GRADOLI (VT) – Palazzo Farnese
E’ uno degli imponenti palazzi-fortezza della famiglia
Farnese sparsi in Italia. Il palazzo conserva sontuose stanze affrescate ed
ospita al suo interno il Museo del Costume Farnesiano, interessante raccolta di
abiti, armi, utensili rinascimentali e il Centro Nazionale di Studi sulla
Famiglia Farnese. La storia di Palazzo Farnese s'intreccia con quella
dell'abitato di Gradoli. Originariamente nel luogo dove sorge, si ergeva un
castello, poi caduto in rovina. Nel 1515 secolo il cardinale Alessandro
Farnese, affidò all'architetto Antonio da Sangallo il Giovane la demolizione
del vecchio castello e la costruzione al suo posto di un palazzo-fortezza
rinascimentale. Quest’ultimo è stato uno dei più importanti architetti del Cinquecento.
Quando arrivò a Gradoli aveva poco più di trent'anni e un bagaglio di
esperienze già cospicuo. Era l'architetto di fiducia del cardinal Alessandro
Farnese che lo utilizzò in tutti i cantieri aperti nei territori farnesiani,
come pure fece suo nipote il cardinal Alessandro Farnese Jr. Antonio da Sangallo il Giovane si trovò a
edificare il palazzo sui resti di una preesistente fortezza medievale arroccata
sul sommo di un colle che guarda la sponda nordovest del Lago di Bolsena: fu
quindi fortemente condizionato dalla natura dei luoghi e dalle emergenze
architettoniche esistenti. Non solo, a causa della scarsa staticità delle
fondamenta, dovuta alla ristrettezza della base della costruzione, dopo qualche
anno dalla conclusione dei lavori, durati dieci anni, fu necessario munire
l'edificio di adeguati rinforzi, per garantirne la stabilità. Il problema fu
brillantemente risolto dal Sangallo con la realizzazione dei possenti
contrafforti angolari, che da allora caratterizzano, senza pregiudicarla,
l'estetica del palazzo. Anzi, come afferma un viaggiatore e scrittore inglese,
l'effetto prodotto "toglie ancor oggi il fiato". Si dice (e si
legge!) comunemente che il palazzo fu il dono di nozze di Paolo III (allora
ancora cardinale) per il figlio Pier Luigi in occasione del suo matrimonio con
Girolama Orsini, figlia di Lodovico conte di Pitigliano. La cosa può apparire
plausibile e suggestiva, ma è senz'altro più corretto affermare che il
matrimonio del figlio di Paolo III costituì semplicemente l'occasione per la
costruzione dell'edificio: Pier Luigi, in effetti, dopo le nozze si stabilì con
la moglie nella rocca di Valentano e seppur frequentò regolarmente il palazzo
(com'è documentato), non vi abitò mai a lungo.
Risponde invece al vero, nonostante la sua parvenza aneddotica,
l'attribuzione a Paolo III del famoso detto secondo cui "se vuoi vivere in
eterno, vivi a Gradoli d'estate e a Canino in inverno": il palazzo fu
infatti concepito fin dall'inizio come luogo di riposo e svago feriale a
disposizione di tutta la famiglia. Vi soggiornarono, oltre al ricordato Pier
Luigi e alla moglie, anche Giulia Farnese detta "la Bella" (sorella
di Paolo III) e naturalmente il cardinal Alessandro, committente dell'opera e
futuro papa. Successivamente vi dimorarono il cardinal Alessandro Farnese Jr.,
Odoardo Farnese, anch'egli cardinale, e suo nipote Alessandro, figlio sordomuto
del fratello Ranuccio I. Il luogo era particolarmente apprezzato dalle dame del
casato: oltre a Giulia, che vi veniva con la suocera Adriana Mila, lo
frequentarono regolarmente Vittoria Farnese, duchessa di Urbino, e Margherita
Aldobrandini, moglie di Ranuccio, quarto duca di Parma e Piacenza. Curiosamente,
nonostante la sua natura di luogo feriale, l'edificio ha tutto l'aspetto di una
solida e massiccia fortezza, carattere accentuato dai poderosi contrafforti che
lo premono su tre angoli. Altra peculiarità dell'edificio è la mancanza di
un cortile o corte interna, che invece troviamo nei palazzi Farnese di
