sabato 20 settembre 2014

Il castello di sabato 20 settembre






MILANO – Castello Sforzesco (di Mimmo Ciurlia)

E’, con il Duomo, il monumento più imponente di Milano. Il castello che ammiriamo oggi è il risultato di molti  interventi, dal Trecento ad oggi. La costruzione di una fortificazione con funzioni prettamente difensive fu avviata nella seconda metà del Trecento dalla dinastia viscontea, che deteneva la signoria di Milano da quasi un secolo, da quando, cioè, nel 1277 l'arcivescovo Ottone Visconti aveva sconfitto nella battaglia di Desio e cacciato da Milano il precedente Signore, Francesco Mucillo. Nel 1354 l'arcivescovo Giovanni Visconti, morendo, lasciò in eredità il ducato ai tre nipoti Matteo II, Galeazzo II e Bernabò. L’antico fortilizio venne edificato come rocca difensiva negli anni fra il 1360 e il 1370 da Galeazzo II Visconti, ed è chiamato "di Porta Giovia", dal nome dell'antico ingresso della cinta delle mura romane dedicato a Giove, perché costruito lungo le mura medievali di Milano, delle quali ingloba l'omonima porta. I lavori vennero proseguiti dai successori Gian Galeazzo e Filippo Maria che ampliarono l'edificio. Il risultato è un castello a pianta quadrata, con i lati lunghi 200 m, e quattro torri agli angoli, di cui le due rivolte verso la città particolarmente imponenti, con muri perimetrali spessi 7 m. La costruzione divenne così dimora permanente della dinastia viscontea, per essere poi distrutta nel 1447 dalla neonata Aurea Repubblica Ambrosiana, fondata dai nobili milanesi dopo l'estinzione della dinastia viscontea avvenuta con la morte senza eredi legittimi del duca Filippo Maria. Tre anni più tardi, nel 1450, Milano accolse come nuovo Signore della città il condottiero Francesco Sforza, grande generale e consorte dell'ultima Visconti, Bianca Maria, unica figlia, illegittima, di Filippo Maria. Iniziò così la riedificazione del castello, fortezza che risorse sulle fondamenta viscontee, “ingentilita” verso la città. Nel 1452 fu affidato all'architetto fiorentino Antonio Averlino detto il Filarete, il compito di realizzare la spettacolare torre mediana  dell'orologio che  tuttora viene chiamata Torre del Filarete. Alla morte di Francesco Sforza, gli successe il figlio Galeazzo Maria che fece continuare i lavori dall'architetto Benedetto Ferrini. In questi anni fu avviata una grande campagna di affreschi delle sale della corte ducale, affidata a vari pittori, di cui l'esempio più pregevole è la cappella ducale cui lavorò Bonifacio Bembo. Fu così che una parte interna del castello, rivolta verso il parco, assunse l'aspetto di una residenza signorile: è la Corte Ducale, affiancata dal complesso fortificato quadrato della Rocchetta. Quest'ultima, vera e propria rocca nella rocca, è dotata di un'alta torre, detta "di Bona" costruita nel 1476, da Bona di Savoia, vedova di Galeazzo Maria Sforza. Nel 1494 salì al potere Ludovico il Moro e il castello divenne sede di una delle corti più ricche e fastose d'Europa, alla realizzazione della quale furono chiamati a lavorare artisti come Leonardo da Vinci (che affrescò diverse sale dell'appartamento ducale, insieme a Bernardino Zenale e Bernardino Butinone) e il Bramante (forse per una ponticella per collegare il castello alla cosiddetta strada coperta), mentre molti pittori affrescarono la sala della balla illustrando le gesta di Francesco Sforza. Di Leonardo resta in particolare la pittura di intrecci vegetali con frutti e monocromi di radici e rocce nella Sala delle Asse, del 1498, mentre nulla rimane del colossale monumento equestre a Francesco Sforza, distrutto dai Francesi prima di essere completato. Alla caduta del Moro e all'arrivo dei nuovi dominatori francesi, nel 1499, seguirono anni di battaglie, assedi e occupazioni del castello, che subì saccheggi e distruzioni. In questo periodo convulso, nel giugno 1521, la Torre del Filarete, utilizzata come deposito di munizioni, esplose a causa di un fulmine, provocando morti e danneggiando l'intera struttura. Ritornato al potere e al castello, Francesco II Sforza ristrutturò e ampliò la fortezza, adibendone una parte a sontuosa dimora della