martedì 30 novembre 2021

Il castello di martedì 30 novembre

 



BISENTI (TE) - Torre della Regina Giovanna

Nell'XI secolo compare come uno dei Castelli governati dall'Abbazia di Montecassino, poiché viene rappresentato sulle porte bronzee del Monastero, fatte costruire nel 1065 dall'Abate Desiderio. Nel 1279 l’ebbero gli Acquaviva, poi vari altri signori, fra cui gli Sforza ed i Fallerio. Nel Trecento nacque Bartolomeo da Bisenti, fisico, matematico e professore di medicina; fu ai servizi della corte angioina e venne insignito del titolo di "Miles". Il paese allora contava poche anime e non si estendeva oltre le mura di cinta del vecchio castello (ora quasi totalmente scomparse). Si presume che in questo periodo siano state innalzate le tre torri (come accertato da una mappa datata 1770), simbolo del paese, di cui rimane in piedi solo la più grande. Anche lo stemma comunale presenta l’immagine delle tre torri. Tra la seconda metà del Cinquecento e la fine del Seicento Bisenti fu scossa da varie epidemie che decimarono la popolazione. Particolarmente devastante fu la peste del 1656, alla quale sopravvisse solo un terzo degli abitanti del paese. La Torre della Regina Giovanna, oggi ancora a fianco alle mura dell’antico castello di epoca normanna, è stata nel tempo dimezzata e decisamente modificata, mentre le altre due totalmente abbattute. Una era rivolta verso il torrente Fossato e sorgeva nel posto in cui nel 1899 furono collocate le tre fontane della Fonte nuova; l’altra si trovava a guardia del fiume Fino verso Colle Marmo. La torre della Regina Giovanna I di Napoli, da lei restaurata, ha pianta quadrata con base a scarpa. Numerosi sono stati gli interventi di restauro e di ristrutturazione dell'edificio che nel corso dei secoli ha subito una serie di modifiche: la porta di accesso è sicuramente ampliamento recente; le finestre aperte sui due lati sud-ovest e nord-ovest, probabilmente in origine delle feritoie, ne hanno alterato il carattere di strumento ossidionale. Anche nella parte superiore si sono verificate delle modifiche: all'inizio doveva esserci un apparato a sporgere che è stato sostituito da un tetto a falda

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Bisenti, https://www.movingteramo.it/luoghi/torre-medievale-bisenti, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Abruzzo/teramo/bisenti.htm, http://web.tiscali.it/BISENTI/torre.htm

Foto: la prima è presa da https://www.movingteramo.it/luoghi/torre-medievale-bisenti, la seconda è di alba21 su https://www.tripadvisor.it

lunedì 29 novembre 2021

Il castello di lunedì 29 novembre


 
SELLANO (PG) - Castello di Postignano

Le origini del borgo risalgono all'XI-XIII secolo, quando la funzione del castrum era legata al controllo della Valle del Vigi e delle strade che dalle Valnerina conducono a Spoleto e Foligno. Originariamente fu di proprietà della famiglia Trinci di Foligno. Per tale posizione strategica, fu a lungo conteso tre queste due città, ma alla fine si diede agli spoletini. Ne è prova il fatto che nel 1429 fornì loro uomini e mezzi per la guerra contro i ghibellini. Il borgo aveva forma triangolare con vertice a monte e, in alto, la torre di avvistamento esagonale, con le mura che circondano le abitazioni costruite sul declivio di una collina. I costruttori furono i suoi stessi abitanti, contadini e artigiani. Tra il XIV e il XV secolo il borgo aveva una fiorente economia basata su agricoltura, taglio dei boschi e prodotti di acciaio e tessili. Dall’inizio del 1900, il Castello di Postignano fu semiabbandonato a causa dell’emigrazione dei suoi abitanti, soprattutto verso gli USA, e le sue condizioni peggiorarono per mancanza di manutenzione. Nel 1963 si verificarono una serie di crolli che ne causarono l’abbandono definitivo. Nel 1966, a seguito di un piccolo cedimento del terreno, le famiglie furono evacuate. Nel 1979 il fotografo e architetto americano Norman Carver Junior pubblicò il libro Italian Hilltowns è definì Castello di Postignano l'archetipo dei borghi collinari italiani dedicandogli la copertina del libro. L'abbandono del borgo causò il suo progressivo deterioramento peggiorato dal terremoto del 1997. Nel 2004 è stato dichiarato monumento d'interesse nazionale dal Ministero dei beni culturali e ambientali. Nel 2007, la MIRTO, che aveva comperato il borgo prima del terremoto ha iniziato un'impegnativa opera di restauro degli edifici e delle sue opere d'arte, parzialmente finanziato dalla Regione Umbria. Il restauro ha ridato al borgo le sue forme originarie e lo ha consolidato strutturalmente secondo la normativa antisismica. L'adozione di tecnologie moderne ha permesso di ottenere un elevato grado di isolamento acustico e termico, con risparmio energetico. Sono stati utilizzati materiali tradizionali per finestre, portoni, camini, pavimentazioni e nel trattamento delle facciate. Potete vedere un documentario sul restauro di Postignano a https://youtu.be/ZSG9Nt1syKc. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=mGa_Z2gQC84 (video di La Valnerina - Umbria), https://www.youtube.com/watch?v=_8f4ZO1h-6U (video di Claudio Mortini)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Postignano_(Sellano), https://castellodipostignano.it/it/borgo-medievale, http://www.luoghidelsilenzio.it/umbria/02_fortezze/01_valnerina/00012/index.htm, https://www.comune.sellano.pg.it/comune/turismo/castello-di-postignano, https://www.icastelli.it/it/umbria/perugia/sellano/castello-di-postignano

Foto: la prima è di Norman Carver su https://castellodipostignano.it/it/borgo-medievale, la seconda è presa da https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-postignano-sellano-pg/

venerdì 26 novembre 2021

Il castello di venerdì 26 novembre

 


GERANO (RM) - Torre Abate GIovanni V

Dall'XI secolo l’intera vicenda di Gerano fu caratterizzata dalle numerose dispute per il suo possesso che videro come principali protagonisti due importanti organi religiosi, l’Abbazia di Subiaco ed il Vescovato di Tivoli, ed il nascente potere feudale che, sfruttando la momentanea situazione di disordine amministrativo, si era inserito nella disputa. L’Abate Giovanni V, della famiglia degli Ottaviani, reagì fortificando il poggio Marino per stringere d’assedio Gerano e poi, sborsate 150 libbre d’argento, ne riprese la metà occupata. Vi costruì un palazzo, una torre ed una cappella privata sulla parte alta del centro storico. Il gesto non venne gradito dal vescovo Adamo di Tivoli e, dopo alterne trattative, il Papa Gregorio VII (1077-1078), già a conoscenza come nunzio della controversia geranese, emise nel 1077 un provvedimento in cui si ordinava una suddivisione del paese in due amministrazioni (castellanìe) assegnate rispettivamente all’Abbazia di Subiaco ed al Vescovato di Tivoli. Ambedue i prelati vi potevano liberamente accedere e difendersi e si dovevano impegnare ad ultimare la costruzione della Rocca (palazzo e torre) Dopo il ladrocinio di Bertraimo nel 1112, ed un nuovo assedio da parte dell’Abate Giovanni, il paese tornò allo status quo, confermato dalla bolla di Pasquale II (1115); godette quindi di una breve parentesi di tranquillità durante il periodo del vescovo Manfredo (1110- 1119), benedettino come Giovanni. Con l’abate Pietro IV (1123-1145), seguirono nuove lotte, ambigui approcci di pace (1126) ed un improvviso attacco e distruzione del poggio di Casapompuli (1128), nel frattempo costruito e sorvegliato dai Tiburtini sul colle antistante Gerano. Finalmente, nel 1145, l’abate Rainaldo giurò al conte Rainerio di riconsegnare tutte le decime e i beni tiburtini in territorio geranese; l’abate Simone ne ratificò l’atto firmando la pace nella chiesa di S. Anatolia. Tra i testimoni figura il notabile Giovanni di Gerano, discendente di Lando. Nel 1455 la giurisdizione baronale dell’Abbazia di Subiaco venne trasferita al cardinale Giovanni Torquemada in quanto Abate Commendatario e tale tipo di amministrazione durò fino al 1753, anno del passaggio diretto sotto l’autorità centrale dello Stato Pontificio. Interessante l’androne del Palazzo dell'abate, con busto funebre (effigie romana), aquila imperiale sulla volta e scalinata interna: all’esterno balconcini, stucchi settecenteschi e stemma dell’esercito pontificio. La torre (in via del Torricello) venne eretta per il controllo della strada che conduceva a Subiaco.Alcuni video su Gerano: https://www.youtube.com/watch?v=BfJqiCf7BUo (di Comunicando Leader), https://www.youtube.com/watch?v=7y6drmCgII4 (di Borghi d'Italia)

