CUSAGO (MI) – Castello Visconti
Era una residenza di caccia dei duchi di Milano situata nel comune di Cusago,
alle porte della capitale lombarda. Il castello fu costruito su volere di Bernabò
Visconti tra gli 1360 e il 1369, sui resti di una preesistente fortificazione
longobarda. La struttura venne eretta per fungere da residenza di caccia (a
cervi, daini, cinghiali e uccelli di varie specie) durante le battute nella
riserva viscontea che si estendeva nella campagna a sud di Milano fra la città
e Vigevano. Fu in tempi successivi Filippo Maria Visconti ad ingentilire
l'iniziale fortilizio medievale con la costruzione delle sale di rappresentanza
interne e l'escavazione del Naviglietto, una diramazione del Naviglio Grande
fatta scavare partendo da Gaggiano per raggiungere più agevolmente la
struttura. Egli inoltre fece realizzare la famosa "steccata" ovvero
una prima recinzione in loco dell'area di caccia ducale ed a costruire la
"strada particolare del principe", un tratto viario utilizzabile come
via veloce esclusivamente dal duca e dalla sua corte per giungere al castello. Nel
corso della peste del 1398 il castello divenne un rifugio dal morbo e
trasformato per l'emergenza in lazzaretto (poi trasferito alla vicina cascina
Palazzetta). La sua funzione di villa di campagna signorile, per caccia, feste
e luogo d'incontro con amanti venne ripristinata da Ludovico il Moro e dalla
moglie Beatrice d'Este, e fu proprio sotto il suo regno che il poeta di corte Gian
Alberto Bossi ne cantò le bellezze nel poemetto
L'ameno bosco di Cusago,
villa eretta da Ludovico il Moro. Tra il 1485 e il 1490 il palazzo venne
ricostruito e ampliato fino ad assumere la forma attuale e diede ospitalità ad
ambasciatori e ospiti illustri. La proprietà poi passò a Lucia Marliani,
un'amante del nipote defunto di Ludovico, Galeazzo Maria Sforza, ed alla morte di
costei il castello tornò a i duchi di Milano che però se ne disinteressarono,
complici le complicate vicende storiche che travagliarono il ducato in quegli
anni, compresa la rovinosa dominazione francese. Nel 1525, per saldare i propri
debiti e recuperare del denaro, il duca Francesco II Sforza decise di vendere
il castello di Cusago al conte Massimiliano Stampa (creato poi anche marchese
di Soncino), il quale nel 1535 colse l'occasione delle nozze ducali per
ospitare nella propria residenza di Cusago la principessa Cristina di Danimarca,
giunta viaggiando dalla terra nativa, verso il ducato di Milano per maritarsi
col duca Francesco II. La famiglia Stampa non apportò sostanziali modifiche
alla struttura del castello (se si esclude il rialzamento della torre
d'ingresso con l'ingentilimento del campanile attualmente visibile), ma anzi
esso rimase perlopiù residenza di campagna sino alla morte di Anna Moroni,
moglie di Massimiliano, per poi acquisire sempre più la qualifica di palazzo di
controllo delle proprietà di famiglia in loco. Con la bachicoltura, nel
Settecento, parte delle sale inferiori del castello venne riservata a questa
attività e come centro di raccolta per i beni derivati dall'agricoltura e dalla
lavorazione dei terreni circostanti. Nel 1973, il castello, ormai da tempo in
decadenza e trasformato in una grande cascina agricola abitata da circa trenta
famiglie, assieme ai terreni circostanti venne acquistato attraverso la
marchesa Anna Maria Casati Stampa di Soncino da Silvio Berlusconi che, tramite
Edilnord, costruì su alcuni appezzamenti il quartiere "Milano
Visconti". Il castello, ormai malridotto, fu quindi venduto ad una società
formata da un gruppo di imprenditori "Il Castello di Cusago s.r.l"
nel 2003 con l'ipotesi di farne una scuola floro vivaistica legata al Parco
agricolo Sud Milano, progetto sfumato per le difficoltà e il castello venne
ceduto nel 2008 all'immobiliare "Kreiamo s.r.l". Il maniero ha il
portone d'ingresso volto ad est, un tempo arricchito da bassorilievi, poi
asportati da Massimiliano Stampa per il suo palazzo di Milano. In
corrispondenza dell'ingresso vi è una torre merlata, sopra cui vi è una
