mercoledì 15 maggio 2013

Il castello di mercoledì 15 maggio





REGGIO CALABRIA – Castello Aragonese
 
Ubicato nelll'omonima piazza, sopra una lieve collina che nel passato era di certo più imponente, è considerato, insieme ai celeberrimi Bronzi di Riace, ed al ricco Museo Archeologico Nazionale, uno dei principali simboli storici della più grande città della Calabria. Anche se l'impianto attuale è quello tipico delle fortezze difensive aragonesi, il castello di Reggio ha in realtà origini molto più antiche, tracce di una fortificazione preesistente sono state rinvenute in tutta l'area adiacente l'edificio stesso. Storicamente si fa risalire la sua costruzione tra il 536 ed il 549 d.C. Sotto l'imperatore Giustiniano I, durante la guerra tra i Goti e i Bizantini, Belisario entrò a Reggio per liberarla dai barbari e trovò la città priva di fortificazioni, così il generale ordinò immediatamente il restauro della cinta muraria. Egli non poteva infatti permettere che la città fosse sguarnita visto l'importante ruolo che il porto di Reggio ricopriva nei collegamenti tra l'Italia e Costantinopoli. Si riprese dunque la parte inferiore delle mura che erano appoggiate al porto, la collina del castello divenne quindi il bastione angolare della cinta, rivolto verso la montagna. Tutto ciò creò un centro fortificato che proteggeva il porto di Reggio e tutta la Calabria meridionale. Nel 1059 la fortezza passò dai Bizantini ai Normanni di Roberto il Guiscardo, che vi stabilirono la corte e costruirono un donjon, in altre parole una torre-fortezza appoggiata alle mura della città e destinata alle truppe che difendevano Reggio. La costruzione del castello, invece, avvenne probabilmente in età sveva durante il lungo regno di Federico II di Svevia, quando l'autorità imperiale dovette provvedere ad un sistema difensivo statale del Regno di Sicilia. Ciò è desumibile dalla sua struttura originaria (ricostruibile da foto e rilievi dal momento che esso rimase in piedi fin dopo il terremoto del 1908) che richiama l'architettura militare di quell'epoca; si trattava, infatti, di un possente edificio a pianta quadrata, con lati di 60 m di lunghezza e con quattro torri angolari, anch'esse di forma quadrata. Nel 1266 il castello passò a Carlo I d'Angiò e da quel momento in poi fu modificato ed ampliato più volte, per meglio adattarlo alle esigenze dei regnanti. Furono certamente interventi importanti, se è vero che il maniero fu di volta in volta conosciuto come normanno, angioino ed infine aragonese. Si hanno infatti notizie di consistenti restauri voluti dal re Roberto d’Angiò, con lavori a più riprese, durati dal 1327 al 1381. Nel 1382 Carlo di Durazzo ordinò al capitano governatore di Reggio la restaurazione del castello ponendo scrupolosa attenzione affinché i lavori fossero adempiuti da tutti gli addetti. Concepito per resistere a catapulte e mangani, il castello di Reggio dovette ricevere, in epoca angioina, un cammino di ronda protetto da basse mura e torri angolari, che lo cingeva alla base. Questo apprestamento difensivo aveva il chiaro scopo di proteggere la base del castello dall'attacco di arieti e dallo scavo di gallerie per mine. Nel 1458 Ferdinando I d'Aragona fece apportare - sotto la direzione dei lavori di Baccio Pontelli (noto architetto e discepolo di Giorgio Martini) - consistenti modifiche con l'aggiunta delle due torri cilindriche, del fossato e dell'acquedotto. Originariamente, la merlatura (innalzata di quota durante il 1600) era più bassa e, quindi, più vicina alla sottostante fascia archeggiata. Ogni tre archi era presente una caditoia dalla quale era possibile lanciare sui nemici pietre; il basamento a scarpa garantiva il rimbalzo delle pietre mentre la cornice a profilo arrotondato che la delimitava impediva la risalita degli eventuali nemici. Sul lato orientale della struttura venne aggiunto un revellino, cioè un corpo avanzato a cuneo che terminava in un torrione, che serviva a difendere il castello dal fuoco delle armi a lunga gittata che potevano posizionarsi sulle colline e, nello stesso tempo, ospitava le artiglierie. Ulteriori fortificazioni furono eseguite in epoca spagnola tra il 1540 ed il 1553 su preciso incarico del viceré Don Pedro di Toledo, il cui scopo era quello di arginare le continue devastazioni turche del XVI secolo, che fece aumentare la capienza interna del castello in modo da poter rifugiarvi quasi 1000 persone. Furono i Borbone, ai primi del XIX secolo, ad iniziare la decadenza del castello di Reggio, col riempimento del fossato e le prime demolizioni. Nel 1860, la città e il castello vennero espugnati da Giuseppe Garibaldi, quindi con l'unità d'Italia e il nuovo piano regolatore della città (redatto nel 1869), il bastione venne considerato un "corpo estraneo" nel nuovo assetto urbanistico, volendo al suo posto ricavarne una grande piazza. Ciò fece scoppiare delle diatribe tra chi voleva demolire il castello per fare scomparire l'ultima testimonianza del dominio spagnolo e chi ne voleva impedirne la demolizione perché monumento storico di tutte le antiche ed importanti memorie cittadine. All'idea del Comune di Reggio - che nel 1874 lo acquistò dal Governo per demolirlo - si oppose l'allora Ministro della Pubblica Istruzione, affermando che il castello era un monumento archeologico. Nel 1892 la Commissione provinciale dei beni archeologici decretò una parziale demolizione del castello ma con la conservazione delle due torri poiché "Monumento storico della città", e cinque anni dopo (nel 1897) il castello venne dichiarato monumento nazionale. Nei primi anni del '900 fu utilizzato da una brigata di artiglieria. Il terremoto del 1908 danneggiò i locali più antichi lasciando però illese le due torri; il danneggiamento, seppur minimo, della struttura fece sì che un decreto legge del Genio Civile del 1917 indicasse le modalità di demolizione, ma nello stesso anno l'edificio fu risparmiato poiché adibito a caserma. Probabilmente l'odio politico dei reggini verso ciò che aveva rappresentato negli ultimi anni, fece prevalere la decisione di abbattere il Castello Aragonese, che pur avendo resistito ai terremoti e ai decreti di demolizione, fu deliberatamente mutilato della sua parte più antica, anche in nome di una struttura urbanistica più razionale. La fortezza fu infatti in parte demolita per congiungere la via Aschenez alla via Cimino, secondo le indicazioni del piano regolatore redatto malvolentieri da Pietro De Nava, su consiglio dell'amministrazione. Vennero quindi demoliti i 9/10 della sua struttura in diverse occasioni, ma fu mantenuta la parte più significativa del bastione: quella con le due torri aragonesi, che ancora oggi si ergono maestose al centro della piazza. Solo di recente, grazie a lunghi e sapienti lavori di restauro che hanno coinvolto le amministrazioni locali e la Sovrintendenza della Calabria, il castello aragonese di Reggio Calabria è stato riaperto al pubblico nel 2004, divenendo un'importante sede espositiva. Al suo interno è ospitato sin dal 1956 l'Osservatorio dell'Istituto Nazionale di Geofisica, dotato di un centro sismico e di uno meteorologico.

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