Fonti: http://beni-culturali.provincia.roma.it/content/il-comune-della-settimana-gerano, http://www.gerano.rm.gov.it/home/esplorare/storia-ed-arte/storia-conoscere-le-origini/,https://www.tibursuperbum.it/ita/escursioni/gerano/LuoghiVisitare.htm

Foto: l'unica trovata sul web è presa da https://www.mondimedievali.net/Castelli/Lazio/roma/provincia02.htm

mercoledì 24 novembre 2021

Il castello di mercoledì 24 novembre

 


 

MARANO DI VALPOLICELLA (VR) - Castello

Nell'alto medioevo il territorio venne diviso in numerosi "vicus", alcuni dei quali sono identificabili ancora oggi con alcune delle contrade presenti. Nel XII secolo Marano e Valgatara erano attestati come comuni rurali che godevano di una non comune indipendenza da qualsiasi ente ecclesiastico. Tuttavia, a partire dal 1183 essi vennero sottomessi, seppur pacificamente, al comune di Verona. Con la crisi dell'epoca comunale, Marano fu teatro di numerosi scontri tra le varie fazioni politiche, mentre formalmente fu sotto controllo dei conti Sambonifacio. A scopo difensivo, intorno al X secolo la popolazione costruì un castello sull'odierno monte Castelon. Mentre nel XIII e XIV secolo i castelli della Valpolicella appaiono generalmente in via di definitivo abbandono, il castello di Marano fu mantenuto ancora in efficienza. Di esso si occuparono i membri della famiglia della Scala: Bartolomeo e, in particolare, Federico, figlio di Piccardo. Fu forse quest’ultimo a entrare per primo in possesso del castello di Marano in virtù di una non meglio precisata donazione ricevuta da Bonifacio de Bella, erede della famiglia da Marano, che poteva avere per oggetto proprio il castello. I legami tra Federico della Scala e la Valpolicella furono molto forti. Nel 1311, sulla base degli ampi possessi del padre e di un bando emanato dall’imperatore Enrico VII, egli costituì la sua signoria con il titolo di conte della Valpolicella. Due anni dopo stipulò con i rappresentanti del Comune di Verona e dei Comuni della Valpolicella importanti patti che sancivano i limiti dell’autorità di ciascuna parte in causa. Federico esercitò la sua giurisdizione in Valpolicella per quindici anni, cioè fino al 1325, quando, per aver ordito una congiura contro Cangrande, dovette fuggire in esilio, perdendo ogni diritto sul comitato. Continuò tuttavia con orgoglio a fregiarsi del titolo di conte della Valpolicella e nel suo testamento, redatto nel 1339, ricorda il comitato che «tempore meo de meis operibus cum auxilio Dei aquisivi» («al tempo del mio potere acquisii grazie alle mie opere e con l’aiuto di Dio»). Raccomanda inoltre ai suoi eredi di mantenere sempre il titolo e di non vendere o alienare i diritti relativi al comitato che ormai non possedeva più. Al tempo di Federico il castello fu dunque utilizzato come deposito di un ingente quantitativo di farina (più di 80 quintali) appartenente ai comuni della Valle ed è significativo che Federico della Scala rammenti la circostanza anche dopo molti anni di lontananza. Assai interessante è la notizia della distruzione del castello, avvenuta con ogni probabilità nel 1325, anno della caduta in disgrazia di Federico. Non si hanno informazioni su una sua successiva ricostruzione, che forse non avvenne. Il castello compare in un elenco di «castra Verone» dei primi decenni del Quattrocento e verso la metà del secolo, in occasione della visita pastorale del vescovo Ermolao Barbaro, la chiesa di Santa Maria di Minerbe viene ubicata «in Valleverda sive in castro»: il castello, o ciò che ne restava, doveva ancora essere ben riconoscibile. Con la venuta dei Veneziani, Marano entrò a far parte del Vicariato della Valpolicella, sorretto da un proprio statuto che gli riconfermò una certa autonomia. Sulla collina dominante Pezza, nei pressi della chiesa di Santa Maria della Valverde, ancora oggi si possono individuare i resti del castello di Marano: brani in muratura e una volta che doveva condurre ai sotterranei. Le vicende di questo castello risultano particolarmente interessanti. .... Il documento più antico finora noto menzionante il castello era infatti datato 1213 e in esso si dava in realtà notizia della sua esistenza solo indirettamente: la località di Canzago veniva ubicata nel castelaticum di Marano, cioè nel territorio facente capo a tale castello. Nel corso del XIII secolo fu distrutto dal terremoto del 1223 e successivamente ricostruito e mantenuto in efficienza. Non si sa quale fosse stato il suo ruolo nel periodo delle lotte di fazione, ma si può ipotizzare che fosse servito ai da Marano per scopi militari e fosse poi finito sotto l’autorità del Comune di Verona. Un documento del 1288 ricorda in modo casuale una marogna fatta «occasione forteze castri Marani»: si tratta di un muro a secco o di un mucchio di sassi fatto nel corso di lavori di rafforzamento (forteze ) al castello, effettuati con ogni probabilità pochi anni prima, forse per conto del Comune di Verona. Nello statuto cittadino del 1276, tra i luoghi fortificati di cui si deve occupare il podestà di Verona, figurano anche «castrum et turris Marani», il castello e la torre di Marano. Tale torre, che si trovava all’interno della cinta murata, veniva sorvegliata da una guarnigione di quattro guardie, rinchiuse, secondo la consuetudine, nella torre stessa per un mese.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Marano_di_Valpolicella, http://www.maranovalpolicella.it/temi/castello/index.htm, http://laveja.blogspot.com/2008/12/verona-il-castello-di-marano-di.html

