GEMONA DEL FRIULI (UD) – Castello
via Liruti e riaccostandosi al Castello; la terza, di cui fino al terremoto si vedevano ancora notevoli tratti, abbracciava la Zuccola, il borgo di Villa, il convento di Santa Chiara, e poi ripiegava davanti al Santuario di Sant’Antonio e ritornava al castello appena sopra l’attuale via Dante. Alla fine del Seicento questa cerchia era ancora tutta visibile con le sue merlature, con le porte, guardate da torri, coi ponti sui fossati. Le mura, che in più punti minacciavano di crollare a causa del tempo e dei terremoti, sono state progressivamente demolite dopo la metà del 1800 e così pure le porte di accesso alla città. Al giorno d’oggi rimane solo Porta Udine. Fino ai terremoti del 1976, di tutto il complesso medievale del Castello risalente ai secc. XIII-XIV rimanevano le seguenti strutture: la torre centrale, detta campanaria o dell'orologio (a sud di questa torre si dice che sorgesse in antico la cappella di S. Dorotea vergine e martire aquileiese del I secolo), con la campana della Comunità (1784) nella quale sono raffigurati i Protettori della Terra gemonese, S. Tommaso Apostolo, S. Michele Arcangelo e S. Antonio di Padova, con sotto la scritta: HIS DEFENSORIBUS GLEMONA TUTA (la sicurezza di Gemona si deve a questi difensori); gli avanzi delle strutture murarie perimetrali dell'antico Castello medioevale racchiudenti due cortili (nella parte muraria nord-est, dello spessore di m. 2, è ricavato il portale d'ingresso ad arco acuto del Trecento, nella parte nord-ovest si notano diverse monofore romaniche, mentre nella parte sud-ovest sporgono due bertesche), la torre di levante abbassata e ridotta, nel 1826, a prigione distrettuale prima e manda mentale poi, in funzione fino al 1967; la torre di ponente, detta la «torate», con avanzi di tre muraglie merlate alla guelfa e traforate da quattro bifore romaniche (caratteristici gli avanzi strutturali di due bertesche o guardiole). Sul lato di levante, sempre fino ai terremoti del 1976, si scorgeva pure un tratto della vecchia cinta che racchiudeva, alla sommità del colle, l'intero sistema difensivo. Del suddetto Castello si ha pure una visione in una incisione del 1771, nelle «Notizie di Gemona» di G.G. Liruti, Si dice che, essendo una parte del Castello assai pericolante, i Gemonesi, nel 1381, decidessero di demolirla. Infatti di diverse pietre del Castello si servirono: il massaro del Comune, per restaurare le mura, nel 1396, ed il cameraro del Duomo per rifare il muro del cimitero (attuale sacrato). Caduto in abbandono, con l'avvento del dominio veneto (1420) fu ripetutamente adoperato come cava di pietra: nel Quattrocento e nel 1522, rispettivamente per la ricostruzione e la sopra elevazione di un piano dell'antico ospitale di S. Michele; nel 1503, per la costruzione dell'attuale palazzo Comunale; nel 1825, per il rifacimento della struttura muraria della facciata principale del Duomo. Il Castello servì inizialmente come residenza dei Signori di Gemona e poi come abituale dimora del capitano patriarcale con annessi gli alloggi per le guardie, l'armeria per le milizie e i magazzini per le vettovaglie in caso d'assedio, nonché il tribunale e le carceri. La parte residenziale doveva trovarsi nella torre di ponente. (Clonfero Guido, Gemona del Friuli, guida storico artistica, Udine, 1994). Una delle tre torri, quella di Levante, nel 1826, fu abbassata e ridotta a prigione mandamentale. Nei primi venti anni del nostro secolo il numero dei carcerati fu piuttosto elevato: ne troviamo ben 108 nel 1910 (102 maschi e 6 femmine). Allora non c'erano molte garanzie. Anche le guardie comunali riuscivano a mettere al fresco persone trovate sul "fatto", che