BRINDISI - Castello Svevo (di Mimmo Ciurlia)
Questo poderoso castello si eleva sulla sponda dell'insenatura di levante
del grande porto della città. Viene anche denominato “castello grande” o
“castello di terra”, per distinguerlo da quello alfonsino, o aragonese (detto
anche "rosso" dal colore che la pietra assumeva al tramonto),
presente sull’isola di S. Andrea prospiciente la città, all'imboccatura del
porto medio. In ordine cronologico è il secondo dei quattro castelli fatti
costruire a Brindisi e fu edificato contiguamente al primo, detto anche
"antico", del quale si sa che era in parte visibile sino al XVII
secolo. Il castello Svevo di Brindisi è probabilmente quello che ha avuto vita
più lunga in terra di Puglia. Edificato per volere di Federico II nel 1227 sui
resti di un nucleo normanno come residenza fortificata propria e per le sue
guarnigioni, non fu concepito per la difesa dai nemici esterni, bensì contro
l’ostilità dei brindisini rimasti affezionati ai Normanni e che mal
sopportavano gli Svevi, contro i quali frequentemente si ribellarono. Per la
sua costruzione vennero impiegati materiali derivanti dalle antiche mura e da
altri monumenti in rovina presenti nella città. Situato in posizione
strategica, il nucleo federiciano è costituito da un'altissima piazzaforte di
forma quadrangolare, dotata di imponenti torrioni angolari, difesa da un
profondo fossato su tre lati e dal mare sul quarto lato. Nel castello,
l’imperatore svevo celebrò le nozze con la seconda moglie Iolanda di Brienne,
figlia di Giovanni re di Gerusalemme, una fanciulla appena tredicenne che sposò
nel duomo di Brindisi nel novembre 1225 e sempre da questa fortezza Federico II
con una flotta di cinquanta navi, salpò alla volta di Gerusalemme per la sesta
crociata. Trascorsi oltre due secoli, con l'evoluzione delle tecniche di guerra
e di conseguenza anche di quelle di difesa, nel 1488 Ferdinando I re di Napoli
(detto il Ferrante), figlio di Alfonso V d'Aragona fece costruire un antemurale
che circondava la parte a terra del castello, conservando in questo modo il nucleo
svevo originale. La nuova cinta muraria, più bassa delle torri sveve, era
rinforzata da quattro torri circolari che rispondevano meglio ai canoni di
architettura militare del periodo. Il precedente fossato fu coperto da solide
volte, ricavando così nuovi e vasti locali capaci di ospitare e difendere, in
caso di necessità, tutti gli abitanti della città. Questi locali sotterranei
potevano prendere luce grazie a degli spiragli che davano sul nuovo e ampio
fossato che fu fatto scavare davanti alla nuova cinta muraria; durante questi
lavori fu trovata anche una fonte d’acqua potabile, utile a dissetare gli
abitanti del castello in caso di lungo assedio. Con tali opere il complesso
divenne molto più flessibile, avendo la possibilità di una difesa avanzata
indipendente in caso di cedimento dell’antemurale. Ferdinando I fece anche costruire,
interrato, un ampio locale da minare in caso di bisogno. Nel 1496, dopo che
Brindisi passò alla repubblica di Venezia, in una relazione inviata dal
governatore Priamo Contarini al Doge veneziano, il castello viene descritto
come "bello e fortissimo, che domina la città e gli altri castelli". Nel
1526 vi fu un primo intervento di modifica sugli apprestamenti difensivi
operato da Giovan Battista Pignatelli. Nel 1530 il generale Ferdinando
d’Alarçon, nell’ambito di una nuova e necessaria fortificazione della città,
avviò la costruzione di mura e torrioni ed opere per il potenziamento del
castello; vennero sopraelevati i parapetti, costruiti una piazza coperta per
l’artiglieria, la Batteria di Levante e un baluardo per assicurare una difesa
più efficace nei punti deboli rivelatisi nei precedenti assedi. Abbandonato
dagli Spagnoli, subì una ulteriore modifica per opera di Gioacchino Murat nel
1814, quando venne trasformato e utilizzato sino ai primi anni del 1900 come
penitenziario. Nel 1909 la Marina Militare ne acquisì il possesso, adibendo il
castello come comando della stazione torpediniere e l’anno successivo anche
come comando dei sommergibili, divenendo nel 1916 il più importante riferimento
della flottiglia MAS. Durante la Grande Guerra, Brindisi divenne teatro
determinante per le operazioni navali italiane, in questo contesto il castello fu
una importantissima base navale che ospitava grandi unità. Nel secondo
conflitto mondiale, dal 10 settembre del 1943 all’11 febbraio del 1944, il
castello divenne la residenza del re Vittorio Emanuele III, della regina Elena
e il maresciallo Badoglio che, in fuga da Roma, sbarcarono nel porto perché
sicuri dell’assenza di truppe tedesche; qui si svolsero l’attività
amministrativa del governo e le funzioni di comando durante tutto il periodo in
cui Brindisi fu Capitale d’Italia. Ancora oggi è utilizzato come comando di
divisione della Marina Militare.
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