Il castello dei Casalodi (o castello di Casaloldo, Torre Civica o torre Casalodi) è una fortificazione di origine medievale situata a Casaloldo, in provincia di Mantova. La torre civica è quanto rimane di un antico castello in terra e legno (essendo l'unica parte del complesso castellano edificata in muratura, è quindi naturale che oggi costituisca l'unica traccia concreta della zona fortificata dopo il suo smantellamento), edificato per difendere il feudo dagli attacchi dei signorotti confinanti e proteggere la popolazione e i suoi beni. La costruzione del fortilizio è probabilmente iniziata nell'XI secolo ed è strettamente legata alla presenza dei conti Ugoni-Longhi sul territorio. La casata vantava vasti possedimenti tra Bassa bresciana orientale e Alto Mantovano che comprendevano Montichiari, Desenzano, Asola, Castel Goffredo, Mosio e San Martino Gusnago. Il castello passò poi nelle mani di un ramo della stessa stirpe comitale che da Casaloldo prese il nome: i conti Casaloldi. Divenuta una delle più potenti famiglie del Bresciano, intorno al 1190 i Casalodi si stabilirono a Mantova, da dove vennero cacciati con l'inganno dai Bonacolsi, con Pinamonte, alla fine del XIII secolo. L'episodio è ricordato da una lapide marmorea del 1921 murata su una parete della torre che ricorda la menzione fatta da Dante Alighieri di Alberto II Casalodi nel XX canto dell'Inferno. Nel 1237, in occasione della discesa in Italia dell'imperatore Federico II, il maniero, assieme al castello di Carpenedolo, venne distrutto dalle truppe ghibelline di Reggio, alleate dell'imperatore. Il 5 ottobre 1237, infatti, dopo un breve assedio, le armate imperiali misero a ferro e fuoco i castelli di Carpenedolo e Casaloldo, sia quello dei conti, che quello fondato dal Comune di Brescia, cioè Castelnuovo. Si può facilmente immaginare come, in quegli anni 1236-37, a causa del passaggio dell'esercito ghibellino, i territori del Comitatus degli Ugoni-Longhi di Mosio, Redondesco, Marcaria, Casaloldo, Carpenedolo venissero saccheggiati, i villici spogliati dei loro beni e molte case incendiate; per molto tempo questi borghi dovettero risentire dei dolorosi effetti di questa calamità. Lo studioso tedesco Bohmer, riguardo alla presa di Casaloldo e Carpenedolo da parte delle armate reggiane, scrisse che i Reggiani, usciti da Goito, non marciarono con l'esercito imperiale, ma prima andarono verso sud e conquistarono solo Casaloldo e Castelnuovo, mentre essi si sarebbero riuniti solamente in seguito con l'esercito principale che stava a Carpenedolo. Dunque il lunedì 5 ottobre 1237, le milizie ghibelline dei Reggiani, guidate dal loro podestà Manfredo Cornazzano, si gettarono prima su Casaloldo e Castelnuovo, e in seguito si diressero a nord verso Carpendolo, prendendo e distruggendo con il fuoco i castelli di entrambe le due località. Il castello di Casaloldo, dunque, come molti altri della zona, era in terra e legno; in muratura aveva solo la torre portaia quattrocentesca tuttora conservata. Appartenente dal XV secolo alla repubblica di Venezia, nel 1441, nel corso della guerra che vedeva Visconti e Gonzaga alleati contro la Serenissima, il fortilizio si ribellò alla Dominante e si diede ai nemici. Le sorti del conflitto furono, però, favorevoli al leone di San Marco, che inflisse una pena esemplare a Casaloldo, decretando, con lettera del doge Francesco Foscari, l'abbattimento e la totale distruzione delle fortificazioni e dei palancati della infedele comunità: “fortilitia et palachata terrarum Rametelli Superioris et Casalisalti, de squadra Asule, funditus subvertantur, dirumpantur et prosternantur”. Terragli e steccati furono però in seguito ripristinati, ammesso che le fortificazioni di questo luogo siano state smantellate, dubbio legittimato da un'epigrafe murata nella facciata della superstite torre d'ingresso al castello, che reca la