martedì 23 aprile 2024

Il castello di martedì 23 aprile


                                      



ARNAD (AO) - Casaforte e Torre di Ville

Il complesso monumentale di Osta, chiamato anche casaforte e torre di Ville e risalente al Medioevo, oggi è stato trasformato in struttura residenziale rurale e non è visitabile. La casaforte di Ville apparteneva a Pietro di Vallaise nel 1295. Viene citata in vari documenti testamentari dei Vallaise del XV secolo come domus fortis, ad esempio nel testamento di Francesco di Vallaise del 1477, in cui si trova scritto «in sala domus fortis prope turrim Plano Arnadi». Oggi la struttura si presenta degradata ed è caratterizzata da numerosi edifici su cui spiccano due torri. La torre più antica, risalente al XII secolo e di pianta 10,30 m x 11 m, è di tre piani, con feritoie al secondo e terzo piano e i solai in legno. L'accesso originario si trova a sud, a 8 metri di altezza, ed è sormontato da un architrave coronato da un arco cieco. Numerose sono le finestre gotiche, alcune decorate con stemmi e cornici. Secondo André Zanotto e Mauro Cortellazzo, che riprende il Lange, presenta numerose analogie architettoniche con altre torri valdostane, in particolare con la tour de l'Archet di Morgex e la torre de la Plantaz di Gressan: le mura di 2 metri di spessore, la struttura massiccia e la tecnica costruttiva, ossia l'uso di due paramenti con opera centrale a sacco. Tutte queste torri sono state edificate in zone che non presentano alcun elemento morfologico che possa facilitare la difesa, anzi appare chiara la scelta di spazi pianeggianti, aperti e non sempre in prossimità di percorsi viari. Tutte e dieci si caratterizzano quindi per la particolare scelta del sito. La cappella della casaforte, dedicata a Sant'Antonio, ha inciso su una trave la data del 1785. Sulla facciata presenta un affresco dedicato a Sant'Antonio, mentre all'interno conserva degli stucchi di epoca barocca. Altri link per approfondimento: https://www.geometriefluide.com/it/arnad-turismo/#complesso-di-osta-a-ville_3#cookie_ok, https://www.icastelli.it/it/valle-daosta/aosta/arnad/casaforte-di-ville

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Casaforte_e_torre_di_Ville, https://www.lovevda.it/it/banca-dati/8/castelli-e-torri/arnad/casaforte-e-torre-di-ville/985,

Foto: la prima è presa da https://www.lovevda.it/it/banca-dati/8/castelli-e-torri/arnad/casaforte-e-torre-di-ville/985, la seconda è di Patafisik su https://it.wikipedia.org/wiki/Casaforte_e_torre_di_Ville#/media/File:Casaforte_e_torre_di_Ville_abc4.jpg

lunedì 22 aprile 2024

Il castello di lunedì 22 aprile



CANDIDONI (RC) - Castello di Borrello

Casale di Borrello, ne seguì le vicende, venendo assoggettata alla signoria di Ugo di Brienne, conte di Lecce, nella seconda metà del XIII secolo. Passò successivamente a diversi signori: Gualtiero Appard, Tommaso de Argot, Guglielmo di Sanfelice, Ruggero di Lauria, de Santillis, Enrico Sanseverino, Saladino Santangelo, Carlo Ruffo di Sinopoli, Ugo d’Alagno, Aniello Arcamone. Sul finire del Quattrocento fu concessa a Ludovico il Moro, in compenso degli aiuti prestati al re Ferdinando d’Aragona in occasione della congiura dei baroni; ultimi feudatari furono i Pignatelli. All’inizio del XIX secolo, fu inclusa tra le università del cosiddetto governo di Laureana di Borrello e poi tra i comuni del circondario facente capo a questo centro, nella cui giurisdizione fu mantenuta anche dai Borboni. Le scosse del 5 e 7 febbraio 1783 furono distruttive e provocarono la rovina completa del centro abitato. Duramente colpita anche dai terremoti dell’inizio del XX secolo (1905, 1907, 1908), la città fu ammessa a godere di alcune provvidenze disposte dallo stato. Il castello fu fatto edificare probabilmente dal conte Ruggero, durante la dominazione normanna, a scopo difensivo ed era ubicato su una piccola collina. Era dotato di una cinta muraria; lo stile doveva essere gotico-normanno come si evince dalla presenza di archi gotici con delle volte a tutto sesto visibili ancora oggi. Il fossato era assente poiché il castello era ben difeso dalla ripidezza dei pendii della stessa collina e dalle grosse mura di cinta, l’unico merlo sopravvissuto alle rovine testimonia, inoltre, che il fortilizio possedeva robusti merli difensivi. Il maniero franò più volte a causa del terremoto. Altri link suggeriti: https://www.loquis.com/it/loquis/3027732/Castello+normanno+di+Laureana+di+Borrello, https://www.laureanaonline.it/storia/storia.htm

Fonti: https://catalogo.beniculturali.it/detail/ArchitecturalOrLandscapeHeritage/1800177853, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Calabria/reggiocalabria/provincia000.htm#candidon

Foto: la prima è di Beni Culturali Standard (BCS) su https://catalogo.beniculturali.it/detail/ArchitecturalOrLandscapeHeritage/1800157643#lg=1&slide=0, la seconda è presa da https://www.loquis.com/it/loquis/3027732/Castello+normanno+di+Laureana+di+Borrello

martedì 16 aprile 2024

Il castello di martedì 16 aprile



SERRAVALLE DI CHIENTI (MC) - Rocca da Varano

In età comunale Serravalle divenne una fortezza strategicamente importante per Camerino, in quanto situata all’incrocio delle zone di influenza dei comuni di Nocera, Spoleto e, soprattutto, Foligno. Il castello di Serravalle, sorto tra il XII e gli inizi del XIII secolo, annoverato tra i possedimenti della Santa Sede, entrò a far parte del sistema difensivo dello stato camerte nel 1240 d.C. in seguito alla donazione (Privilegio) da parte del cardinale Fieschi, salito poi al Pontificato con il nome di Innocenzo IV, al Comune di Camerino in piena guerra tra guelfi e ghibellini; al castello di Serravalle si aggiunsero in seguito quelli di Tufo e di Serramula. Nel corso dei secoli a venire il castello fu classificato come “castrum Serravallis” nella descrizione albornoziana del “Descriptio Marchiae” e nel diploma di Paolo II. I Serravallesi, staccatisi dalla Diocesi di Nocera Umbra, eressero una nuova Parrocchia, dedicata a S. Lucia, nella Diocesi di Camerino, e Serravalle assorbì anche nel nome gli agglomerati di Tufo e di Serramula. Successivamente al Comune di Serravalle di Chienti furono aggregati i centri abitati di Cesi, Copogna e San Martino, i nuclei di Bavareto, Gelagna Alta e Gelagna Bassa, Castello, Taverne, Borgo, Dignano, Madonna del Piano, Corgneto, Costa, Acqua Pagana, Civitella, Col Pasquale, Voltellina, Colle Curti, Attiloni, Forcella e Castello d’Elce, nonché le case sparse delle contrade Casali, Colle Lepre e S. Croce. Serravalle acquisì via via maggiore importanza specie dopo la costruzione della via Lauretana (oggi strada statale 77 della Val di Chienti), cosi che la popolazione venne aumentando. Grazie a questa via devozionale, agli inizi del ‘500 il luogo fu importante stazione di sosta, come testimoniano le numerose edicole votive della Madonna di Loreto sorte lungo il percorso e l’Ospedaletto dei Pellegrini, situato al centro del paese, di cui restano la facciata due-trecentesca, con porta ad arco acuto e caratteristica “porta del morto” a lato e le tracce di un affresco di Madonna con Bambino. La fortificazione sulla gola del Chienti si deve ai Varano che nel punto dove la valle si restringe, alzarono le mura di confine; questa come altre faceva parte di un sistema difensivo creato da questa famiglia sulla riva sinistra delle sorgenti del fiume Chienti fino a Sefro destinata a chiudere la frontiera di Sud-Ovest. La fortezza di Serravalle, i cui resti sono visibili nella frazione Castello, era stata realizzata a sbarramento della strada e, attraverso due porte fortificate, esercitava l’imposizione di un pedaggio per merci e viandanti. Numerosi sono gli episodi storici legati alla fortezza camerte nel passaggio di truppe per tutto il XIV e XV secolo. Scendendo da Colfiorito lungo la strada statale 77 superata la Fonte delle Mattinate e imboccata la discesa, subito nella parte dove la valle si restringe sensibilmente si nota a sinistra sulla costa un’alta torre e sulla destra un moncone di muraglia dove insiste una grossa lapide dove campeggia una scritta:"RUDERI DELLA PODEROSA FORTEZZA CHE PROTEGGEVA IL DUCATO DEI DA VARANO DI CAMERINO 1300 c.". Il castello era costituito da un perimetro esterno a forma di quadrilatero irregolare dominato da 5 torri, di cui 3 allineate sul lato orientale della strada che da Castello saliva verso l’altopiano. Di questa fortezza rimangono i resti della cinta muraria posta in pendio lungo il fianco del monte: una torre rettangolare piuttosto alta posta sulla destra della strada statale 77, che si conserva ancora in alzato dopo un moderno intervento di restauro, e un bastione diroccato di forma circolare, sulla sinistra e più in basso rispetto al piano della strada, oltre a questo si notano tratti semi-sommersi di mura. Altri link suggeriti: https://www.qsl.net/ik6cgo/dci/castello_di_serravalle.htm, https://www.guidedocartis.it/?page_id=9841

