LIMATOLA (BN)
- Castello
Il Castello di Limatola è uno dei più interessanti esempi di architettura
fortificata medievale, che nel 2020 raggiungerà la soglia dei 1000 anni di
esistenza. E' situato nella parte alta del centro storico, su di una collina,
in posizione strategica. Venne edificato dai Normanni sui resti di una torre
longobarda. Le sue mura hanno custodito le vicende delle famiglie degli
Angioini, Aragonesi, Sanseverino, sono state il palcoscenico dei fasti del ’700
e testimoni del soggiorno strategico di Garibaldi. Nei secoli vi hanno dimorato
donne potenti come la Duchessa Margherita De Tucziaco, la leggiadra Contessa di
Caserta Anna Gambacorta e la coltissima Contessa Aurelia D’Este.
Un’attestazione documentaria del castello di Limatola è nella Bolla di Sennete
(1113), arcivescovo di Capua, e riguarda la chiesa di San Nicola. Nel 1266,
Carlo I d’Angiò, dopo la conquista del Regno di Napoli, donò Limatola a Tommaso
Sanseverino ma nel 1269, sospettando che la famiglia Sanseverino lo tradisse a
favore di Manfredi e Corradino, ne esiliò i membri e dopo pochi anni la
concesse a Guglielmo Belmonte Grande Ammiraglio del Regno per 130 once. Il 27
settembre del 1277 per il cattivo stato del castello di Limatola, tenuto in
custodia da Margherita de Tucziaco, venne ordinato al nobile Leonardo
Cancelliere Achaye di adottare ogni provvedimento necessario in favore di
Margherita e di reperire le maestranze più prestigiose in tutto il regno di
Napoli e della Sicilia, affinché il castello riacquistasse il suo splendore.
Intanto Margherita si spostò nel castello di Morrone.
Con
decreto del Re Carlo I d’Angiò, emanato a Melfi il 27 settembre del 1277, il
castello ebbe il suo primo restauro al quale dovette presiedere l’architetto
francese Pietro D’Angicourt, lo stesso che aveva diretto i lavori di
ricostruzione del castello di Lucera in Puglia e che spesso viene appellato
come Protomaestro. Dopo un anno la castellana Margherita potè tornare nel
Castello di Limatola e Carlo I inviò presso la sua corte il nobile Americo de
Sancto Claro, al quale fu donato il castello di Limatola, in cambio del
castello di Sannicandro, ma con giuramento di fedeltà al sovrano. Nel
1316 il territorio di Limatola fu donato da Roberto d’Angiò a Guglielma
Cantelmo, madre del suo figlio naturale Carlo d’Artus. In circostanze ancora
poco chiare, ad opera della regina Giovanna I, nel 1345 i possedimenti
precedentemente confiscati furono restituiti ai Sanseverino. Nel 1439, durante
la guerra di successione al trono di Napoli, Limatola era difesa dal Caldora e
fu presa da Alfonso d’Aragona. La famiglia della Ratta fu in possesso della
contea di Limatola almeno fino all’occupazione del regno di Napoli ad opera di
Luigi XII di Francia che usurpò molte terre. Nel 1457 il conte Giovanni morì ed
il figlio Francesco ebbe confermati i possedimenti e i titoli paterni nel 1458.
Nel 1460 durante la congiura dei baroni, il castello di Limatola fu conquistato
da Ferrante d’Aragona che così potè controllare il tratto del fiume fino a
Capua. I conti Cesare d’Aragona e Caterina della Ratta persero Limatola e le
altre terre della Contea, ma, come eredi del conte Francesco di Limatola,
insieme alla nipote Caterina Juniore, fecero valere presso Luigi XII il
possesso dei loro beni ereditati jure successorio. Cesare d’Aragona affrontò
prima le truppe di Carlo VIII e, successivamente, quelle di Luigi XII. Sconfitto
dai francesi fu costretto all’esilio sino alla morte nel 1504. Nel 1509
Caterina Della Ratta si sposò di nuovo con Andrea Matteo Acquaviva , duca
d’Atri e conte di Conversano, uno dei feudatari più ricchi del regno, col quale
ebbe inizio la Signoria degli Acquaviva. Egli era un insigne umanista , uomo
colto e raffinato, uomo d'armi e di lettere e seppe abilmente guadagnarsi la
contea facendo sposare suo nipote, Giulio Antonio Acquaviva, con la pronipote
della contessa di Caserta, Anna Gambacorta. Nel 1518 il castello e l’annessa
chiesa di San Nicola intra castellum vennero restaurati, come ricordato in una
lapide posta sopra il portone d’ingresso della cinta muraria: “Questa fortezza
di pace sarà fortificata, perché possa tenere lontano i nemici che combattono
con i dardi: lontano da qui si commetta pure qualsiasi atto ostile. Francesco
Gambacora e la moglie Caterina della Ratta insieme restaurarono questa
fortezza, gravemente pericolante per i più importanti amici presenti e futuri.