data di costruzione del 1437. Una eccezionale testimonianza della struttura del castello di Casaloldo è data da una bella e poco conosciuta fonte iconografica del 1717, una tela della parrocchiale di Casaloldo che raffigura la battaglia ivi combattuta il 10 maggio 1509 nell'ambito della guerra che oppose la lega di Cambrai, cui aderì anche Mantova, a Venezia. In quella circostanza le truppe gonzaghesche, guidate all'assalto del fortilizio di Casaloldo da Alessio Beccaguto, nella convinzione di una facile e corroborante vittoria, si trovarono invece a sostenere una lotta accanita contro la popolazione locale, che, animata dal coraggio e dall'energia delle donne, impegnò a fondo gli attaccanti mantovani. Nel frattempo Asola, avvisata del fatto, provvedeva a inviare un contingente armato in soccorso di Casaloldo e così, aggrediti da due fronti, i soldati del Beccaguto sbandarono e si diedero a una ignominiosa fuga con perdite di uomini e mezzi. Nel quadro, che raffigura con l'efficacia di un'ispirata arte popolare la fase cruciale del combattimento, risalta il castello di Casaloldo con fossato acqueo – Casaloldo era protetto, oltre che dal fossato, anche da una cercha, cioè un secondo fosso esterno al primo, e ancora nel 1754 il canale intorno all'abitato si chiamava Cerca -, torre portaia e rivellino e si evidenziano, al posto delle mura, i terrapieni erbosi sormontati dallo steccato. Esaurite le sue funzioni, la fortificazione fu gradualmente smantellata tra Settecento e Ottocento, con lo spianamento dei bordi dell'altura e l'interramento del fossato; fu lasciata al suo posto solo la torre d'ingresso, che rimane ancora oggi con l'aggiunta torretta con funzioni di campanile e di torre dell'orologio. La torre risale al XV secolo; la facciata principale in mattoni a vista è rivolta verso via Dante Alighieri, ed oggi risulta chiusa lateralmente fra edifici di costruzione posteriore – il macello e la ex “casa del fascio” -. Attraverso la torre e mediante un ponte levatoio sul fossato, ora interrato, si accedeva al recinto fortificato. La struttura della torre si compone della porta in muratura e del sovrastante campanile. Essa in epoca medievale e moderna collegava il nucleo più antico – il castello – alla parte più recente – il borgo. Nella torre sono state ricavate, nel XX secolo, alcune stanze d'abitazione. Il fabbricato mostra elementi costruttivi tipici delle torri portaie, quali i due accessi – uno carraio ed uno pedonale - prospicienti il Tartaro e il borgo, i grandi tagli nella muratura necessari allo scorrimento dei bolzoni del ponte levatoio principale e del ponticello pedonale, la struttura delle volte, poste a definizione plastica della porta. Poco conservati sono i resti di decorazione a fresco ancora presenti su alcune rientranze ricavate nella facciata; sulla sommità corrono due serie di dentellature decorative in cotto, mentre sopra l'arco di accesso principale è stata collocata nel 1921 la già citata lapide dedicata a Dante Alighieri e ai conti Casalodi. Insieme ai fabbricati adiacenti del macello e dell'ex “casa del fascio”, a partire dal 2010 è stata oggetto di restauro e di recupero da parte del comune. Oggi, dopo i lavori, la torre accoglie la biblioteca e sale espositive. Altro link suggerito: http://www.comune.casaloldo.mn.it/index.php?option=com_content&view=article&id=148:cenni-storici&catid=30&Itemid=127
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_dei_Casalodi, https://it.wikipedia.org/wiki/Casaloldo, http://www.terrealtomantovano.it/luogo/torre-civica-di-casaloldo/
Foto: la prima è di Massimo Telò su https://it.wikipedia.org/wiki/Casaloldo#/media/File:Casaloldo-Torre_Casalodi.JPG, la seconda è presa da http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/MN360-00224/?view=luoghi&offset=1&hid=7.268&sort=sort_int
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