poteva essere il semplice furto di una mela fatto da un minorenne. Durante la Prima Guerra Mondiale le carceri del castello ospitarono soprattutto militari, accusati di diserzione o di spionaggio. II cibo era scarsissimo e ci furono delle giornate nelle quali i prigionieri furono costretti a un digiuno forzato per mancanza di viveri. A partire dal 1920 il numero dei carcerati cominciò a diminuire e la conduzione diventò sempre più familiare ... E nel 1967 le carceri vennero chiuse; qualche anno dopo vennero utilizzate per una mostra; si parlò a lungo di una loro utilizzazione a museo ma poi non se ne fece nulla. Negli anni precedenti alla chiusura, il loro guardiano, il buon Gori, diede una mano alla Pro Glemona per la pulizia dei giardini, utilizzando anche i reclusi, ben felici di godere di un po' di aria libera, di vedere qualche cristiano e di essere ricompensati con un pacchetto di sigarette ... Sempre in quegli anni l'infaticabile Cilio Boezio costruì con cemento e sabbia un castelletto al centro della fontana, divertendosi poi a raccontare ai meravigliati turisti che quell'opera era stata intagliata nella roccia. La fontana era stata costruita dal Centro di Addestramento Lavoratori (IAL) diretto da Eligio Bellina. (Cancian Tito, Gemona Gemona Gemona, Udine, 1999). Il castello di Gemona ha seguito, nella disastrosa rovina, il destino della città che gli era cresciuta intorno. Lasciato in abbandono dai tempi della dominazione veneta, era rimasto, connaturato col paesaggio, un simbolo rassicurante: il vuoto che ha lasciato sul colle turba non solo i Gemonesi, ma anche, nel loro ampio ventaglio, paesi circostanti. (Casolo Ercole Emidio, Perché Gemona, Udine, 1977). Dal dicembre 2008 sono stati riaperti i giardini pubblici del castello, e dal 2010 si svolgono durante i mesi estivi eventi musicali, culturali e teatrali nell’ambito della manifestazione “Castel Animato”, organizzata dalla Pro Glemona. Sul castello si tramanda una misteriosa leggenda. Molto tempo fa, un ambulante giunse a Gemona in una notte d’estate. Non avendo soldi si fermò a dormire sotto il Palazzo del Comune. A mezzanotte, però, venne svegliato da strani rumori. Una voce gli sussurrò: “Se hai coraggio domani sera a quest’ora fatti trovare nuovamente qua”. La notte seguente l’anima tornò alla stessa ora e disse all’ambulante: “Vieni con me alla torre del castello, lì dovrai gettare un sasso e poco dopo vedrai una tremenda bestia a cavallo di una cassa con una chiave in bocca; non dovrai spaventarti, il tuo compito sarà quello di strappare la chiave al mostro prima che scocchi l’una di notte. L’ambulante fece quanto richiesto ma proprio quando sembrava avercela fatta scoccò l’una; la bestia e la cassa scomparvero tra le fiamme. La povera anima disse così all’ambulante: “Avevo la speranza di essere liberata da te; purtroppo ora dovrà nascere un nuovo albero da cui ricavare la culla per un altro uomo che possa aver maggior fortuna”. Altri link per approfondire: http://www.glemone.it/archivio/monumenti_storici/castello.htm (con foto precedenti e succcessive al terremoto del 1976), http://www.consorziocastelli.it/icastelli/udine/gemona
Fonti: http://www.ilcastellodigemona.it/il-progetto/cenni-storici, http://www.prolocogemona.it/index.php?castello-gemona-del-friuli, http://www.friulani.net/web/db/nel-castello-di-gemona/
Foto: la prima è una cartolina della mia collezione (in cui
è ripreso il castello prima del terremoto del 1976), la seconda è di fabiosete
su http://www.panoramio.com/photo/18005327,
infine la terza è presa da http://www.mariolinapatat.it/wp-content/uploads/2012/06/DSC00015_rid.jpg
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