SARNONICO (TN) – Castel Morenberg
venerdì 31 maggio 2013
Il castello di venerdì 31 maggio
mercoledì 29 maggio 2013
Il castello di giovedì 30 maggio
DEGO (SV) – Castello Del Carretto
E’ stato un edificio difensivo situato nella località di Cua
in posizione dominante sul borgo di Dego, nell'alta Val Bormida. Un fortilizio
militare, più che una vera e propria residenza, potrebbe esser stato edificato
nel XIII secolo anche se non esistono documentazioni certe e verificabili. Il
borgo di Dego fu ereditato nel 1142 dal marchese Ottone Del Carretto, signore
di Cairo, alla morte del padre Enrico I Del Carretto, detto il Guercio. Nel 1214
il marchese Ottone I cedette le proprie terre alla Repubblica di Genova,
consolidando il suo potere nella valle della Bormida, e ottenendo in cambio dai
genovesi l'investitura ufficiale; l'atto di cessione venne firmato nel castello
di Cairo Montenotte, residenza della corte carrettesca, e in un documento si
viene a conoscenza del castrum quod vocatur Decus, il castello di Dego. Nel
1339 il feudo di Dego e relativo castello passarono alla famiglia astigiana
degli Scarampi di Asti salvo poi ritornare nelle mani dei Del Carretto dal 1350
al 1419 quando divenne territorio del Marchesato del Monferrato. Il castello fu
probabilmente sede della zecca del marchese di Ponzone che, fino al XV secolo,
gestì anche il feudo di Giusvalla. Fatti d'armi interessarono il castello nel 1553
quando fu assediato dalle truppe francesi del maresciallo Carlo I di
Cossé-Brissac, al servizio del re Enrico II di Francia; il fortilizio si arrese
al nemico senza opporre resistenza. Occupato nel 1625 dai soldati di Amedeo I
di Savoia, dopo la pace di Vienna del 1735 venne annesso al Regno di Sardegna. Altre
battaglie furono combattute presso il castello di Dego come il saccheggio
compiuto nel 1745 dalle truppe franco-spagnole e ancora nella seconda battaglia
di Dego del 1796 dove a fronteggiarsi vittoriosamente furono i soldati
napoleonici contro gli austriaci. Oltre alla perdita di quasi quattrocento
persone del paese, danni si registrarono anche al locale castello che ne uscì
allo stato di semi rudere. Solo una parte dell'alta cinta muraria, infatti, si
è conservata fino ad oggi. Pare che ci sia l’intenzione di recuperare il
castello, grazie ai finanziamenti regionali per la valorizzazione e il recupero
dei beni culturali della Liguria, in base alle proposte elaborate dall’ente
provinciale savonese che riguardano “I sistemi difensivi dei Del Carretto e dei
Clavesana” e “Il sistema dei musei della Provincia di Savona”.
Il castello di mercoledì 29 maggio
BETTOLA (PC) – Castello di Rossoreggio
La frazione, che si anima soprattutto in estate, fu feudo
dei Nicelli che provviderlo a dotarla di una fortezza. Non si hanno notizie di
fatti d`arme che coinvolsero il borgo o il suo castello, del quale si dice che
oltre a essere sede militare fosse anche dotato di una biblioteca dove si
trovava una preziosa copia dell`Eneide stampata nel `500. Il castello,
trasformato poi in villa, appartenne anche ai Sidoli, sono infatti originari di
Rossoreggio i celebri pittori: Pacifico (che ebbe qui i natali), Nazzareno e
Giuseppe. Del maniero oggi rimane una robusta torre rettangolare, dotata di una
finestra a bifora, che testimonia i tracorsi militari dell'insediamento. Essa
ha custodito per anni importanti e preziosi oggetti tra cui un violino
Stradivari (ora esposto al British Museum) e una chitarra-liuto spagnola del
1600.
