RACCUJA (ME) - Castello Branciforti
Su antiche strutture romane, bizantine e islamiche, difficilmente
individuabili nell’impianto architettonico attuale, si installò ad opera del
conte Ruggero d'Altavilla una possente costruzione di difesa che aveva il
compito di controllare e costituire - assieme ai castelli di Naso e Ficarra e
agli insediamenti di Ucria, Martini e Sinagra - un solido avamposto armato che
si addentrava nelle inaccessibili plaghe boschive dei monti Nebrodi. La
costruzione normanna inglobò in sé le edificazioni preesistenti, quali il piano
terra della torre superstite e le mura, dove più tardi si installò la scala
nobile. La sua edificazione avvenne quasi in contemporanea con l'abbazia di
San
Nicolò de la Fico (declinazione dialettale locale di
San Nicola Elafico
o
San Nicola Serafico) affidata a monaci di culto orientale, intorno
all'XI secolo. Successivamente ai Normanni furono gli Svevi ad ampliare la
struttura, prolungando l’ala parallelepipeda e, probabilmente, sopraelevando la
torre cilindrica tuttora esistente, in quanto la originaria costruzione a
tholos
fu rialzata di un piano. Ancora con gli Svevi, intorno al XIII secolo, la
struttura si presentava come un saldo fortilizio, nel quale era stanziato il
governo della cittadina, che dipendeva direttamente dal re in quanto Raccuja
era di dominio regio. È con gli Aragonesi, dopo il Vespro Siciliano, che la
struttura da saldo fortilizio di difesa viene trasformata in residenza baronale,
mutamento che fra l’altro corrisponde al passaggio della cittadina dal dominio
regio alle mani di Berengario Orioles, al quale fu infeudata nel 1296. Berengario
provvide ad aprire sulle compatte mura perimetrali diversi finestroni squadrati
e solenni, per dar luce alla stanze del piano superiore che avrebbero dovuto
ospitare la famiglia baronale rendendo queste ultime più eleganti e dagli alti
soffitti, raffinati quanto sobri camini in arenaria e, dunque, trasformando il
semplice primo piano in piano nobile nell'arco del XIV secolo. Il piano terra
rimase inalterato, poiché ancora destinato alle milizie ed al rifornimento
delle truppe, diviso com'era in diversi stanzoni che non avevano ingressi sulla
facciata, bensì erano collegati gli uni gli altri dall’interno: tale
accorgimento consentiva una sicurezza per il castello, che era quindi
imprendibile e inespugnabile, in quanto all'esterno si apriva con solo una
porta che dava sul piano antistante ed è la più vicina alla torre, un accesso
nascosto dal lato superiore del castello, nel mirino della pietra da balestriere,
che falciava chiunque si fosse avvicinato. Per tutto il XV secolo poche o nulle
furono le modifiche subite dalla struttura, tanto al piano terra quanto al
piano nobile, se si eccettua l'inserimento ad un piano intermedio tra i due, in
una stanza dall'ingresso sul lato destro della facciata, di una cappella sobria
e raccolta che serviva per le preghiere private della famiglia nobile.
L’inserimento di questa stanza ad un livello intermedio di costruzione è un
espediente ingegneristico quanto artistico è un segnale di grande raffinatezza
raggiunta dagli "ingegneri di fortezza" del periodo. Dal 1552 i conti
di Raccuja furono i Branciforti, i quali costruirono a valle la loro dimora,
l'attuale Palazzo Branciforte, per tutto l’arco dei secoli XVII e XVIII, ma nel
contempo modificarono e adattarono ampiamente la struttura castellana che
conservava ancora un aspetto vetusto e medievale, per ricavarne un luogo di
rappresentanza politico-amministrativa. La cappella del XV secolo venne
decorata pur mantenendo una certa sobrietà e raccoglimento, mentre la grande
sala di rappresentanza al piano nobile, forse già iniziata dai precedenti
baroni, venne completata o realizzata
ex novo. La grande sala venne
quindi ingentilita e ampliata, in modo da rappresentare il prestigio e la
ricchezza raggiunti, venne realizzata così una vasta sala dotata di quattro
finestroni, sviluppata in senso orizzontale rispetto all'ingresso e chiusa da
un soffitto a lunette sorretto da peducci in arenaria scolpiti a motivi
floreali, mentre garantivano un confortevole tepore due grandi camini. L'antico
ingresso, che sfruttava un arco a tutto sesto di fattura romano-classica venne
murato per ricavare una elegante entrata al centro della grande sala di
rappresentanza posta tra i due grandi camini e composta da due grandi piedritti
finemente lavorati, di un architrave fregiato a motivi floreali e geometrici e
di un grande stemma marmoreo inserito in una ampia scultura quadrangolare a
bassorilievo in arenaria. Lo stemma romboidale dei Branciforti è fiancheggiato
da due lesene in stile corinzio che sorreggono una elegante mensola fregiata di
fiori e festoni; sotto lo stemma, a separarlo dall’architrave, sta una elegante
quanto semplice trabeazione. Edificarono infine una grande area di corte,
ampliando quella già esistente nell’area del pozzo, e realizzarono l’ingresso
al grande cortile, del quale oggi restano pochi ruderi. L’ultimo grande
