CAMPOMAGGIORE (PZ) – Palazzo Baronale di Campomaggiore
Vecchia
Dopo essere stato abitato dalla preistoria fino al 1300 e in
seguito ad un periodo di abbandono, come viene spesso registrato nei territori
della Basilicata soggetti a continui spostamenti di popolazioni in cerca di
nuove terre da coltivare, il territorio di Campomaggiore, privo di feudatari,
passò alla Corona imperiale. Nel 1673 il feudo fu assegnato alla famiglia
Rendina da Re Filippo IV, che concesse il titolo di Conte a Gerardo Antonio
Rendina, imponendogli però di ripopolare il feudo. La famiglia Rendina prese a
cuore Campomaggiore, e ne capì il potenziale agricolo, tanto che il conte
Teodoro Rendina decise insieme ai suoi amici allievi del Collegio Tolomeo di Siena
di fondare un paese secondo i dettami architettonici del tempo. La costruzione
del paese iniziò alla fine del Settecento; l’architetto che si dedicò alla sua
ideazione fu Giovanni Patturelli, allievo del Vanvitelli, che impose alla sua
progettazione le idee delle teorie utopistiche di Robert Owen e Charles
Fourier. Il paese fu infatti progettato per sole 1600 persone, con case
disposte a scacchiera, i cui abitanti avevano tutti un pezzo di terra da
coltivare con un numero di ulivi destinato e una vigna, al centro del paese la
Chiesa, intitolata alla Beata Vergine Maria del Monte Carmelo e il Palazzo
baronale che si affacciano entrambi nella Piazza dei Voti, così chiamata per
ricordare l'impegno che presero le prime 16 famiglie il 20 novembre 1741 con la
famiglia Rendina nella costruzione del paese. I conti Rendina emanarono dunque
un editto che prevedeva un alloggio e terreno da coltivare a chiunque si fosse
trasferito a Campomaggiore, richiamarono poi delle maestranze di Bitonto per la
piantagione di ulivi nel territorio circostante. Nel 1833 la popolazione era di
1500 persone, era una delle prime ad avere una stazione ferroviaria, un
cimitero e una grande fontana come lavatoio, e vari frantoi dislocati sul
territorio, e il comando delle forze armate. Era un paese all'avanguardia. Il 2
febbraio 1885 una leggenda narra che due contadini con dei muli furono avvisati
dalla Beata Vergine Maria del Monte Carmelo, protettrice di Campomaggiore, che
da lì a poco ci sarebbe stato un evento nefasto per il paese, una frana che
avrebbe distrutto l'intero borgo. I due contadini videro sgretolarsi davanti a loro
il ponte che stavano per attraversare, che i muli erano restii ad attraversare.
Tornati al paese radunarono la popolazione e assistettero alla distruzione del
borgo, e al crollo del sogno utopico dei conti Rendina. Si tentò, negli anni
successivi, di ricostruire un nuovo paese poco più lontano, il Campomaggiore
nuovo, ma esso non ha mai raggiunto la fama di quello vecchio né il numero di
abitanti. I nobili Rendina, signori di Campomaggiore, i cui eredi esistono tutt’oggi,
non si sa quando e come, unirono la loro casata con quella dei Cutinelli,
altrettanto nobili. I Cutinelli-Rendina sono rimasti a lungo nel buon ricordo
dei Campomaggioresi, specialmente quelli della vecchia generazione, i quali,
attraverso i loro avi, hanno sentito più da vicino la benevola protezione di
detti signori. Il Palazzo Baronale, chiamato anche Castello dei Rendina, è
composto da un grande fabbricato con apertura centrale e da una corte
retrostante sicuramente seriore. Di esso è
visibile soprattutto il versante nord che si affaccia sulla "piazza
Rendina", dato che probabilmente si trova sulla spianata del paese e
quindi meno soggetto ai movimenti franosi. Resta comunque leggibile l'intero
impianto quadrilatero realizzato su due ordini scanditi da due
marcapiano e da uno spiccato di fondazione realizzato in blocchi più o meno
squadrati di pietra su letti di pietra di posa sub-orizzontali. L’edificio termina con
appendici di rinforzo a scarpa anch'esse quadrate. La presenza,
lungo i lati di tutta la fabbrica, di fori per travicelli permette di
concludere che l'intero edificio fu costruito secondo il metodo isometrico,
cioè non privilegiando nessun ambiente. Il lato principale, che si affaccia
sulla Piazza dei Voti e verso la Chiesa Madre, misura 24,60 metri senza
appendici, con esse invece circa 39,45 metri, mentre il lato settentrionale
misura complessivamente 36,20 metri di lunghezza. L'ingresso principale, un
tempo intatto ed oggi spoglio dei conci dell'archivolto e dei piedritti, doveva
possedere una luce di circa 3,70 metri ed immetteva attraverso un breve
corridoio, di 5,40 x 5,80 metri, in un giardino interno sotto il quale furono
scavati in trincea, nella viva roccia, due cunicoli (grosso
modo larghi 2 e profondi circa 4 metri), voltati a botte, con probabile
funzione di raccolta dell’acqua piovana. I numerosi
ritrovamenti di tegole e coppi, sempre in argilla rossa e la presenza di una
sola trave di legno ancora in sito nei pressi della torre nord-ovest non fanno
che riportare ad una suggestiva copertura a capriate, che lasciava scoperto il
giardino. Con queste coperture il palazzo doveva essere alto quasi sedici
metri. Fatto piuttosto interessante è l'inserimento nei muri delle tubazioni
verticali corrispondenti alle grondaie che alimentavano la cisterna del
giardino. Nella parte posteriore del palazzo erano dislocati depositi, dispense
e la cucina. Sul retro dell’edificio vi è un rarissimo esemplare di sequoia
conifera, importata dal Nord America dal conte Cutinelli-Rendina. In un
articolo successivo parleremo del Casino della Contessa, altro edificio di
Campomaggiore che fu abitato dai Rendina.
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