martedì 28 maggio 2013
Il castello di martedì 28 maggio
SOLZA (BG) – Castello Colleoni
lunedì 27 maggio 2013
Il castello di lunedì 27 maggio
ANDRANO (LE) – Castello Spinola Caracciolo
domenica 26 maggio 2013
Il castello di domenica 26 maggio
COLLOREDO DI MONTE ALBANO (UD) - Castello
Fatto costruire nel 1302 da Gugliemo di Mels, cavaliere di antica
stirpe sveva, con l’autorizzazione del patriarca di Aquileia (Ottobono de’
Razzi), è un capolavoro di suggestione e cultura. Dopo la morte di Guglielmo venne
completato dai suoi tre figli Asquino, Bernardo e Vicardo che per primi
assunsero il cognome di Colloredo Mels Waldsee. Maniero tipicamente feudale,
venne edificato per necessità difensive ma, nei secoli, ha poi assunto l'aspetto
di una grande dimora nobiliare. Famose le lotte dei signori del castello, i
Colloredo, contro i patriarchi, i conti di Gorizia, i Camineri, i Savorgnan, i
Torriani. Nel 1420 il complesso cadde nelle mani dei Veneziani; nel 1511 subì il
noto saccheggio del giovedì grasso. Cessate le lotte feudali che caratterizzano
tutto il corso del XVI secolo, i proprietari si dedicarono ad abbellire l'ormai
vetusta dimora con le fastose eleganze del Rinascimento. Fino al 6 maggio 1976
- quando fu colpito e pesantemente danneggiato dal terremoto - il castello era
costituito da un nucleo centrale, tre torri e due ali. Una triplice cinta di
mura con perimetro ellittico è ancora avvertibile. Il maniero aveva più di 360
stanze, 5 corpi di fabbrica, scalinate, centinaia di merli, tre corti, 7
giardini a terrazza, 1 palo della gogna, 1 riva scoscesa a nord, 3 muraglioni a
sud, in parte affossati, quasi mezzo ettaro di tetti sotto cui uccelli e
pipistrelli hanno nidificato per secoli. Oggi, tranne la parte restaurata,
acquisita dalla Comunità Collinare, è abbandonato. Invaso da masnade e milizie
d'ogni sorta - venete, cosacche, americane, tedesche, ma anche italiane - fu la
casa di poeti, scrittori e pittori, motivo per cui è chiamato anche “il
castello degli scrittori e dei cantastorie”. Qui Giovanni da Udine (sepolto nel
Pantheon a Roma) verso la metà del 1500 decorò uno dei soffitti a volta della
torre ovest ed eseguì numerosi fregi in varie stanze; Ermes di Colloredo -
padre della lingua friulana – vi immaginò, nel XVII, secolo i suoi versi
libertini; Ippolito Nievo vi scrisse Le Confessioni di un Italiano e il
pronipote Stanislao Nievo vi completò Il prato in fondo al mare. Nel
maniero furono coniate monete, amministrata la giustizia, eseguite sentenze
capitali, composti spartiti musicali e tramati intrighi di curia e di corte. Un
universo pulsante tra belle mura. La famiglia Nievo, proprietaria dell'ala cinquecentesca
del castello, negli anni dopo il sisma, si è battuta - proponendo una
progettazione anche per la Torre Porta - per ridare alla struttura un aspetto
civile e culturalmente fecondo, ma il progetto non si è realizzato. Attualmente,
procede l'imponente cantiere per la ricostruzione dello storico castello
nieviano e nei prossimi mesi sarà possibile vederne sviluppi, prosecuzione e
scoperte archeologiche, ma anche le novità che riemergono mentre si procede al
recupero del maniero. Durante questi lavori sono stati ritrovati degli
affreschi del '500, un tempo facenti parti dell'ala Nievo e ora ritrovati:
«Facendo una piccola ricerca - spiega il commissario Vittorio Zanon - abbiamo
visto che dopo il terremoto quegli affreschi, un tempo alla sommità delle
pareti della sala, erano stati riposti in un magazzino. La famiglia Nievo ci ha
fatto sapere di averli conservati, ma anche di essere disponibile a metterli a
