LARI (PI) – Castello dei Vicari (o Mediceo)
Un documento storico datato 732 D.C. attesta già
dell'esistenza di un castello a Lari sulla collina dove si trova oggi l'attuale
costruzione e si trattava, con molta probabilità, di una semplice torre in
legno cinta da palizzate. Si deve alla nobile famiglia di origine longobarda degli
Upezzinghi, intorno al 1200, la costruzione vera e propria del castello non
dissimile a quella attuale anche se, naturalmente, riveduta, restaurata e
corretta durante lo svolgere dei secoli. Lari divenne una importante roccaforte
di confine della Repubblica di Pisa, anche se la Repubblica Marinara non ebbe
mai il completo dominio sulle colline larigiane: Lucca infatti conservò il
controllo della giurisdizione ecclesiastica. Nel 1230 gli Upezzinghi si
ribellarono a Pisa e si rifugiarono a Lari, uscendone pochi anni più tardi,
solo dopo aver trattato le condizioni di pace. Nel 1287 gli Upezzinghi
tornarono nuovamente a stabilirvisi in lotta con il governo della Repubblica di
Pisa, che li estromise definitivamente nel 1290. Il castello fu conteso tra
Pisa, che ne riprese possesso e lo trasformò in Capitanato del Comune, e
Firenze che lo sottomise successivamente nel 1400 al suo dominio trasformandolo
in Vicariato. In questa sede veniva amministrata la giustizia del territorio
oltre che la riscossione delle tasse. Pisa tentò di riconnetterla di nuovo nel
suo territorio e nel 1431 il suo esercito guidato da Niccolò Piccinino
riconquistò il castello, ma solo per due anni. Le truppe fiorentine, capitanate
da Pier Capponi, a seguito di scontri e sanguinose battaglie, conquistarono
definitivamente Lari, potenziandone il sistema difensivo. Della struttura
risalente al periodo di governo pisano non rimane che un tratto di mura a
sud-ovest, nei pressi dell'orto castellano. La struttura attuale venne realizzata
dai fiorentini in varie fasi.
Il castello divenne quindi la dimora stabile dei Vicari nonchè sede del
tribunale, della sala delle torture (dove venivano "interrogati" i
detenuti), della sala dove questi venivano giustiziati qualora fossero stati
giudicati colpevoli dalla giuria esaminatrice e delle prigioni. Il primo
vicario fu Angiolo di Giovanni da Uzzano. I membri delle più nobili famiglie
fiorentine (Medici, Pitti, Peruzzi, Strozzi, Degl'Albizzi) ebbero Vicari a
Lari. Per tutto il XV secolo si succedettero varie ribellioni al potere mediceo
e ogni volta che Pisa si ribellò a Firenze, Lari partecipò attivamente ai tentativi
di ristabilire l'autonomia. Per questo il castello fu ripetutamente assediato,
ma invano: quello di Lari mantenne fama di castello inespugnabile. Consolidato
il potere fiorentino, il territorio del vicariato di Lari venne ampliato e
diviso in tre podesterie, con sede in Lari, Palaia, e Peccioli. I Medici
rafforzarono ed abbellirono il Castello; vennero intraprese grandi opere
commissionate a Francesco da San Gallo e David Fortini. I lavori vennero svolti
sotto il vicariato di Iacopo di Bongiovanni Gianfigliazzi e Bartolomeo Capponi. Il cortile del castello fu
decorato con stemmi da Andrea e Giovanni della Robbia, e altri artisti
dell'epoca. Nel 1530 venne affrescata la "sala dei tormenti" (così
veniva chiamata la sala delle torture) e nel 1700 vennero ampliate le prigioni.
Nel 1725 il castello e' vittima di una frana;, durante la quale perse la vita
il figlio del vicario e rimase distrutta la parte esterna del Palazzo dei
Vicari. Per i lavori di restauro fu preventivata la cifra di 3000 scudi. Un
progetto che prevedeva la ricostruzione di tutto il complesso non venne
approvato, per il veto dell'Arcivescovo di Pisa, che vantava ancora diritti di
proprieta' sul castello. I lavori, terminati nel 1775, si limitarono alla
ricostruzione delle parti distrutte. Sotto il governo francese vennero aboliti i vicariati e le
podesterie, ma dal 1814, alla caduta di Napoleone il vicariato fu ricostituito
con ampliati poteri: doveva infatti anche far rispettare le disposizioni
sanitarie, giudicare l'operato degli ospedali, amministrare le carceri, le
scuole, i collegi e i monasteri. Aveva inoltre il potere di condannare chi
fosse stato assolto per insufficienza di prove dalla magistratura ordinaria. Nel
1848 vennero soppressi i Vicariati e fu istituita la Pretura. Solo in tempi
relativamente recenti, nel 1934, il carcere venne chiuso e cessò la sua
attività. Nel 1970 venne soppressa anche la Pretura ed il castello fu destinato
ad abitazione privata sino al 1990. Nel 1991 iniziò l'opera di recupero del maniero
da parte del Comune di Lari, attuale proprietario, con l'attivazione di un servizio
di visite guidate affiancato da un gruppo di giovani volontari appartenenti
all'Associazione Culturale Il Castello. Col tempo sempre più ambienti furono
recuperati e aperti al pubblico. Furono inoltre organizzate mostre, conferenze
e convegni. Sulla facciata in pietra che dà sul cortile interno, sono da notare
i 92 stemmi lasciati dai Vicari che ogni sei mesi si avvicendavano ad
amministrare la giustizia, quali rappresentanti del Governo. Gli stemmi sono
scolpiti nella pietra ad ornamento del muro esterno del carcere. Nelle stanze
