PIOBBICO (PU) - Castello Brancaleoni
La storia del paese si identifica con la famiglia
Brancaleoni, probabili discendenti dei Longobardi, che in origine dimoravano
nel fortilizio di Mondelacasa (ancora oggi sono visibili i resti di imponenti
muraglie arroccate su un picco sotto il M. Nerone, dette Muracci). Attorno
all'anno 1000 il territorio fu affidato come feudo a questa famiglia, e per
quasi cinque secoli il paese si è sviluppato sotto il loro dominio. In questi
anni sorsero il castello, il borgo sottostante, le chiese, tutta la parte
vecchia del paese, e le varie ville e villaggi attorno, che poi
conseguentemente all'abolizione del feudalesimo si incorporarono al villaggio
di Piobbico. Dall'inizio del XII secolo Piobbico fu una signoria dei Brancaleoni
che arrivò a dominare l'intera Massa Trabaria ma per essersi opposta prima al
cardinale Albornoz, poi a papa Martino V, perse definitivamente i suoi possessi
a vantaggio dei Feltreschi nella metà del XV secolo. Solo nel 21 dicembre 1827
per decreto di Leone XII, Piobbico divenne comune autonomo. Il Castello dei
Brancaleoni, che si erge sullo sperone
roccioso, dominando il sottostante Borghetto, deriva dalla
trasformazione di un primitivo fortilizio duecentesco di cui restano tracce
visibili nel portale d'accesso e nelle strutture murarie dell'ala
nord-orientale. Rimaneggiato nel XIV
secolo, fu radicalmente trasformato nella seconda metà del Cinquecento (1573-1587),
assumendo l'aspetto di elegante dimora signorile che tuttora conserva. Lasciato
in grave abbandono e deturpato nel dopoguerra all'interno, l'edificio è stato
sottoposto negli ultimi anni a radicali lavori di restauro ad opera della
impresa Carli che lo hanno riportato al suo antico splendore. L'enorme
costruzione, articolata attorno a varie corti interne, è costituita da una
sequenza interminabile di stanze più o meno decorate di affreschi, stucchi,
citazioni, camini e stemmi vari. La facciata è caratterizzata da una torre del
Cinquecento che poggia su un voltone ad arco acuto, sopravvivenza di una torre
di guardia del Duecento, costituente l'accesso al cortile interno. D'altra
parte la stessa facciata è caratterizzata anche da un'aerea loggetta con due
archi a tutto sesto ed elegante balaustra che la ingentilisce e le conferisce
quella raffinatezza che si addice maggiormente ad un palazzo piuttosto che ad
un castello. Sulla torre venne inserito alla fine del '500 un orologio a due
quadranti, uno volto verso il borgo, l'altro verso l'interno del complesso.
Quest'ultimo ha i numeri in senso antiorario, probabilmente perché, non ancora
inventato il giunto cardanico, un unico asse azionava le lancette, in senso
orario verso il paese e, quindi, antiorario verso il cortile. Un quadrante
siffatto, noto attraverso incisioni o tarsie, risulta oggi un esemplare assai
raro, fra i pochi ancora esistenti. Sul cortile si affacciano due eleganti
portali a bugnato: uno nella facciata dell'Oratorio di S. Carlo, da cui il
cortile prende il nome, e l'altro che dà accesso al corridoio a cielo aperto e
quindi al palazzo vero e proprio. Quest'ultimo portale timpanato reca in chiave
di volta lo stemma con il leone rampante e croce seduta e l'iscrizione in greco
praos kai tolmeros (mite e fiero), cioè il motto di famiglia dei
Brancaleoni. Fa da sfondo al corridoio a cielo aperto che conduce agli ambienti
nobili del palazzo, al primo piano, un'elegante loggia, da alcuni attribuita a
Bartolomeo Genga (succeduto al padre Girolamo in qualità di sovrintendente alle
costruzioni ducali), da altri a Lattanzio Ventura da Urbino. Struttura a tre
fornici assai polita e classica nel suo partito decorativo molto equilibrato, è
scandita da quattro paraste che fingono colonne doriche. La balaustra riprende
il motivo della loggia di facciata. Tuttavia essa ha un certo sapore di
sovrapposizione e di poco organico, per cui il corridoio si assimila meglio ad
un vicolo di borgo medievale trasformato che ad un'organica orchestrazione
scenografica. Al di sotto della loggia attraverso un arco a tutto sesto - si
noti il motivo, ancora una volta classico, dei clipei nei pennacchi
dell'archivolto - si apre il Cortile d'Onore, progettato dall'architetto Baccio
Pontelli. A pianta rettangolare, esso costituiva l'elemento di raccordo fra le
costruzioni sorte nel tempo e le tamponature a lato attestano che tutta questa
zona sorse su preesistenze architettoniche. Le arcate più o meno ribassate nei
