In epoca saracena e normanna, il villaggio era ubicato in contrada Casale, nella parte occidentale del monte Calvario. Distrutto da una frana, venne riedificato attorno al 1300 nel sito ove oggi noi lo ammiriamo. Dell'antico centro abitato rimangono i resti della chiesa di San Michele Arcangelo, probabilmente di epoca bizantina. Nel 1116, il villaggio era denominato Agrilla e Re Ruggero II il Normanno lo proclamò terra inalienabile donandolo all'Abate del monastero dei Santi Pietro e Paolo d'Agrò che vi esercitò per secoli il mero e misto imperio. L'amministrazione del villaggio era affidata ai Due Giurati che duravano in carica un anno e venivano sorteggiati estraendo i nomi da una lista di persone gradite all'Abate. Tra le cariche esistenti all'epoca si ricordino: il Iudice, che amministrava la giustizia nel villaggio, il Capitano Giustiziere che amministrava l'ordine pubblico, il Baglivo che aveva poteri di polizia campestre ed infine la commissione dei Deputati che aveva una miriade di poteri tra cui la manutenzione e la cura del castello. Gli abitanti di Forza d'Agrò erano obbligati a coltivare i campi dell'Abate e a donare ai monaci del convento, nei giorni di Natale e Pasqua due galline e una capra. Nel 1282, durante la Guerra del Vespro, Re Pietro III di Aragona ordinò ai forzesi di inviare trenta arcieri nella vicina Taormina agli ordini di Giovanni Chelamidi. Nel 1302, passò sotto la giurisdizione dello Strategoto Messinese e venne inclusa nella comarca di Taormina. Nel XV secolo, Forza d'Agrò conobbe un periodo di grande espansione edilizia, vennero costruiti il Duomo della Santissima Annunziata e la Chiesa della Triade. Il castello, costruito nel sec. XI dai Normanni, si trova a 420 m s.l.m. forse sui ruderi di una costruzione preesistente (si attribuisce la sua costruzione al conte Ruggero il Normanno, tra XI e il XII secolo, che gli diede il nome di Fortilicium D'Agrò). Si accede tramide una lunga e ripida scalinata in pietra. Il castello si è adattato all'orografia del tutto peculiare del sito, in posizione tale da dominare su un versante il sistema della valle e, sul versante opposto, consentire la sorveglianza della costa, oltre naturalmente sovrastare l'abitato il cui tessuto edilizio giunge a toccarne le strutture. Interessante è il rapporto esistente tra il complesso fortificato ed il convento di Sant'Agostino: esiste infatti un asse visuale che lega il sagrato della chiesa di quest'ultimo con il fortilizio. L'impatto visuale del manufatto è rilevante, costituendo un'importante emergenza nel paesaggio, caratterizzandosi per la massa della cinta muraria, realizzata in pietra calcarea e solo in alcune zone residue intonacata, e per l'emergenza della torre, che svetta a guisa di pivot. Il castello di Forza d'Agrò rappresenta un interessante esempio di complesso militare sviluppatosi in ragione della situazione orografica del sito con la quale instaura un rapporto che è contemporaneamente di dipendenza e di utilizzo. Se, da un lato, l'edificazione dei manufatti è stata condizionata, man mano che si precede verso la sommità del promontorio che sovrasta il paese, in ragione dei piani di posa progressivamente sfruttabili, dall'altro le esigenze militari hanno trovato una adeguata risposta nella conformazione dei luoghi. Si riscontra, infatti, una prima semicinta muraria, formata da due segmenti murari rivolti a nord e ad est, attestantisi direttamente sull'altura, i quali in corrispondenza del loro punto di incontro originano un rincasso, conseguenza di un improvviso salto di quota. A tale rientranza conduce la scalinata di accesso, ove si trova il portone d'ingresso al fortilizio, costituito da grandi blocchi di pietra bianca locale, soverchiati dalle mensole di una caditoia. Sull'architrave un'epigrafe ricorda la ristrutturazione del castello, avvenuta nel 1595, per iniziativa dei giurati e dei deputati di Forza D'Agro: "Fu: redificato in li: 1595; per Ph(ilipp)o di Oliveri: Simoni Raneri: Bernardo Crisafulli Iurati: D(ome)n(i)co Di Mascali: D(ome)n(i)co Garufi: Lixandro Mano: et Matheo Pagano Deputati". Varcato l'ingresso, la stessa scalinata scavata nella roccia con un doppio tornante conduce ad altri due muri di difesa disposti ad 'L', ancora rivolti a nord e ad est, ma questa volta col vertice verso l'interno del promontorio. Il muro rivolto ad est svolge infatti funione di scarpa nei confronti di un terrapieno. Sul crinale è impostata l'ultima cinta difensiva costituente, in parte, il perimetro di un articolato complesso di manufatti edilizi comprendente, tra l'altro, un primo atrio accessibile dal fronte settentrionale tramite una scala scavata nella roccia, un ambiente di pianta rettangolare ed asse principale nord/sud, un secondo ambiente adiacente e collegato al lato occidentale del primo, a pianta quasi quadrata che potevano, presumibilmente, essere stati destinati ad alloggiamenti dei soldati e magazzini per le granaglie. Secondo l'asse est/ovest è invece orientata la pianta della chiesa del Crocifisso, della quale sono ancora esistenti alcuni resti delle mura perimetrali e dell'altare. Dopo l'occupazione degli inglesi del 1810, la chiesa fu abbandonata e di conseguenza crollò. Una leggenda narra che il Crocifisso rimase illeso al crollo, considerato miracoloso, fu trasferito nella cattedrale per essere meglio venerato. La torre campanaria svetta all'angolo sud/est del complesso ed era caratterizzata dalle quattro aperture archeggiate, disposte ognuna in asse al relative fronte, e dalla sobria modanatura del coronamento. Oggi, purtroppo, il lato settentrionale è diruto e la cornice sommitale è in piu punti mancante. In parziale corrispondenza alia giacitura dell'ormai non piu esistente parte occidentale della chiesa del Crocifisso, sorge oggi un fabbricato chiesastico di epoca piu recente, il cui volume principale e a blocco prismatico, con copertura a tetto supportato da capriate, tavolame e rivestimento in coppi laterizi. La pianta è pertanto ad unica navata, con asse longitudinale in direzione est/ovest. Sul suo lato sud e situato un piccolo locale, originariamente adibito a sacrestia, di forma quadrata e con un'unica finestrella strombata. Il fronte principale è caratterizzato dal portale d'ingresso e dalla soprastante finestra. Sono quadrangolari, allineati secondo 1'asse verticale di simmetria del prospetto, di identico apparato decorativo, invero elementare, costituito da una fascia perimetrale non sagomata e da una cornice sovrapposta all'architrave. Nell'elevato luogo fortificato sono distribuiti alcuni pozzi destinati all'approvvigionamento dell'acqua. In uno spiazzo sopraelevato, posto presso la chiesa, si distingue, per la forma simile ad una grotta, quella che la tradizione ritiene essere la polveriera del castello. Ad ovest, sul fronte opposto a quello dal quale si è saliti (e che si e testè descritto), la cinta muraria piu interna si chiude massiccia, caratterizzata dalla presenza di due squadrate torri, ciascuna con un'apertura centrale strombata verso l'esterno e ad arco ribassato. Pressochè tutte le opere di fortificazione presentano nei paramenti le strette feritoie susseguentesi ad intervalli regolari, tipica conseguenza dell'introduzione delle armi da fuoco. Nel 1676, durante la Rivolta antispagnola di Messina, il castello rimase fedele alla Spagna, per questo venne assediato e conquistato dai francesi; questi lo misero sotto la giurisdizione militare di Savoca che poco prima aveva capitolato un vantaggioso armistizio con gli stessi francesi. Proprio durante quel periodo travagliato, si consumò nel castello un feroce massacro, ordito da don Antonio de Hox, nobile francese e capitano del castello, fermamente intenzionato a diventare signore di Forza d'Agrò. Lo stesso don Antonio, dovendo consegnare al fratello Giacomo il comando del castello, lo attirò dentro il maniero con la scusa di una cena di benvenuto, in occasione della quale ci sarebbe stato il passaggio delle consegne. Giacomo, non sospettando nulla, vi si recò