PERETO (AQ) - Castello Colonna
Fu edificato nella forma attuale da Federico II di Svevia che per le dimore
strategiche e panoramiche aveva un debole. Fu così che nel XIII secolo furono
edificate le alte torri e la cinta muraria. Posto a guardia della frontiera del
Regno di Napoli con gli Stati della Chiesa di Roma, questa tipica fortezza
normanna divenne sede della giurisdizione feudale della zona. Facendo un passo
indietro, è da ritenersi che quando il protoconte Berardo, nella prima metà del
X secolo, fece erigere dai Peretani la prima torre, questa altro non fosse che
un semplice ed embrionale apprestamento difensivo a tutela dei domini. Quando
il conte Rainaldo, dopo la prima metà dell'XI secolo, decise di andare ad
abitare a Pereto, che era l'insediamento più popoloso ed in posizione centrale
rispetto ai suoi domini (Oricola, Rocca Incamerata e Fossaceca), allora la
costruzione meritò la più adeguata qualificazione di castello o, come viene
chiamata dal volgo, di corte. Purtroppo, la partenza di Rainaldo per la
crociata in Terrasanta, la sua morte e la successiva decisione della vedova
Algegrima di risiedere in Oricola, a seguito degli attriti sorti con il conte
dei Marsi in ordine all'eredità del marito, privarono il castello di una presenza
viva, importante e nobile, riducendolo ad essere presidiato solo da armati
posti alle dipendenze del castellano, ma investendolo della missione di
proteggere la popolazione inerme ed i loro beni durante le invasioni, le razzie
ed i passaggi di eserciti nemici lungo la via Valeria. Certamente per la sua
posizione strategica (centrale rispetto alle altre torri di vedetta, ideale per
il controllo delle vie secondarie di accesso al Regno e vicina all'insediamento
umano più popoloso) il castello dovette essere uno dei primi costruiti nel
territorio carseolano. Solo in un secondo momento, quando i conti dei Marsi
vollero infittire e rendere efficiente la trama di una rete difensiva, sorsero
gli altri capisaldi militari a Celle e ad Oricola. Oricola in special modo
divenne, dai Normanni in poi, la vedetta più avanzata, incaricata di vigilare,
osservare e trasmettere i segnali a Celle e a Pereto. Ciò appare confermato dal
fatto che, come risulta da un anonimo manoscritto antico, il castellano di Oricola
doveva fare al presidio di Pereto i seguenti segnali: un fuoco davanti ad una
finestra se il nemico transitava nella valle dell'Aniene; due fuochi davanti a
due finestre se il nemico era nei pressi di Arsoli e non arrivava a 200 uomini;
tre fuochi davanti a tre finestre se il nemico si dirigeva con tutto il campo
verso la pianura carseolana. In quest'ultimo caso si dovevano mandare nunzi a
cavallo a Pereto che ne porgessero certo ragguaglio. Da Pereto poi partivano
altri nunzi con cavalli freschi per notiziare Tagliacozzo. Da Celle, invece, si
continuava a fare e trasmettere segnali di fuoco alle vedette arretrate. Nel
frattempo tutta la popolazione doveva raccogliere le proprie cose e rifugiarsi
nelle fortificazioni. L'elemento architettonico più antico del castello di
Pereto fu senz'altro il mastio, ricostruito su un basamento forse di origine
longobarda, che - pur in seguito a successive elaborazioni - rimase sempre la
torre più massiccia e più alta dell'intero complesso difensivo. Esso
rappresentò il baluardo estremo, il simbolo della forza e della resistenza e la
sua conquista significava il decisivo possesso dell'intero fortilizio, il
definitivo assoggettamento al nemico e la perdita della liberta e dei beni. Era
suddiviso in cinque piani sovrapposti, che comunicavano tra loro per mezzo di
una scala a chiocciola (quelle superiori) e per mezzo di botole incolonnate
(quelle inferiori). La disposizione in linea di massima dovette essere quella
che vede ai piani inferiori il corpo di guardia, i magazzini e le prigioni; al
primo piano nobile la sala di giustizia dove ancora oggi si vedono pitture
murarie, di cui una rappresenta una immagine di S. Maria in Cellis; al secondo
ed al terzo piano la residenza del signore, costituita da due stanze che
servivano di abitazione per tutta la famiglia e da un piccolo oratorio;
all'ultimo livello, probabilmente costruito in legno, vi era un locale per la
precipua funzione del mastio, come torre di vedetta e di difesa. Ha pianta
quadrata, con lati di m. 11,70, spessore delle mura di m. 2,50 ed altezza di m.