Valentano, Capodimonte, Caprarola e Roma. E' molto probabile che all'epoca una
tale funzione fosse svolta dalla piazzetta antistante il palazzo, che ancor
oggi appare chiaramente come una sua pertinenza. Non vi è altresì traccia nè di
un parco (a differenza di Caprarola, come Gradoli luogo di delizie feriali), nè
di un giardino (presente invece a Capodimonte). Ciò potrebbe risultare
quantomeno insolito in una costruzione concepita fin dall'origine come
residenza estiva e di rappresentanza. La motivazione, tuttavia, è sempre la
stessa: la natura dei luoghi e la mancanza di spazio. Non si deve poi
dimenticare che il cardinal Farnese scelse questo luogo e lo preferì ad altri
soprattutto per la purezza e salubrità dell'aria: Gradoli era ai suoi occhi il
miglior posto dove trascorrere l'estate. Anche la mancanza di un parco, a ben
vedere, non doveva costituire un grosso problema per i villeggianti: il palazzo
si affaccia a nord su una campagna che all'epoca doveva essere assai boscosa e
ricca di selvaggina, ideale quindi come riserva di caccia. I Farnese
conservarono il palazzo fino al 1649, vale a dire fino alla distruzione del
Ducato di Castro, al quale anche Gradoli apparteneva. Con il ritorno dei
possedimenti farnesiani allo Stato della Chiesa iniziò per il palazzo un lento
e malinconico declino. L'austero e imponente edificio che per quasi un secolo e
mezzo era stato residenza principesca divenne deposito e magazzino. Nel 1716
Clemente XI concesse il palazzo, ormai quasi in rovina, alla congregazione dei
Padri Filippini, i quali si fecero promotori di incisivi interventi di
ristrutturazione, sia all'interno che all'esterno, per adattarlo alle loro
esigenze. Pur tra alterne vicende - al palazzo non fu risparmiato l'oltraggio
delle soldataglie francesi che nel 1849 lo trasformarono in bivacco- i Padri
Filippini vi restarono fino al 1874, anno in cui l'edificio fu requisito dallo
stato italiano e come i beni degli altri ordini religiosi fu trasferito al
demanio pubblico. Ne conseguì una ulteriore e definitiva spoliazione da parte
di successivi affittuari senza scrupoli. Nel 1878, tuttavia, furono ancora i
Padri Filippini a tornare in possesso dell'immobile, nella figura di due
singolari personaggi, uno dei quali - vale a dire Giovan Battista Polverini -
era appena rientrato nel seno della Chiesa dopo esperienze al limite
dell'eresia. I due, in sostanza, dopo aver ottenuto l'autorizzazione del
vescovo, acquistarono l'edificio all'asta, utilizzando allo scopo denaro
proprio. Nel 1911, l’edificio fu acquistato dal Comune di Gradoli, che lo
utilizzò per molteplici scopi: come scuola, come poliambulatorio, come sede di
associazioni e circoli locali e a partire dal 1919, anche come sede municipale.
A partire dagli anni Sessanta e Settanta è stata riscoperta l'importanza
artistica e monumentale di Palazzo Farnese. Nel 1986 e nel 1997 è stato
restaurato integralmente e sono state recuperati molti affreschi che ornavano
le principali sale. Molte attività che vi si svolgevano all'interno, sono state
spostate in altre sedi. Alcune sale sono tuttora impiegate dagli uffici del
Comune, altre ospitano la locale biblioteca, oppure vengono utilizzate come
sedi di rappresentanza per le celebrazioni dei matrimoni civili. Altre
informazioni sugli interni del Palazzo si possono trovare qui: http://www.canino.info/inserti/monografie/i_farnese/palazzo_gradoli/affreschi/affreschi.htm,
http://inviaggionellatuscia.it/2012/06/11/una-scoperta-il-palazzo-farnese-di-gradoli/
Fonti: http://www.comune.gradoli.vt.it/index.php?T1=19,
http://it.wikipedia.org, http://www.canino.info/inserti/monografie/i_farnese/palazzo_gradoli/palazzo/palazzo.htm
Foto: una cartolina della mia collezione e da http://vulgaire.com
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