Fonte: https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-dei-varano-serravalle-del-chienti-mc/

Foto: la prima è presa da https://www.guidedocartis.it/?page_id=9841, la seconda è presa da https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-dei-varano-serravalle-del-chienti-mc/

venerdì 12 aprile 2024

Il castello di venerdì 12 aprile



VICCHIO (FI) - Torre dei Cerchiai

Per capire l'origine del Castrum Vichii occorre risalire alla storia della ricerca, da parte di Firenze, di opporsi alle forze dei Conti Guidi (per Vicchio) e dei Conti Ubaldini (per Borgo S.Lorenzo e Scarperia) e alla costruzione dell'attuale Ponte a Vicchio, per avere così il controllo del Mugello. Eretto dalla Repubblica Fiorentina, l’anno di fondazione storicamente celebrato è il 1324 anche se la costruzione iniziò già dal 1308. In una lettera del Podestà e dei Priori delle Arti fiorentine si legge che nessuno doveva essere costretto a lavorare per la costruzione del castello o ad andare ad abitarci, eccetto quelli che lo facevano di loro spontanea volontà. Con la costruzione delle mura (1324) che richiudevano un'area molto più ampia dell'antico Vico, il borgo entrò definitivamente a far parte del contado fiorentino. Da questo momento iniziò un periodo di concreto sviluppo. L'antico Castello, situato sopra un colle alto m.203 slm, era cinto di alte mura e chiuso da due porte: a est "porta a Dicomano" a ovest "porta Fiorentina". Le mura erano alte circa 20 braccia, mentre le sei torri poste agli angoli del perimetro esagonale, comprese le due maggiori che sovrastavano le porte, misuravano 40 braccia. Le due porte, che venivano serrate, avevano avanti un antiporto o cancello di ferro. La pianta dell'antico Castello era delineata in forma di esagono schiacciato in cui l'asse maggiore è occupato dall'attuale Corso del Popolo (prima Corso Vittorio Emanuele) fra le due alte torri (sbassate nel 1725). Il Castrum Vichii si rivelò di grande importanza strategica per la sua posizione e nel 1364, sotto la pressione di frequenti scorrerie militari, venne ingrandito e fortificato. Con l'ampliamento e le fortificazioni, i Fiorentini intendevano offrire ai popoli che avevano sottomesso nel 1322 un sicuro luogo di rifugio che sostituisse nella regione la funzione militare rivestita anni prima dalla rocca di Ampinana del Conte Guido Novello. La popolazione aumentò con l'ingresso delle genti di Ampinana e delle rocche di Belfonte e Gattaia, riscattate dai fiorentini. I Guidi, infatti, cedettero gli ultimi possedimenti mugellani, i castelli di Belforte e Gattaia e i privilegi feudali su numerosi popoli e pievi di questa parte del Mugello, nel 1374. Tracce delle dispute con i conti Guidi si trovano anche in una delle pagine iniziali dello Statuto della Podesteria di Vicchio e Rostolena e nel libro "Origini del Castello di Vicchio" di Pierluigi Cantini edito da Arti Grafiche Giorgi & Cambi - Firenze - nel 1979. Tra la fine dell'800 e l'inizio del 900 il piccolo castello di Vicchio cambiò volto. Dal 1885 al 1888 venne abbattuta una parte delle mura castellane per costruire una via (Via Garibaldi) che collegava la piazza centrale (P.za Giotto) con il piazzale delle fiere e dei mercati (P.za della Vittoria) situato appena fuori le "mura di tramontana". Attorno a questa grande piazza sorsero, in pochi anni, le scuole elementari maschili e femminili, le logge del mercato, il nuovo teatro e abitazioni private. Poco lontano era stato realizzato nel 1881 il nuovo macello comunale. Con l'arrivo della ferrovia Pontassieve-Borgo S.Lorenzo (1913) fu realizzato un nuovo viale che collegava l'antico piazzale delle fiere con la stazione Ferroviaria (Viale Beato Angelico). Nel 1893 veniva inaugurato l'acquedotto che portava in paese l'acqua dalle sorgenti di Monte Giovi e venne istallata nel centro della piazza del castello, una fontana, poi rimossa nel 1901 per dar posto alla statua di Giotto. Nel maggio del 1902 il paese fu illuminato dalla luce elettrica. L'attuale centro abitato di Vicchio evidenzia ancora la forma esagonale dell'antico castello con resti di mura medioevali e la torre dei Cerchiai, situata in Piazza della Vittoria. Di origini medievali, è stata ristrutturata dopo il disastroso terremoto del 1919. Oltre a questa torre, come già detto, ve ne erano altre cinque sparse lungo le mura della città. Si tratta di un raro esempio di torre a base pentagonale. In alto la costruzione possiede una merlatura e la porta è sormontata da una lunetta e una piccola finestra.

Fonti: https://www.comune.vicchio.fi.it/castrum-vichii-castello-di-vicchio, https://discovermugello.it/cosa-vedere-vicchio/,

Foto: la prima è del mio amico, e inviato speciale del blog, Claudio Vagaggini su https://www.facebook.com/CastelliRoccheFortificazioniItalia/photos/a.10158124869155345/10158124871455345/?type=3. La seconda è una cartolina della mia collezione

giovedì 11 aprile 2024

Il castello di giovedì 11 aprile



CATANIA - Torre del Vescovo

Costruita nel 1302 in quella che è oggi l'area adiacente all'Ospedale Vittorio Emanuele II, acquisì in seguito questo nome quando il Vescovo di Catania, Antonio de' Vulpone, la acquistò per destinarla a lazzaretto. Egli si assicurò, in tal modo, il controllo della zona nord della città , garantendosi di conseguenza un privilegiato ruolo politico. La costruzione attuale è cinquecentesca, a pianta quadrangolare e realizzata in pietra lavica e malta. Nella parte superiore sono ancora presenti delle feritoie probabilmente utilizzate un tempo dagli arcieri a difesa della fortezza. Viste le dimensioni molto contenute, il lazzaretto venne poi ampliato inglobando il vicino bastione cinquecentesco facente parte delle Mura di Carlo V. Questo complesso divenne quindi un ospedale che venne chiamato Ospedale degli Infetti, così chiamato in quanto destinato al ricovero dei cittadini colpiti dalla peste del 1576. La torre, un tempo confinante con le mura cittadine, oggi è inserita in un'aiuola spartitraffico, nel quartiere Antico Corso. L'edificio ha conservato fino ad oggi tre muri perimetrali e solo il primo piano, mentre è probabile che il progetto originario della Torre prevedesse anche un secondo piano, il quale includeva un pavimento ligneo. La quarta parete sembra essere stata tolta come accorgimento difensivo. In caso d’assedio, se gli invasori avessero conquistato la torre non avrebbero potuto utilizzarla contro la città. Non c’è presenza di merlatura, pur essendo norma nelle costruzioni medievali. La scarpa a pianterreno sembra essere stata costruita successivamente alla struttura. Altri link per approfondimento: https://www.balarm.it/news/da-postazione-bellica-e-lazzaretto-la-torre-del-vescovo-di-catania-e-il-bastione-degli-infetti-127491

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_del_Vescovo, https://turismoct.myhostingweb.com/articolo.php?idarticolo=8830, https://catania.italiani.it/la-torre-del-vescovo-una-costruzione-bellica-e-medica/,

Foto: la prima è di Comitato Popolare Antico Corso su https://tmatic.travel/en/view/story/torre-del-vescovo_W1jmXM9/it, la seconda è presa da https://catania.liveuniversity.it/2022/09/16/torre-del-vescovo-catania-monumero-bellico/

mercoledì 10 aprile 2024

Il castello di mercoledì 10 aprile



MONTAIONE (FI) - Castello di Tonda

Il nome Tonda, deriva probabilmente dalla forma della collina su cui si trova, che è infatti rotonda, oppure si riferisce a un luogo segnalato con pietre o piante disposte in modo circolare stando a rappresentare un’area sacra. (un luogo che esiste in quella zona? E’ molto vago scritto così). La zona era probabilmente abitata già dai tempi degli Etruschi, tuttavia Tonda è nominato per la prima volta in un documento volterrano del 1161, fu assegnato in feudo nel 1212, insieme ad altri beni, ai fratelli pisani Ventilio e Guido di Ildebrandino. In seguito il castello passò al conte Ranieri della Gherardesca e fu venduto nel 1267 al comune di San Miniato per 833 lire, 6 soldi e 8 denari. Passato a Firenze nel 1370, nel 1379 fu assegnato alla podesteria di Montaione, della quale fu sede insieme a Figline. Il Castello di Tonda era caratterizzato da mura di cinta con all'interno una chiesa, una torre, una cisterna per la raccolta di acqua piovana e il palazzo del comune. Rimasto disabitato dopo la seconda guerra mondiale poiché molti contadini lasciarono le campagne per spostarsi nei paesi più grandi o nelle città a lavorare nell’industria nascente, il borgo, divenuto proprietà di una società svizzera, è stato valorizzato con una sapiente opera di ristrutturazione e destinato a residence turistico così come molte altre case della zona. Il borgo è e dopo i restauri adibito a struttura turistica (https://www.castellareditonda.com/). 
Altri link suggeriti: https://www.latoscanadileonardo.it/it/luoghi/citta-metropolitana-di-firenze/comune-di-montaione/tonda.html, https://smartarc.blogspot.com/2012/07/tonda-montaione.html

