Completamente in rovina dopo alterne vicende, oggi sta tornando al suo antico splendore. Il palazzo principale del castello ospita splendidi saloni restaurati che portano i nomi dei personaggi che hanno influenzato le sorti di Rosciano, mentre il monastero benedettino, davanti al palazzo, accoglie le camere, ciascuna caratterizzata da un colore diverso. Le sale prestigiose, riscaldate in inverno anche grazie a grandi camini di pietra, e d’estate, nel fresco delle spesse mura, possono ospitare fino a 300 persone in occasione di rievocazioni storiche, matrimoni o conferenze. Il susseguirsi di archi e bifore rende questi spazi particolarmente evocativi e crea un'atmosfera fatata nelle serate di festa, illuminate da fiaccole e candelabri.
Per approfondire visitare il sito http://www.castellodirosciano.com/

lunedì 8 novembre 2010

Il castello di lunedì 8 novembre



PALAZZO DUCALE ROSPIGLIOSI DI ZAGAROLO (RM)

Sorge sul sito del vecchio castello medievale, di incerte origini, ma di cui si parla sin dai primissimi anni del XII sec. Roccaforte dei Colonna, il castello ne seguì per molti secoli le alterne e spesso sanguinose vicende, trovandosi al centro delle lotte tra la nobile famiglia romana ed il Papato e subendo numerosi assedi e distruzioni: nel 1297 ad opera di Bonifacio VIII e nel 1400 durante la guerra contro Bonifacio IX. Alternando periodi di relativa tranquillità ad altri più travagliati, tra i quali l'ultimo assedio, subito nel 1528, il castello giunse alla metà del XVI sec. quando i Colonna entrarono in rapporti finalmente positivi con la Santa Sede. Nel 1569 grazie ai servigi resi alla Chiesa da Pompeo Colonna, papa San Pio V eresse la terra di Zagarolo a ducato. In seguito cominciarono i lavori di rinnovamento del castello, iniziando così la sua trasformazione in palazzo con funzioni esclusivamente residenziali, caratterizzato dalle due grandi ali che si aprono verso la piazza di Corte, dalle ampie sale affrescate e dal giardino pensile.
Il Palazzo conserva prestigiosi affreschi testimonianza dei pittori manieristi che ci hanno lavorato nel tardo cinquecento (XVI secolo).
In questo castello Caravaggio fu attivo e vi creò vari capolavori come La Maddalena ed I Discepoli di Emmaus. Il poeta Vittorio Alfieri recitò più volte le sue opere all'interno del teatro del Castello. Dopo i Colonna, il Palazzo divenne proprietà del cardinale Ludovico Ludovisi, nipote di papa Gregorio XVI, che portò a termine i lavori di ampliamento e arricchì ulteriormente il palazzo portandovi parte delle sue collezioni d'arte. Alla sua morte gli successe suo fratello Niccolo ed a questi suo figlio che vendette il ducato al principe Giovan Battista Rospigliosi.
Per tutto il Settecento il palazzo fu al centro della vita mondana dei Rospigliosi-Pallavicini che lo arricchirono di nuove decorazioni e di oggetti preziosi.
A partire dagli inizi del XIX sec. il palazzo si avviò verso un lento ma incessante declino che raggiunse il suo culmine con la sottrazione di gran parte degli arredi e dei quadri (anni 1931-32) e con le tristi vicende della II Guerra Mondiale, quando venne trasformato in ospedale militare tedesco ed adibito al ricovero di numerosi sfollati provenienti da varie parti d'Italia. Restaurato in alcune sale negli anni cinquanta, nel 1979 il palazzo venne infine venduto dalla principessa Elvina Pallavicini al Comune di Zagarolo che ne è l'attuale proprietario. Da alcuni anni è sede del Museo del Giocattolo, oltre che luogo di convegni culturali, mostre, biblioteche e sedi amministrative. Informazioni prese dal sito www.istituzionepalazzorospigliosi.it