disposizione per il pubblico. Sono in ottimo stato di conservazione: ora stiamo
valutando le modalità per la futura esposizione». Si tratta di
"grottesche" del 1500 e ora lo staff che segue l'opera si prepara a
inserirle negli eventi collaterali attorno al cantiere, a cominciare dalle
telecamere che si vogliono sistemare affinché i visitatori possano seguire in
tempo reale gli interventi di restauro del castello. Per approfondire consiglio
il seguente link: http://www.terredimezzo.fvg.it/?id=2498
ma anche questo: http://www.mappafriuli.com/viaggi/1870/castello-di-colloredo-di-monte-albano/
sabato 25 maggio 2013
Il castello di sabato 25 maggio
ACQUASPARTA (TR) – Rocca di Montalbano in frazione Configni
Ubicata a pochi chilometri da Acquasparta, risale al XII secolo
circa. La fortificazione, per la sua posizione strategica, nei secoli è stata
al centro di violenti scontri, a partire dalle vicende dell’Abbazia di Farfa,
che intorno al 1000 estendeva i suoi possedimenti sino a Configni, fino al
Risorgimento. Nel marzo del 1831, nei pressi del castello, si combatté infatti una
violenta battaglia tra le truppe pontificie e i militanti rivoluzionari al
comando di Sercognani, ex ufficiale napoleonico. La rocca, che fu sottomessa a
Narni (1277), a Bonifacio IX (1399), a Tommaso Martani (1438), agli Orsini
(1629, che lo fortificarono) e infine di nuovo a Narni (1708, su ordine di
Clemente XI), è oggi in buono stato di conservazione. Spiccano le due torri
quadrangolari, una delle quali chiusa in alto da una cornice a beccatelli, unite
da una costruzione con corte interna.
venerdì 24 maggio 2013
Il castello di venerdì 24 maggio
LISCIANO NICCONE (PG) – Castello di Reschio
E' ubicato al confine regionale, nel comune di Lisciano
Niccone, a nord delimitato dal torrente Niccone, ad est lo bagna il fiume Marte
che sfocia nel Niccone. Il castello è cinto da alte mura, all'interno delle
quali si trovano il palazzo signorile e le torri. Sotto la torre principale sono
visibili ancora le carceri e la chiesa parrocchiale dedicata a San Michele
Arcangelo. Il castello ha una sola grande porta d'ingresso. Fu costruito prima
dell'anno 1000 ed appartenne nel 1200 ai marchesi del Monte. In epoca medievale
fu oggetto di contesa tra i signori di Perugia, Firenze e Città di Castello per
via della sua posizione strategica. Si ha notizia, infatti, che nel 1202
Uguccione e Guido, figli del marchese Raniero, concessero e sottomisero a
Perugia, tra le altre, la zona di Reschio. Il Rossi ci dice che "nel 1313
questo castello fece lega con i comuni di Preggio, Tisciano e Lisciano per
investire il castello Fiume nel vicino Piano di Marte e l'atterrarono, ma ciò
assai dispiacque alla città di Perugia che furono costretti a rifarlo". Si
legge pure che nel 1384 ne era padrone il Montemelini, e che nel 1500 vi viveva
Francesco Montemelini. Sembra però che nel 1455 gli sia stato tolto da Mariotto
da Montone, ma che Perugia abbia inviato soldati e lo abbia riconquistato. Con
la morte di detto Mariotto fu ripreso dai Montemelini, ma per due anni
solamente, perché fu preso da Braccio Fortebraccio di Montone. Chi riuscì a
toglierlo a Fortebraccio è ignoto; è certo però, che vi furono riammessi i
Montemelini, perché, come sopra si è scritto, nel 1500 ne erano i signori. Da
una iscrizione sopra la gran porta risulta che questo castello nel 1601 era di
proprietà della famiglia Cesi Romana, perché dal vescovo di Todi Angelo Cesi fu
donato al pronipote Chiappino, ma non si sa se la donazione sia stata
contemporanea alla compera o se la compera sia stata fatta antecedentemente.