con i suoi famigliari; dopo una succulenta cena, don Giacomo De Hox ed i suoi famigliari vennero uccisi e fatti a pezzi dagli sgherri di don Antonio. Era la notte del 24 luglio 1676. Per non attirare sospetti sulla sua persona, Antonio De Hox fece spargere la voce che il fratello aveva deciso di lasciare nottetempo il castello. I cadaveri delle vittime, a quanto sembra, non vennero più ritrovati. Ai primi dell'Ottocento, il castello venne occupato dalle truppe inglesi, le quali vi apportarono alcune modifiche architettoniche. Dal 1876, per circa 100 anni è stato adibito a cimitero comunale. Già l’editto di Saint-Cloud del 1804, cui ha fatto seguito l’ordinanza del governo del Regno delle due Sicilie nel 1830, aveva stabilito che i morti venissero seppelliti in cimiteri posti al di fuori dei centri urbani. Tenendo conto che la distanza del cimitero dal paese doveva essere almeno di 200 metri, l’Amministrazione comunale di Forza d’Agrò, presieduta dal Sindaco Antonio Paguni, pensò che il luogo più adatto da adibire a camposanto fosse proprio il Castello Normanno, provvisto già di mura ed in posizione sopraelevata rispetto al paese. Per questo fu fatta richiesta di acquisto al Demanio, proprietario del sito, e, con decreto ministeriale datato 3 dicembre 1876 sottoscritto dal Re Vittorio Emanuele II, venne data l’autorizzazione a convertire in cimitero l’ormai ex "Fortilicium de Agrò". Fino a quel momento tutti i morti venivano seppelliti nelle chiese poste nei vari quartieri di residenza dei defunti o nelle cappelle riservate ai nobili, al clero o alle confraternite cui i defunti stessi appartenevano. Ai poveri, invece, venivano destinate fosse adiacenti alle chiese. Nel punto più elevato del castello, nelle immediate vicinanze della vecchia chiesa del Crocifisso, sono state eseguite le prime sepolture. Vicino a semplici tombe non si escludeva qualche pregevole monumento funerario, come quello dedicato a tre esponenti della facoltosa famiglia Miano, rappresentati nei loro busti di marmo. Nel nuovo sito, le tombe, caratteristiche perché tutte disuguali, alcune alte, altre basse, disposte in tutte le direzioni non seguendo alcun senso geometrico, hanno fatto di questa antica fortezza una "città morta" (interessante foto qui: http://www.siciliafilmcommission.org/it/locationguide?locationtype=16&locationprov=91#&gid=null&pid=1). Al momento il cimitero è in stato decadente, la maggior parte delle tombe è priva di manutenzione, molte sono sprofondate ed aperte. Il castello è oggigiorno anche privo di dispositivi di sicurezza, per cui la visita, peraltro possibile, è potenzialmente molto pericolosa. Solo nel 1989 il comune di Forza D'Agro ha provveduto a costruire un altro cimitero in una zona lontana dal centro abitato. Il Castello-cimitero è stato spesso "set" di lungometraggi girati per la televisione o per il cinema Una tradizione popolare asserisce che nel castello sia stata realizzata una fitta rete di passaggi segreti che potrebbero trovare conferma nelle numerose grotte presenti ai fianchi della rupe ed un tempo usate come rifugio dagli eremiti. Altri link suggeriti: https://www.icastelli.it/it/sicilia/messina/forza-dagro/castello-di-forza-dagro, http://www.medioevosicilia.eu/markIII/castello-di-forza-dagro/, http://www.mondimedievali.net/castelli/sicilia/messina/forzadagro.htm, https://www.youtube.com/watch?v=SjRk9sIxtfQ (video di Forza d'Agrò Tv).
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Forza_d%27Agr%C3%B2, https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Forza_d%27Agr%C3%B2, http://www.castelli-sicilia.com/links.asp?CatId=199, http://www.forzadagro.net/visitare/castello.html, http://www.forzadagro.org/camposanto.htm
Foto: la prima è presa da https://www.vivasicilia.com/itinerari-viaggi-vacanze-sicilia/castelli-in-sicilia/castello-di-forza-d-agro.html , la seconda è presa da https://www.villavalentinataormina.com/it/taobook-info-turistiche/citta/forza-d-agro
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