del castello sono osservabili gli affreschi dell'epoca e pochi mobili
originali. Le prime sale che si visitano sono quella del tribunale dove, fra
gli altri, fu processata una donna, Gostanza da Libbiano, accusata di
stregoneria (la sua vicenda è ripresa più avanti) e la stanza della cassaforte,
dove l'addetto del governo, stabiliva e incassava i tributi. Si prosegue poi
verso la sala dei tormenti dove i detenuti venivano condotti per essere
torturati o giustiziati. Vicino ad essa si trovano le celle del carcere,
anch'esse luogo di tormento per chi avesse avuto la sfortuna di trovarvisi
prigioniero. Qui i detenuti avevano a disposizione un tavolaccio di legno sul
quale stendersi e un po di luce filtrava attraverso le inferiate delle finestre
posizionate in alto verso il soffitto. Alcune celle avevano delle fosse scavate
nel muro con al loro interno un recipiente che serviva a raccogliere i loro
bisogni corporali. Altre celle, invece, avevano un'unica latrina in comune. Ma
erano le celle dei sotterranei a rasentare l'orrore. Qui finivano i detenuti
peggiori, al buio e al freddo di quelle stanzette che erano poi delle vere e
proprie nicchie scavate nella pietra fredda e umida e che si allagavano ogni
qual volta cadeva la pioggia. Le condizioni in cui vivevano i prigionieri erano
veramente inumane e sconfortanti. C'era poi una cella, che anche se non si
trovava nel sotterraneo, era comunque, per terribile analogia, simile a quelle
ricavate nel sottosuolo. Il detenuto era costretto a restarsene al buio (la
finestra alta e con le doppie inferiate era sempre tenuta chiusa da pesanti
scuri in legno) e due grosse catene assicurate alla parete gli stringevano le
caviglie. Ai detenuti non venivano però risparmiate le funzioni religiose. Essi
potevano assistervi attraverso 10 cellette ricavate su di un lato della
cappella che si trova nel cortile interno del Castello. Quando fu costruita nel
cortile, la cappella sostituì in modo permanente l'altra preesistente
all'interno del castello, ancora visitabile ma quasi irriconoscibile. A metà della
scalinata di accesso al castello, composta da 95 scalini e che porta alla
sommità della rocca, si trovava una cisterna pubblica costruita nel 1448, con
gli stemmi dei Pitti e degli Scali, vicari di Lari. Al centro del cortile sorge
una bella cisterna dove vengono raccolte le acque piovane dei tetti dei palazzi
castellani. In fondo al cortile sorge il Palazzo dei Vicari, con facciata
monumentale e ornata di stemmi. Il castello è attualmente sede del Museo Civico
Baldinucci, che espone reperti e documenti della storia di Lari. La sua
posizione dominante consente una vasta visuale sulla Valdarno, spaziando fino
al mare. Come ogni luogo degli orrori che si rispetti, anche il castello di
Lari possiede il suo fantasma. Giovanni Princi (detto il Rosso
della Paola) venne incarcerato a Lari per le sue idee politiche e all'interno
del castello trovò anche la morte dal momento che fu trovato impiccato alle
inferriate della sua cella la mattina del 16 dicembre 1922. Le ragioni della
sua morte (apparentemente un suicidio) non furono mai chiarite, anche se sul
corpo furono trovati segni inequivocabili di percosse e fu quindi ipotizzato
che fosse stato picchiato, ucciso e poi solo successivamente impiccato. Quando
il carcere venne chiuso l'ex guardiano continuò ad abitare il castello insieme
alla sua famiglia e questi furono i primi ad affermare che ogni tanto, la notte
del 15 di dicembre, il Rosso della Paola tornava a manifestarsi. Molte altre
persone affermano di aver assistito a fatti inspiegabili avvenuti all'interno
del castello e soprattutto di aver visto un uomo, avvolto da una strana nebbia,
dileguarsi velocemente nell'oscurità. Come già detto, nel castello di Lari
venne processata Gostanza da Libbiano, arrestata una mattina di novembre
del 1594, una donna che conosceva l'arte curativa delle erbe e a cui molte
persone, anche da molto lontano, ricorrevano per farsi guarire. Un giorno un
giovane che lei aveva tentato di curare morì e Gostanza venne accusata di
averlo ucciso e di intrattenere dei rapporti con il demonio. La
donna, che all'epoca aveva 60 anni, fu incarcerata, interrogata e torturata,
come molte delle vittime dell'inquisizione; ella finì per convincersi e
confessare di essere una discepola del maligno, ritrattò le sue deposizioni
soltanto con l'inquisitore
generale di Firenze, chiamato successivamente a presiedere il
processo. Questi rilesse attentamente i documenti del processo prima di
interrogare Gostanza e si rese subito conto che la superstizione era stata
alimentata da gelosie e ripicche di paese. Gostanza venne quindi prosciolta
dall'accusa di stregoneria, ma le venne impedito di medicare uomini,
donne e bestie, fu confinata a tre miglia di distanza dalla sua casa sotto pena
del carcere e della frusta e c'è chi afferma che ancora oggi il suo fantasma si
aggiri inquieto per le stanze del castello, pur non avendovi trovato la morte.
Per chi volesse saperne di più, consiglio la visita del sito : www.castellodilari.it
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