27. Costruttivamente si presenta realizzato con grossi blocchi di pietra
perfettamente squadrati e connessi, di dimensioni molto grandi nella zona
inferiore e di media grandezza nella rimanente parte superiore. Questo tipo di
muratura isodoma e stata fatta risalire da insigni studiosi (L. Martella e A.
M. Medin: Sistemi fortificati dell'Aquilano) al X secolo d.c.. I lati nord ed
est, i più esposti all'attacco nemico, nella prima edificazione non avevano
finestre; tale fatto è una caratteristica dei castelli anteriori all'epoca
comunale. Fa eccezione sulla parete est una apertura, situata a 20 metri circa
dal suolo, che serviva per accedere dal camminamento di ronda nel mastio. I
lati sud ed ovest, i meglio esposti al sole ed i meno accessibili, presentano
finestre che servivano per l'aria e la luce e per trasmettere i segnali nelle
direzioni prestabilite. Nei profondi vani di queste finestre vi sono dei sedili
di pietra. Molto interessante appare il sistema delle tre canne fumarie che
servono tre camini utilizzati sia per il riscaldamento sia per le segnalazioni
e sia per portare ad ebollizione i liquidi da gettare sugli assalitori. Sulla
parete nord, ad una altezza di circa 4 metri rispetto al piano di calpestìo
della corte interna ed in conformità della sistematica propria delle torri di
avvistamento isolate, si apriva l'ingresso (le due porte di accesso al piano
terra ed allo scantinato sono state realizzate in epoca posteriore a quella
della costruzione). L'ingresso rettangolare in origine dovette essere
sormontato da un architrave monolitico arricchito da due mensolette laterali,
direttamente ricavate nei due blocchi costituenti le imposte (la qual cosa
costituisce motivo decorativo tipico dell'area marsicani). Inferiormente, ai
lati della soglia, comparivano due beccatelli aggettanti a duplice ordine, che
avevano la funzione di sorreggere la scala quando questa veniva ritirata dagli
occupanti la torre. Quando furono costruite le altre due torri e le cortine di
raccordo, probabilmente sotto i De Ponti, particolare cura fu riservata alla
costruzione degli ingressi, notoriamente la parte più debole di ogni complesso
difensivo. La cortina sud-ovest (m. 23 di lunghezza, m. 15 di altezza e m. 1,55
di spessore) che con andamento angolare unisce la terza torre più piccola con
il mastio accoglie, a ridosso di quest'ultimo, l'ingresso principale. Questo
appare ancora ad un'altezza di circa quattro metri da terra, rinforzato da un
parapetto e da un'apertura superiore piombante che lo rendeva ancora più
impenetrabile. Interessantissime sono le scanalature poste nei montanti di
pietra ai lati dell'apertura tra le quali dall'alto venivano fatte scivolare
robuste traversine di legno che difficilmente potevano essere scardinate.