sabato 6 novembre 2010

Il castello di domenica 7 novembre



FONTANELLATO (PR) – Rocca Sanvitale

Percorrendo le strette strade del centro storico di Fontanellato, quasi all’improvviso si prospetta la maestosa Rocca, circondata da un grande fossato - "peschiera" non casualmente è detto nei documenti antichi – la cui singolare eleganza aristocratica la rende inconfondibile nel pur vario e ricco panorama di castelli, che dal Po alla montagna, punteggiano il territorio di Parma. Castello che non ha perso nulla del fascino che gli deriva dall’esser stato una costruzione di difesa militare nei tempi ferrigni ed aspri del medioevo. La cinta esterna venne eretta, a partire dal torrione quadrato posto a nord - che in origine era molto più alto - probabilmente dopo il 1386 e completata su pianta quadrata prima della metà del ‘400. Nella Rocca si fondono il senso di forza, di compattezza e di solidità propri delle costruzioni militari con la grazia e l’eleganza degli interventi del 1500 che trasformano il Castello in una delle più splendide corti padane. L'appartamento nobile del primo piano mantiene intatta l'atmosfera dell'epoca con tutti gli arredi originali. Curiosa è la camera ottica (XIX sec.), nascosta in una torre angolare, dove un sistema di lenti permette di vedere la piazza antistante senza essere visti.

venerdì 5 novembre 2010

Il castello di sabato 6 novembre



ALVITO (FR) – Castello Cantelmo

Sulla sommità del colle, ai piedi del quale si erge ancor oggi il caratteristico borgo di Alvito, sovrasta a simbolo di una civiltà passata il castello dei Cantelmo, potente famiglia di nobili signori, legata da parentela con la casa reale d’Aragona. Tanta era la grandezza e la potenza di questa famiglia e immense ne erano le ricchezze, da avere una propria Zecca a Sora, dove si coniava una moneta il “bolognino d’argento” con lo stemma dei Cantelmo, conosciuto e scambiato in tutta Italia. Il feudo dei Cantelmo si estendeva anche ai territori di Sora, Vicalvi ed Atina ma, con la loro decadenza, iniziò anche per la cittadina di Alvito un lento e costante declino, che ebbe come conseguenza un susseguirsi di battaglie, conquiste e distruzioni. Oggi purtroppo ci si aggira fra i resti del castello, dinanzi a torri e muraglioni di cinta che lasciano ancora trasparire qua e là vestigia di architettura, stemmi ed emblemi che da soli, non rendono la grandezza e la maestosità del maniero.

Il castello di venerdì 5 novembre



SOLFERINO (MN) - La Rocca

Situata alla sommità di Solferino, a circa 200 metri sul livello del mare e immersa nel verde del parco, è di forma quadrata, denominata anche "Spia d'Italia" per la sua posizione strategica, in quanto rivolta verso i confini del Veneto allora austriaco. Costruita nel 1022, è alta 23 metri. All'interno sono custodite armi oltre ai busti dei due generali francesi morti nella celebre battaglia del 24 giugno 1859 (generale Auger e generale Dieu). Nelle vetrine laterali e centrali, tra i tanti cimeli esposti , vi sono anche documenti relativi alla storia della Rocca ed alla Zecca dei Gonzaga di Solferino.
Una comoda rampa in legno porta alla Sala dei Sovrani (ritratti di Napoleone III e V.Emanuele II) e più in alto, alla terrazza panoramica dove grazie a tavole di orientamento, si possono riconoscere, quando la visibilità lo consente, i campanili e le torri di luoghi situati a 10 km di distanza.
La conquista di questa torre millenaria fu l'atto conclusivo della battaglia di Solferino e quindi della seconda guerra di indipendenza. Dalla terrazza si ha un'ampia visuale della campagna circostante, teatro della battaglia. Da questa altura il ginevrino Henry Dunant, giunto a Solferino per parlare con l'Imperatore Napoleone III°, vedendo l'immane carneficina concepì l'idea della Croce Rossa.
La rocca, dopo un periodo di abbandono, venne restaurata dalla Società Solferino e San Martino, con un lavoro di carpenteria davvero pregevole se rapportato ai mezzi a disposizione nel 1880.

