REGGIO CALABRIA – Castello Aragonese
Ubicato nelll'omonima piazza, sopra una lieve collina che nel passato era di
certo più imponente, è considerato, insieme ai celeberrimi Bronzi di Riace, ed
al ricco Museo Archeologico Nazionale, uno dei principali simboli storici della
più grande città della Calabria. Anche se l'impianto attuale è quello tipico
delle fortezze difensive aragonesi, il castello di Reggio ha in realtà origini
molto più antiche, tracce di una fortificazione preesistente sono state
rinvenute in tutta l'area adiacente l'edificio stesso. Storicamente si fa
risalire la sua costruzione tra il 536 ed il 549 d.C. Sotto l'imperatore Giustiniano
I, durante la guerra tra i Goti e i Bizantini, Belisario entrò a Reggio per
liberarla dai barbari e trovò la città priva di fortificazioni, così il
generale ordinò immediatamente il restauro della cinta muraria. Egli non poteva
infatti permettere che la città fosse sguarnita visto l'importante ruolo che il
porto di Reggio ricopriva nei collegamenti tra l'Italia e Costantinopoli. Si
riprese dunque la parte inferiore delle mura che erano appoggiate al porto,
la collina del castello divenne
quindi il bastione angolare della cinta, rivolto verso la montagna. Tutto ciò
creò un centro fortificato che proteggeva il porto di Reggio e tutta la Calabria
meridionale. Nel 1059 la fortezza passò dai Bizantini ai Normanni di Roberto il
Guiscardo, che vi stabilirono la corte e costruirono un donjon, in altre parole
una torre-fortezza appoggiata alle mura della città e destinata alle truppe che
difendevano Reggio.
La costruzione del castello, invece, avvenne probabilmente in età sveva
durante il lungo regno di Federico II di Svevia, quando l'autorità imperiale
dovette provvedere ad un sistema difensivo statale del Regno di Sicilia. Ciò è
desumibile dalla sua struttura originaria (ricostruibile da foto e rilievi dal
momento che esso rimase in piedi fin dopo il terremoto del 1908) che richiama
l'architettura militare di quell'epoca; si trattava, infatti, di un possente
edificio a pianta quadrata, con lati di 60 m di lunghezza e con quattro torri
angolari, anch'esse di forma quadrata. Nel 1266 il castello passò a Carlo I
d'Angiò e da quel momento in poi fu modificato ed ampliato più volte, per
meglio adattarlo alle esigenze dei regnanti. Furono certamente interventi
importanti, se è vero che il maniero fu di volta in volta conosciuto come
normanno, angioino ed infine aragonese. Si hanno infatti notizie di consistenti
restauri voluti dal re Roberto d’Angiò, con lavori a più riprese, durati dal
1327 al 1381. Nel 1382 Carlo di Durazzo ordinò al capitano governatore di Reggio
la restaurazione del castello ponendo scrupolosa attenzione affinché i lavori
fossero adempiuti da tutti gli addetti. Concepito per resistere a catapulte e
mangani, il castello di Reggio dovette ricevere, in epoca angioina, un cammino
di ronda protetto da basse mura e torri angolari, che lo cingeva alla base.
Questo apprestamento difensivo aveva il chiaro scopo di proteggere la base del
castello dall'attacco di arieti e dallo scavo di gallerie per mine. Nel 1458
Ferdinando I d'Aragona fece apportare - sotto la direzione dei lavori di Baccio
Pontelli (noto architetto e discepolo di Giorgio Martini) - consistenti
modifiche con l'aggiunta delle due torri cilindriche, del fossato e
dell'acquedotto. Originariamente, la merlatura (innalzata di quota durante il
1600) era più bassa e, quindi, più vicina alla sottostante fascia archeggiata.
Ogni tre archi era presente una caditoia dalla quale era possibile lanciare sui
nemici pietre; il basamento a scarpa garantiva il rimbalzo delle pietre mentre
la cornice a profilo arrotondato che la delimitava impediva la risalita degli
eventuali nemici. Sul lato orientale della struttura venne aggiunto un
revellino, cioè un corpo avanzato a cuneo che terminava in un torrione, che
serviva a difendere il castello dal fuoco delle armi a lunga gittata che
potevano posizionarsi sulle colline e, nello stesso tempo, ospitava le
artiglierie. Ulteriori fortificazioni furono eseguite in epoca spagnola tra il
1540 ed il 1553 su preciso incarico del viceré Don Pedro di Toledo, il cui
scopo era quello di arginare le continue devastazioni turche del XVI secolo,
che fece aumentare la capienza interna del castello in modo da poter rifugiarvi
quasi 1000 persone. Furono i Borbone, ai primi del XIX secolo, ad iniziare la
decadenza del castello di Reggio, col riempimento del fossato e le prime
demolizioni. Nel 1860, la città e il castello vennero espugnati da Giuseppe
Garibaldi, quindi con l'unità d'Italia e il nuovo piano regolatore della città
(redatto nel 1869), il bastione venne considerato un "corpo estraneo"
nel nuovo assetto urbanistico, volendo al suo posto ricavarne una grande
piazza. Ciò fece scoppiare delle diatribe tra chi voleva demolire il castello
per fare scomparire l'ultima testimonianza del dominio spagnolo e chi ne voleva
impedirne la demolizione perché monumento storico di tutte le antiche ed
importanti memorie cittadine. All'idea del Comune di Reggio - che nel 1874 lo
acquistò dal Governo per demolirlo - si oppose l'allora
Ministro della
Pubblica Istruzione, affermando che il castello era un monumento
archeologico. Nel 1892 la
Commissione provinciale dei beni archeologici
decretò una parziale demolizione del castello ma con la conservazione delle due
torri poiché
"Monumento storico della città", e cinque anni
dopo (nel 1897) il castello venne dichiarato monumento nazionale. Nei primi
anni del '900 fu utilizzato da una brigata di artiglieria. Il terremoto del
1908 danneggiò i locali più antichi lasciando però illese le due torri; il
danneggiamento, seppur minimo, della struttura fece sì che un decreto legge del
Genio Civile del 1917 indicasse le modalità di demolizione, ma nello stesso
anno l'edificio fu risparmiato poiché adibito a caserma. Probabilmente l'odio
politico dei reggini verso ciò che aveva rappresentato negli ultimi anni, fece
prevalere la decisione di abbattere il
Castello Aragonese, che pur
avendo resistito ai terremoti e ai decreti di demolizione, fu deliberatamente
mutilato della sua parte più antica, anche in nome di una struttura urbanistica
più razionale. La fortezza fu infatti in parte demolita per congiungere la
via
Aschenez alla
via Cimino, secondo le indicazioni del piano
regolatore redatto malvolentieri da
Pietro De Nava, su consiglio
dell'amministrazione. Vennero quindi demoliti i 9/10 della sua struttura in
diverse occasioni, ma fu mantenuta la parte più significativa del bastione:
quella con le due torri aragonesi, che ancora oggi si ergono maestose al centro
della piazza. Solo di recente, grazie a lunghi e sapienti lavori di restauro
che hanno coinvolto le amministrazioni locali e la Sovrintendenza della
Calabria, il castello aragonese di Reggio Calabria è stato riaperto al pubblico
nel 2004, divenendo un'importante sede espositiva. Al suo interno è ospitato
sin dal 1956 l'Osservatorio dell'Istituto Nazionale di Geofisica, dotato di un
centro sismico e di uno meteorologico.
Nessun commento:
Posta un commento