moglie Cristina di Danimarca. Nel 1526, Milano fu definitivamente sottomessa al dominio spagnolo e con esso anche il castello che nel 1535 (governatore Antonio de Leyva) perse il ruolo di dimora signorile, che passò al Palazzo Ducale, e divenne il fulcro della nuova cittadella, sede delle truppe militari iberiche: la guarnigione era una delle più grandi d'Europa, variabile da 1000 a 3000 uomini, con a capo un castellano spagnolo. Nel 1550 cominciarono i lavori per il potenziamento delle fortificazioni, con l'aiuto di Vincenzo Seregni: fu costruito un nuovo sistema difensivo di pianta prima pentagonale e poi esagonale (tipica della fortificazione alla moderna): una stella a sei punte portate poi a 12 con l'aggiunta di apposite mezzelune. Le difese esterne raggiunsero così la lunghezza complessiva di 3 km, e coprivano un'area di circa 25,9  ettari. Le antiche sale affrescate furono adibite a falegnameria e a dispense, mentre nei cortili furono costruiti pollai in muratura. All'inizio del Seicento l'opera fu completata con fossati, che separarono completamente il castello dalla città, e la "strada coperta". Dopo la conquista austriaca del 1706, per mano del grande generale Eugenio di Savoia, l'edificio mantenne, per circa un secolo, funzione rigorosamente militare, a più riprese restaurato fino all'arrivo delle truppe napoleoniche nel 1796, durante le quali l'antica fortezza  subì gravi danni. Già nello stesso 1796 era stata presentata una prima petizione popolare, che richiedeva l'abbattimento del castello, interpretato quale simbolo dell'antica tirannide. I cittadini ne mutilarono i torrioni e ne scalpellarono gli stemmi sforzeschi. Con decreto del 23 giugno 1800 Napoleone ne ordinò, in effetti, la totale demolizione. Essa venne realizzata a partire dal 1801, solo in parte per le torri laterali e in toto per i bastioni spagnoli, esterni al palazzo sforzesco, di fronte alla popolazione esultante e l'antico castello fu destinato ad alloggio per le truppe: le sale affrescate al piano terreno della Corte Ducale vennero addirittura adibite a stalle. Non migliorarono le condizioni dell'edificio all'epoca della Restaurazione (1815-1859): sede della guarnigione austriaca durante le Cinque Giornate di Milano (18-22 marzo 1848), il castello fu saccheggiato dal popolo, in rivolta contro gli odiati dominatori. Milano e il Regno Lombardo-Veneto furono annessi nell'Impero d'Austria, sotto il dominio dagli austriaci del Bellegarde e il castello venne arricchito di cortine, passaggi, prigioni e fossati, diventando tristemente famoso perché durante la rivolta dei milanesi nel 1848 (le cosiddette Cinque giornate di Milano), il maresciallo Radetzky diede ordine di bombardare la città proprio con suoi cannoni. Durante i tragici avvenimenti delle guerre d'indipendenza italiane, gli austriaci si ritirarono per qualche tempo e i milanesi ne approfittarono per smantellare parte delle difese rivolte verso la città. Quando nel 1859 Milano fu definitivamente in mano sabauda e dal 1861 parte del Regno d'Italia la popolazione invase il castello, derubando e saccheggiando in segno di rivalsa. Circa 20 anni dopo, il castello fu oggetto di dibattito: molti milanesi proposero di abbatterlo per dimenticare i secoli di giogo militare e soprattutto per costruire un quartiere residenziale estremamente lucroso. Tuttavia prevalse la cultura storica e l'architetto Luca Beltrami lo sottopose a un restauro massiccio, quasi una ricostruzione, che ebbe come scopo far tornare il castello alle forme della signoria degli Sforza. Il restauro terminò nel 1905, quando venne inaugurata la Torre del Filarete, ricostruita in base a disegni del XVI secolo e dedicata a re Umberto I di Savoia, assassinato pochi anni prima. La torre costituiva anche il fondale prospettico della nuova via Dante. Nella vecchia piazza d'armi vennero inoltre messe a dimora centinaia di piante nel nuovo polmone verde cittadino, il Parco del Sempione, giardino paesaggistico in stile inglese. Il Foro Bonaparte venne ricostruito a scopo residenziale anteriormente al castello. Nel corso del XX secolo il castello venne danneggiato e ristrutturato