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Montaione#Architetture_castrensi, https://www.visitmontaione.com/it/montaione-toscana-italia/localita/tonda

Foto: la prima è del mio amico (e inviato speciale del blog) Claudio Vagaggini, la seconda è di marcot su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/352938

mercoledì 3 aprile 2024

Il castello di mercoledì 3 aprile



STIGLIANO (MT) - Castello

In seguito alla caduta dell’impero romano, Stigliano venne invasa dai Goti, cui successero i Longobardi. Feudo di diversi signori, Stigliano è appartenuto a Goffredo Britanno, suffeudatario del Conte di Montescaglioso, passando poi a Goffredo di Sarzin, finché nel 1274 re Carlo donò il feudo a Giacomo di Bosciniano. Nel 1289 sotto Carlo II, il feudo era nelle mani di Guglielmo della Marra, già governatore della città di Napoli e vi rimase per oltre due secoli, quando passò ai Carafa. Fu poi la volta dei Colonna di Roma. Su di uno sperone roccioso nei pressi del paese sono ancora visibili i resti del castello medioevale e parte della cinta muraria. La parte vecchia del paese era infatti anticamente circoscritta con mura in pietra. L'accesso era garantito da quattro porte di cui attualmente una ancora esistente (Porta del Mozzo) Oltre alla porta, ancora distinguibile, fino a qualche anno fa, uno spicchio di torrione testimoniava l'esistenza di un'antica cinta muraria. Nell'indifferenza delle vecchie amministrazioni comunali e della popolazione civile, è andato distrutto anche il vecchio Castello di Stigliano. Costruito in epoca feudale, fu in seguito adibito a carcere. Il terreno al di sotto del maniero ha, purtroppo, ceduto il 9 febbraio 2014 alle 12:45, portandosi dietro uno degli ultimi pezzi di storia antica del paese. Posto sulla sommità di un promontorio, con una veduta mozzafiato su tutto il territorio stiglianese, il Castello, o meglio, ciò che rimaneva di esso, è stato trascinato a valle dal terreno in movimento, una tracimazione di roccia e terra che ha distrutto il boschetto sottostante fino a raggiungere le case più vicine. È andato altresì distrutto un imponente orologio posto in cima alla torre del medesimo edificio. Altri link suggeriti: https://www.stigliano.net/la-fine-di-un-mito/ (con video frana), http://www.old.consiglio.basilicata.it/conoscerebasilicata/cultura/percorsi/castelli/stigliano.htm, https://www.facebook.com/watch/?v=771797803434970 (video con drone), https://www.youtube.com/watch?v=GYfjVsZzuiA (video di PiccolaGrandeItalia.tv)

Fonti: https://www.basilicataturistica.it/territori/stigliano/, https://www.mondimedievali.net/castelli/Basilicata/matera/provincia000.htm, articolo di Mariantonietta Rasulo su https://www.orientepress.it/quando-i-beni-culturali-sono-di-serie-b-il-castello-di-stigliano-una-morte-annunciata/

Foto: la prima è di CaRo2020 su https://www.lucania.one/00page1g.php?comune=stigliano&cit0=Stigliano&nome3=rocco&contatc=&mini=20201006094552_1091192320&ef=&vid=0&pnr=&mp=&prf=&album=&albtit=&grup=tutti, la second è una foto d'epoca presa da https://www.stigliano.net/la-fine-di-un-mito/

giovedì 28 marzo 2024

Il castello di giovedì 28 marzo



TARVISIO (UD) - Torre poligonale e torre circolare

Possesso del Capitolo di Bamberga fin dall'XI secolo, a partire dal XII secolo l'abitato assunse notevole importanza commerciale e nel 1456 ottenne dal vescovo di Bamberga il privilegio di tenere una fiera annuale, che vi ha luogo tuttora. A partire dal XV secolo vi fiorì l'industria del ferro; nello stesso periodo (1478 e 1492) subì saccheggi da parte dei Turchi. Se gli abitanti di Camporosso, per contrastare l’orda ottomana, si affidarono all’intervento miracoloso della Madonna del Lussari che tendendo una corda infuocata decapitò i turchi invasori; i tarvisiani preferirono non rivolgersi al Cielo e confidarono nella loro Wehrkirche, la chiesa che, proprio per affrontare le scorrerie ottomane era stata fortificata, tra il 1469 ed il 1478, con torri, mura e fossati. Le incursioni turche a Tarvisio, furono tre; l’ultima nel 1492, fu fatale. Dell'antico sistema difensivo cittadino rimangono cospicui lacerti di muratura e due delle tre torri periferiche, in quanto una è stata demolita nel secolo scorso. Le due torri superstiti, non eccessivamente alte, sono una a pianta ottagonale, l'altra circolare, entrambe coronate da un caratteristico tetto coperto in scandole di legno. La torre ottagonale di origine medioevale è di proprietà del Comune dal 1857. Fu pesantemente modificata alla fine del XIX secolo dai Pompieri Volontari di Tarvisio, che l’utilizzarono per i propri specifici usi, con aperture e sovrastrutture lignee. Venne gravemente danneggiata dai bombardamenti italiani nel settembre 1915. Nei lavori del 1999 vi furono rinvenuti interessanti reperti del passato religioso della comunità. Con gli ultimi importanti restauri e modifiche, la torre ha assunto la funzione di spazio espositivo sulla piazza principale di Tarvisio. La torre rotonda aveva nel tempo acquisito la funzione di cella mortuaria. Dopo due anni di lavori, eseguiti su incarico della parrocchia e su progetto dell’arch. Giacomo Della Mea, il 22 settembre 1957 venne destinato a tempietto ossario per accogliere degnamente i resti di militari italiani deceduti in loco durante la seconda guerra mondiale. All’interno venne in seguito allogato un artistico gruppo marmoreo con la Crocifissione, opera dello scultore udinese Max Piccini.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Tarvisio, https://consorziocastelli.it/icastelli/udine/tarvisio, https://discoveralpigiulie.eu/it/cultura/religione/la-torre-rotonda-della-chiesa-fortificata-di-tarvisio/, https://guidartefvg.it/elenco/tarvisio/

Foto: entrambe prese da https://guidartefvg.it/elenco/tarvisio/

mercoledì 27 marzo 2024

Il castello di mercoledì 27 marzo



GIANO DELL'UMBRIA (PG) - Castello di Morcicchia

Il castello di Morcicchia sorge annidato sui Monti Martani in posizione quasi inaccessibile; isolato rispetto agli altri borghi e raggiungibile grazie ad una strada sterrata, fu chiamato fino al 1490 anche Moricicla o Moricicula. L’origine del nome non è chiara, il toponimo, secondo gli anziani s riferisce a “castello dalle mura circolari”, anche se la primitiva pianta dell’insediamento non ha l’andamento circolare. La storia più antica del castello è particolarmente oscura e non priva di versioni contraddittorie. Secondi il Sansi il castello, in un tempo assai remoto fu proprietà di Litaldo e Ugo nipoti di Ugo di Ascario; poi, per effetto di una permuta, era venuto in possesso di Marro di Gisliero, che, il 17 novembre 1078, lo aveva donato alla chiesa, riservandosene l’usufrutto per se e per i suoi eredi. È probabile che il territorio abbia fatto parte della Normannia, un vasto feudo imperiale alle falde dei Monti Martani poi passato alla Chiesa quando, nel 1198, divenne padrona del Ducato. I Papi l’amministrarono direttamente perciò gli abitanti furono chiamati manuali della Curia Romana l’area prese il nome di Normannia perché Normanni equivale a manuali. Sulla fine del secolo XII, infatti, Cencio Camerario lo definisce “iuris beati Petri”. Il feudo fu poi concesso, nel 1247, al Comune di Spoleto dal Cardinale Legato Capocci. Dovette però tornare alla Chiesa, poiché, nel 1293, il podestà di Spoleto Lapo Salterello propose al vescovo Francesco di permutarlo con alcune terre, il contratto fu perfezionato e la città ducale, il 26 di ottobre 1294, tornò in possesso del castello. Spoleto affrancò da ogni servitù e vassallaggio gli abitanti della Morcicchia, i quali gli rimasero sottomessi con gli obblighi e condizioni comuni agli altri castelli. Non lo si ritrova, però, incluso tra i castelli soggetti a Spoleto nel 1361; è elencato, invece, tra quelli dipendenti nel 1490 con il nome di Morocicchia. Nel 1600 si unì a Moriano dotandosi di uno statuto comunale, oggi conservato presso l’Archivio di Spoleto, passò infine nel 1800 al comune di Giano. Dell’antico castello, diviso in due contrade: San Silvestro e Castello, rimangono solo alcune torri superstiti, qualche abitazione e buona parte della cinta muraria. Avvolto quasi sempre dal silenzio e da un’atmosfera di altri tempi, offre al visitatore strutture costruite in pietra locale bianca e rosa, minuscoli vicoli e la chiesa di S. Silvestro, risalente al XIV sec., con campanile a vela, testimonianza della sua più antica origine. Essa è documentata dal Codice Pelosius già nel XIV secolo, anche se, con ogni probabilità, è di molto più antica, come lo farebbero supporre alcuni tratti dei muri perimetrali che si addossano alle mura castellane. In epoca medioevale doveva essere funzionante il palazzo comunale, in parte visibile sul lato nord del castello. Altri link suggeriti: https://www.stradadelsagrantino.it/castello-di-morcicchia-attrattori-culturali-giano-dellumbria/, https://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/siusa/pagina.pl?TipoPag=prodente&Chiave=43923&RicProgetto=reg%2Dumb, https://vimeo.com/465846639 (video di Matt Spurr), https://www.youtube.com/watch?v=SlfZyj9zF3k (video di AleSoundTrek)