Foto: entrambe prese da http://laveja.blogspot.com/2008/12/verona-il-castello-di-marano-di.html

martedì 23 novembre 2021

Il castello di martedì 23 novembre



PODENZANO (PC) - Castello Anguissola di San Polo

Sorge in frazione San Polo, nella pianura Padana, nei pressi del corso del torrente Nure. Di origini trecentesche, l'anno preciso di fondazione del castello è ignoto. Nel 1385 fu di proprietà di Guglielmo Landi, rimanendo alla sua famiglia fino al XV secolo. Successivamente, nel 1420 fu ceduto dallo stesso Guglielmo Landi agli Anguissola nel 1420. Due anni più tardi il castello fu comprato da Giovanni Carlo Anguissola, che, dopo essere stato capitano dell'esercito di Francesco Sforza, nel 1467 venne investito conte di San Polo da parte del duca di Milano Gian Galeazzo Sforza. Il 18 gennaio 1504 Pier Bernardino Anguissola ottenne l'investitura sui feudi di San Polo e Folignano da parte del re di Francia Luigi XII. Gli Anguissola mantennero il controllo sul feudo di San Polo almeno fino al 1727, anno in cui il conte Ferdinando Anguissola era signore della località. Nel 1746 i soldati austriaci guidati dal generale Berenklau, imprigionarono all'interno dell'edificio i soldati spagnoli che si erano arroccati nel castello di Rivalta (https://castelliere.blogspot.com/2017/08/il-castello-di-lunedi-14-agosto.html) e che erano stati costretti alla resa. Dopo gli Anguissola il castello pervenne ai marchesi Cesena che poi lo cedettero alla famiglia Ardizzoni-Calvi, la quale si estinse nel 1884 con la morte del conte Gherardo; la proprietà del castello passò quindi, per tramite della sorella Costanza, al cavalier Lucca, i cui eredi mantennero il controllo sul castello fino alla fine del secolo. In seguito fu di proprietà dei signori Ghirardelli, dei Gesuiti e infine della famiglia Ferrari, venendo adibito a casa colonica e cadendo poi in uno stato di abbandono. Ormai ridotto ad un rudere pericolante ed inaccessibile, è quasi completamente ricoperto da vegetazione. Costruito in pietra e mattoni, è simile ad altri castelli piacentini di pianura, soprattutto nei lacerti originali esterni, stilisticamente simili a quelli del castello di Podenzano (https://castelliere.blogspot.com/2012/10/il-castello-di-venerdi-26-ottobre.html), che fu anch'esso storicamente di proprietà della famiglia Anguissola. Il castello ha pianta trapezoidale, costituito da due corpi separati, quello sul lato meridionale è staccato, ma collegato al resto del fabbricato da due muri. Le tre torri sono dislocate in maniera asimmetrica. Le due degli angoli nord-est e sud-est sono a pianta circolare, la prima con merli originali murati e sovralzati e la seconda più bassa a colombaia; la torre di nord-ovest è a pianta quadrata, forse ristrutturata durante il XVI secolo. Tra il Cinquecento e il Seicento, forse su iniziativa della famiglia Ardizzoni-Calvi, il cui stemma è presente all'interno dell'edificio, fu trasformato in palazzo residenziale, modificando il lato orientale ed il cortile interno, dove sono il portico e la loggia superiore, entrambi a tre fornici arcuati e uniti tra loro per mezzo di uno scalone a doppia rampa. Altri link per approfondimento: https://www.preboggion.it/Castello_di_Podenzano-San_Polo.htm, https://www.youtube.com/watch?v=rvFY2vQTOYI (video con drone di Luca Travaglini)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_San_Polo, https://new.turismopiacenza.it/itinerari/podenzano/castelli/castello-di-san-polo/

Foto: la prima è di frank@piaseinza.com su https://fondoambiente.it/luoghi/castello-di-san-polo?ldc, la seconda è di Paskwiki su https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_San_Polo#/media/File:Castello_di_San_Polo_(Piacenza).jpg

venerdì 19 novembre 2021

Il castello di sabato 20 novembre



SAN LUCIDO (CS) - Fortino Santa Croce

Il fortino Santa Croce, ha una struttura non ben identificabile, presenta una torre, una parte della muratura è semicircolare, ha delle strette e lunghe feritoie. Il fortino è in completo stato di abbandono, ed è collocato in prossimità del litorale, vicinissimo alla stazione ferroviaria di San Lucido, in località San Cono. Secondo il Faglia il fortino risale al XVII secolo, anche se il Valente gli attribuisce una data anteriore (sarebbe, infatti, stato costruito per volere del vicerè spagnolo Don Pedro de Toledo un secolo prima). Vicinissima al fortino è presente una struttura utilizzata come "carricaturo", cioè un locale fortificato e sorvegliato in cui venivano depositate le mercanzie, quali grano, olio, vino, fichi secchi e altro, pronte per essere imbarcate sugli bastimenti. Questo locale oggi è adibito a ristorante e si chiama con il nome del pirata "Dragut", in ricordo della predazione che fece con la sua ciurma nel 1554. Il fortino è collegato al Castello Ruffo (https://castelliere.blogspot.com/2011/03/il-castello-di-lunedi-14-marzo.html) attraverso un passaggio sotterraneo.

Fonti: https://www.facebook.com/media/set/?set=a.365681370273513.1073741960.162464337261885&type=3, http://www.provinciacosenza.com/Comuni/san-lucido.asp, https://www.coastclick.it/centro-storico-san-lucido/, https://www.prolocosanlucido.it/index.php/scopri-san-lucido/la-panoramica

Foto: la prima è di FranceRisu72 su https://it.wikipedia.org/wiki/San_Lucido#/media/File:Il_Fortino_-_San_Lucido_Cs.jpg, la seconda è di Giuliano Guido su https://www.facebook.com/media/set/?set=a.365681370273513.1073741960.162464337261885&type=3

giovedì 18 novembre 2021

Il castello di giovedì 18 novembre



BORGHI (FC) - Rocca Malatesta di San Giovanni in Galilea

San Giovanni in Galilea è il più antico insediamento che domina le valli dell'Uso, del Rubicone e del Marecchia. Circondato dai ruderi d'imponenti fortificazioni dei secoli XIV e XV, il paese è dominato ad occidente da quel che resta della Rocca (palazzo Malatesta) del XVI secolo. Risulta abitato già nell'Eneolitico e, da ciò che si può desumere dalle analogie riscontrate con i reperti ritrovati nel sito di Verucchio, possiamo attribuire i primi insediamenti alla civiltà etrusco-villanoviana, che evidentemente colonizzò la bassa Romagna in maniera assidua. Fu feudo ecclesiastico del Vescovo di Rimini fino al principio del XIII secolo, poi passò sotto la giurisdizione del Comune di quella città e quindi dei Malatesta. Ovviamente abbiamo una storia parallela e similare a quella di Poggio de' Borghi, tanto che, dopo la sconfitta di Sigismondo Pandolfo ad opera del Papa Pio II, fu concessa in Vicariato, nel 1464, a Carlo Malatesta, del ramo soglianese dei Malatesta e fedele al papato. I Malatesta governarono per altri 200 anni su San Giovanni; l'ultimo discendente fu Sigismondo II, che completò la costruzione della Rocca e della chiesa di S. Pietro, fatte edificare verso la metà del Cinquecento dal cugino Pandolfo II. Alla sua morte, nel 1654, San Giovanni passò sotto la diretta amministrazione della Santa Sede. Del grande castello, noto già dal X secolo e costruito in posizione dominante su uno sperone di roccia calcarea a 447 metri sul livello del mare, non rimangono altro che pochi ruderi: il torrione, ultimamente oggetto di restauro conservativo, parte del corpo centrale della rocca, tracce delle mura difensive, una torretta di avvistamento, anch'essa recentemente restaurata, e la porta Est, un tempo sede del Comune, decaduto nel 1797, anno in cui Napoleone lo fece confluire (con S.Martino in Converseto), nel Comune di Borghi. La porta fu danneggiata nell'ultimo conflitto e restaurata nel dopoguerra (la porta Ovest fu invece completamente abbattuta dal Comune nel 1945). Oggi l’edificio ospita il Museo Renzi, dedicato al parroco del luogo, don Francesco Renzi, che lo fondò nel 1879. La Porta di Levante introduce al borgo di case costruite una accanto all'altra. Altri link suggeriti: https://www.tourer.it/scheda?torrione-e-rocca-malatestiana-san-giovanni-in-galilea-borghi (foto), https://youtu.be/8J8PW5xlm7s (video di Moto e Viaggi), https://www.youtube.com/watch?v=DW3BkDuXCPM (video di Nove Rocche)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Borghi, http://www.camministorici.it/it/user/15/punti-di-interesse/castello-di-san-giovanni-galilea, http://www.emiliaromagna.beniculturali.it/index.php?it/108/ricerca-itinerari/55/678