dopo la seconda guerra mondiale; negli anni Novanta fu costruita in Piazza Castello una grande fontana ispirata ad una precedentemente installata sul posto che era stata smantellata negli anni Sessanta durante i lavori per la costruzione della prima linea della metropolitana e non più rimessa dopo il termine dei lavori. Nel 2005 si è concluso l'ultimo restauro di cortili e sale. Il quadrilatero attuale del castello racchiude l'ampia piazza d'armi, il corpo dell'edificio che fronteggia l'ingresso principale e la torre mediana è interrotto dalla torre di Bona di Savoia. Antistante vi è il fossato morto, parte dell'antico fossato medievale in corrispondenza del quale sono le fondazioni del castello di porta Giovia. Una porta introduce al cortile della Corte Ducale, di forma rettangolare e con un porticato sui tre lati. La facciata posteriore è la più antica, trovandosi in corrispondenza dei fabbricati di epoca trecentesca innalzati da Galeazzo Visconti. È divisa in due dalla Porta del Barco, come era detta la zona boschiva situata nell'area dell'attuale corso Sempione, adibita a riserva di caccia. Sul fianco destro del Castello si apre la Porta dei Carmini, mentre più indietro si trova la cosiddetta Ponticella di Ludovico il Moro, una struttura a ponte che collegava gli appartamenti ducali alle mura esterne oggi scomparse. Le sue linee esterne, di purezza  geometrica e grazia rinascimentale, si staccano nettamente dal resto della costruzione. Il suo progetto è infatti attribuito, pur senza riscontri certi, a Donato Bramante, che fu alla corte del Moro dalla fine degli anni settanta del Quattrocento. La sua fronte principale è costituita da una lunga loggia che ne occupa l'intera lunghezza, con un'alta trabeazione retta da esili colonnette in pietra liscia. Nelle salette di questo ponte, come narrano le cronache dell'epoca, si rinchiuse Ludovico a seguito del lutto per l'amatissima moglie Beatrice d'Este, (per questo motivo deriva la loro denominazione "Salette Nere"). Sul fianco sinistro, oltre la Porta di Santo Spirito, si trovano invece i resti di un rivellino che apparteneva alle fortificazioni della Ghirlanda, i cui resti sono in parte visibili anche nel lato prospettante su Parco Sempione. La rocchetta è difesa da due torri: la torre di Bona di Savoia, fra la rocchetta e la piazza d'armi, e la torre del tesoro o della Castellana, all'angolo ovest del castello. La torre detta di Bona fu costruita nel 1477, durante la reggenza della duchessa piemontese rimasta vedova a seguito dell'assassinio del marito avvenuto il 26 dicembre dell'anno precedente, come è ricordato sul grande stemma in marmo apposto sulla torre. Essa appartiene alle opere di difesa costruite nel periodo di incertezza politica coincidente con il governo di Cicco Simonetta e della duchessa Bona, per conto del figlio Gian Galeazzo di soli sette anni. All'angolo opposto, la torre della Castellana fu detta anche del Tesoro in quanto nelle sale al piano terreno veniva appunto custodito il tesoro del ducato, consistente in monete e metalli preziosi, opere di oreficeria e gioielli descritti dagli ambasciatori dell'epoca che ne erano ammessi alla visita. A custodire la sala è un affresco con la figura di Argo, mitologico guardiano che non dormiva mai, chiudendo solo due alla volta dei suoi cento occhi. L'opera rinascimentale, che ha purtroppo perso la testa durante un rifacimento della volta della sala, risale alla fine del quattrocento ed è stata variamente attribuita a Bramante o al suo allievo Bramantino. Gli appartamenti dei Duchi ed il fulcro della vita di corte in epoca rinascimentale erano situati in quella che oggi è detta Corte Ducale. La corte ha forma a U, e occupano l'area nord del castello. Essa fu edificata e decorata nella seconda metà del Quattrocento principalmente ad opera di Galeazzo Maria Sforza, che qui venne a risiedere a seguito del suo matrimonio con Bona nel 1468 fino alla sua morte, e di Ludovico il Moro che vi risiedette durante tutto il ventennio del suo ducato. Benché danneggiata e alterata nei quattro secoli successivi in cui fu trasformata in caserma, i restauri ottocenteschi