SOAVE (VR) – Castello Scaligero
(di Mimmo Ciurlia)
Tipica costruzione militare del
Medioevo, sorge sul Monte Tenda in una posizione strategica (e di grande
effetto visivo) che gli permette di dominare la vasta pianura sottostante. Dal
castello inoltre si può ammirare uno dei più bei panorami dei Monti Lessini e
della Pianura Padana. Le origini di questa monumentale opera fortificata
risalgono probabilmente agli inizi del X secolo, all’epoca delle invasioni
degli Ungheri, come risulta da un diploma di Federico Barbarossa, i primi feudatari
furono i Sanbonifacio che tennero il castello fino agli inizi del Duecento. Nel
1226 il fortilizio transitò nelle mani di Ezzelino da Romano, per diventare,
nel 1237, proprietà della famiglia feudale dei Greppi, la quale nel 1270,
trasferitasi in Lombardia, lo cedette al Comune di Verona che vi installò un
suo capitano. La contemporanea ascesa dei Della Scala portò ad una nuova fase
della vita del paese (che divenne sede di capitanato con 22 paesi sottoposti a
tale giurisdizione) e del suo simbolo più importante. Nel 1271 si ebbe la
conquista da parte di Mastino I della Scala. Il 19 aprile 1338 Rolando de’Rossi
da Parma, generale delle truppe fiorentine alleate dei Veneziani, riuscì
nell’impresa di impossessarsi per breve
tempo della Rocca. Dopo una durissima lotta, nella quale perirono oltre
quattrocento soldati scaligeri, il castello fu ripreso da Mastino II della
Scala. Il castello venne quindi restaurato e rinnovato e nel 1379 Cansignorio
dotò il paese della cinta di mura ancor oggi visibile. Con la caduta della
Signoria Scaligera nel 1387, il Castello di Soave passò in possesso di Gian
Galeazzo Visconti, signore di Milano, il quale vi pose, quale suo
rappresentante, Balzarino da Pusterla. Nel 1404 ai Visconti successero nel
dominio del castello i da Carrara signori di Padova, fino a quando, il 23
giugno 1405, furono sconfitti dalla Repubblica di Venezia che ebbe a
dichiarare: “Rocha Suapis utilissima nostro dominio”. Nel 1439 il maniero fu
ripreso per brevissimo tempo dai Visconti di Milano capitanati da Niccolò
Piccinino. Correva l’anno 1509 quando l’esercito della Lega di Cambrai, al
comando dell’imperatore Massimiliano I d’Asburgo, vinse la resistenza della fortezza
e se ne impadronì. Il castello e il paese di Soave vennero incendiati e 366
soavesi passati a fil di spada. Anche in questa occasione però la Repubblica della città lagunare
riuscì ad avere la meglio. Nel 1517 una nuova sommossa, ispirata e condotta dal
conte Guido da Rangone permise di riprendere possesso del castello di Soave a
nome della Repubblica di Venezia. Come premio e ricordo della fedeltà dei
soavesi alla Serenissima, venne donato al paese l'"Antenna", un
pennone su cui sventolava il gonfalone di San Marco. Da questo momento in poi
Soave, come per altro tutto il territorio della Repubblica Veneta, godette di
un lungo periodo di pace fino all'arrivo di Napoleone nel 1796. Nel 1556 la
famiglia Gritti divenne proprietaria del castello (il rogito formale
dell'acquisto fu fatto però solamente nel 1696), il quale perse in seguito
d'importanza e fu trasformato in fattoria. Si può dire che da questa data inizi
il dominio privato del Castello di Soave. Per linea di donne il maniero passò
agli eredi della famiglia Gritti, dai quali nel 1830 lo acquistò l'Avv.to Antonio
Cristani, nonno materno di Giulio Camuzzoni sindaco di Verona dal 1867 al 1883
e bisnonno dell'attuale proprietaria. Fu proprio Camuzzoni che dal 1889 si
dedicò ad un minuzioso restauro cui profuse ingenti energie e capitali. Tuttora
l'attuale proprietaria continua con inesauribile passione l'opera dei suoi avi,
prendendosi amorevole cura del castello onde preservarne la superba ed
inalterata bellezza. Il fortilizio è un tipico manufatto militare del Medioevo
e rappresenta uno dei migliori esempi di struttura castellana del Veneto. Si
eleva maestoso con un’alta torre centrale (“mastio”), attorno alla quale si
sviluppano gradualmente i giri delle mura che separano tre cortili ed un
piccolo cortile pensile. Le mura, quindi, scendono ad abbracciare tutto il
borgo medioevale. L’ingresso principale, munito di ponte levatoio, si trova a
settentrione ed è protetto da una torre possente detta di San Giorgio per la presenza
di una statua del Santo entro una nicchia sopra la porta medesima. Oltrepassando
il ponte levatoio, si entra nel primo cortile la cui cinta muraria fu edificata