Foto: entrambe del mio amico (e inviato speciale del blog) Claudio Vagaggini su https://www.facebook.com/CastelliRoccheFortificazioniItalia/photos/a.10157757009130345/10158183298710345

mercoledì 17 novembre 2021

Il castello di mercoledì 17 novembre



PACHINO (SR) - Torre Xibini (o Scibini)

Dopo i romani, arrivarono i Bizantini (dal 500 all'800), quindi gli Arabi (dall'800 al 1090) ed, infine, i Normanni. Gli Arabi diedero il nome alla frazione di Marzamemi (porto delle tortore), nella quale costruirono la tonnara, rimasta funzionante fino agli anni cinquanta, introdussero la coltivazione degli agrumi, bonificarono le campagne, completarono l'acquedotto della Torre Xibini, costruirono le saline e i pozzi Senia per l'irrigazione dei campi (tuttora funzionanti), di cui uno alle porte di Marzamemi, detto u puzzu de quattru uocchi, utilizzato nei secoli, anche a livello industriale, da popoli diversi, pirati compresi. Il declino della città iniziò con i Normanni, gli Aragonesi e gli Angioini. In questo periodo furono erette le fortificazioni di Torre Xibini e Torre Fano contro le invasioni piratesche dei Turchi. Dal 1583 al 1714, nacquero in Sicilia un centinaio di nuove terre feudali. In questo periodo si determina un sostanziale cambiamento della geografia dell'agro netino, con la fondazione, nella fascia costiera tra le tonnare di Marzamemi e Capo Passero e dei porti di Portopalo e della Marza, di Pachino e Portopalo. La storia dell'attuale Pachino ha inizio quando, nel 1734, gli Starrabba di Piazza Armerina, proprietari dei feudi Scibini e Bimmisca e, come tali, aventi su tali feudi il titolo baronale oltre a quello di principi di Giardinelli, decisero di risiedere sul territorio per meglio curare i loro interessi. A tal fine, i fratelli Gaetano e Vincenzo Starrabba chiesero, nel 1758, a Carlo III di Borbone e, successivamente, nel 1760, a Ferdinando IV di Borbone l'autorizzazione a fondare una città (licentia populandi), decreto che fu emesso a Napoli, in data 21 luglio 1760, e che fu reso esecutivo in data 1º dicembre 1760, ottenendo così l'investitura del titolo di Barone della neonato feudo. Tra i monumenti più importanti di Pachino, tanto da essere stilizzata nello stemma araldico della città, la torre Scibini (o Xibini, poiché in passato l’imperfetta scrittura dei termini inizianti con le lettere S e C, spesso tracciate troppo vicine tra loro, dava adito all’errore di trascrizione in X) giace dimenticata sul bordo di una trazzera di campagna, a un paio di chilometri dal centro abitato. Torre Scibini, che subì copiosi danni a causa del sisma che nel 1693 rase al suolo Noto, è stata timidamente ma efficacemente ristrutturata solo nel 1994 da parte della Soprintendenza di Siracusa. Da allora la sua valorizzazione migliore è stata ad opera dalle piante di cappero che floridamente crescono alla sua base. Acquisito nel 1395, durante la dominazione spagnola della Sicilia, dal barone Mainitto Xurtino (o Sortino) di Palazzolo (Acreide), il feudo Scibini era caratterizzato da un territorio collinare particolarmente fertile. La torre fu edificata dal suo discendente Antonino nel 1494 (o 1493) al fine di sorvegliare le coltivazioni del feudo per impedire furti e razzie da parte delle locali comunità rurali. Prima del recente studio di Salvatore Cultrera e Guido Rabito, opinione diffusa era che Torre Scibini fosse parte del sistema di torri d’avvistamento a difesa della costa della Sicilia sud-orientale dalle incursioni dei pirati barbareschi (magrebini). Tuttavia, anche tramite prove empiriche, si è evinto che Torre Scibini si trovasse in un pessimo punto d’osservazione della costa (a differenza, ad esempio, della vicina Torre Fano): dal punto più alto della torre si riesce a vedere solo una piccola porzione della spiaggia di Morghella. Torre Scibini, simile ad altre torri costiere come la torre di Manfria presso Gela, era costituita da una base quadrata a scarpa che sosteneva il corpo centrale che a sua volta era sovrastato da una volta a crociera su cui vi era un terrazzo merlato. E' alta una decina di metri. Il piano terra, in cui si poteva entrare solo dal piano superiore (ossia dall’alloggio del gurdiano), probabilmente svolgeva funzioni di cambusa, ossia vi erano stipati i vettovagliamenti. L'interno era suddiviso in due piani comunicanti per mezzo di una botola. Alla torre si poteva accedere solo dall’esterno, tramite una scala in legno che veniva poi ritirata dentro. La costruzione possedeva in cima il fano, ovvero un fuoco di segnalazione che veniva accesso in caso di avvistamento di navi corsare dai torrari. Sulla cima vi era anche il manzone, una palla di legno appesa ad una corda che in caso di pericolo veniva sollevata. Sul prospetto principale della torre vi è scolpito lo stemma della casata Xurtino (uno scudo e tre barre inclinate, incorniciati da un bassorilievo romboidale) e un’iscrizione in latino. L’iscrizione è stata danneggiata, oltre che dal fisiologico logorio del tempo e delle intemperie, anche dalle fucilate dei cacciatori che nel IXX e nel XX secolo l’hanno utilizzata come bersaglio... Beata ignoranza! A complicarne la traduzione vi sono anche le tipiche abbreviazioni dell’epoca, le quali hanno comportato, per Cultrera e Rabito, un non semplice confronto con lapidi dello stesso periodo. Il lavoro di Cultrera e Rabito confuta anche la consolidata opinione che tale iscrizione fosse un bando per assoldare milizie poiché, non solo non vi è chiara traccia nel testo (il quale descriverebbe semplicemente il motivo della costruzione della torre), ma soprattutto perché, a più di dieci metri d’altezza, sarebbe stato impossibile da leggere. Successivamente il complesso fu dotato di una cinta muraria a migliore protezione del poggio. Attorno alla torre si trovavano stalle e caseggiati (di cui sono rimaste poche tracce) a dimora dei contadini che lavoravano i campi del feudo Scibini. Dato il ritrovamento a poco meno di cento metri dalla torre di un acquedotto di fattura araba, non è da escludere la preesistenza in loco di un’analoga struttura araba e l’ipotesi che Torre Scibini fosse stata edificata sulle sue rovine. Nel 1563 il barone Francesco Starrabba di Piazza (Armerina), avo degli Starrabba fondatori di Pachino nel 1760, sposando Ippolita Sortino (erede della casata Xurtino), acquisì il feudo Scibini, legando così indissolubilmente la storia della torre alla storia di Pachino. Altri link suggeriti: https://www.siciliafotografica.it/gallery/index.php?/category/1428 (ricco di belle foto), https://www.siracusanews.it/pachino-abbiamo-decifrato-liscrizione-sulla-torre-scibini-e-non-era-una-torre-di-avvistamento/, https://www.siracusanews.it/pachino-era-proprio-un-bando-militare-giuseppe-lucchesi-replica-sullinterpretazione-della-lapide-della-torre-scibini/, https://www.youtube.com/watch?v=TsYahYpLlzc (video di Walking in Nature), https://www.youtube.com/watch?v=5RCDqHdQzbs (video di Urbex - Sicilia Abbandonata)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Pachino, testo di Antonino Rampulla su https://www.agricampingsophia.it/torre-scibini-simbolo-pachino_A_83.html, https://www.antoniorandazzo.it/castellietorrimedievali/torre-scibini.html, testo di Laura Cassataro su https://www.pachinoglobale.net/news/riflettori-su-torre-xibini-il-simbolo-di-pachino-11963.php