Anno del Signore 1518”. Nel 1570 Limatola fu comprata da Francesco Gargano per
conto del principe di Conca Giulio Cesare di Capua, che, nel 1599, donò il
feudo al figlio Matteo di Capua. Dopo la morte di Matteo (1607), il figlio
Giulio Cesare junior di Capua ereditò le 40 terre dal padre, compresa Limatola.
Nel 1610 passò a Diana Gambacorta, figlia di Carlo Marchese di Celenza, con suo
marito Giovannantonio Gambacorta per 25000 ducati. Nel 1647 scoppiò la rivolta
di Masaniello e l’eco arrivò anche a Limatola. L'allora duca Francesco III
Gambacorta (figlio di Giovanni Andrea e di Diana Gambacorta ) aprì le porte del
suo maniero
a numerosi rifugiati tra cui
la famiglia Filangieri, il principe di Frasso, la famiglia Brancaccio. Nel
castello c’era abbondanza di viveri e di acqua nonché un forte presidio. Nel
paese, invece, aumentava il malcontento tra i contadini a causa delle continue
imposte che erano costretti a pagare sia al duca che allo spietato fisco regio.
Presto la popolazione giunse al colmo della disperazione, elesse un capo
popolare e armata di tridenti e arnesi rudimentali attaccò il castello mettendo
in fuga il presidio. Il duca, per aver salva la vita e quella dei suoi ospiti,
scese a patti col capo popolare, ma invitato quest'ultimo a colloquio nel castello,
a tradimento lo fece arrestare e poi, dopo un sommario processo, impiccare. Morto
Francesco Gambacorta nel 1657, Giuseppe Maria Gambacorta, figlio di Francesco,
assunse il titolo di terzo duca di Limatola . Ebbe come consorte Vincenza
Gambacorta la quale, dopo la morte del Duca Giuseppe, avvenuta nel 1672, si
risposò con il consigliere capo di rota Alvaro della Quadra dal quale non ebbe
figli. Vincenza Gambacorta tra il 1694 e il 1696 fece restaurare ed affrescare
le sale del piano nobile del castello di Limatola, che era rimasto seriamente
danneggiato dal terribile terremoto del 1688, e morì il 10 Aprile del 1714. Il
dominio dei Gambacorta durò fino al 1734 anno in cui, morto Francesco IV,
marito di Aurelia d’Este, non essendoci eredi il feudo fu confiscato.
In un momento non ancora precisato il
castello venne in possesso dei Carafa poiché esiste un atto del Giugno 1816 con
il quale fu venduto dai fratelli Giuseppe, Maria e Luigi Carafa all’arciprete Don
Francesco Canelli. Quest'ultimo lasciò in eredità il castello al nipote don
Vincenzo, dottore in filologia e medicina. Il castello il 14 marzo 1944 fu
requisito dalla V armata U.S.A. Il castello è circondato da una cinta muraria
intervallata da torri circolari dotate di scarpata fino all'altezza del
cornicione. La cappella palatina dedicata a san Nicola conserva un crocifisso
d'epoca. Alcune sale sono decorate da affreschi prevalentemente del XVIII
secolo. Dopo decenni di abbandono l'edificio è stato restaurato nel 2010 grazie
alla Cosystem Srl della famiglia Sgueglia, che ne è proprietaria, ed oggi
ospita un albergo ristorante. I lavori hanno avuto l’alta sorveglianza della
soprintendenza Bappsae di Caserta e Benevento. In un’ ala del castello è stata allestita
la Mostra “Il Castello di Limatola e la Battaglia del Volturno”. L’esposizione
pittorica narra degli avvenimenti del 1° Ottobre 1860, tra i più significativi
dell’epopea garibaldina. Elementi peculiari del maniero sono due torri
semicilindriche addossate alle mura di cinta ad Ovest lungo la gradinata che
conduce alla porta d’ingresso principale. Secondo alcuni storici, al posto
della gradinata doveva esserci un ponte levatoio che però, invece di
articolarsi intorno ad un asse parallelo al fronte di ingresso come di norma,
era perpendicolare ad esso. Dalla porta si accede ad un androne coperto a
volta, al di sopra del quale si sviluppa la foresteria. A sinistra della
gradinata d’ingresso è posto il giardino ad un livello superiore. Il giardino
circonda tutto il castello ed un tempo era verdeggiante di aranci, limoni e
ulivi; ora vi sono numerosi ritrovamenti di frammenti ceramici di età basso