ne hanno ricostruito l'aspetto e le decorazioni rinascimentali. i due lati più lunghi del cortile si presentano ricoperti da intonaco chiaro con decorazioni a graffio, su cui si aprono sui due piani monofore a ogiva con cornici in cotto decorate, restaurate sulla base dei calchi delle cornici meglio conservate. La parete di fondo è occupata dal cosiddetto Portico dell'Elefante, un armonioso porticato retto da colonne in pietra che ospita uno sbiadito affresco raffigurante animali esotici fra cui un leone e, appunto, un elefante. Sotto il portico è oggi posta la lapide, in caratteri latini, che sorgeva di fronte alla "Colonna infame" nell'odierna piazza Vetra, costruita nel 1630 e demolita nel 1778. La colonna fu eretta sul luogo della casa di Gian Giacomo Mora, ingiustamente accusato di avere diffuso la peste come "untore", e per questo torturato e giustiziato, come fu descritto da Alessandro Manzoni nella sua “Storia della colonna infame”. L'accesso al secondo piano avviene attraverso una scalinata posta a fianco della porta del Barco, costruita a piccole rampe in modo da poter essere percorsa anche a cavallo, che conduce alla Loggia di Galeazzo Maria, un elegante loggiato retto da eleganti ed esili colonnine, aperto sulla corte. Sul muraglione che divide la corte ducale dalla Rocchetta, è una piccola fontanella di gusto rinascimentale decorata con le imprese sforzesche e Viscontee. Un'atra fontana, a doppia vasca, in cotto, si trova nel cortiletto omonimo, scolpita su modello di un'acquasantiera della collegiata di Bellinzona. La parte del castello più inespugnabile è invece la Rocchetta, nella quale gli Sforza si rifugiavano in caso di attacco. È costituita da una corte quadrata, con quattro lati dell'altezza di cinque piani. Originariamente aveva un solo ingresso, costituito da un ponte levatoio che scavalca il fossato morto permettendo l'accesso dalla piazza d'armi. Lo stretto passaggio verso la corte ducale fu aperto solo successivamente. I quattro lati della corte non sono uniformi né per stile e decorazione, né per epoca di costruzione. Le prime due cortine a sorgere furono quelle verso l'esterno del castello, e presentano un prospetto omogeneo. Un ampio portico corre a pian terreno sostenuto da colonne in pietra che reggono arcate a tutto sesto, mentre al di sopra si elevano tre ordini di finestre: una prima fascia di piccole aperture rettangolari, seguita da una fascia di ampie monofore ad ogiva ed un'ultima di monofore in scala minore, entrambe con cornici in cotto. Le ultime due ali, aggiunte all'epoca del Moro, presentano prospetti differenti: il lato verso la corte ducale è anch'esso porticato, presenta un quarto ordine di aperture, mentre il lato verso la piazza d'armi, non porticato, è caratterizzato da una fascia di archetti sostenuti da mensole in pietra. I recenti restauri hanno portato alla luce le originali decorazioni a graffio dell'intonaco delle facciate, e le cornici ad affresco delle aperture che simulano decorazioni in cotto. Di particolare bellezza sono gli affreschi a motivi decorativi sulle volte, ed i capitelli in pietra. Il Castello Sforzesco ospita le Civiche Raccolte d’Arte con la Pinacoteca del Castello Sforzesco che custodisce capolavori del Canaletto, del Mantegna, del Bellotto e molte altre opere, il Museo d'Arte Antica che raccoglie 12 secoli di scultura, lombarda e non, dal IV al XVI secolo. Qui è possibile ammirare la "La Pietà Rondinini" di Michelangelo (1475-1564); le Civiche Raccolte d’Arte Applicata con il Museo degli Strumenti Musicali che custodisce strumenti realizzati tra il XV e il XX secolo, quello delle Arti Decorative, il Museo della Preistoria e Protostoria e il Museo Egizio dove si rimane incantati alla vista del "Libro dei morti", dei sarcofagi e delle mummie. All'interno del Castello Sforzesco è conservata anche un'altra importante opera di Leonardo, in genere non visibile al pubblico: il Codice Trivulziano, nella Biblioteca Trivulziana, che tratta specialmente di architettura militare e religiosa.


Foto: entrambe sono cartoline della mia collezione

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