L'iscrizione è la seguente: "ANGELUS
CAESIS ROMANUS EPISCOPUS-CASTRUM HOC RESCHII AERE SUO EMPTUM-COMITI CHIAPPINI
FEDERICI CAESI F.-EIUSQUE PRONEPOTI DONAVIT.-ANNO SALUTIS 1601". In seguito passò ai Marchesi Bichi
Ruspoli di Siena che nel 1880 circa, morto l'ultimo di loro senza discendenti, nominarono
loro erede il marchese Forteguerri di Siena. Attualmente è di proprietà dei
Conti Bolza, che ne hanno curato il restauro e la ristrutturazione. Sparse
nella proprietà intorno al Castello, ci sono 50 case coloniche, antiche come il paesaggio che le circonda. Venti di queste
sono state restaurate per una clientela internazionale in cerca di una casa
privata da comprare o da affittare come stanza di un prestigioso boutique luxury hotel immersa nella vegetazione. Vi è un sito web per chi volesse
saperne di più, ma è in inglese...
giovedì 23 maggio 2013
Il castello di giovedì 23 maggio
PORTO TORRES (SS) - Torre Aragonese
E' anche chiamata Torre del Porto, in virtù della sua
collocazione quasi di fronte al molo dove ormeggiano i traghetti. Una delle
prime attività della torre era quella di svolgere una funzione di controllo
doganale e fiscale della zona, come risulta dai privilegi concessi dal re
Alfonso il Magnanimo nel 1440. Nel XVII secolo, fino all'età sabauda compresa, essa
ebbe funzioni di sorveglianza, di controllo e, durante le pestilenze, di
profilassi delle imbarcazioni "sospette" che avrebbero potuto
diffondere eventuali epidemie. Possiede la peculiarietà di essere l'unica torre
aragonese ottagonale della Sardegna, mentre la maggior parte delle torri
isolane ha la classica forma cilindrica. La sua forma prismatica denuncerebbe l'origine
catalana e si ricondurrebbe al modello della torre di Porcuna (Jaén), risalente
al 1435. È alta 16 m e larga 15; ogni lato misura 5,8 m; la base ha zoccolo a
scarpa alto 1,8 m. Interamente realizzata in tufo, fuorché gli angoli,
realizzati in trachite rossa (più resistente), e qualche merlatura. La torre
del Porto si sviluppa su tre piani: cisterna, alloggio, a 7 mt dalla quota
base, e terrazzo. L'alloggio ha un perimetro circolare con al centro un
pilastro di sostegno e il soffitto risulta costituito dalla combinazione di una
volta stellare con una crociera costolonata. Nella muratura di questo ambiente,
si possono osservare due troniere, un caminetto e due rampe di scale.
Superiormente, si trova la garitta e un sistema di nuclei murari sporgenti,
retti da mensole. La torre fu costruita nel luglio 1325 dall'ammiraglio Francesco
Carroz, che aveva occupato Porto Torres con la flotta aragonese. Dopo aver
realizzato un primo accampamento, fece costruire una cinta di mura protetta da
una torre e un fossato. Nella stessa epoca fu sistemata la nuova guarnigione
nel vicino castello di Monteforte. Già nel 1407 l'Erario dovette chiedere un
prestito per pagare le guardie della Torre del Porto. Nel 1423, il re
d'Aragona, Alfonso V, promulgò la Carta Reale per la parziale riedificazione e
riparazione del fortilizio. Successivamente la torre perse importanza,
soprattutto in seguito all'ufficiale trasferimento del vescovo da Porto Torres
a Sassari nel 1441. Nel 1487, per ordine del viceré venne comunque riarmata e
dotata di soldati a spese della città di Sassari. Fra il 1538 e il 1553 si ebbe
la maggior concentrazione di assalti di barbareschi contro Porto Torres e la
relativa richiesta, da parte di Sassari, di un migliore sistema difensivo.