lati sono sostenute dall'ordine dorico, colonne semplici e a fasci negli
angoli. Le finestre del piano superiore, i cui elementi architettonici sono in
marmo bianco, poggiano su una finta mensola marcapiano, riecheggiando, sebbene
in tono alquanto dimesso, il puro stile rinascimentale del cortile del Palazzo
Ducale di Urbino. Un elaborato cornicione in cotto ceramicato, ormai quasi
completamente privo di colore, e ad ovoli, conclude le pareti di affacciamento
sul cortile. Probabilmente sotto lo stimolo della cultura urbinate, questo
cortile venne iniziato fra il 1470 e il 1480 da Guido di Antonio I, capitano
del Duca Federico da Montefeltro. Del periodo di edificazione dovrebbe far fede
proprio l'arme che il duca donò ai suoi alleati Brancaleoni e che qui campeggia
fra due archi, attestando la data post 1474, cioè dopo che Federico aveva
ricevuto il titolo di Duca e del Gonfalonierato. Il Cortile venne poi ultimato
da Roberto, figlio di Guido, entro il 1558, anno della sua morte, il quale
eresse anche le due ali del palazzo che affiancano il cortile. Sotto il
porticato si aprono le varie stanze. Sugli architravi dei portali si leggono
iscrizioni in latino e volgare di antica saggezza. Salendo lo scalone in
travertino si accede agli appartamenti nobili per la cui decorazione Antonio II
di Monaldo (morto nel 1598) chiamò Federico Brandani, il Barocci, Giorgio
Picchi e Giustino Salvolini (detto l'Episcopi). L'architrave del portale
d'ingresso reca lo stemma dei Brancaleoni, ma al di sopra, entro una cornice
barocca, ha maggiore videnza quello dei Farnese, sormontato dalla corona
ducale: è un chiaro omaggio alla duchessa Vittoria Farnese, moglie di
Guidubaldo II, duca di Urbino, alla cui corte aveva vissuto Laura Cappello,
moglie di Antonio II, con suo padre Bernardo, esule veneziano. Le tre stanze
che si susseguono, la Sala del Leon d'Oro, la Camera Romana e la Camera Greca,
costituiscono un ampio repertorio di tecnica e iconografia. L'ala occidentale
del Palazzo è rivolta al paese e la sua facciata molto lunga e bianca,
ingentilita da un grazioso balconcino, appare assai imponente. E' più tarda e
fu in parte ristrutturata, in parte eretta a fundamentis da Giordano
Brancaleoni agli inizi del XVII secolo. Tale zona era per lo più adibita a
locali di servizio, ma vi si trova anche quella che doveva essere la bella sala
del trono con soffitto a peducci e pareti che conservano ancora pochi lacerti
di affresco a grottesche. Qui i camini, essendo meno elaborati di quelli del
piano nobile, sono stati lasciati tutti in loco. Suggestiva è l'infilata di
stanze che si rincorrono in fuga dalla Sala del Trono e dalla Galleria. Ad una
seconda Corte Interna si accede attraverso la "Via Publica". Questa
zona reca le testimonianze architettoniche più antiche dell'intero complesso,
alcune risalenti probabilmente agli inizi del XIII secolo. Vi si conserva
ancora una cisterna dell'epoca accanto alla quale si sviluppa un camminamento
che conduce all'antico Castellare, a est, dove erano le prigioni, alla
"porta succursi" e ad una serie di stanze voltate, che oggi ospitano
sia il Museo Civico Brancaleoni sia l'Esposizione permanente di abiti e
gioielli della collezione Alessandro Righi Luperti. La camera del conte Antonio
II, detta “Camera Greca”, è affrescata con episodi di storia e mitologia Greca
realizzati nel 1585 da Giorgio Picchi, scultore durantino, mentre gli stucchi
sono opera della scuola del Brandani, in quanto lo scultore morto nel 1575, non
riuscì a terminare l'opera. Sulla porta d’ingresso possiamo notare lo stemma
della famiglia “Cappello”, a cui apparteneva Laura, moglie del Conte Antonio. Ai
piedi del castello, il Borghetto di Piobbico mantiene il proprio carattere di
castrum fortificato, tuttora circoscritto tra le due porte urbiche. E' invece
andato perduto l'antico ponte a schiena d'asino che collegava il borgo con il
quartiere commerciale (il Mercatale) sorto sulla riva opposta del fiume. Link
consigliati: http://lnx.castellobrancaleoni.it/il-castello-brancaleoni/ oltre
al seguente video: http://www.youtube.com/watch?v=QBZIpLrDuDU
Fonti: http://www.riminibeach.it/visitare/castello-brancaleoni-piobbico,
http://www.provincia.pu.it, http://it.wikipedia.org, http://www.lavalledelmetauro.org,
http://www.artevista.it/web/marche/189-castello-brancaleoni-piobbico-pu, http://www.comune.piobbico.pu.it
Foto: da www.turismosi.it e da http://apecchio.net
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