Il castello di Gressa sorge su un poggio di 585 metri, bagnato dal torrente omonimo, nella valle del fiume Archiano, a poca distanza da Bibbiena. Da questa posizione si domina tutta la vallata sottostante. Fu edificato tra il X secolo e l’inizio dell’XI, per volere del vescovo Elemperto, capo della diocesi aretina dal 986 al 1010. Costui fu un prelato in assoluto fra i più importanti del periodo, di origine germanica, uomo energico e altamente compreso delle proprie responsabilità. Intorno al 990 il castello fu dato in feudum dal vescovo Elemperto a Tebalascio, uomo agiato che possedendo parecchi beni, faceva parte della classe elitaria del Casentino. Dopo la morte di Tebalascio avvenuta nel 1009, il castello passò in eredità ai suoi quattro figli: Farolfo, Ranieri, Suppo, Sibilla; Farolfo e Ranieri morirono intorno al 1045. Nel 1078 ci fu un atto notarile nel castello: "Primavera dell’anno del signore 1078, un giorno del mese di maggio: sotto il portico di San Pietro posto dentro il castello di Gressa, alla presenza del notaio Griffo, dei testimoni Raimondo di Gonzo, Gottifredo del fu Carolino, Pagano del fu Fusclerio, Giovanni di Teuzo, Ranieri del fu Orso, si riuniscono Sibilla del fu Tedalascio vedova di Gottizo del fu Gottizo, gli infantuli Rodolfino e Suppolino del fu Suppo, Rodolfo priore del monastero di Camaldoli e stipulano il seguente contratto: Sibilla, Rodolfino e Suppolino trasferiscano a Rodolfo tutti i propri diritti sul castello di Gressa che essi hanno in feudo dal vescovo di Arezzo e che sono amministrate dal fattore Leone del fu Buono". Nel 1249 il Vescovo Guglielmino Umbertini spedì da Gressa un Breve di indulgenze a tutti i fedeli che avessero contribuito con le loro elemosine alla costruzione dell’Ospedale di S. Maria dei Ponti, sul Castro, situato nella città di Arezzo. Pare che nel castello di Gressa si battesse moneta, il vescovo aveva questo potere. Nel 1257 lo stesso vescovo Guglielmino per pagare alcuni dei suoi debiti dette in pegno il castello di Gressa ai Fiorentini. Il suo successore, Ildebrandino dei Conti Guidi di Romena, tornò a soggiornare in Gressa. Nel 1299 Ildebrandino spedì dal castello di Gressa una Bolla con la quale concesse alla contessa Sofia, sua zia paterna e Badessa di Pratovecchio, di trasferire le reliquie di Sant’Ilario dalla Chiesa della Pagliola al Monastero di Arezzo. Dopo la morte dei Vescovi Ildebrandino e del suo successore Guido da Pietramala, il maniero fu preso da Pier Saccone, signore d‘Arezzo, che lo restituì dopo il trattato di Sarzana, a Boso Ubertini. Ma lo restituì così a malincuore che aveva sempre in animo di riprenderlo e per tal motivo conosceva la misura esatta dell’altezza dei muri. Essendo ormai moribondo, chiamò il figlio Marco e gli consegnò la misura e gli ordinò di dare nella notte seguente la scalata alle mura del castello, l’impresa fallì perché esso era ben difeso. Pier Saccone avendo saputo che il suo progetto non era stato portato a termine morì. Nel 1356 subì l’assedio dei Fiorentini, ma il maniero, salvo per un breve periodo, rimase vescovile e fu l’ultimo dei castelli del Casentino a rimanerne in possesso. Il 24 febbraio 1366 gli uomini castri et curie di Gressa si riunirono nell’aia della casa di Nanni di Cambino, posta nei pressi del castello, e davanti al notaio Angelo, del fu Francesco da S.Angelo in Vado, nominarono” in plena et communi concordia” Francesco di Lippo Catenacci di Arezzo e Maggio di Peruzzo da Marena come loro rappresentante a recarsi presso i capi del Comune di Arezzo per riconoscere di essere stati ed essere ancora “ veros et originarios comitatinos dicti comitatus". L’atto della formale accettazione di Gressa a far parte del territorio aretino fu scritto il 24 marzo dello stesso 1366 nel palazzo comunale della città di Petrarca da un notaio chiamato Jacopo. Va detto