Foto: la prima è presa da https://www.siracusanews.it/pachino-era-proprio-un-bando-militare-giuseppe-lucchesi-replica-sullinterpretazione-della-lapide-della-torre-scibini/, la seconda è presa da https://it.worldorgs.com/Catalogare/pachino/castello/torre-scibini

martedì 16 novembre 2021

Il castello di martedì 16 novembre



NIBBIANO (PC) - Castello di Tassara

La località è sita in un comprensorio territoriale, la Curtis Neblani, anticamente sotto la giurisdizione del cenobio di S. Colombano di Bobbio; nei secoli del basso medioevo compare talvolta nei documenti come Castelo Galo de la Taxaria, pertinenza del vicino e potente castello di Genepreto. Di proprietà dei Malvicini Fontana e in seguito dei Cigala, Tassara condivide con il resto della Val Tidone, di radicata tradizione guelfa, le devastazioni degli Svevi tra il XII e il XIII secolo, nonché le scorribande dei vicini Pavesi in combutta con i ghibellini locali. La struttura del borgo è piuttosto originale: nella parte subtana doveva sorgere la fortezza principale di cui è rimasta oggi una riedificazione tardo medievale, di qui, attraverso un camminamento che corre su di un breve tratto di crinale, protetto ai lati da casette di antica fattura, si giunge al torrione desuper, un massiccio baluardo caratterizzato da mura fortemente scarpate e linee assai approssimative che fanno pensare ad un costruzione di tempi assai remoti. Oggi il castello, completamente restaurato dalla attuale proprietaria all’inizio degli anni ’90, è una suggestiva struttura ricettiva. La costruzione viene affittata anche come location per matrimoni, eventi, workshop, avendo a disposizione anche uno spazio separato che può ospitare fino a 90/ 100 persone sedute. Il suo sito ufficiale è il seguente: https://www.castelloditassara.com/ (e questa è la pagina Facebook: https://www.facebook.com/castelloditassara/). Ecco un video sul castello: https://www.youtube.com/watch?v=vAVIsFBU-3w ( di Le Selezioni dell'Oltrepò Pavese).

Fonti: testo di Pierluigi Bavagnoli su https://www.mondimedievali.net/Castelli/Emilia/piacenza/tassara.htm, http://www.visitvaltidone.it/percorsi-tematici/%E2%99%96-arte-e-cultura/castelli-rocche-ville/castello-del-borgo-di-tassara.html, http://www.turismoapiacenza.it/castello_di_tassara.html, https://www.visitaltavaltidone.it/struttura/castello-di-tassara/

Foto: la prima è di Edizioni Tip.Le.Co. su https://miceindustry.org/venue-italy/castello-di-jerago-2605, la seconda è presa da https://www.margheritacalati.com/norwegian-destination-wedding-castello-di-tassara/

domenica 14 novembre 2021

Il castello di domenica 14 novembre


BORGO SAN SIRO (PV) - Castello

Nel Medioevo il borgo, era dotato di un castello, di cui rimangono poche tracce, in quanto rimaneggiato nei secoli successivi. Era probabilmente a pianta quadrata, dotato di torri di difesa e un singolo portone d’accesso, rivolto verso Nord. Ad oggi rimane solo una torre, incastonata tra le mura dell’attuale Municipio e Biblioteca. Borgo San Siro, fino al 1475 fu un feudo del casato dei Beccaria. Agostino di Lanfranchino Beccaria, una volta deceduto, lasciò in eredità il territorio all’Ospedale San Matteo della Pietà di Pavia. Il ricordo di questa eredità è inciso su marmo, ed oggi si trova in una lapide presente nella Chiesa Parrocchiale. Durante il secoli, in cui la cittadina e il territorio era sotto il controllo dell’Ospedale, vennero avviati dei lavori di bonifica del territorio; dapprima venne allungata la Roggia Castellana di 40km, e successivamente venne realizzata una seconda via d’acqua, chiamata Borgo San Siro. Nel 1714 passò sotto il dominio dei Savoia, come luogo di “confine”, in quanto adiacente a Vigevano e quindi parte dello Stato di Milano. La sua posizione, nel centro dell'abitato, di cui garantiva forse la difesa e certo il controllo, ha esposto il castello dopo la fine della sua funzione difensiva e (più probabilmente) giurisdizionale, ad occupazione da parte degli abitanti del luogo. L'edificio ne è uscito molto trasformato, tanto che alcune sue parti non sono più leggibili come fortificate. Si tratta di una costruzione a pianta quadrangolare con cortile interno, con gli angoli orientati circa sui punti cardinali, secondo uno schema che si riscontra in vari altri castelli rurali della zona (come per esempio quello vicino di Zerbolò). La testimonianza più significativa della sua veste passata è oggi rappresentata da una torretta sporgente, con base scarpata e doppia cornice superiore di mattoni a dentello.

Fonti: https://www.vivivigevano.com/borgo-san-siro-le-origini-del-paese/, https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00128/

Foto: la prima è presa da http://www.paviaedintorni.it/temi/arteearchitettura_file/ARTE%20E%20ARCHITETTURA_CASTELLI_LOMELLINA_file/LOMELLINA%20NORD_EST/CASTELLI%20LOMELLINA%20NE_BORGO%20SAN%20SIRO.htm, la seconda è di Alessandro Vecchi su https://it.wikipedia.org/wiki/Borgo_San_Siro#/media/File:BorgoSanSiro_veduta.jpg

venerdì 12 novembre 2021

Il castello di venerdì 12 novembre

 



CANOSA (BT) - Villa Caracciolo

Masseria fortificata medioevale realizzata presumibilmente nel 1700, come evidenziano i diversi elementi non solo esterni, ma anche gli spioncini per il posizionamento delle armi e i piccoli pertugi a trappola presenti all'interno. Residenza estiva di facoltose famiglie nobiliari, si racconta che addirittura il famoso compositore Mascagni vi si esibì nei suoi giardini. Il manufatto presenta una pianta rettangolare con agli angoli quattro torrioni sormontati da cupolette che rendono molto singolare l'edificio, sottolineandone la verticalità e l'imponenza. La villa infatti si dispone su due livelli. Interessante è la presenza di una cassa armonica posta dinanzi all'ingresso principale dell'edificio. Trasformata in sala ricevimenti, la villa risulta ben conservata e di grande interesse architettonico.