Fonti: https://www.visitgianoumbria.it/storia/medioevo/morcicchia/, https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-morcicchia-giano-dellumbria/

Foto: entrambe prese da https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-morcicchia-giano-dellumbria/

mercoledì 20 marzo 2024

Il castello di mercoledì 20 marzo



CASTELVETERE IN VAL FORTORE (BN) - Palazzo Moscatelli e Torre normanna

La prima notizia di Castelli veteris risale al XII secolo ed è contenuta nel "Catalogus baronum", ma le origini dell'abitato sono probabilmente più antiche. Sotto la dominazione normanna (1054-1189) il feudo di Castelvetere faceva parte della contea di Civitate. Il conte Filippo di Civitate ne possedeva la metà, l'altra metà era tenuta da certi Novellone e Arabito. Con la dominazione sveva (1190-1266) il feudo passò a Gimondo de Molisio. Nella dominazione successiva, quella angioina (1266-1435), fu posseduto da Simone de Molisio. All'epoca della dominazione aragonese (1442-1494) il feudatario era Paolo de Molisio; successivamente il feudo passò ad Alberico Carafa. Tale famiglia ne rimase in possesso fino alla ribellione di Alberico II Carafa, quando Carlo V - con diploma del 30 giugno 1532 - concesse il feudo di Castelvetere a don Ferrante Gonzaga. Dopo pochi anni la famiglia Carafa riebbe da don Ferrante il feudo, che poi Isabella Carafa nel 1613 vendette a Cesare Brancaccio. Da costui passò ad Alessandro Ridolfi, poi a Camillo Grasso e, dai discendenti, a Orazio Sersale. Nel 1689 il feudo venne acquistato da Nicola Moscatelli, a cui fu concesso nel 1693 il titolo di marchese di Castelvetere. Il nucleo urbano più antico ruota intorno ai ruderi della vecchia torre circolare che fu costruita al tempo dei normanni nel sec. XI., di cui attualmente è rimasto solo qualche misero avanzo. Costituiva il nucleo primitivo intorno al quale si raggruppavano le abitazioni dei vassalli. La base, circondata da grosse pietre calcaree, ricorda lo stile bizantino. Vi è poi il maestoso palazzo marchesale del XVIII secolo, ex dimora feudale, dichiarato monumento nazionale perché ha "importante interesse storico e artistico". L' edificio, di forma irregolare a tre piani, si adagia sul crinale di un dosso e ne segue l'andamento col singolare ingresso principale; opera di Antonio Francesconi è la cappella gentilizia annessa al palazzo. La costruzione iniziò intorno al 1650 e fu completata verso il 1700 dai marchesi Moscatelli; nel corso degli anni e fino al 1970 subì numerosi rimaneggiamenti. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=vZbM7mujitc (video di Alessio Bibbò), https://www.youtube.com/watch?v=B-6pJgftBBI (video di Raffaele Pilla)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castelvetere_in_Val_Fortore, https://www.comune.castelvetereinvalfortore.bn.it/c062020/zf/index.php/musei-monumenti/index/dettaglio-museo/museo/3

Foto: la prima (palazzo) è di Fiore Silvestro Barbato su https://it.wikipedia.org/wiki/Castelvetere_in_Val_Fortore#/media/File:Castelvetere_in_Val_Fortore_(BN),_2017,_Palazzo_Marchesale._(33258175755).jpg, la seconda (torre) è di Alessio Bibbò su https://www.mondimedievali.net/castelli/Campania/benevento/castelvet02.jpg

giovedì 14 marzo 2024

Il castello di giovedì 14 marzo



SANTA MARIA DELLA VERSA (PV) - Torre di Soriasco

Soriasco venne munito già nell'XI secolo di una "fortezza", che era un borgo murato, con una vasta cinta di mura rinforzate da ben dodici torri, un castello e una torre. Il castello, controllato dal comune di Pavia, venne assediato e distrutto dalle truppe piacentine, alleate con quelle milanesi di fazione guelfa, nel maggio 1216 e non venne più ricostruito. Il nome "castello" venne poi attribuito a una residenza castellata sorta nel Settecento nella parte meridionale del borgo (situazione che provoca più di un disguido, non solo sul posto, ma anche nei resti relativi all''abitato). La torre non faceva probabilmente parte della cinta muraria: costituiva con ogni probabilità una struttura difensiva autonoma, sia pure integrata con le altre del luogo. Fu costruita nel XII secolo, interamente in pietra locale, e restaurata nel 1412. Ha pianta quadrata e si sviluppa in altezza per circa ventitre metri. Posta su di un piccolo rilievo, poco al di sopra di Santa Maria, domina la conca della val Versa. Dotata di piccole aperture, poco sotto la sua sommità corre un fregio in cotto, ed è coperta da un tetto a quattro falde. Nonostante il suo utilizzo come magazzino, lo stato di conservazione è discreto. Più a nord, sul lato occidentale del borgo, sorge un'altra torre, una delle dodici poste a rinforzo della cerchia di mura (stavano a rappresentare Gesù e i dodici apostoli). Se ne conserva solo la parte inferiore, inglobata in un edificio residenziale. Anch'essa ha struttura in pietra locale, ingentilita da un fregio in cotto e da alcune finestre centinate. Utilizzata come magazzino, il suo stato di conservazione è mediocre. Altri link proposti: https://mapio.net/pic/p-20591466/, https://www.youtube.com/watch?v=bA2RawjKWSA (video di David Manuel Frisa), https://www.youtube.com/watch?v=tZgBwEvl1ZY (video di Turismo Ambiente Cultura)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_di_Soriasco, https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00223/, https://fondoambiente.it/luoghi/soriasco-medievale?ldc, http://www.valversa.com/11-articles/248-soriasco.html

Foto: la prima è presa da https://fondoambiente.it/luoghi/soriasco-medievale?ldc, la seconda è di Roberta Mastretta su https://it.tripadvisor.ch/

martedì 12 marzo 2024

Il castello di martedì 12 marzo



FARNESE (VT) - Palazzo Farnese

Nella metà dell'anno 1100 il territorio di Farnese apparteneva al Conte Ranieri Di Bartolomeo, per passare poi nella Contea Aldobrandesca. La storia del paese però, è legata alla famiglia omonima, i Farnese, che facevano parte degli eserciti di comuni tra cui Orvieto, Firenze e Siena. Stando dalla parte dei Guelfi, combatterono contro i Ghibellini, per riconquistare San Pietro in Tuscia. Con il passare del tempo la famiglia si separò. A partire dal 1500, Farnese migliorò le sue condizioni assumendo una posizione di rilievo nei riguardi di altri paesi importanti dell'epoca. Appena un secolo dopo il feudo di Farnese entrò a far parte dei possedimenti della famiglia Chigi. Nel XIX secolo Farnese passò prima al Maresciallo francese De Boumont, poi ad Alessandro Torlonia fino al XX secolo. Il borgo medievale è dominato dalla Rocca, residenza dei Farnese, che da edificio fortificato medievale, fu trasformato nel corso dei secoli XIII-XVII in un elegante palazzo signorile. La costruzione del Palazzo Farnese iniziò nel 1574 e fu completata nel XVII secolo. L’ampliamento della rocca in forma di palazzo, realizzato negli anni 1615-1617, fu opera dell'architetto Ettore Smeraldi. La facciata presenta un portale inquadrato da due colonne in peperino con bugnature in travertino; al di sopra è un balcone con una finestra sovrastata da una cornice ad arco ribassato. Le altre finestre del piano terra, del primo e del secondo piano sono invece contornate da semplici cornici lisce in travertino. Nonostante i profondi mutamenti a cui è andato incontro l'edificio (in quanto acquistato molto tempo fa da privati ed adibito ad abitazioni), al suo interno è ancora possibile osservare il piccolo cortile medioevale ove sono posti alcuni simboli Farnesiani come ad esempio l'Unicorno con alla base i sei gigli che stanno a significare l'appartenenza della Famiglia all'Ordine dei Cavalieri del Giglio, ordine che aveva valenze territoriali, politiche e religiose, che venne istituito da Papa Paolo III Farnese nel 1546. Questo stemma si trova in alto su una colonna di tufo, mentre alla base del pozzo, sempre all'interno del cortiletto medioevale, possiamo notare scolpite sulla pietra due anguille intrecciate simbolo della Famiglia degli Anguillara stretti da vincoli di parentela con i Farnese; infatti diversi sono i matrimoni celebrati tra i vari membri delle due famiglie dalla prima metà del XVI secolo. All'interno del palazzo c'è anche una piccola cappella, purtroppo chiusa al pubblico in quanto proprietà di privati; sono del tutto scomparsi il teatro che era ubicato ove oggi c'è l'Oratorio Parrocchiale ed una stamperia che funzionò dal 1509 al 1601 di un certo Niccolò Mariani della quale non ci sono elementi per individuare dove fosse collocata esattamente. Si sa però che di questa stamperia se ne servì molto un famoso poeta dell'epoca di nome Antonio Ongaro (Venezia 1560 ca. - Valentano 1600) il quale risiedeva a Valentano (VT) e svolgeva nel feudo mansioni di amministratore e fiduciario per conto del Duca Mario Farnese durante le sue assenze. Molte sono le opere scritte da Ongaro ma una delle più importanti intitolata "L'Alceo" fu stampata in diverse edizioni e tradotta in varie lingue e fu recitata per la prima volta nel 1582. Ongaro ebbe fama per un travestimento da pescatore nell'opera l'"Aminta" di Torquato Tasso con il quale strinse ottimi rapporti di amicizia. Altro link suggerito: https://www.youtube.com/watch?v=GnLBZZq02kk (video di PiccolaGrandeItalia.Tv - dal minuto 5:44),