intervento risale alla metà del XIX secolo quando la struttura, passata allo
stato dopo la caduta degli stati feudali e poi all’Italia con l’unità del 1860,
venne trasformata in carcere e alterata in molte sue parti. Vennero aperti
diversi ingressi al piano terra, sullo slargo antistante, per rendere il
carcere meglio fruibile e interrompere l’isolamento delle stanze al pian
terreno che erano aperte solo verso l’interno. Le due torri vennero trasformate
in alloggi per i carcerati ed alterate in alcune strutture interne, mentre il
piano superiore non subì grandi modifiche, se si eccettua la spregiudicata
divisione della grande sala di rappresentanza, che venne separata in due
stanzoni da una parete di cesura per ricavarne due locali distinti e
utilizzabili in diverso modo. Negli anni quaranta del XX secolo fu sede di
un'accesa polemica perché vi fu incarcerato un cittadino, il sig. Spanò, in
seguito rivelatosi innocente. Dagli anni ’60 la struttura cadde in un pessimo
stato di abbandono, che la vide spoglia di molti fregi architettonici, privata
della torre destra che rovinò insieme alla parte destra del maniero con parte
di quel che restava della sala di rappresentanza, della quale già in precedenza
scomparve la volta, e soggetta ad atti di vandalismo oltre che alle ingiurie
del tempo. Il comune di Raccuja propose persino l'abbattimento del castello per
creare al suo posto strutture comunali, tanto e tale era il degrado in cui
verteva l'edificio. Negli anni novanta un restauro a cura della Soprintendenza
alle Belle Arti della Sicilia Orientale ne rimise in sesto le precarie strutture,
non senza una certa polemica rivolta al mantenimento del divisorio ottocentesco
della sala nobile, nonché all'occultamento della cappella del piano ammezzato o
dell'opus incertum di talune pareti, testimonianza delle varie fasi di
costruzione del maniero, coperte da nuovi intonaci. Il restauro, protratto fino
ai primi anni 2000, ha interessato anche l’area di corte, gli arredi interni e
l’attigua chiesa del convento del Carmine avendo comunque il merito di
riprendere nelle sue parti essenziali il complesso monumentale e di ridare luce
al bene storico. L'intervento di recupero è stato finalizzato alla fruizione
totale del castello, con la volontà di ricavarne sede di museo civico, archivio
storico e biblioteca comunale. Il compatto edificio domina la parte alta del
paese, nel cuore del centro medioevale ed è l’unica struttura e emergere
dall’assetto urbano, in una posizione fondamentale per il controllo della
trazzera
Regia che passava lì vicina. La posizione del castello è tale da dominare e
controllare la valle del Mastropotamo. Il castello si presenta come una
casa-fortezza occupante un'aerea di forma rettangolare di 50 x 27 m
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e affiancata da due torri cilindriche, di cui quella a sud rimangono le sole
fondamenta. Disposto su due piani messi in comunicazione da uno scalone in
un'unica rampa cui si accede da un portale manieristico in Arenaria sovrastato
dallo stemma di casa Branciforti - Lanza, esso si compone di un corpo centrale,
di forma parallelepipeda a due elevazioni a cui si innestavano le due torri, di
cui quella superstite conserva il piano terra originale, forse durante la dominazione
islamica fungeva da terme o da sala riunioni; quindi una piccola corte
retrostante dal lato del monte, nella zona dell’attuale pozzo, già presente
durante la prima elevazione dell'edificio e forse di fattura romana: se ne
ritiene genericamente una datazione al II-I secolo a.C.. Il piano terra è
costituito da diversi stanzoni collegati l’uno all’altro da grandi arconi in
arenaria del XVI secolo a destra dell'ingresso che creano una suggestiva fuga
d'archi che corre lungo tutto il corpo dell'edificio fino al primo piano, sede
della biblioteca comunale (già sede delle milizie, in seguito magazzini) che
conclude sul fondo con la cappella che conserva l'antico selciato, mentre sul
lato opposto vi sono le aule un tempo adibite a carcere giudiziario, che si
insediò in antichi ambienti medievali dalle mura molto spesse e terminante nel
pianterreno della torre. Dall'ampio scalone si accede al piano superiore
costituito da un ampio salone centrale, arricchito dall'aristocratica
semplicità di un camino riquadrato in arenaria e presenta un'interessante
copertura, ripresa dall'antica volta a
cannizzu. Ecco altri link per
approfondire la conoscenza del maniero: http://www.comune.raccuja.me.it/Turismo/CastelloBranciforti/tabid/487/Default.aspx,
http://www.ioamolasicilia.com/il-castello-branciforti-a-raccuja/, http://www.bandw.it/gallery%20foto/castelli/Castello%20di%20Raccuja/album/slides/Castello%20Branciforti%20di%20Raccuja_004.html
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_Branciforti
Foto: di Alfio Monaco su http://etnaportal.it/raccuja/castello_branciforti
e dal sito http://www.ioamolasicilia.com/il-castello-branciforti-a-raccuja/
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