medievale. Le due torri e la cinta muraria hanno merli piatti. In alcuni tratti
le mura hanno il redondone ovvero un cordone sporgente che impediva la scalata
agli assalitori. Quasi tutta la cinta muraria è difesa da saettiere le quali a
sud si susseguono ogni quattro metri i forma arcuata: ciò permetteva ai
difensori
il lancio di dardi, di olio
bollente e piombo fuso. Di solito, l’ingresso era il luogo dove si esercitava
la prima offesa dell’attaccante e infatti numerosi archetti pensili documentano
il cammino di ronda che seguiva tutta la cinta muraria, dalla quale si operava
la difesa. Il castello è a corte chiusa, con gli ambienti che si sviluppano su
tre lati, quello ad ovest è cieco con un’apertura in alto e ciò attesterebbe
l’ipotesi dell’esistenza di un antico mastio incorporato poi nel palazzo
baronale. Il mastio è l’unico punto del castello dal quale si traguarda il
castello di Morrone. L’accesso al palazzo baronale avviene mediante una scala
scoperta che conduce all’ingresso caratterizzato da un arco a sesto ribassato
in pietra, dal quale attraverso un androne coperto da una volta a botte, si
passa alla corte approssimativamente rettangolare. L’androne è posto su uno dei
lati lunghi, al di sotto di tre arcate pensili che sorreggono un ballatoio dal
quale si accede ad alcuni ambienti del piano ammezzato. Sul lato opposto
dell’ingresso, prende corpo un altro ballatoio di maggiori dimensioni su una
serie di sei archi, su cui si aprono diversi ambienti; nel primo arco a destra,
una porta immette in un ambiente articolato in tre spazi affiancati in lungo,
coperti
ciascuno da una struttura a
crociera archiacuta impostata su dei pilastri incassati nelle pareti murarie.
Nel secondo arco a destra, una porta immette in un gruppo di locali adibiti in
origine adibiti a cucine. Un complesso sistema di canali di raccolta collegati
ad un serbatoio idrico permetteva di raccogliere le acque piovane convogliatevi
dalla copertura della costruzione. L’acqua dopo essere stata filtrata e depurata
da un sistema di filtri costituito da ammassi di sassolini distribuiti lngo la
condotta muraria, giungeva in no dei piccoli pozzi distribuiti intorno la corte
e nuovamente filtrata passava nella; cosi le riserve d’acqua erano tanto
abbondanti da bastare per lunghi periodi d’assedio, come avvenne durante la
Rivoluzione di Masaniello. Nell’ultimo degli archi che si succedono nella
corte, di fronte all’ingresso si , si apre un ambiente sottoposto al piano di
calpestio della corte e coperto, anche questo con volta a botte. Al piano terra
lo stile gotico è presente soprattutto nell’ala nord est, costituita da una
serie di ambienti con volte ogivali a crociera, o a costoloni, formate da
mattoni messi in opera a spina di pesce e poggiati su pilastri rotondi incassati
nelle pareti murarie. Questi ambienti furono in gran parte ristrutturati nel
1277 dalla castellana Margherita de Tucziaco. La stratificazione è presente
anche nella zona della foresteria dove, ad esempio, nella stalla
è presente un portale ad arco a sesto acuto
in tufo giallo, oggi completamente murato, ma che è sicuramente nell’antico
sito, poi trasformato in bastione e quindi in stalla (con soprastante
foresteria). Nelle forme richiama le opere della tarda età angioina. Contigui
al mastio per ampliarlo sono stati accorpati ambienti voltati a crociere
poggianti su pilastri. Anch’essi sono caratterizzati da paramenti esterni in
conci di tufo squadrati, ma di diverse dimensioni rispetto a quelle del mastio;
come differenti sono il tufo utilizzato e la dimensione dei fori
dell’impalcato. Le maestranze angioine padroneggiarono a pieno le tecniche
costruttive e ne è prova l’ideazione dell’ambiente posto tra i nuovi volumi e
il mastio: esso risolve il problema statico di scarico delle volte gotiche
senza caricare ulteriormente le preesistenti pareti normanne. Vi è un sito web
dedicato al castello: www.castellodilimatola.net
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