Fonti: http://www.itc.cnr.it/ba/sc/CNS/CNS0157.html, https://fondoambiente.it/luoghi/villa-torre-caracciolo?ldc

Foto: la prima è presa da http://www.itc.cnr.it/ba/sc/CNS/CNS0157.html, la seconda è presa da https://www.facebook.com/villa.caracciolo.7/photos/a.691815064257869/1451911671581534

giovedì 11 novembre 2021

Il castello di giovedì 11 novembre



ALSENO (PC) - Villa Oppi 

Conosciuta odiernamente anche come Castello degli Oppi, la Villa ha iniziato la sua attività come antica Posta Romana (un posto dove i viaggiatori potevano fermarsi per ristorarsi, cambiare i cavalli e rifocillarsi) grazie anche alla sua posizione strategica lungo la via Emilia. Inizialmente, circa 2000 anni fa, l’insediamento era aperto principalmente per ospitare le truppe romane in marcia verso i confini dell’Impero. Nei secoli a venire, l’attività di “posta” venne estesa anche a tutte le persone di passaggio ed ai viaggiatori del tempo, a seguito di ciò il business si ampliò e in epoca rinascimentale ebbe un momento di grande crescita, testimoniato dalla edificazione dell’ala più antica della villa nel 1524. Tutti i generi alimentari, dal vino alle pietanze, serviti ai clienti di passaggio erano a “Km 0” incluso il vino che era il prodotto principe. Ci sono riscontri storici confermati, d’inizio 1500 (su un camino posto all’interno di una sala è ancora oggi impressa la data 1524), da cui emerge che in quell’epoca (quindi anche parecchi secoli dopo la fine dell’impero romano) la “posta” continuava a funzionare a pieno regime. Il nome Villa Oppi, deriva dall’Acero Oppio (chiamato anche Acero Campestre) che veniva utilizzato ai tempi come sostegno per le viti, (tecnica etrusca della Vite Maritata) infatti chi transitava di fronte alla proprietà poteva vedere una grande distesa di Aceri Oppio, che fungevano da supporto per la coltivazione delle viti. ​L’attività è continuata sino all’inizio del 1800, quando Maria Luigia d’Austria (seconda moglie di Napoleone Bonaparte) Duchessa di Parma e Piacenza, era solita fermarsi a ristorarsi, durante il periodo estivo, nei frequenti spostamenti tra le due città, per questo decise di acquistare la dimora per un uso privato. Maria Luigia, donna illuminata nell’ ambito agricolo, introdusse la prima riforma agraria; di essa ne beneficiò anche La Tenuta con l’introduzione nella produzione di nuove varietà di viti importate dalla Francia che permisero nel 1820 di produrre il primo taglio Bordolese interamente fatto da uve coltivate in Italia, a Villa Oppi. Nel 1954, il Castello degli Oppi (come veniva ormai definito anche e soprattutto per la presenza delle torri) fu preso in affitto da Franco e Giuseppe Agazzi, che lo acquistarono nel 1972. Per diversi decenni l’attività è stata quella di una normale azienda seminativo-irrigua; ma coltivando non è stato difficile, per gli Agazzi, ritrovare i resti delle antiche viti che erano state in larga parte estirpate subito dopo la seconda guerra mondiale per favorire le zone Doc di collina. Una delle leggende che riguardano il posto coinvolge nientemeno che la celebre Duchessa. Si dice infatti che, tra le sale e gli ambienti della villa, ancora oggi aleggi il suo spirito e che in certe notti si oda chiaramente suonare un vecchio pianoforte appartenuto, sembra, alla stessa Maria Luigia, che ancora oggi si conserva all’interno del palazzo. Il diretto interessato, Stefano Agazzi, non fatica ad ammettere, molto serenamente, di non aver mai notato né udito nulla di anomalo. Tuttavia la leggenda resta ed è alimentata da ciò che si tramandano i più anziani che vivono nei dintorni. Un’altra leggenda, più “folcloristica” riguarda invece il pozzo che si conserva nel cortile interno. Si dice infatti che, in passato, per la notte di San Giovanni, vi scaturisse non acqua ma vino. Una leggenda che, tuttavia, sembra più che mai appartenere, come già anticipato, al mondo del folclore locale. Alcuni storici della zona sostengono inoltre che fra le mura di questo palazzo sia nato papa Gregorio V: una teoria che necessita tuttavia di approfondimenti e che oggi non trova alcuna conferma ufficiale. Per le fonti storiche ufficiali, infatti, il primo pontefice di origine germanica della storia di Roma, figlio del conte Ottone di Worms, nacque in Carinzia e fu eletto papa a soli 23 anni, per poi essere espulso durante una rivolta che portò quindi al soglio pontificio papa Filagato, fino ad allora vescovo di Piacenza.

Fonti: https://www.villaoppi.it/, http://www.emiliamisteriosa.it/2016/07/storia-misteri-e-suggestioni-villa-oppi.html

Foto: la prima è della mia amica Romina Berretti su https://www.facebook.com/CastelliRoccheFortificazioniItalia/photos/pcb.10158941478460345/10158941477870345/?type=3&source=49&refsrc=deprecated, la seconda è presa da https://www.facebook.com/villaoppi/photos/a.1538712336365698/1538713623032236

martedì 9 novembre 2021

Il castello di mercoledì 10 novembre



TUORO SUL TRASIMENO (PG) - Castello in frazione Borghetto

Il villaggio di Borgonuovo, non ancora fortificato, viene nominato in alcuni documenti della metà del XIII secolo; nel 1385, una decisione dei magistrati perugini impose la fortificazione del paese, a difesa dei territori perugini in contesa con i cortonesi. Lo scopo era quello di proteggere i confini nordoccidentali del Comune, che, territorialmente, significava difendere la vera porta di accesso al Lago di Perugia (cioè al Trasimeno, lo storico Malpasso si trova nelle immediate vicinanze). Il signore locale fu Alessandro Sforza Pallavicini. A partire dall'inizio del XV secolo e per ben cinque secoli, l'innalzamento del livello lacustre (circa tre metri in più) portò le acque a lambire le mura castellane, invadendo a volte anche il monastero e la piazza, oltre all'abitato. Una cronaca del 1756 narra che si entrava nel castello in barca da una porta guarnita da due torri. Il castello venne, a più riprese, perduto e riconquistato, danneggiato e ricostruito e fu teatro di memorabili scontri, come quello del 1501 tra le nobili famiglie perugini degli Oddi e dei Baglioni, ma anche di scorrerie di opposte fazioni fino a divenire pressoché inabitabile. Ciò costrinse le autorità perugine a donare due mine di terreno (quasi un ettaro) a coloro che avessero avuto intenzione di stabilirsi a Borghetto. Nel 1566 Borghetto è citato nel documento di Papa Pio V, detto la Cedola o legge del lago: esso è uno degli otto porti di pesca, con la torre del castello usata come prigione. Trovandosi alla frontiera prima di Perugia e poi dello Stato Pontificio, non fu mai un luogo sicuro: la nomea era quella di un paese di contrabbandieri e malfattori. Dell’antico castello, oltre alla chiesa parrocchiale di S. Martino, la cui origine è concomitante proprio con i lavori di fortificazione di Borgo Nuovo, rimane la torre dell’angolo sudorientale, simbolo della frazione, oltre a tratti di mura e delle torri angolari più piccole. Intorno al 1570, l’architetto militare Cipriano Piccolpasso ritrasse la prima rappresentazione visiva del castello, disegnandone la pianta. Esso appariva di forma rettangolare, con agli angoli quattro torrioni collegati da mura merlate alla cui sommità si sviluppava il camminamento di ronda. Nel mezzo di due mura erano disegnate due torri fuoriuscenti semicircolari, dalle cui feritoie, in caso di attacco, si effettuava il tiro di fiancheggiamento, risorsa questa molto vantaggiosa per i difensori. Infine, all’interno del cortile, erano poste varie abitazioni ma senza una precisa collocazione in isolati. Nel disegno non si notano né le due porte, una levante e l’altra ponente, né vi è indicata l’antica chiesa di S. Martino. Nel 1479 il castello fu preso dall’esercito fiorentino guidato da Roberto Malatesta, signore di Rimini, nel corso della guerra contro il Papa. Nel 1643 subì l’ultima distruzione ad opera di Ferdinando II di Toscana.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Borghetto_(Tuoro_sul_Trasimeno), testo di Giacomo Barneschi su http://www.prolocotuorosultrasimeno.it/torre-di-borghetto/, https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-borghetto-tuoro-sul-trasimeno-pg/