Ancora nel 1583, in sede di parlamento, si lamentò la mancanza di riparazioni
della torre. Solamente nel 1628 furono registrate opere di restauro. Nel 1637
furono eseguiti dei sopralluoghi che notarono il mancato completamento dei
lavori: la piazza d'armi della torre era così ingombra di macerie che
l'artigliere era impossibilitato nella manovra delle bocche di fuoco in caso di
combattimento. Nello stesso anno, nonostante ci fossero ben 12 soldati, la
torre fu occupata e danneggiata dai corsari di Biserta, che saccheggiarono
anche la basilica di San Gavino. Finalmente nella seconda metà del 1637 furono
eseguiti dei restauri a cura del mastro Cinquina; altri ancora nel 1682, nel
1694 e altri modesti lavori nel 1720. Nel 1761 fu nominato dalla città di
Sassari l'ultimo "alcaide", cioè il capitano della torre, seguendo
una consuetudine che risaliva al 1557, quando Sassari ebbe il privilegio di
assegnare la carica, di contro alla designazione regia. Nel 1818 la carica di
alcaide venne soppressa. In tempi più recenti è stata anche utilizzata come
faro, ma ora è sovente sede di mostre. Per approfondire vi consiglio il
seguente link: http://www.porto-torres.info/monumenti/torre-aragonese
Il castello di mercoledì 22 maggio
CAMPOLIETO (CB) - Palazzo Ducale di Capua
Campolieto già esisteva nel secolo XI, agli inizi della
dominazione normanna, e suo Signore era a quel tempo Roberto de Russa, un
nobile che nel 1096 partecipò alla prima crociata in Terra Santa. Tra il 1155 e
il 1179 troviamo quale titolare del feudo di Campolieto Rainaldo Borrello,
conte di Agnone, discendente della casa dei conti di Marsia. Successivamente
Campolieto fu assegnato a Rainaldo di Pietrabbondante. Tra la fine del dominio
dei Normanni e la dominazione sveva (1194-1266) Signore di Campolieto era un
certo Ruggiero Bogardi (o Bozzardi). Con la dominazione degli Angioini
(1266-1442) che ebbe inizio con Carlo I d' Angiò, investito dal Papa Clemente
IV nel 1265 del Regno di Sicilia - comprendente anche il Mezzogiorno d'Italia,
del quale si rese padrone, vincendo il re Manfredi a Benevento nel 1266. Il
feudo passò al cavaliere "Narmoray di Tarascono" (1269). Nel secolo
XV Campolieto passò alle dipendenze della contea di Montagano con Francesco di
Montagano, conte della stessa borgata, cui successe il figlio Giacomo (1450). Nel
1477, morto Giacomo senza eredi, il re Ferdinando I d' Aragona investì dei
feudi della contea, tra i quali Campolieto, devoluti al demanio, Gherardo
Felice di Appiano d' Aragona, Signore di Piombino, per l'irrisoria somma di
22.00 ducati. Questi, però, non si mantenne fedele alla casa di Aragona; si
ribellò al re Ferrante e si diede al conquistatore Carlo VIII. Fu privato,
allora, dei beni e dei feudi, che il 23 novembre dello stesso anno 1495 passarono
ad Andrea Di Capua, duca di Termoli, per concessione del re Ferrante II. I de
Capua mantennero il feudo fino al 1584 e ristrutturarono il castello medievale
trasformandolo in casa signorile. Della struttura originaria permangono solo
l’elegante portale rinascimentale, datato 1551. Nel 1584 Campolieto fu
acquistato, per ducati 14.50 da Fabio Carafa, conte di Montecalvo, il quale già
possedeva i feudi boscosi di Martina e di Scannamatrea. I Carafa tennero così
il fendo senza titolo fino al 1806. Il castello di Campolieto, che fu residenza
dei vari "Signori" e Feudatari, fu venduto, diviso a più famiglie nel
1942, dopo la morte dell' ultimo baronem l'Avv. Francesco Jannucci, avvenuta
nel 1940. Il palazzo attualmente si presenta profondamente manomesso dalle
ristrutturazione che l'edificio ha subito in epoca moderna dopo tale
frazionamento. Nel XVIII secolo però la residenza di Capua era considerata una
delle case patrizie più belle e ricche della zona. L'area su cui sorge la
struttura è quella dove si trovava il castello di cui rimangono alcuni tratti
della cinta muraria e la cui costruzione risale al periodo normanno (XI secolo).