giovedì 4 novembre 2010

Il castello di giovedì 4 novembre



CAGLIARI - Castello di San Michele

E' situato sull'omonimo colle, uno dei più alti di Cagliari (120 s.l.m.), oggi circondato da una notevole quantità di costruzioni, ma un tempo isolato nel territorio nord-occidentale esterno del capoluogo sardo. Il primo impianto, presumibilmente ad una sola torre, risale al periodo bizantino o primo giudicale ( X secolo ) ed aveva la funzione di difendere Santa Igia, la capitale del Giudicato di Cagliari. Nel 1327, poco dopo la conquista catalana di Cagliari, il castello fu concesso a Berengario Carroz. Il castello visse il periodo di maggior splendore nel Quattrocento, proprio quando appartenne alla famiglia Carroz, alla quale è legata indissolubilmente la sua storia, divenendo una delle più lussuose residenze della Sardegna. L’ultima esponente dei Carroz, che visse come castellana a San Michele, fu la sfortunata contessa Violante, la quale morì nel 1511 e il castello fu quindi incamerato tra i beni della Corona spagnola. Abbandonato e progressivamente decaduto, il castello fu usato come Lazzaretto durante la peste "di Sant'Efisio" (1652-'56), ma anche nuovamente fortificato in occasione degli attacchi francesi del Seicento e del Settecento. Usato come caserma degli invalidi nel primo Ottocento, fu cancellato dall'elenco delle fortificazioni nel 1867 per essere venduto al Marchese Roberti di San Tommaso, che lo fece restaurare e fece rimboschire parte del colle con pini d'Aleppo. Nel 1930 il colle ed il castello diventarono di pertinenza militare. Passato al Comune, nel 1990 si avviarono nuovi lavori di restauro della fortificazione e di riassetto del colle. Oggi il castello conserva le tre torri e la cortina muraria, circondata dal fossato, ma ha subito una profonda trasformazione con strutture di acciaio e policarbonato, che ne hanno interamente occupato la parte interna. Al suo interno ospita mostre, conferenze ed altre iniziative culturali (http://www.camuweb.it/).

mercoledì 3 novembre 2010

Il castello di mercoledì 3 novembre



PALAGIANELLO (TA) - Castello Stella Caracciolo

Il castello sorge sul punto più alto del paese, in posizione strategica per controllare il territorio circostante. La sua costruzione è iniziata probabilmente nella prima metà del XVI secolo ad opera della famiglia Domini Roberti per la difesa del casale di Palagianello, terminata, ma non del tutto, nel XVIII secolo sotto il dominio dei Caracciolo, in quanto la torre posta a Nord-Ovest è ancora incompiuta. Il castello ha massiccia pianta quadrangolare, munito di quattro torrioni agli angoli e di un cortile centrale, in alto è merlato tutto intorno con la presenza di numerose feritoie.L’ingresso attuale è posto sul lato sud, mentre originariamente era ubicato ad ovest e vi si accedeva mediante un ponte levatoio situato sopra un fossato, ancora oggi esistente, che costeggia l’intero lato ovest e parte del lato nord. Il ponte levatoio è stato sostituito da un ponte in muratura a due archi. In corrispondenza dell’ingresso al piano superiore si trova un vasto salone di rappresentanza. Nel piano inferiore sono situati i magazzini e le stalle mentre in quello superiore si trovano i locali che erano adibiti ad abitazione del feudatario; in una stanza al piano terra è localizzata una botola che porta ad un passaggio segreto che sfocia nella gravina di Palagianello. Nel 1874 il vecchio ingresso venne chiuso per ricavarne una cappella in onore della Vergine dei sette dolori progettata dall’architetto Gabriele Califano, su commissione del conte Antonio Stella Caracciolo. La Cappella è stata data in uso perpetuo dal Conte Caracciolo alla Confraternita dell’Addolorata. Il castello è monumento nazionale dal 1924, mentre dal 1979 fa parte del patrimonio del Comune di Palagianello.