Questo ingresso è ancora sormontato da uno stemma di casa Orsini, probabilmente
inserito nella cortina all'epoca dell'acquisto del castello da parte del conte
Giacomo. La cortina est (m. 24,5 di lunghezza, m. 13 di altezza e m. 1,45 di
spessore) all'interno di due robusti contrafforti custodisce una postierla
d'ingresso (la portella, che ha dato il nome alla piazza antistante) a sei
metri di altezza da terra, che doveva servire anche, eccezionalmente, per
improvvise sortite. La cortina nord (m. 22,40 di lunghezza, m. 14 di altezza da
terra e m. 10 dal piano di calpestìo della corte interna e m. 1,45 di spessore)
ospita un'altra postierla che originariamente doveva trovarsi a quattro metri
da terra e che con la successiva costruzione di una cisterna (demolita nel
1950) si è trovata al livello della volta di questa. Anche quest'ultimo
ingresso era ed è difeso da due robusti contrafforti e da una piombatoia; ma in
caso di assedio esso veniva murato. Le cortine di raccordo, che mettono in
comunicazione il mastio con la seconda e la terza torre e queste tra di loro,
hanno sulla sommità il camminamento di ronda. Questo consentiva una difesa
manovrata, con la possibilità di scorrere agevolmente lungo il perimetro,
permetteva di continuare a combattere e colpire il nemico che malauguratamente
si fosse infiltrato nella corte interna e forniva l'opportunità estrema di
rifugiarsi nel mastio, ultimo baluardo difensivo. Il piano di ritirata
prevedeva che gli armati abbandonassero primieramente la cortina sud-ovest con
il distacco del ponte mobile che la univa alla cortina nord, poi questa con la
rottura del ponte mobile che la univa alla cortina est ed infine quest'ultima,
con il ritiro del ponte mobile che consentiva l'ingresso al mastio. Al
camminamento di ronda si accede mediante una scaletta in muratura ricavata
nella cortina est ed appoggiata alla seconda torre (nei tempi più remoti la
scaletta era di legno ed aderiva alla cortina ovest). Le cortine, come è nella
tradizione dei castelli anteriori al 1200, non hanno finestre e feritoie. I
merli, contrariamente a quanto affermato dal Perogalli, non ornarono la nostra
fortezza, che basava la sua sicurezza ed inviolabilità soprattutto sulla sua
dislocazione e sulla sua altezza. Solo le cinte murarie di epoca successiva li
ebbero. Al loro posto vi era una struttura lignea che poggiava su beccatelli,
che ancora oggi e possibile vedere. Sotto il profilo della difesa attiva
assumono rilevanza le feritoie verticali ad arciere (formate da due semplici
blocchi di pietra accostati e lavorati nella zona di combacio) e le torri. La
seconda torre (m. 24 di altezza e m. 6,60 di lato) e la terza (m. 16 di altezza
e m. 4,60 di lato) hanno pianta quadrangolare e sopravanzano le cortine, senza
tuttavia minacciare l'imponenza del mastio. La seconda torre aveva cinque piani
in muratura, di cui gli ultimi due collegati da una scaletta ricavata nello
spessore delle mura. La terza non aveva né piani né finestre né ingressi e
probabilmente serviva solo come caposaldo murario per le cortine e come punto
di vedetta. Nella parte superiore tali torri dovevano avere delle macchine
belliche e moltissimi proiettili e materiali occorrenti per la difesa
piombante. Certo, gli accorgimenti tattici, la posizione, l'altezza, la mole,
la valentìa degli armigeri nulla potevano contro un nemico che, rinunciando a
conquistare d'assalto il castello, si limitava a farlo cadere per fame e per
sete. Ma all'anonimo architetto di quel tempo non era stato chiesto il miracolo
di salvare la popolazione ad ogni costo, bensì solo di fornire uno strumento di
dissuasione per il nemico frettoloso diretto altrove ed in cerca di
rifornimenti ed una più concreta possibilità di difesa e di salvezza. E tanto
meno potettero la tecnica e le virtù umane quando, il 5 dicembre 1456, le forze
violente e disgregatrici della natura si abbatterono impietose sul paese