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Farnese_(Italia), https://comune.farnese.vt.it/luoghi/2148197/borgo, https://www.farneseonline.it/

Foto: la prima è presa da https://fondoambiente.it/luoghi/borgo-di-farnese?ldc, la seconda è presa da https://www.farneseonline.it/

lunedì 11 marzo 2024

Il castello di lunedì 11 marzo



PATTI (ME) - Castello di Adelasia

Insieme al complesso di addizioni postume è documentato presso la Cittadella Fortificata di Patti. Il castello medievale è un agglomerato di strutture fortificate che occupava parzialmente la sommità del colle ove attualmente è insediata la Diocesi di Patti con gli edifici del Seminario, della sede vescovile, del museo diocesano e della cattedrale di San Bartolomeo e Santa Febronia. Oggi il nucleo, arroccato nel cuore della città, domina con la sua posizione la fiumara di Montagnareale e controlla l'ampia porzione di costa compresa tra capo Calavà e il promontorio di Tindari, comprese le rotte commerciali per le prospicienti Isole Eolie. È dotato di una particolare edificazione con pietre, infatti i paramenti murari degli elementi superstiti sono caratterizzati da una raffinata bicromia ottenuta con l’utilizzo di conci calcarei e pietra lavica, a sottolineatura delle mostre che contornano gli infissi, di particolare effetto compositivo, giocato su queste alternanze chiaroscurali, è la parte basamentale del fronte principale della cattedrale. Della primitiva cittadella fortificata restano alcune porte e porzioni di mura esterne. Una ricostruzione immaginaria dei manufatti è desunta da dipinti, schizzi, planimetrie e disegni del XVI e XVII secolo, per opera degli ingegneri militari Camillo Camilliani, Tiburzio Spannocchi al servizio della Corona di Spagna e dalle schiere d'artisti transitati da Patti. Il confronto e la sovrapposizione degli elementi che scaturiscono dalla comparazione tra dipinti, rilievi militari e manufatti superstiti permette una ricostruzione verosimile. I documenti più significativi sono conservati presso la Biblioteca Nacional de España di Madrid. Delle fortificazioni aragonesi, l'elenco delle torri e porte identificate e denominate: "Porta dei morti" a ovest sotto il castello, "Porta nova" sulla stradina che conduce al torrente Provvidenza, "Porta falsa" ubicata ove è attualmente l'ingresso del museo diocesano, di detti accessi non esistono più tracce. La "Porta di San Michele" è l'unica ancora visibile integralmente contigua alla chiesa di San Michele, "Porta delle Buccerij", "Porta reali". Delle 17 torri è pervenuta quella denominata "Torre del palombaro". Di un'altra, a forma circolare e demolita nel 1969, a seguito del parziale crollo del castello, residenza dei Vescovi, esiste qualche foto. Un disegno riproduce le piante del Castello e della Cattedrale. Sono visibili, oltre le strutture murarie principali, le tre absidi. Quelle primitive di forma circolare hanno ceduto il posto a quelle attuali con muratura retta. Il crollo delle absidi originarie fu provocato dal sisma dell'11 gennaio 1693 noto come terremoto del Val di Noto. Per l'evento disastroso andarono distrutti parimenti il tetto e l'ultima elevazione della torre campanaria, molto probabilmente per il cedimento delle trifore caratterizzate da aperture molto ampie. Altri disegni illustrano le prospettive del Castello e della Cattedrale. Si evincono chiaramente le tre absidi dai decori esterni simili a quelle della coeva cattedrale di Cefalù, il campanile con le trifore nell'ultima elevazione, la "Torre del palombaro", quella distrutta nel 1969 e la cinta muraria superiore della struttura con la "Porta falsa". Delle originarie strutture in elevato sopravvivono una torre merlata che presidiava la rampa d’accesso al complesso e un bastione con contrafforti sotto il sagrato antistante il portale principale della cattedrale ove, durante i lavori del 1980, si è scoperta una galleria scandita da arcate a sesto acuto il cui ingresso si guadagna tramite un portale ad ogiva. Altri link suggeriti: https://storiaoggi.altervista.org/ARCHIVIO/patti.htm, https://www.pattitindari.com/index.php/info/la-storia

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Patti, https://www.icastelli.it/it/sicilia/messina/patti/castello-di-patti

Foto: la prima è di Effems su https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Patti#/media/File:Fortificazioni_di_Patti.JPG, la seconda è presa da https://www.facebook.com/photo?fbid=1826359977868100&set=pcb.7236526563104848

giovedì 29 febbraio 2024

Il castello di giovedì 29 febbraio


TESIMO (BZ) - Castel Casatsch (o Casaccia) in frazione Schernag

Nel 1194 cinque residenti di Tesimo ebbero il consenso dal vescovo Corrado II di Beseno per costruire una fortezza sopra la rocca della “mezza montagna”, dominante il borgo di Schernag. Questa località, nota come “Casaccia” (dal latino, “grande casa”), conserva tracce di una preistorica roccaforte munita di un vallo. Si pensa che questa fosse sempre pronta a ricevere il vescovo trentino ed il conte di Appiano. Mai intitolata ad alcun signore né vescovo, nei decenni tale rocca venne data più volte in affitto ai servitori dei conti di Appiano (oggi Appiano Sulla Strada Del Vino). Fra il XIV e la fine del XVI secolo la fortezza passò di mano numerose volte. Solo alcuni anni prima del ‘600 è citata in un documento come Pfeffersburg, nome dei proprietari di quel periodo, i signori Von Pfeffersburg. Dell'antico castello attualmente restano la cinta muraria di forma ovale ed i resti di una costruzione interna divisa in due parti. L'ipotesi più accreditata dagli studiosi è che nel ‘600 l'edificio, disabitato, sia stato lasciato cadere in rovina. Questo ha consentito tuttavia la conservazione fino ai giorni nostri della forma originale del castello, sottoposto alla fine dello scorso secolo ad una profonda opera di restauro conservativo a cura della proprietaria, Veran Jordan. Per arrivare ai ruderi, occorre imboccare da Bolzano la strada a scorrimento veloce Mebo in direzione di Merano. Uscire allo svincolo di Vilpiano e da qui seguire le indicazioni per Nalles. Qui si può lasciare l'auto nella piazza del paese ed imboccare il sentiero che, in circa un quarto d'ora di cammino, porta ai resti del castello. Le rovine sono visitabili tutto l'anno, ad eccezione dei periodi in cui il maltempo e la neve sconsigliano di percorrere il sentiero che vi porta. Per maggiori informazioni ci si può rivolgere all'albergo Unterkasatsch/Pfeffersburg. D’estate, Castel Casatsch è spesso teatro per diverse manifestazioni culturali. Altri link suggeriti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_Casaccia, https://www.meranerland.org/it/cultura-e-territorio/castelli-di-merano/castel-casatsch/

Fonti: scheda di Stefano Favero su https://www.mondimedievali.net/castelli/Trentino/bolzano/schernag.htm, https://www.meranerland.org/it/valli-di-merano/merano-e-dintorni/tesimo-prissiano/schernag/