torricella, sempre dell'epoca di Massimiliano. Il fronte misura 62 metri
(contro i 96 dei fianchi) e si sviluppa su due piani come tutto il resto della
costruzione; è aperto da finestre a sesto acuto al superiore e da altre ad arco
ribassato all'inferiore, distribuite asimmetricamente. A meridione ed a
settentrione le finestre sono sette per lato, ma nel secondo sono più strette
fra loro, in modo da riservare un terzo del fianco al loggiato; molte di queste
finestre sono murate o parzialmente chiuse per ricavarne altre di minori
dimensioni, ma sono perlopiù integre. La costruzione, già di per sé priva di fossato
e altre strutture difensive (anche la torre sembra piuttosto un elemento di
decoro o un motivo di maggior prestigio), è ancora più assimilabile ad una
villa campagnola per la presenza di una graziosa loggia, smurata nell'Ottocento
e poi di nuovo murata: essa si apre sull'estremità destra del fronte principale
e svolta sul lato settentrionale, per complessivi tredici intercolumni, segnati
da esili colonne anellate a metà, dai capitelli ornati di scudetti sui quattro
lati, ma con le insegne ducali solo sulle facce esterne. Le finestre di questo
loggiato, ricavato dall'angolo più in ombra per ripararsi dalla calura estiva,
non sono oggi più visibili, ma erano originariamente decorate con motivi
floreali, alternati ai graffiti romboidali delle pareti; sotto il loggiato la
decorazione continuava con una grande fascia a vivaci colori, con listelli
bianchi e neri e archetti allungati ascrivibile per realizzazione al periodo
del Moro. Anche l'interno è ormai disadorno: i lati frontali del cortile
misurano 38/40 metri, mentre gli altri due lati 53 metri; il lato est,
corrispondente all'ingresso, è porticato, largo oltre 5 metri con otto campate,
di cui la quinta corrispondente al portone. I capitelli sono a fronte equina e
furono privati delle insegne araldiche; sono superstiti invece gli eleganti
capitelli pensili, da cui partono le volte, con medaglioni raffiguranti alcuni
imperatori romani. Le finestre che danno sul cortile sono uguali per forma e
dimensione a quelle esterne, tutte con tracce della tipica colorazione
bicromatica (rosso e bianco). Ogni lato ne ha un numero diverso, che è
crescente in senso orario: sul lato sud cinque, ad ovest sei, a nord sette ed
otto a est. Tutte le fronti verso il cortile sono ricoperte quasi integralmente
dalla decorazione a graffito romboidale, superstite anche su vaste superfici
delle fronti esterne. Nessuna traccia, allo stato attuale, dell'oratorio
ubicato al piano superiore della costruzione, mentre l'oratorio di
Sant'Antonio, ubicato presso la chiesa parrocchiale, fu abbattuto nel '700. Sono
diffuse delle voci sull'esistenza, nel castello, dell'ingresso ad un antico
tunnel sotterraneo. Il tunnel collegherebbe l'edificio (in direzione Milano)
alla chiesa di Santa Maria Rossa, da qui proseguirebbe verso Baggio e quindi
Milano (si conoscevano alcuni ingressi presenti a Baggio) e dall'altro, in
direzione Pavia, intersecherebbe un'altra rete di tunnel che corre fino alla Certosa
di Pavia, quindi con una lunghezza di parecchi chilometri. Si ritiene che la
fitta rete sotterranea sia molto estesa e che la
via maestra correrebbe
parallelamente al naviglio Pavese. Un ingresso del tunnel, murato intorno alla
metà degli anni 60, si trova proprio sotto al Castello (sul lato destro
guardando frontalmente l'edificio). Il tunnel, avrebbe una larghezza di circa
4/5 metri, un'altezza intorno ai 2.5 metri e risulterebbe costruito con una
volta a mattoni. Una struttura tale da consentire il passaggio delle carrozze a
cavallo, quindi con una probabile funzione di
via di fuga dei signori di
Milano. L'Istituto Nazionale dei Castelli ha inserito nelle sue tradizionali
visite guidate ai castelli nel mese di settembre il castello di Cusago, che ha
meritato anche il 23° posto nella classifica indetta dal FAI su “I luoghi del
cuore”, dove hanno trovato posto i monumenti italiani più amati.
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