Foto: entrambe prese da https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-borghetto-tuoro-sul-trasimeno-pg/

Il castello di lunedì 8 novembre

 


GRUMELLO DEL MONTE (BG) - Castello

I primi documenti in cui il nome del paese viene citato risalgono all'epoca medievale; il più importante di questi è indubbiamente quello in cui il cardinale bergamasco Guglielmo Longhi, morto ad Avignone nel 1319, cita il paese di Grumulus. Nel Medioevo Grumello risentì a lungo delle lotte di parte tra gli abitanti del paese, di parte guelfa, e i ghibellini del lago d'Iseo. Proprio per questo gli abitanti decisero di dotarsi di un castello e torre d'avvistamento a scopo difensivo. La costruzione, che svetta sul borgo del paese, risalirebbe attorno al X secolo, anche se al riguardo mancano documenti certi. Come non vi sono documenti che attestino di particolari scontri o eventi significativi in tale epoca. L'edificio, catalogato nel complesso dei Beni culturali della Lombardia, è detto Castello dei Gonzaga, dal nome di un ramo cadetto della famiglia che in passato ne ebbe possesso. Le vicende storiche di Grumello sono le stesse di Bergamo e del suo territorio, dalla Signoria Viscontea, alla dominazione veneziana, da quella napoleonica a quella austriaca fino all'Unità d'Italia.Dominante sul paese è il castello, la cui costruzione medievale conserva la poderosa torre, la cinta muraria e la corte interna. Costruito nel XIII secolo come fortificazione militare, il castello costituì una postazione strategica durante le lotte che videro contrapposti dapprima guelfi e ghibellini e, successivamente, Ducato di Milano e Repubblica di Venezia. Al periodo medievale risalgono tanto la torre merlata (guelfa) e la sala delle guardie con volta a crociera, le prigioni e le grandi cantine dal soffitto a volta, dove ora maturano i vini della Tenuta Castello di Grumello. Già proprietà del cardinale Guglielmo Longhi, il castello fu adibito a dimora già dal XV secolo, quando Bartolomeo Colleoni amava trascorrervi i suoi rari momenti di tempo libero. Gli antichi spalti divennero una corte circondata da una corona di ippocastani secolari e il complesso venne arricchito da una cappella privata ricca di stucchi e vetri colorati.Dopo essere passato nelle mani dei Suardi e dei Del Carretto, il castello divenne proprietà di un ramo cadetto della nobile famiglia Gonzaga (precisamente: i Gonzaga di Vescovado). Dal 1953 appartiene alla famiglia Reschigna Kettlitz di Milano, che ha dato nuovo impulso alla tradizione vinicola del territorio di Grumello con la produzione di vini di grande qualità, che si possono degustare e acquistare al termine della visita. Il Castello fa oggi parte dell’Associazione Castelli e Ville Aperti in Lombardia e le sue Cantine sono socie del Movimento Turismo del Vino Lombardo. A tal riguardo suggerisco la visita del sito web ufficiale: http://castellodigrumello.it/. I rifacimenti portati al fabbricato nel corso dei secoli ne hanno cambiato le caratteristiche principali togliendo all'edificio il cupo aspetto esteriore e modificando la semplicità delle sue linee che gli davano le sembianze di austera dimora signorile. L'ingresso si apre in un tratto della cinta che, congiungendosi alla torre, delimita la piccola corte interna aggiunta dopo gli adattamenti rinascimentali. L'accesso alla torre avviene attraverso un portale ad arco a sesto ribassato aperto nel fabbricato addossato alla parete occidentale della torre stessa. La torre risulta massiccia e potente, edificata per resistere ad ogni forma di attacco e per assicurare un valido rifugio ai difensori. La tessitura muraria è caratterizzata da grossi conci accuratamente squadrati e grossolanamente bugnati in corrispondenza dei cantonali che terminano con uno spigolo particolarmente lavorato. Sul lato nord vi è solo la sporgente canna fumaria che interrompe la continuità della parete; sul lato est si aprono tre finestrelle, due ad arco a sesto ribassato e rettangolare protette da robuste inferiate, la monofora posta più in alto, ad arco antico. Sul lato rivolto a sud vi è una monofora identica a quella del lato appena descritto. Sul quarto lato è presente una feritoia usata dagli addetti alla manovra e alla difesa della saracinesca. Addossato a questo locale vi è un edificio che appare sincrono con il resto della fortezza. Sulla parte occidentale di esso furono ricavate grandi aperture utilizzate come scuderia. Il mastio era quindi un locale angusto e umido in cui la vita quotidiana era caratterizzata da un assoluta promiscuità per la continua presenza di soldati e servi. Il "signore" era poi costretto a mangiare e dormire con i suoi, soffocato dalle troppe persone ammassate in cosi poco spazio. Attorno al mastio vennero allora costruiti alcuni locali destinati esclusivamente al castellano e ai sui famigliari, che avevano il dovere di difendere l'intero castello. Superata la soglia del castello si entra in uno spazioso androne che immette al primo piano di quello che fu l'antico mastio. Nella costruzione militare vi erano delle caditoie usate per dar modo ai difensori di colpire chi si accingesse ad abbattere o a scardinare la saracinesca. Il primo piano della torre, interamente occupato da una volta a crociera, è identificabile probabilmente nella sede del corpo di guardia sulla cui parete nord vi è un caminetto in cotto, riportato alla luce durante i lavori di restauro. Il punto più alto è rappresentato dal culmine del torrione che era utilizzato come posto di vedetta e di avvistamento. Sul pavimento del primo piano si nota una piccola apertura rettangolare, protetta da una grata metallica, che guarda nel locale sottostante, usato oggi come dispensa. Il locale sotterraneo, che costituisce la base della torre, in passato era usato come prigione. In paese si narra di un fatto avvenuto nel gennaio del 1706: orde di Gallospani scendevano dal nord, mettendo a ferro e fuoco quanto incontravano al loro passaggio. Dopo avere incendiato Gandosso, si apprestavano a fare altrettanto con Grumello quando, giunte nei pressi della frazione Boldesico, le soldataglie sarebbero state poste in fuga dalla visione della Vergine Assunta che andava loro incontro seguita da una folta schiera di scheletri. L'avvenimento fu ricordato in una tela che ancora si conserva nella chiesa di Boldesico. Altri link suggeriti: https://www.dimorestoricheitaliane.it/dimora/castello-di-grumello/ (video), https://www.youtube.com/watch?v=pU8eihRTbGg (video di progetto webEmotion)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Grumello_del_Monte#Castello_di_Grumello, https://visitlakeiseo.info/arte-e-cultura/castello-di-grumello/, https://www.ettoremajorana.edu.it/progetti/castelli/grumel00.htm, https://www.itinerari.bergamo.it/castello-grumello-del-monte/