Foto: entrambe sono prese da https://www.gallorosso.it/it/mappa-interattiva/rovina-casatsch-pfeffersburg-a-nalles

martedì 27 febbraio 2024

Il castello di martedì 27 febbraio



PIOZZO (CN) - Castello

Il paese entra ufficialmente nella storia nel 1041, anno in cui l’imperatore Arrigo III, con un diploma, confermò al Vescovo di Asti la corte di Piozzo:"Cortem Plaucium et Carrugo cum castris et cappellis et silvis et omnibus pertinentiis suis". Il quale a sua volta lo concedette ai "Piozzo", suoi vassalli. Durante il medioevo, gli abitanti dalla zona del Castelletto e dalle località del fondovalle, si raggrupparono nella Villa, luogo naturalmente più protetto per difendersi dalle escursioni barbare e saracene. Nel gennaio del 1425 gli uomini di Piozzo e il feudatario di quel tempo, Giovanni Galeazzo dei Marchesi di Saluzzo, firmarono gli Statuti che con le loro norme dettavano linee certe per il vivere civile, mentre prima i doveri ed i diritti della comunità erano lasciati al libero arbitrio del Signore. I Saluzzo di Cardè detennero la signoria sul paese fino al 1493, anno in cui lo cedettero a Bernardino Govone, scudiere del principe Filippo di Savoia; poi ritornò ai Saluzzo di Cardè per passare nel 1638 al loro vassallo Goffredo Amedeo Vacca. Nel 1686 i Vacca ottennero il titolo di conti, fino al 1749, quando l’ ultima discendente – Tecla- sposò il monregalese Prospero Antonio Faussone di Germagnano i cui discendenti restarono signori di Piozzo fino al XIX secolo. Durante l’ ultimo conflitto mondiale il paese fu incendiato, per rappresaglia, dalle truppe tedesche: bruciarono oltre le case del concentrico, anche parte del castello ed il municipio con l’ archivio comunale, gettando nel buio – della fuliggine e dei secoli- ricche e intense pagine di storia. L'antico castello, costruito nel XIV secolo dai Saluzzo sfruttando le fondamenta e i materiali di risulta di un mastio che il vescovado d'Asti fece realizzare a cavallo tra il I e il II millennio, ebbe per poco tempo una valenza militare, divenendo alla fine del Quattrocento una residenza nobiliare di pregio. Nuovamente un intervento, e nuovamente un proprietario: Goffredo Amedeo Vacca, che acquisito il complesso nel 1638 lo rese residenza ancor più ricca e imponente, sebbene l'assetto attuale, al netto del grave incendio del 1944, si deve ai lavori dei successivi proprietari, i Faussone di Germagnano. Ha una pianta irregolare e oggi è di proprietà privata, adibito ad abitazione. Cercando informazioni su internet, sembra che attualmente l'edificio sia in vendita (https://www.idealista.it/immobile/19309834/)

Fonti: https://www.comune.piozzo.cn.it/Home/Guida-al-paese?IDPagina=19622, testo dalla pubblicazione "Castelli in Piemonte" di Rosella Seren Rosso (1999), https://www.paesionline.it/italia/monumenti-ed-edifici-storici-piozzo/castello-di-piozzo

Foto: la prima è di Claudio Penna su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/351726, la seconda è presa da https://www.risorseimmobiliari.it/cuneo/vendita-villa-piozzo-3060074.html

giovedì 22 febbraio 2024

Il castello di giovedì 22 febbraio



SINALUNGA (SI) - Mura di Rigomagno

Rigomagno è un piccolo borgo medioevale posto a 411 metri s.l.m. fra la Val di Chiana senese e quella aretina. L'insediamento ha origini antiche, tracce della presenza di un abitato etrusco sono state rinvenute nella campagna intorno all'odierno abitato. La prima notizia certa sulla presenza di Rigomagno è però dell'XI secolo, riguarda l'insediamento dei Conti della Scialenga nel paese. Alcuni sostengono anche che l'antico Rigomagno non fosse dove si trova oggi, ma più a nord e a quota più bassa, in una piccola valle formata da un ruscello tributario del torrente Foenna, lungo il proseguimento della via Cassia. Il nome Rigomagno potrebbe derivare dall'alterazione di questo torrente, considerato un "Rigum Magnum", un grande torrente. Lo spostamento sul colle potrebbe essere stato causato dall'impaludamento della Val di Chiana e dalla conseguente progressiva insalubrità del luogo. Al tempo della Repubblica di Siena il paese è stato un luogo strategico. Il 16 agosto 1281 le campagne attorno al castello sono state teatro di una battaglia tra le truppe dei Guelfi e quelle dei ribelli Ghibellini che, guidate da Neri di Belmonte, uomo di fiducia del capo dei Ghibellini senesi Nicolò Buonsignori, avevano da poco occupato Rigomagno dopo un lungo assedio. Dopo questa battaglia, Siena ordinò di raderlo al suolo. Nel 1291 fu costruito ad alcune centinaia di metri dal vecchio castello, sul Colle degli Ulivi, l'attuale borgo murato dotato di fortificazioni ancor più massicce. Ancora oggi le mura trecentesche cingono la struttura viaria costruita secondo i canoni romani, in cui il cardo ed il decumano sono le due vie principali del paese con nel punto di intersecazione centrale il palazzo, la chiesa e la cisterna. Il borgo passò nelle mani della famiglia fiorentina dei Medici nel 1552. In quell'anno i Francesi, alleati di Siena contro gli Imperiali alleati di Firenze, dovevano presidiare Rigomagno ma, non sentendosi abbastanza forti, lo abbandonarono. Il castello fu così occupato dalle truppe spagnole, per conto dei Medici. Ma i Fiorentini, ritenendo di non poter tenere il controllo del castello, pensarono che la cosa migliore fosse quella di abbattere parte delle mura e di abbandonarlo; poco dopo i senesi ne ripresero il controllo. A seguito della definitiva caduta della Repubblica Senese, le mura distrutte non furono più ricostruite e da allora, a Rigomagno, l'urbanistica non è sostanzialmente cambiata, fatta eccezione per l'installazione della Torre dell'acqua (cisterna) agli inizi del Novecento. I resti delle mura sono ancora ben riconoscibili lungo l'intero perimetro nella parte basale e per un buon tratto quasi del tutto integro lungo il fronte nord, nel quale sono inserite due torri semicircolari di pregevole fattura oltre ad una più piccola quadrata. Anche due delle tre porte originarie sono ben conservate, la Porta Senese a sud e la Porta Nord. La parte Ovest della cinta muraria, minata da un recente crollo, sarà presto oggetto di un accurata opera di restauro e consolidamento strutturale da parte dell’amministrazione comunale di Sinalunga (notizia dell'Agosto 2021). Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=MKf4wRg9bKA (video di Claudio Mortini), https://www.youtube.com/watch?v=gGEO7FLsCB8 (video di Ufficio Turistico Sinalunga)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Rigomagno#Monumenti_e_luoghi_d'interesse, https://castellitoscani.com/rigomagno/, http://www.valdichianasenese.com/rigomagno-p-44_vis_8_190.html

Foto: la prima è presa da https://www.comune.sinalunga.si.it/home/vivere/galleria/Rigomagno.html#pid=8, la seconda è presa da http://www.lamiaterradisiena.it/Rigomagno/rigomagno.htm