martedì 21 maggio 2013
Il castello di martedì 21 maggio
CERESARA (MN) – Torre Gonzaga
lunedì 20 maggio 2013
Il castello di lunedì 20 maggio
CIORLANO (CE) – Castello
L'origine di Ciorlano non è nota e nel corso dei secoli ebbe
diversi nomi: Cerolanum, Li Ciurlani, Torlano, Zurbanum,...ecc. Sotto il domino
dei Longobardi fu un Pagus (569 d.C.) e prima dell'anno 1000 divenne
Castello. Nel 1064 il Castello di Cerolanum, con un quarto delle terre di
Torcino, fu donato dal conte Paldo di Venafro all'Abbazia Benedettina di
Montecassino; successivamente appartenne al Monastero di San Vincenzo al
Volturno e poi all'Abbazia cistercense della Ferrara di Vairano Patenora. Il
Castello fu costruito a difesa del ducato di Benevento, su basi romano-sannite.
L`originaria costruzione aveva forma circolare, con tre torri circolari e
mastio centrale di forma pentagonale (ancora ben visibile); l`ingresso
all`interno del Paese avveniva solo attraverso i due grandi portoni, di
collocazione diametralmente opposta. Verso il 1500 fu
signore di Ciorlano Giovanni Antonio De Gennaro, come risulta
"nell'indulto" di Carlo V, imperatore di Spagna. Nel 1532 il
castello di Ciorlano appartenne ad Isabella Mobel e, successivamente, ai Conti
Gaetani di Laurenzana di Piedimonte. Intorno al
1575 ne fu signore Ferrante Lannoy, duca di Boiano.
Dal 1645 al 1806 Ciorlano fece parte della famiglia Gaetani D'Aragona. Nel 1738 Ciorlano era una delle Università più ricche della zona, tanto che il duca di Laurenzana donò al re Carlo III la tenuta di Torcino, che divenne la riserva naturale di caccia più grande del tempo: Real Caccia di Torcina.
Nel 1786 la tenuta fu ampliata con l'aggiunta di altri territori demaniali per volontà del re Ferdinando IV di Borbone.
Dal 1645 al 1806 Ciorlano fece parte della famiglia Gaetani D'Aragona. Nel 1738 Ciorlano era una delle Università più ricche della zona, tanto che il duca di Laurenzana donò al re Carlo III la tenuta di Torcino, che divenne la riserva naturale di caccia più grande del tempo: Real Caccia di Torcina.
Nel 1786 la tenuta fu ampliata con l'aggiunta di altri territori demaniali per volontà del re Ferdinando IV di Borbone.
domenica 19 maggio 2013
Il castello di domenica 19 maggio
CAMPODORO (PD) – Torre Rossa in frazione Bevadoro
Anticamente chiamata Torre del Corso, venne edificata
presumibilmente attorno al 1200 per ordine di Ezzelino II da Romano ed era
posta a baluardo dei confini che corrispondevano al fiume Ceresone che scorre
ancora a ovest della torre. Apparteneva ad una linea di difesa e avvistamento
che correva tra i castelli di Carmignano di Brenata, Canfriolo (ora località di
Grantorto), Torre del Corso appunto, Arlesega e San Martino della Vaneza,
Montegalda. La Torre Rossa è uno dei rari esempi rimasti delle fortificazioni
erette nei passaggi strategici delle rogge, fra gli attuali territori euganeo e
berico. Nelle mappe del 1500 viene sempre raffigurata circondata dal Ceresone
che probabilmente scorreva più a est dell'attuale corso. La Torre fu
protagonista delle sanguinose battaglie tra Padova e Vicenza che si
contendevano il territorio. Nel 1405 con l'espansione della Serenissima
Repubblica di Venezia fu dismessa dal doge e divenne possedimento di nobili
famiglie veneziane che la trasformarono in abitazione apportando delle
modifiche che ne determinarono l’aspetto attuale: finestre laterali, poggioli e
molto probabilmente anche il tetto al posto delle merlature. Secondo la
tradizione orale del posto, dalla torre partivano dei passaggi sotterranei, ma
ad oggi non se n'è trovata traccia. Verso la metà del secolo scorso la torre
cadde in totale stato di abbandono. Il terremoto del 1976 che colpì la vicina
regione friulana, provocò nell’edificio una grossa crepa che la rese
pericolante. Il proprietario decise allora di dare avvio ad una profonda opera
di restauro e recupero. Ecco una cronistoria dettagliata della torre: http://www.bevadoro.org/imgs/territorio/torrerossa/2009_Torre_opus_interno.JPG
sabato 18 maggio 2013
Il castello di sabato 18 maggio
BOLZANO – Castel Mareccio
Situato nel centro storico di Bolzano, per la sua
