mercoledì 17 novembre 2021

Il castello di mercoledì 17 novembre



PACHINO (SR) - Torre Xibini (o Scibini)

Dopo i romani, arrivarono i Bizantini (dal 500 all'800), quindi gli Arabi (dall'800 al 1090) ed, infine, i Normanni. Gli Arabi diedero il nome alla frazione di Marzamemi (porto delle tortore), nella quale costruirono la tonnara, rimasta funzionante fino agli anni cinquanta, introdussero la coltivazione degli agrumi, bonificarono le campagne, completarono l'acquedotto della Torre Xibini, costruirono le saline e i pozzi Senia per l'irrigazione dei campi (tuttora funzionanti), di cui uno alle porte di Marzamemi, detto u puzzu de quattru uocchi, utilizzato nei secoli, anche a livello industriale, da popoli diversi, pirati compresi. Il declino della città iniziò con i Normanni, gli Aragonesi e gli Angioini. In questo periodo furono erette le fortificazioni di Torre Xibini e Torre Fano contro le invasioni piratesche dei Turchi. Dal 1583 al 1714, nacquero in Sicilia un centinaio di nuove terre feudali. In questo periodo si determina un sostanziale cambiamento della geografia dell'agro netino, con la fondazione, nella fascia costiera tra le tonnare di Marzamemi e Capo Passero e dei porti di Portopalo e della Marza, di Pachino e Portopalo. La storia dell'attuale Pachino ha inizio quando, nel 1734, gli Starrabba di Piazza Armerina, proprietari dei feudi Scibini e Bimmisca e, come tali, aventi su tali feudi il titolo baronale oltre a quello di principi di Giardinelli, decisero di risiedere sul territorio per meglio curare i loro interessi. A tal fine, i fratelli Gaetano e Vincenzo Starrabba chiesero, nel 1758, a Carlo III di Borbone e, successivamente, nel 1760, a Ferdinando IV di Borbone l'autorizzazione a fondare una città (licentia populandi), decreto che fu emesso a Napoli, in data 21 luglio 1760, e che fu reso esecutivo in data 1º dicembre 1760, ottenendo così l'investitura del titolo di Barone della neonato feudo. Tra i monumenti più importanti di Pachino, tanto da essere stilizzata nello stemma araldico della città, la torre Scibini (o Xibini, poiché in passato l’imperfetta scrittura dei termini inizianti con le lettere S e C, spesso tracciate troppo vicine tra loro, dava adito all’errore di trascrizione in X) giace dimenticata sul bordo di una trazzera di campagna, a un paio di chilometri dal centro abitato. Torre Scibini, che subì copiosi danni a causa del sisma che nel 1693 rase al suolo Noto, è stata timidamente ma efficacemente ristrutturata solo nel 1994 da parte della Soprintendenza di Siracusa. Da allora la sua valorizzazione migliore è stata ad opera dalle piante di cappero che floridamente crescono alla sua base. Acquisito nel 1395, durante la dominazione spagnola della Sicilia, dal barone Mainitto Xurtino (o Sortino) di Palazzolo (Acreide), il feudo Scibini era caratterizzato da un territorio collinare particolarmente fertile. La torre fu edificata dal suo discendente Antonino nel 1494 (o 1493) al fine di sorvegliare le coltivazioni del feudo per impedire furti e razzie da parte delle locali comunità rurali. Prima del recente studio di Salvatore Cultrera e Guido Rabito, opinione diffusa era che Torre Scibini fosse parte del sistema di torri d’avvistamento a difesa della costa della Sicilia sud-orientale dalle incursioni dei pirati barbareschi (magrebini). Tuttavia, anche tramite prove empiriche, si è evinto che Torre Scibini si trovasse in un pessimo punto d’osservazione della costa (a differenza, ad esempio, della vicina Torre Fano): dal punto più alto della torre si riesce a vedere solo una piccola porzione della spiaggia di Morghella. Torre Scibini, simile ad altre torri costiere come la torre di Manfria presso Gela, era costituita da una