cancellandone le vestigia, i monumenti, le chiese, gli averi. Anche la torre fu
gravemente scossa e danneggiata: crollarono i solai, si lesionarono le cortine
e la parte più alta delle pareti. Da allora e per molto tempo cessò ogni
presenza umana all'interno di essa e, nonostante che alcuni conti (Roberto e
Virginio Orsini) si fossero interessati delle fortificazioni del paese, la
torre rimase diruta e sola, senza castellano né armigeri. Dopo essere passato
dai gran conti dei Marsi ai signori De Ponte, ai conti Orsini e alla famiglia
Colonna (che ne detenne il possesso a partire dal tardo XV secolo, quando il re
di Napoli donò ad essa il paese), può presumersi che il castello sia stato
acquistato per usucapione dalla famiglia Maccafani, la quale nel 1813 aveva
domandato ai Colonna il permesso per utilizzare la seconda torre come
piccionaia. In verità i Colonna non lo vendettero mai né è risultato in alcun
catasto o negli atti in possesso della famiglia Maccafani come questi ne siano
diventati i proprietari. Agli inizi del 1900 Antonio Maccafani, già segretario
comunale, vendette la torre all'avv. Carlo Vicario, che l'acquistò in buona
fede. Dalla famiglia Vicario, che si rese per molti versi benemerita a Pereto,
la torre fu acquistata nel 1966 dal Prof. Aldo Maria Arena. Questi, che aveva
ripetuti legami di parentela con antiche famiglie peretane, visitato il
castello, che era allora un rudere poderoso e pittoresco, avendone compreso il
raro valore storico ed architettonico, iniziò un'opera di attento e
coscienzioso restauro che durò per più di diciassette anni. I lavori, condotti
in collaborazione con la Soprintendenza alle Belle Arti ed opera
dell’architetto irlandese Alfred Cochrane, ricevettero il premio della Comunità
Europea nel quale miglior restauro in Italia nel 1983. Nella ricostruzione
degli interni traspare il gusto e la grande raffinatezza del proprietario, gli
antichi mobili e gli oggetti di arredamento rendono calda e accogliente quella
che dall’esterno appare al visitatore un’aspra e inespugnabile rocca. Come
tutti i castelli che si rispettano anche nel Castello di Pereto è presente un
fantasma, quello del Conte Rostainuccio Cantelmo, imprigionato e poi giustiziato
dagli Orsini nel 1400. L’area abitabile del Castello si trova nella grande
Torre di Federico e si dispone su quattro livelli. Al primo livello si trova
una grande cucina abitabile dotata di tutti gli accessori, una grande corte
verde impreziosita da piante ornamentali, un pozzo, tavoli e poltrone per dare
la possibilità agli ospiti di mangiare all’aperto, una grande sala da pranzo
per 12 persone con camino. Al secondo livello si trova un grande salone con
divani impreziosito da affreschi originali del XIII secolo, arazzi e dipinti
del XV e XVI secolo oltre ad un grandissimo camino che dona all’ambiente un’atmosfera
regale. Al terzo livello si trova la camera di Federico II, una grandissima
suite con un letto matrimoniale spagnolo del 600, una grande libreria, una
stanza armadio guardaroba, bagno con vasca. Al quarto livello si trova la zona
degli ospiti composta da due camere matrimoniali, una camera singola, bagno con
vasca. Numerosissime le preziose opere d’arte Italiana e Spagnola del XV e XVI
secolo che completano tutti gli ambienti del Castello di Federico di Svevia,
una dimora unica che saprà regalare ai propri ospiti la sensazione di fare un
vero viaggio nella storia. Per approfondire consiglio di visitare i seguenti
link:
http://www.pereto.info/documenti/castello/castello-bozza.pdf
e
http://www.pereto.info/castello.htm
Fonti:
http://www.rentalcastles.com/federicodisvevia/federicodisvevia_ita.htm,
http://www.terremarsicane.it/content/castello-medioevale-di-pereto,
http://it.wikipedia.org,
http://www.regione.abruzzo.it,
http://www.borghiautenticiditalia.it/bai/comune-di-pereto-aq/
Foto: di Filippo27 e di Roberto Cavalensi su http://www.panoramio.com