Foto: la prima è presa da https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/RL560-00062/, la seconda è presa da https://www.dimorestoricheitaliane.it/dimora/castello-di-grumello/

venerdì 5 novembre 2021

Il castello di sabato 6 novembre



CARDINALE (CZ) - Castello della Baronessa Scoppa

E' situato nei pressi della Lacina ma precisamente in località Chianu da Jannara a Cardinale. Di esso si sa ben poco, a parte il fatto che Maria Enrichetta Scoppa, Baronessa di Badolato, ne è stata l’ultima proprietaria. Ogni altra informazione che è stato possibile reperire proviene per lo più da tradizioni orali finora insuscettibili di una documentata verifica: dalla sua presunta fondazione intorno al 1580, alla sua struttura originaria, oggi pressoché irriconoscibile e pur tuttavia ricostruibile, almeno nell’aspetto esteriore, grazie ad alcune foto degli anni ’50. L'edificio era costruito su pianta quadrangolare, con l’entrata rivolta a sud ovest, in direzione della vallata che porta ai piani della Lacina, dove oggi sorge l’omonimo lago artificiale. Il Castello è costruito con pietra granitica e malta. La costruzione era suddivisa su due livelli e dotata di 4 torri angolari, più alte del perimetro murario solamente di qualche decimetro. Spesso il Casino viene erroneamente denominato “castello”, ma sarebbe più corretto utilizzare il termine maniero, o appunto casino; sia per la piccole dimensioni della costruzione, che per la carenza e la limitatezza degli elementi architettonici difensivi. Difatti sia le mura che le torri non risultano scarpate, non sono presenti feritoie ed è assente la merlatura. Difatti, la storia e le informazioni attendibili che giungono sino a noi descrivono il maniero come dimora nobiliare estiva, ad esclusivo utilizzo residenziale ed escludono qualsivoglia funzione militare della costruzione. Piuttosto il casino era plausibilmente il centro logistico delle attività agricole che sorgevano nella zona. I territori circostanti, anch’essi di proprietà della Baronessa, erano infatti coltivati a grano. Il castello, come detto, è stato la residenza estiva di Maria Enrichetta Scoppa Baronessa di Badolato che nacque nel 1831 a Sant'Andrea Apostolo dello Ionio e morì nel 1910, o forse nel 1912, nella sua Villa Condò. Al piano superiore del castello vi erano le stanze della Baronessa e dei suoi ospiti, mentre in quello inferiore gli alloggi di alcuni coloni e di una guarnigione che presidiava il luogo anche d’inverno, oltre a un locale di deposito per le provviste e a una piccola stalla per il ricovero dei cavalli della nobildonna. Si racconta inoltre che nei pressi del Castello ci fosse una chiesetta, forse sorta su un antico tempio rurale intitolato alla dea greca Hera Lacinia. Da qui il nome di Località Lacina. La tradizione attribuisce un lato oscuro alla Baronessa: si racconta infatti che la nobildonna, sebbene da giovane avesse fatto voto di verginità, andasse segretamente alla continua ricerca di esperienze erotiche e che allo scopo attirasse nel suo castello di Cardinale, fra i boschi, giovani e prestanti uomini dei dintorni con cui consumava rapporti sessuali. Il lato oscuro è che pare questi uomini venissero fatti puntualmente sparire nelle sabbie mobili presenti nel territorio cardinalese, affinché non rimanesse traccia delle inconfessabili abitudini della donna. Il castello viene erroneamente chiamato Casino della Lacina, pur essendo la località esatta quella indicata sopra. La zona in cui è ubicato il castello, che oggi versa in stato di abbandono, è un Sito di Interesse Comunitario. Data la sua posizione elevata, un tempo il castello era visibile dalla Provinciale che da Brognaturo (Vibo Valentia) porta a Santa Caterina dello Jonio (Catanzaro) ma oggi è ben nascosto allo sguardo dalle folte foreste di abeti che lo circondano. Del castello persistono i resti dei torrioni angolari e delle mura perimetrali, essendo stato sottoposto in tempi non troppo lontani a una vera e propria spoliazione, come del resto può dedursi da un’immagine del secondo dopoguerra col castello ancora in discrete condizioni. Altri link suggeriti: http://www.brognaturonelcuore.it/castello_baronessa.pdf, https://www.youtube.com/watch?v=osbruEdGk24 (video di kalabria tv), https://www.youtube.com/watch?v=ilJ9ZQugmlY (video di La Nuova Calabria), https://www.youtube.com/watch?v=poQaOC8LO3A (video di Gianpiero Taverniti). Sul web si possono trovare diversi altri video su questo castello, di innegabile fascino e interesse per il suo aspetto attuale e le storie cui viene abbinato......

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Cardinale_(Italia), https://www.famedisud.it/il-castello-nel-bosco-e-la-cupa-leggenda-della-baronessa-scoppa-immagini-di-antonio-arico/ (da consultare per approfondimenti), https://www.cuccurutaestrema.it/schede/il-casino-della-baronessa_40/

Foto: la prima è presa da https://www.viviamolacalabria.it/il-castello-della-baronessa-scoppa/, la seconda è presa da https://www.cuccurutaestrema.it/schede/il-casino-della-baronessa_40/

Il castello di venerdì 5 novembre




VILLA DEL BOSCO (BI) - Castello

Le prime origini certe del borgo risalgono al 1186 quando, in un documento ecclesiastico, viene citata “la pieve di Villa del Bosco” dipendente da quella di Masserano. Come Masserano, Villa del Bosco fu, con alterne vicissitudini, feudo della chiesa di Vercelli, che per più di un secolo, fu nelle mani delle famiglie Fieschi. Nel 1561 il paese passò, come gran parte del Biellese, nelle mani dei Savoia che infeudarono il borgo, insieme al castelli di Villarboit, al gran cancelliere Giovanni Tommaso Langosco conte di Stroppiana. Cinque anni più tardi fu ceduto alla fam. Avogadro, nelle cui mani rimase fino al 1638, quando il borgo passò a Giovanni Francesco di Buronzo che, nel 1648, ottenne il titolo di conte. La storia del paese è collegata indissolubilmente ai due monumenti più importanti presenti sul territorio comunale: il castello e la chiesa parrocchiale, oltre alla Casa di Riposo di Santa Rita da Cascia edificata all'inizio del 900 e tuttora in via di restauro. Il castello sorge su un poggio da cui la vista spazia fra il Biellese e la Valsesia, è di origine medioevale, ma venne ampliato e restaurato nella prima metà del XVII sec. da Giovanni Francesco Buronzo .Si ha notizia dell'esistenza del castello a partire dal 1431 dagli atti di infeudazione (in cui è citato come "turrionem" ovvero casa-forte). Probabilmente venne edificato per controllare la valle del torrente Rovasenda. In una pianta, datata 6 giugno 1748 e firmata dall'ing. Bernardo Vittone vengono descritte le varie fasi della costruzione del castello: la parte più antica del secolo XV, le aggiunte eseguite dopo il 1638 da Giovanni Francesco Buronzo del Colonnellato Delle Donne dei signori di Buronzo e che costituiscono la parte centrale dell'attuale fabbricato, ed infine il piccolo appartamento costruito nel periodo in cui fu eretta la pianta stessa. L'edificio, che da allora ha subito alcune modifiche, è ora di proprietà privata. Presenta un impianto di forma irregolare. L'interno è caratterizzato da numerosi affreschi e stucchi. L'unico elemento fortificato è ancora la torre a pianta circolare.

Fonti: http://www.comune.villadelbosco.bi.it/Home/Guida-al-paese?IDPagina=35552, https://www.biellaclub.it/territorio/villadelbosco.php, testo su pubblicazione "Castelli in Piemonte" di Rosella Seren Rosso (1999).

Foto: la prima è presa da https://ilovecasa.eu/VillaDelBosco/Appartamento/appartamento_1_000_mq_vendita_villa_del_bosco_bi_-I-15284292, la seconda è presa da https://www.mondimedievali.net/Castelli/Piemonte/biella/villbosc01.jpg