dalla Repubblica di Venezia agli inizi del XV secolo. Si scorgono qui i resti di
una chiesetta, a tre absidi, la cui origine è attribuibile al secolo X, al
tempo delle incursioni degli Ungari. Attraversando la porta a saracinesca si
accede al secondo cortile, detto della Madonna per la presenza di un affresco
del 1321 che la rappresenta in atto di accogliere sotto il manto alcuni devoti
inginocchiati ai suoi piedi. Nel terzo cortile s’innalza, ardito, il torrione
mastio, piantato su di una base granitica a forma piramidale; esso
rappresentava l’ultimo e più strenuo baluardo di difesa e fu probabilmente
luogo di prigione e di tortura. Entrandovi da un foro praticato nel 1770, ci si
trova in un locale quadro, altissimo, senza porta, senza finestre (quelle ora
esistenti vi furono aperte in seguito); una botola su in alto conferma l’impressione
di un luogo di crudele tormento. Dice infatti la tradizione che, praticato il
foro, si trovassero ammonticchiate sul fondo ossa umane per l’altezza di due
metri. Accanto al portale d’ingresso del terzo cortile vi è un affresco, opera
probabilmente del pittore Cicogna, del 1322. Più in là si vedono impresse sul
muro di cinta tracce di una casa a due piani, che, oltre a servire come corredo
di stanze d’alloggio del castello, era usata anche quale officina per la
fabbricazione delle armi; di ciò sono prova evidente i numerosi piccoli
fornelli sul muro di cinta a pianterreno. Qui vi doveva essere anche una
cucina, come si deduce dal segno della canna fumaria di un camino per la cottura
del pane. Al lato destro del cortile, verso il centro si ammira un bel pozzo la
cui vera di pietra mostra, palesi, le scanalature prodotte dall’attrito delle funi
nell’attingimento dell’acqua. Addossata alla cinta meridionale sorge, munita
della bella scala esterna, la “Casa del Capitano”: abitazione medioevale che
ospitava la guarnigione di presidio. A pianterreno la sala detta del “corpo di
guardia” con due navate e soffitto a crociera sostenuto da archi poggianti su
pilastri in pietra. Dal soffitto pendono alcune lampade in ferro battuto e gli
anelli probabilmente usati per legarvi i prigionieri. Alle pareti armi di
offesa e difesa dei soldati scaligeri, armature intere, una mazza ferrata e due
rozzi giacigli per i soldati. Usciti, si sale la scala esterna per entrare
nella sala detta della “Caminata” per la presenza del grande camino. La sala è
decorata con fine gusto trecentesco e stemmi di famiglie nobili. Il soffitto è
in legno a cassettoni. In un angolo l’albero genealogico della dinastia
scaligera e appese al muro chiavi gotiche. Dalla stanza della Caminata si
accede al belvedere, il piccolo cortile pensile racchiuso da una cortina merlata
a semicerchio dotata di piombatoi e feritoie per le armi. Alla sinistra del
camino si accede alla camera da letto del capitano. La mobilia riccamente
intagliata e le armi lavorate ben si addicevano al signore del castello. Al
lato destro del letto a baldacchino, sopra un inginocchiatoio in noce del
Quattrocento, un prezioso affresco duecentesco che rappresenta il Crocifisso
tra la Madonna
e San Giovanni. Vicino alla finestra un treppiede in ferro battuto, riccamente
ornato regge una catinella di rame lavorato a sbalzo. Ed ora entriamo nella
sala da pranzo con la bellissima credenza; dal soffitto pende un pregevole
candelabro in ferro battuto; appesi al muro due ritratti: Lucia della Scala e
il conte Serego. Si lascia la sala da pranzo per spostarci nell’attiguo
studiolo adornato da cinque dipinti raffiguranti, da sinistra, Cangrande della
Scala, Mastino I, Dante Alighieri (che fu ospite di Cangrande a Verona e a
Soave), Taddea da Carrara moglie di Mastino II e Cansignorio. Di qui, salendo
una scaletta in pietra e proseguendo sui camminamenti di ronda, si raggiunge il
Mastio col famoso trabocchetto e si ammira uno dei più bei panorami dei Monti
Lessini e della Pianura Padana.
Fonti: http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_Scaligero_(Soave)
http://www.castellodisoave.portaliweb.com/wms/default.asp?iId=KKJGGH
http://www.tourism.verona.it/it/cosa-fare/arte-e-cultura/forti-rocche-e-castelli/castello-di-soave
http://www.veronissima.com/sito_italiano/html/tour_verona_soave-castello.html
http://www.icastelli.it/castle-1238683760-castello_di_soave-it.php
http://www.prolocosoave.it/?page_id=1873
http://smp.provincia.vr.it/castelli/Castello-di-Soave/
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