mercoledì 21 febbraio 2024

Il castello di mercoledì 21 febbraio


SAVOCA (ME) - Castello di Pentefur

Il maniero occupa il pianoro sulla sommità dell'omonimo colle; edificato in posizione strategico-difensiva, ha la base di forma trapezoidale. È ridotto ormai a pochi ruderi, consistenti in ampi tratti della cinta muraria merlata e dotata di feritoie, in alcune cisterne e nei resti di un mastio quadrangolare. Il monumento presenta però alcune caratteristiche peculiari, quali la pianta irregolarmente quadrangolare, le mura di spessore limitato (80 cm. in media) e la merlatura piana, rettangolare (tipo guelfo), con segni evidenti di elevazioni e rifacimenti. La muratura della cinta più esterna è costituita da pietre unite a frammenti di oggetti in terracotta, tenuti insieme da abbondante malta di calce. Il mastio era a due elevazioni, su un'area di 350 m², sito nella parte più alta del pianoro, al suo interno sono ancora visibili le tracce di una ripartizione in diversi ambienti. Risulta riconoscibile l'area riservata alla cucina, grazie al ritrovamento di gusci di frutti di mare e di resti di ossa di animali macellati. Sono ancora visibili tracce di varie pavimentazioni risalenti a diverse epoche che vanno dal VII al XVII secolo. Potrebbe essere stato eretto su un precedente centro abitato fortificato di epoca tardo-romana o bizantina. Secondo un'antica leggenda medievale, venne edificato dai leggendari e misteriosi Pentefur: cinque ladroni evasi dal carcere di Taormina che lì stabilirono il loro nascondiglio dal quale condurre scorrerie per le contrade vicine. Tuttavia, il toponimo "Pentefur" deriverebbe da "πέντε - pente" = cinque e "φυλή - fulè" = quartiere, quindi cinque quartieri, per il fatto che l'originario abitato di Savoca, in epoca bizantina era ripartito in cinque quartieri. A partire dal IX secolo, il castello fu frequentato e riadattato, lo dimostra la tecnica costruttiva (di influenza araba) delle cisterne presenti al suo interno. L'attuale struttura è una riedificazione del XII secolo, voluta dal Re Ruggero II di Sicilia, diventata residenza estiva dell'Archimandrita di Messina, signore feudale della Baronia di Savoca. L'Archimandrita messinese trascorreva, assieme alla sua corte, i mesi estivi dell'anno all'interno del Castello Pentefur, che era provvisto anche di una cappella, l'attuale Chiesa di San Michele. Nel 1355, Re Federico IV di Sicilia lo proclamò Castello Regio, mantenendo tale status per circa mezzo secolo. Venne infatti sottratto al controllo dell'Archimandrita e attribuito al militare messinese Guglielmo Rosso conte d'Aidone. Fu lo stesso re Federico IV, il 30 novembre 1355, ad imporre ai sindaci di Savoca ed all'Archimandrita Teodoro di giurare fedeltà al nuovo Capitano del Castello. L'anno successivo, vi si rifugiò lo Strategoto messinese Arrigo Rosso Conte d'Aidone (fratello di Guglielmo) scampato all'eccidio di Messina. Sempre nel 1356, il re assegnò il castello al nobile messinese Federico di Giordano. Nel 1385, fu nominato "Castellano di Savoca" Tommaso Crisafi da Messina. Nel 1386, essendo uscito dal novero dei "Castelli Regi", il maniero tornò definitivamente sotto il controllo degli Archimandriti messinesi con Paolo III di Notarleone. Al 1396 risalgono alcune notizie (contenute in alcuni documenti originali recuperati dallo storico locale prof. Angelo Cascio) riguardanti la castellania di Tommaso Crisafi e la mala gestio di costui e di alcuni suoi collaboratori: fu lo stesso Re di Sicilia Martino I a intimare al Crisafi la restituzione di un'ingente somma di denaro (260 once d'oro) ingiustamente e indebitamente sottratte all'Archimandrita messinese. Nel trentennio 1421-1450, l'Archimandrita Luca IV de Bufalis, reputando Savoca più salubre di Messina, vi si trasferì stabilmente accompagnato da tutta la sua corte. Nel 1480, venne restaurato dall'Archimandrita Leonzio II Crisafi. Nel 1631, venne sontuosamente abbellito e ingrandito a spese dell'Archimandrita Diego de Requiensez; detto intervento è citato da Vito Amico, il quale riferisce che il castello venne "rifatto in maggior circuito e più magnifica forma". Oltre a fungere da residenza archimandritale, nel castello era presente costantemente una guarnigione militare; da qui partivano gli ordini e le direttive indirizzate a tutti i fortini e le torri di vedetta disseminate sul litorale e che facevano parte del sistema di avviso delle Torri costiere della Sicilia, costruite su indicazione dell'architetto fiorentino Camillo Camilliani, ove oggi sorgono i comuni di Santa Teresa di Riva, Furci Siculo e Roccalumera. È stato per secoli il centro del potere a Savoca, poi, pian piano perse d'importanza. Alla fine del XVII secolo subì gravi danni a causa del terremoto del 1693, sicché in prosieguo fu poco frequentato dalla Corte Archimandritale, che preferiva risiedere a Messina o a Roma. Anche il terremoto del 1783 apportò nuovi danni e rovine a questo antico manufatto che venne abbandonato ed andò in rovina per sempre. Da allora, vaste porzioni del Castello Pentefur vennero letteralmente smontate dai savocesi, che per decenni utilizzarono le sue pietre per edificare le loro case. In base a quanto risulta da antiche cronache, il sito del Castello Pentefur, oltre alle mura fuori terra, racchiuderebbe nel sottosuolo consistenti testimonianze archeologiche di epoca romana, bizantina e araba. Da alcuni anni sono stati intrapresi lavori per assicurare l'accesso e la fruizione pubblica guidata del sito, a cura della famiglia Nicòtina che ne è proprietaria dal 1885. Le sue mura sono state dichiarate “d’interesse storico ed architettonico particolarmente importante” e sottoposte alle prescrizioni di tutela, con decreto dell’Assessore ai Beni Culturali ed Ambientali della Regione Sicilia. Altri link proposti: https://turismoecultura.cittametropolitana.me.it/turismo/itinerari/i-castelli/i-castelli-del-versante-ionico/castello-pentefur-di-savoca/default.aspx, https://www.virtualsicily.it/Monumento-Castello%20Pentefur-ME-1799, https://www.icastelli.it/it/sicilia/messina/savoca/castello-pentefur-di-savoca, https://www.youtube.com/watch?v=KKrfbBQl7Co (video di Travel Dreams with Leo), https://www.facebook.com/watch/?v=538653949832382 (video

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Pentefur, https://fondoambiente.it/luoghi/castello-pentefur?ldc, https://www.theworldofsicily.com/luoghi-di-interesse/savoca/castello-di-pentefur/

Foto: la prima è presa da https://www.sikilynews.it/attualit/savoca-il-castello-medievale-apre-per-la-prima-volta-al-pubblico/3784, la seconda è di DavideS su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/187770/view

martedì 20 febbraio 2024

Il castello di martedì 20 febbraio



GENOVA - Castello del Capitano nel quartiere Pegli

Villa Durazzo-Pallavicini è una storica dimora nobiliare situata a Pegli, quartiere di Genova. L’edificio, oggi di proprietà del comune di Genova è sede del più importante museo archeologico ligure. ll complesso formato dalla villa e dal parco storico naturale fu realizzato tra il 1840 e il 1846 per volere di Ignazio Alessandro Pallavicini che affidò la progettazione ad uno scenografo locale. La villa, in stile neoclassico, edificata in posizione dominante sulla collina di San Martino, alle spalle di Pegli, è il risultato del rifacimento del palazzo di villeggiatura settecentesco appartenuto a Giovanni Battista Grimaldi, doge della Repubblica di Genova dal 1752 al 1754 dal quale la proprietà passò per via ereditaria ad altri esponenti della famiglia. Il rifacimento voluto da Ignazio Pallavicini, in forme neoclassiche è rielaborato nell’ottica del romanticismo, in linea con il pensiero artistico e culturale dell’epoca, si inquadrava nel contesto del rinnovamento urbanistico di Pegli, che di lì a poco, grazie anche alla costruzione della ferrovia Genova-Voltri, si sarebbe affermata come centro turistico di rinomanza europea. Il pezzo forte del complesso è sicuramente il parco che è composto da un itinerario esoterico-massonico, articolandolo su una struttura scenografica melodrammatica, composta da un prologo, un antefatto, tre atti di quattro scene ciascuno e un esodo finale. Il parco è considerato uno delle più alte espressioni del giardino romantico ottocentesco. Il percorso, molto articolato, prevede un viaggio attraverso ambientazioni neoclassiche, neogotiche, cineseggianti e rustiche, inserite in una vegetazione di piante esotiche e mediterranee, punteggiata da individui monumentali. Il secondo atto, dedicato alla rimembranza della storia è caratterizzato dalla messa in scena di un feudo medievale che contiene il Castello e il Mausoleo del Capitano, recentemente restaurati e nuovamente resi visitabili. Sulla vetta del parco di Villa Durazzo Pallavicini trova collocazione l'antico castello, il cui prospetto principale appariva, già in origine, parzialmente nascosto da una fitta vegetazione. L'edificio, dovendo offrire la sensazione di essere un'opera difensiva, venne realizzato con forme piuttosto tozze e compatte suggerendo all'osservatore forza e solidità. L'impianto del castello appare di forma quadrata e di altezza non trascurabile terminante con un terrazzamento perimetralmente cinto da merlatura guelfa. Anche la centrale torre cilindrica che si innalza al di sopra del bastione è munita alla sommità di un merlatura ghibellina lungo tutto il perimetro. L'antico castello era accessibile al pubblico. L'attuale degrado dell'edificio e di tutta la parte alta del parco impedisce l'avvicinamento e l'ingresso dei visitatori alla struttura. Un ponte levatoio, stereotipo del castello medioevale, conduceva ad una porta sormontata da un arco a sesto acuto. Attraversata la soglia, il visitatore poteva accedere ad una sala circolare, sviluppata su gran parte della superficie dell'edificio, con volta a sesto acuto e membrature. Otto piccoli ambienti di servizio circondano la stanza centrale. Tre dei quattro vani più ampi simulano le funzioni di: armeria, cucina e servizi igienici. L'ultima stanza ospita invece la scala d'accesso al piano superiore. La poca luce filtrante dalle finestrelle con vetrature colorate unita alle tinte brune dei finti mattoni delle pareti e della volta, suggerivano all'osservatore la sensazione di essere entrati in un castello feudale. Anche l'arredamento degli interni, oggi scomparso, contribuiva a giocare con l'ambientazione temporale del castello. Erano visibili: seggioloni in cuoio con borchie in ottone, trofei, elmi, corazze, bracciali, gambali in ferro, lance e spade arrugginite dal tempo. La scala a chiocciola collocata nell'apposito vano scale permetteva al visitatore di accedere alla terrazza superiore attraverso la quale si poteva raggiungere l'ambiente circolare voltato a cupola semicircolare e ricavato all'interno della torre. Questo vano, dalle dimensioni ridotte rispetto alla sottostante sala, era probabilmente decorata con maggiore cura e raffinatezza ricorrendo a tinte blu e oro. Oltre alle fini mosaicature a pavimento ed alle altre decorazioni a parete, spiccavano un tempo le ricercate vetrate sapientemente scelte al fine di poter offrire vivaci effetti cromatici a chi si fosse soffermato ad ammirare il panorama costiero attraverso gli otto finestroni perimetrali. "Torrenti di fuoco" e "luci dorate" erano i temi dominanti rispetto alle tinte riscontrabili quali: verde, azzurro, violetto e argento. Una seconda scala a chiocciola, posta questa volta in posizione esterna, conduceva il visitatore alla sommità della torretta al centro della quale spicca un'alta asta destinata a sorreggere la bandiera del castello. Il supporto metallico serviva anche da parafulmine per l'edificio. Altri link suggeriti: http://www.pegliese.it/Pegli/pegli_cart_ville_vp_castello.html, https://www.youtube.com/watch?v=u_523kKf21w (video di Genova Quotidiana),