posizione è da considerare una residenza, piuttosto che una costruzione di
difesa. Il nucleo più antico, la torre principale, fu fatto costruire da
Berthold von Bozen (Bertoldus Bauzanarius), capostipite della famiglia
Maretsch, nel 1194. Il suo casato faceva parte dei vassalli dei Conti di Tirolo
ed inoltre lui stesso era giudice di Bolzano. Nei secoli successivi si
susseguirono diverse fasi di ampliamento, fra le quali la costruzione del muro
di cinta. Inoltre, fino al 1650, il castello era dotato anche di un fossato
perimetrale con acqua. Il ramo bolzanino dei Mareccio si estinse, passando al
ramo di Naturno e di qui, per matrimonio, alla famiglia Reifer. Quando era di
proprietà di Christofer Reifer, questi disobbedì al duca Sigismondo il Danaroso
(conosciuto anche come Sigismondo il Ricco) e fu per questo imprigionato
e costretto a pagare una multa che comprendeva la cessione al duca del castello
e delle sue adiacenze. Sigismondo lo vendette ai Mezner (1476), che a loro
volta lo vendettero ai Römer. L'ampliamento più sostanziale fu voluto proprio
dalla famiglia Römer verso la metà del XVI secolo: le altre quattro torri e gli
affreschi nella sala dei cavalieri, nelle torri e nella cappella risalgono a
quel periodo, così come il fossato di cinta col ponte. Gli autori dei numerosi
affreschi sono ignoti, ma sono senz'altro riferibili alla corte dell'Arciduca
Sigismondo. I temi degli affreschi sono biblici, ma anche araldici. Anche come
riconoscimento per questi lavori, ai Römer fu concesso il titolo di baroni
dall'arciduca Ferdinando II d’Austria. Passato per matrimonio agli Hendl, il
castello nel XVII secolo passò prima al convento di Stams, poi a Guidobaldo di
Thun, arcivescovo di Salisburgo. I Thun lo possedettero fino al 1851,
acquistato da Anna Sarnthein. Quest’ultima lo affittò all'erario e Castel
Mareccio divenne per oltre mezzo secolo deposito d'armi. Dopo l'annessione all'Italia
divenne sede dell'Archivio di Stato, ma la condizione della costruzione era
tale che si rese necessaria una profonda ristrutturazione (1930-1931). Negli Anni
Ottanta l'Archivio fu spostato altrove. Il maniero venne acquisito allora dall'Azienda
di Soggiorno e Turismo di Bolzano che lo destinò, dopo un attento ed
impegnativo restauro sia delle strutture che degli affreschi, a sede di
convegni, mostre ed eventi. Le sue antiche sale impreziosite da affreschi,
adeguatamente ristrutturate e dotate di avanzate tecnologie congressuali,
possono ospitare fino a 200 persone e sono sicuramente una delle strutture più
interessanti ed esclusive per ospitare incontri aziendali, banchetti, seminari,
conferenze, serate culturali, concerti e mostre. Su una parete al secondo piano
della torre di Castel Mareccio è presente il Sator simbolo dell'Impero Romano,
accessibile solo accompagnati dal personale. Si tratta di un gioco di parole che si possono leggere in tutte e
quattro le direzioni, in entrambi i sensi. La traduzione letterale significa "il seminatore Arepo tiene con
la sua opera le ruote" oppure "il seminatore col suo lavoro tiene
(guida) le ruote (dell'aratro)" ma la frase risulta di difficile
comprensione. La stessa formula la si trova due volte a Pompei nella zona
sepolta dall'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., sulla parete esterna del Duomo
di Siena, in chiese, conventi, castelli dell'Alta Italia, in Francia, in Gran
Bretagna, nella vecchi Buda (H) ed in Cappadocia. Le parole comprese nel
quadrato magico potrebbero avere un significato
di matrice cristiana, essendo contenute per ben due volte le parole
Pater Noster A O, ovvero Pater Noster Alfa e Omega. Esso veniva anche portato
al collo dai cristiani durante le persecuzioni nell'epoca classica quale segno
di riconoscimento comune, nonchè a scopo protettivo ed a ricordo del fatto di
essere figli del Padre nei cieli. La ragione per cui il quadrato
"magico" o meglio "sacro" sia finito a resta un mistero. Si
sa solo che fu collocato nella torre a seguito della ristrutturazione del
castello effettuata nel 1550 da parte della famiglia nella stanza che si
presume essere stato il locale destinato al soggiorno delle guardie o l'ufficio
del comandante.