base quadrata a scarpa che sosteneva il corpo centrale che a sua volta era sovrastato da una volta a crociera su cui vi era un terrazzo merlato. E' alta una decina di metri. Il piano terra, in cui si poteva entrare solo dal piano superiore (ossia dall’alloggio del gurdiano), probabilmente svolgeva funzioni di cambusa, ossia vi erano stipati i vettovagliamenti. L'interno era suddiviso in due piani comunicanti per mezzo di una botola. Alla torre si poteva accedere solo dall’esterno, tramite una scala in legno che veniva poi ritirata dentro. La costruzione possedeva in cima il fano, ovvero un fuoco di segnalazione che veniva accesso in caso di avvistamento di navi corsare dai torrari. Sulla cima vi era anche il manzone, una palla di legno appesa ad una corda che in caso di pericolo veniva sollevata. Sul prospetto principale della torre vi è scolpito lo stemma della casata Xurtino (uno scudo e tre barre inclinate, incorniciati da un bassorilievo romboidale) e un’iscrizione in latino. L’iscrizione è stata danneggiata, oltre che dal fisiologico logorio del tempo e delle intemperie, anche dalle fucilate dei cacciatori che nel IXX e nel XX secolo l’hanno utilizzata come bersaglio... Beata ignoranza! A complicarne la traduzione vi sono anche le tipiche abbreviazioni dell’epoca, le quali hanno comportato, per Cultrera e Rabito, un non semplice confronto con lapidi dello stesso periodo. Il lavoro di Cultrera e Rabito confuta anche la consolidata opinione che tale iscrizione fosse un bando per assoldare milizie poiché, non solo non vi è chiara traccia nel testo (il quale descriverebbe semplicemente il motivo della costruzione della torre), ma soprattutto perché, a più di dieci metri d’altezza, sarebbe stato impossibile da leggere. Successivamente il complesso fu dotato di una cinta muraria a migliore protezione del poggio. Attorno alla torre si trovavano stalle e caseggiati (di cui sono rimaste poche tracce) a dimora dei contadini che lavoravano i campi del feudo Scibini. Dato il ritrovamento a poco meno di cento metri dalla torre di un acquedotto di fattura araba, non è da escludere la preesistenza in loco di un’analoga struttura araba e l’ipotesi che Torre Scibini fosse stata edificata sulle sue rovine. Nel 1563 il barone Francesco Starrabba di Piazza (Armerina), avo degli Starrabba fondatori di Pachino nel 1760, sposando Ippolita Sortino (erede della casata Xurtino), acquisì il feudo Scibini, legando così indissolubilmente la storia della torre alla storia di Pachino. Altri link suggeriti: https://www.siciliafotografica.it/gallery/index.php?/category/1428 (ricco di belle foto), https://www.siracusanews.it/pachino-abbiamo-decifrato-liscrizione-sulla-torre-scibini-e-non-era-una-torre-di-avvistamento/, https://www.siracusanews.it/pachino-era-proprio-un-bando-militare-giuseppe-lucchesi-replica-sullinterpretazione-della-lapide-della-torre-scibini/, https://www.youtube.com/watch?v=TsYahYpLlzc (video di Walking in Nature), https://www.youtube.com/watch?v=5RCDqHdQzbs (video di Urbex - Sicilia Abbandonata)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Pachino, testo di Antonino Rampulla su https://www.agricampingsophia.it/torre-scibini-simbolo-pachino_A_83.html, https://www.antoniorandazzo.it/castellietorrimedievali/torre-scibini.html, testo di Laura Cassataro su https://www.pachinoglobale.net/news/riflettori-su-torre-xibini-il-simbolo-di-pachino-11963.php

Foto: la prima è presa da https://www.siracusanews.it/pachino-era-proprio-un-bando-militare-giuseppe-lucchesi-replica-sullinterpretazione-della-lapide-della-torre-scibini/, la seconda è presa da https://it.worldorgs.com/Catalogare/pachino/castello/torre-scibini

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