mercoledì 10 settembre 2014

Il castello di mercoledì 10 settembre





CALTAVUTURO (PA) - Castello di Terravecchia


Secondo molti studiosi il nome e l'origine di Caltavuturo vengono fatti risalire alla dominazione araba (il nome deriverebbe dalla parola Qal‘at Abī l-Thawr (roccaforte di Abū Thawr), dal nome di un condottiero musulmano che se ne insignorì; secondo altri pareri invece deriva dalla parola araba "kala" (rocca) e da quella siciliana "vuturu" (avvoltoio) andando così a prendere il significato di "Rocca dell'Avvoltoio", rapace attualmente presente nel territorio. Caltavuturo è attestata come centro fortificato fin da epoca bizantina; il castello, nella sua individualità è attestato almeno dal XIV secolo. Mancano però notizie documentarie certe relativamente alla costruzione e alle trasformazioni del complesso castrale. Durante la dominazione normanna il paese appartenne alla famiglia del conte Ruggero; e sotto gli Svevi fu concesso ai Ventimiglia, a cui si succedettero varie famiglie sino al XVI secolo. Gli ultimi signori di Caltavuturo (Spadafora, Rosso, Luna, Moncada) vissero in questo Castello non gloriose gesta militari, ma certamente momenti esaltanti della loro potenza. L'unica "mappa" ricostruibile del maniero la si può dedurre da un inventario redatto nei primi decenni del 1400. Stalle e armerie, cucine, sale e stanze da letto, granai e cantine, e perfino un mulino consentivano agli abitanti del castello un buon livello di autonomia. Qui trovò rifugio la madre di Gian Vincenzo De Luna, uomo violento e prevaricatore che, nel 1505, per un mese intero cercò di penetrare nel castello dove sua madre, Beatrice Rosso, si era rifugiata per sfuggire alle sue ira. Per calmare Gian Vincenzo, dovette intervenire il Vicerè, il cui soccorso venne invocato dalla stessa Beatrice. I Luna, conti di Caltabellotta, nel 1500, non appartenevano a una qualsiasi famiglia feudataria. Basti considerare che Don Pietro De Luna, ebbe due mogli: la prima era la figlia del Vicerè De Vega, la seconda era la figlia del Vicerè La Cerda. Nel Castello di Caltavuturo nacque uno dei discendenti della famiglia Luna. Nei registri di battesimo della Matrice di San Bartolomeo, in data 24 aprile 1544, si annota il battesimo di don Ottavio, "figlio dell'Illustrissimo Don Pietro De Luna Padrone di questo Stato... e di Donna Colonna". Sino ai primi decenni del 1600 il castello doveva trovarsi in condizioni discrete, infatti le sue carceri erano ancora in funzione, invece, successivamente, chi commetteva un reato perseguibile dall'autorità baronale, veniva incarcerato nel Castello di Collesano. A partire dagli ultimi decenni del 1600, il Castello di Caltavuturo seguì la stessa sorte di tutti gli altri edifici presenti a Terravecchia, prima lo spopolamento e poi la decadenza dell'abitato. L'incuria umana, unita al deliberato proposito di abbandonare quel sito, come pure i periodici terremoti ridussero l'antico paese allo stato di rudere definitivamente, al punto che per spiegarne il totale disastro sorse tra i caltavuturesi la leggenda che Terravecchia venne distrutta durante una guerra tra Caltavuturo e Sclafani, fatto riportato solo nel libro della fantasia popolare. Certamente è difficile accettare che l'antica Caltavuturo sia andata in rovina per colpa degli stessi caltavuturesi. Il castello occupa il punto più elevato all'estremità sud-est dell'altopiano roccioso (703 metri s.l.m.) della Terravecchia, la rupe che sovrasta 1'attuale paese e che fu sito della 'terra vecchia', il centro abitato medievale. Di quest'ultimo, in origine circondato interamente da mura, rimangono in particolare i resti di due edifici chiesastici e una serie di ambienti seminterrati. L'area è stata sottoposta alcuni decenni fa ad un folto rimboschimento. Il maniero, ormai allo stato di rudere, impegna una superficie di circa 1000 mq. Oltre ad una cisterna nella zona nord-ovest e ad alcune strutture parzialmente visibili sul terreno, rimangono soltanto le mura perimetrali, conservatesi per 7/10 m di altezza (ad eccezione del muro meridionale completamente crollato), e tre torri: due rettangolari e una semicircolare. Tutto il fronte orientale poggia su una massa rocciosa emergente su cui sono visibili manufatti murari relativi a partizioni interne. Le mura perimetrali, spesse da 1,50 a 2 m, sono realizzate con pietrame calcareo informe o appena sbozzato, cementato con malta. I cantonali sono costruiti con conci scelti e ben squadrati. Una serie di fori con frammenti di travi al loro interno denota l'esistenza di ambienti con solai lignei o di camminamenti, mentre accenni di volte in pietra si individuano nelle torri. La poca consistenza dei resti e la mancanza di fonti documentarie non consentono di seguire le vicende costruttive del manufatto. Non e possibile distinguere gli spazi aperti da quelli chiusi; nè esiste un qualsiasi riscontro per l'individuazione della porta d'accesso che, comunque, è verosimilmente da ipotizzare sul lato meridionale. L'attuale configurazione del castello è comunque, certamente, il risultato di una serie di ampliamenti e trasformazioni apportate nel corso del tempo al corpo di fabbrica, in stretta relazione con la sua importante posizione strategica e con l'esistenza del borgo fortificato.
Fonti: scheda compilata dal Dott. Andrea Orlando su http://www.icastelli.it, http://it.wikipedia.org, http://www.castelli-sicilia.com/links.asp?CatId=148

Foto: la prima è una cartolina postale (ma l'ho trovata sul web, purtroppo non fa parte della mia collezione...) mentre la seconda è di Salvatore Tartamella su http://www.panoramio.com

Sempre sul web ho trovato quest'altra foto ma non so se il castello ripreso sia lo stesso di cui abbiamo parlato oggi....qualcuno ne sa di più ?




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