subito che tale sottomissione era poco più che fittizia, poiché il vero Comune che si prese il castello fu Firenze. Arezzo infatti, manteneva ormai un’indipendenza quasi soltanto di facciata in quanto già da qualche decennio, precisamente dal 1337, Firenze aveva cominciato ad infiltrarsi nella vita politica aretina. Ed infatti nel 1384 la città del Petrarca fu costretta ad accettare anche ufficialmente il dominio di quella di Dante Alighieri. Di conseguenza di lì a poco toccò a Gressa. L’atto formale di sottomissione del castello fu stipulato il 21 agosto 1386. Quel giorno a Firenze, nel Palazzo dei Priori, Stefano di Paoluccio da Querceto, rappresentante di tutte le località facenti parte del territorio di Gressa (oltre al capoluogo anche Poggiolo, Catarsina, Giona e Querceto), consegnò ai Fiorentini le dette località. Poi, nello stesso giorno e nello stesso luogo, i priori, accettando la “libera” sottomissione del castello casentinese e dei borghi ad esso facenti parte, deliberarono le condizioni di capitolazione. Con esse il Comune di Firenze dichiarava che da quel momento avrebbe difeso e protetto gli abitanti di Gressa e degli altri luoghi, che concedeva loro di non pagare l’estimo e altre tasse per otto anni, che li liberava da eventuali condanne o bandi precedentemente comminati da Firenze stessa e da Arezzo, che permetteva loro di farsi propri statuti e ordinamenti purché, naturalmente, non andassero contro quelli fiorentini; in cambio a tutto ciò gli abitanti di Gressa e dei luoghi ad essi sottoposti, riuniti anch’essi in una comunità, dovevano essere a disposizione di Firenze per “fare eserciti o cavalcate“ e per accogliere amministratori o ufficiali fiorentini inviati da loro, infine il 24 giugno di ogni anno dovevano donare al Battistero di Firenze num cereum honorabilem. Nel 1500 il castello divenne proprietà dei conti Martellini, nobile famiglia di Bibbiena, poi passo ai conti Nati, poi fu la volta dei conti Nati Poltri, poi dei conti Marcucci Poltri. Durante la seconda guerra mondiale il castello divenne avamposto militare tedesco. Il maniero è costituito da una prima cerchia muraria a pianta poligonale irregolare, da una seconda cerchia muraria più ristretta a forma ottagonale irregolare e da un edificio centrale, innalzato nel punto più elevato. Le mura, realizzate in pietra grezza di arenaria e calcare, seguono l’andamento del rilievo, raggiungendo in alcuni tratti 5 mt di altezza e conservano nella cortina esterna un bel portale, accessibile tramite scale oggi scomparse. Nella parte centrale si erge una robusta torre quadrangolare sviluppata su tre piani, che serviva sia per residenza signorile, sia per usi militari. Fra i due ordini di mura sono inserite alcune case, due cisterne intonacate per la raccolta dell’acqua, la Chiesa di San Jacopo e il vecchio edificio utilizzato come residenza estiva fortificata vescovile. All’interno si trova il Cassero, al centro del quale si alza la torre a cui si accede da una piccola porta posta a metà altezza. Gli attuali proprietari del castello di Gressa sono i Conti Pentasuglia, antica famiglia di origine ellenica, che ne stanno promuovendo il restauro; si deve alla dedizione ed alla passione del Conte Michel Pentasuglia se il l'edificio sta ritrovando lo splendore di un tempo.
Fonti: http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Gressa, http://casentinolive.it/castello-di-gressa.html,
http://www.castellodigressa.it/Ita/index.html, http://www.castellitoscani.com/italian/gressa.htm
http://www.castellodigressa.it/Ita/index.html, http://www.castellitoscani.com/italian/gressa.htm
Foto: la prima da http://www.mondimedievali.net, la seconda da http://www.paraclick.it/index.php/coloriamo-il-cielo/?id=29&albId=61 (su gentile concessione del sig. Sisto Ghinassi)
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