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Chi volesse approfondire, può visitare il seguente link: http://www.mareccio.info/mareccio_it/storia.asp
venerdì 17 maggio 2013
Il castello di venerdì 17 maggio
TRICARICO (MT) – Torre normanna
Nell'ambito
del patrimonio architettonico della città costituisce, insieme con la
cattedrale ed il palazzo ducale, uno degli elementi più importanti. Alta 27
metri, con pareti che superano, in diversi punti, i 5 metri di spessore, orlata
di beccatelli, caditoie ed archetti di coronamento, si sviluppa su 4 livelli e
svetta sulla parte sommitale di un costone roccioso sul quale è edificato il
quartiere Monte. La torre costituiva il cosiddetto "maschio" del
castello del quale faceva parte, la cui prima fortificazione risale al IX-X
secolo e successiva riedificazione in epoca normanno-sveva. Il solo castello, posto
all'estremo margine sud della città, venne donato alle Clarisse (suore di
clausura) nel 1333 per farvi un convento, a seguito del trasferimento dei
feudatari in un nuovo castello (oggi palazzo ducale) collocato al centro
dell'abitato. La torre, invece, continuò ad avere una funzione militare fino al
‘600, in quanto inserita nel sistema difensivo della città fortificata. In
epoca angioina venne costruita alla sua base una "scarpa" per
rafforzarne le capacità di difesa. Fino al 1605 (epoca cui risale la
celeberrima stampa di Tricarico inserita nella raccolta totius urbium
praecipuarum mundi) vi era ancora buona parte della merlatura, in seguito
eliminata. Dalla sua sommità si domina un territorio molto vasto che si spinge,
verso nord-ovest, fino al monte Vulture e, verso nord-est, fino alla Puglia. Sulla
sommità, sebbene non vi siano muri intorno e gli archetti di coronamento siano
quasi allo stesso livello del pavimento, se ci si mette sulla pietra posta al
centro della superficie, si sente la propria voce rimbombare come se si fosse
in una caverna. Il monastero di suore di clausura precedentemente menzionato, fu
fondato da Sveva, contessa di Tricarico e vedova di Tommaso Sanseverino.
Dapprima sotto il titolo dei SS. Pietro e Paolo, poi di S. Chiara, questa
comunità monastica, le cui suore provenivano dalle nobili famiglie di Tricarico
e di altri centri regionali, ebbe sempre cospicue rendite dal suo ricco
patrimonio immobiliare ed agrario e fu titolare del feudo di Gallipoli di
Montagna. Soppresso il monastero nel 1860, la complessa struttura
architettonica divenne, nel 1930, sede del Convento delle Discepole di Gesù
Eucaristico che svolgono, a tutt’oggi, un’azione educativa attraverso le scuole
che gestiscono. Contigui alla torre, è stata dichiarata monumento nazionale nel
1931sono, sul lato ovest, una torretta minore e tratti di spesse mura sotto le
quali si stendono cantine ipogee.
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