Fonti: http://patrimoniodasalvare.altervista.org/villa-durazzo-pallavicini-pegli-ge/, https://www.pegli.com/villapallavicini/parco_2.php

Foto: la prima è di Faber1893 su https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Villa_Durazzo-_Pallavicini,_Il_Castello_del_Capitano_a_Genova_Pegli,_Italia.jpg, la seconda è presa da https://www.viaggiatricecuriosa.it/2020/09/01/parco-villa-durazzo-pallavicini-genova-pegli/castello-del-capitano/

lunedì 12 febbraio 2024

Il castello di lunedì 12 febbraio



ORVIETO (TR) - Castel di Ripe 

È arroccato su uno sperone roccioso in posizione dominante nei pressi di Prodo. È citato nel catasto del 1292 come Castrum Ripe, all’interno del piviere di Mimiano; nelle Rationes decimarum si menziona un edificio di culto al suo interno forse da identificare con i pochi resti di un muro con una nicchia ad arco ogivale. Intorno alla metà del XIV secolo fu concessa dal cardinale Albornoz a Ugolino Montemarte facoltà di fortificare il castello di Ripe. Nel sinodo del 1649 è citato come castello della vicaria di Corbara. Il borgo sottostante è stato abitato fino agli anni ’50 del secolo scorso. Altri link di approfondimento: https://www.andreabovo.it/castel-di-ripe/, https://www.youtube.com/watch?v=DrchxWVNgo8 (video di Ilaria Pettinelli)

Fonte: https://www.iluoghidelsilenzio.it/castel-di-ripe-orvieto-pg/

Foto: la prima è di Andrea Bovo su https://www.andreabovo.it/castel-di-ripe/, la seconda è presa da https://www.iluoghidelsilenzio.it/castel-di-ripe-orvieto-pg/

venerdì 9 febbraio 2024

Il castello di venerdì 9 febbraio



SAN FELICE DEL BENACO (BS) - Castello di Portese

La tranquilla frazione di Portese dista dal centro di S. Felice circa 1 Km. Questo piccolo borgo era un tempo paese di pescatori a differenza di San Felice, la cui economia era tradizionalmente basata sull'agricoltura. Nell'antichità e nel medioevo le vicende storiche di Portese furono legate a quelle di San Felice, fino alla distruzione di Scovolo (1279) quando nel borgo fu eretto un castello, con la funzione di ricetto a difesa dalle scorrerie di barbari, e si costituì la comunità di Portese e Trevignane. Solo nel 1927 i due centri furono definitivamente unificati. Costruito dopo la migrazione della popolazione della Valtenesi a San Felice, nel 1438 il castello fu dimora dei viscontei del Piccinino, i quali compivano scorrerie nel territorio bresciano. Dopo la restaurazione avvenuta nel 1483, nei primi anni del '500 fu distrutto dalle truppe di Luigi XII. Quando i veneziani tornarono in possesso della zona il castello risorse (1521). Oggi è visibile la torre d'angolo interamente di mattoni. Il portale di accesso al castello presenta alcuni lacerti di dipinti realizzati nel XVII secolo, raffiguranti uomini in armi collocati all'interno di archi dipinti. Negli anni successivi fu collocata sulla copertura una statua dedicata al Sacro Cuore. A sinistra rispetto all’entrata ha sede la Biblioteca comunale, sorta nel 1973; sulla destra si trova il centro di raduno del Gruppo Alpini di Portese, utilizzato anche come luogo d’incontro degli anziani della frazione. Consultando gli archivi, scopriamo notizie relative al castello di Portese nel catasto del 1656 della Magnifica Comunità della Riviera, laddove l’edificio è descritto come “murato, coppato e solido”, evidenziando come al suo interno fosse solito radunarsi il Consiglio. Nel castello era conservato un ritratto della benefattrice Diana Percaccini, morta di peste nel 1630. L’opera fu asportata da ignoti negli anni Venti del secolo scorso.

Fonti: http://www.comune.sanfelicedelbenaco.bs.it/content/il-castello-di-portese, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Lombardia/brescia/provincia000.htm#portes, https://brescia.cosedafare.net/luoghi/beni-artistico-architettonici/castello-torre/castello-portese-5720.html, https://www.tastaecamina.it/lagodigarda/il-castello-di-portese.html

Foto: la prima è presa da https://brescia.cosedafare.net/luoghi/beni-artistico-architettonici/castello-torre/castello-portese-5720.html, la seconda è di Gardaphoto srl su https://www.tastaecamina.it/lagodigarda/il-castello-di-portese.html

giovedì 8 febbraio 2024

Il castello di giovedì 8 febbraio



MONTERONI D'ARBIA (SI) - Grancia in frazione Cuna

La mole possente in mattoni rossi della grancia di Cuna è uno degli esempi meglio conservati di fattoria fortificata medievale, oltre ad essere uno dei complessi architettonici più particolari ed interessanti della provincia di Siena. Dal XII o XIII secolo lo spedale di Santa Maria della Scala a Siena si interessò del poggio di Cuna, su cui esisteva uno spedale dedicato ad accogliere e dare assistenza ai pellegrini e mercanti che transitavano lungo Via Francigena che, nei pressi, scavalcava l'Arbia. Risulta, da un documento di papa Eugenio III, che questo edificio apparteneva all'Abbazia di Torri. Nel 1295 il rettore Ristoro di Giunta Menghi comprò l'intero poggio, che alla sua morte venne lasciato a Santa Maria della Scala che, da quel momento, iniziò la costruzione di una fattoria fortificata che doveva essere il fulcro di tutti i possedimenti dell'ospedale in Val d'Arbia. Si ritiene che i lavori siano iniziati nel 1314, per iniziativa del successore di Ristoro, Giovanni de' Tolomei, il quale fece costruire anche la chiesa dei Santi Jacopo e Cristoforo subito fuori la cinta murata, ad uso sia dei contadini che dei pellegrini, come tradisce la dedica ai pellegrini per eccellenza Giacomo il Maggiore e Cristoforo. Le fortificazioni, nate per proteggere il grano e gli altri prodotti agricoli dalle scorribande dovute all'incertezza politica e militare, furono completate nel corso del XIV secolo. Si presenta come un grande blocco quadrato con basamento fortificato a scarpa, con due torri angolari dotate di apparato difensivo a sporgere sul lato meridionale. Il nucleo più antico delle fortificazioni è la cosiddetta "casa torre", posta al centro dell'insediamento, alla quale si aggiunsero altre due torri d'angolo, sul lato sud che guarda verso i confini dello Stato, a proteggere i granai e le altre strutture agricole e abitative. L'ingresso principale immette in un cortile a forma di 'L' dal quale si accede ai locali e magazzini interni grazie ad una rampa, coperta nel primo tratto da belle volte a crociera, la quale permette di salire anche con bestie da soma fino ai piani più elevati. Questa era la vera e propria fattoria-fortezza circondata dal primo anello di mura del XIV secolo con ancora riscontrabile parte del camminamento di ronda, con feritoie e ballatoio. Un secondo anello circonda la fattoria e il villaggio sorto attorno ad essa. Di questa cerchia permane ancora integra la porta principale turrita. Le case che si vedono tra la cinta e la grancia sono oggi di fattura più recente. Cuna fu saccheggiata solo nel 1554, durante l'ultima guerra di Siena, dalle truppe Austro Ispaniche. Durante la seconda metà del XVI secolo fu aggiunto un tetto alla fattoria e alle torri che ha coperto la preesistente merlatura. La casa padronale, fra le due cerchie murarie, è del XVII secolo. Al Settecento infine risale la rampa tornante che conduce ai granai. Cuna dette asilo a re e papi: nel 1386 a Urbano VI, nel 1420 a Martino V, nel 1451 a Paolo III. Nel 1640 qui morì Carlo di Guisa della famiglia dei Lorena. Nel complesso è ormai da tempo in corso il restauro delle coperture e rampe, è pertanto parzialmente coperto da impalcature e non agibile alle visite. Altri link suggeriti: http://www.lamiaterradisiena.it/I%20Castelli/Cuna/granciadicuna.htm, https://www.youtube.com/watch?app=desktop&v=BSjmGO9PdqA (video di NOI Channel), https://www.youtube.com/watch?v=4HuhFGS2MGw (video di viennaprofi1), https://www.pond5.com/stock-footage/item/188167075-grancia-di-cuna-4k-aerial-drone-orbit-view-monteroni-siena-t (vari video con drone), https://www.ursea.it/wp/archives/3404

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Grancia_di_Cuna, https://castellitoscani.com/cuna/, https://www.terredisiena.it/arte-e-cultura/grancia-di-cuna/, https://www.visittuscany.com/it/attrazioni/grancia-di-cuna/, http://www.cretesenesi.com/grancia-di-cuna-p-4_vis_9_87.html

Foto: la prima è di Giuseppe Brandmayr su google.com, la seconda è presa da http://www.lamiaterradisiena.it/I%20Castelli/Cuna/granciadicuna.htm