BRINDISI DI MONTAGNA (PZ) – Castello Svevo-Sanseverino
Arroccati in numerosi s montuosi, tanto impervi guani strategicamente
importane come quelli di Pietrapertosa, Castelmezzano, Monte Saraceno, in
territorio di Calvello, e Abriola, gli arabi costituirono delle vere e proprie
'enclaves' nell'ambito delle circoscrizioni longobarde e bizantine in cui era
divisa la Basilicata. Nell'Alto Medioevo si era stabilita una comunità
monastica di monaci basiliani, nella Badia dedicata a Santa Maria dell’Acqua
Calda, così denominata per la presenza di una falda di acqua termale. Finita
l'epoca sveva, dopo gli ultimi vani tentativi di Corradino di opporsi agli
Angiò, il nuovo re Carlo I sostituì con cavalieri d'oltralpe tutti i milites
collusi con il passato regime. Così nel 1266 Guidone de la Forest divenne il
'primo dominus Brundusii de montana et Ansie'. A questi successe, nel 1280,
Pietro de Hugot, marescallie regie magistrum, dopo il matrimonio contratto con
Isabella de la Forest, figlia di Guidone, la quale aveva in dote anche l'intero
feudo di Anzi e metà di quello di Fontanafura in Capitanata. Il tutto
passò, nel 1283, nelle mani di Gerardo d'Yvort, signore di S. Fele e di
Armaterra, in cambio di Salandra. Infine, nel 1284, il feudo fu di Aegillo di
Belmonte, il quale non lasciò eredi. In seguito a ciò Brindisi, così come Anzi,
finì per diventare territorio demaniale. A parte gli avvicendamenti nel
possesso dei feudi del Regno, Carlo I non apportò sostanziali modifiche alle
norme promulgate da Federico II in merito alla manutenzione del patrimonio
fortificato. I signori feudali del posto fortificarono l'abitato con un
castello che rivestì un ruolo di primaria importanza nella difesa e nel
controllo dell'area centro-occidentale della Basilicata. Allo stato delle
conoscenze non sappiamo quanto delle fortificazioni di Brindisi sia stato
realizzato e messo a punto in età sveva. E' presumibile però che tutti i
dispositivi di difesa che riusciamo ancora oggi a leggere ed eventuali altri
scomparsi, non risalgano ad un'età posteriore a quella angioina. Cosicchè, tra
il XIII ed il XIV secolo, il castello di Brindisi di Montagna presentava un
complesso ed organico sistema di punti di osservazione e di difesa, come la
torre di vedetta alla punta settentrionale del costone roccioso, il mastio e il
corpo adiacente, munito di feritoie, l'avancorpo di fiancheggia mento, nei pressi
dell'entrata principale, un'altro luogo di avvistamento ricavato interamente
nella roccia, sito a ridosso della facciata orientale, e infine il corpo di
fabbrica, ubicato al di sopra della seconda cima rocciosa, che dominava
dall'alto l'ingresso alla rocca. In epoca angioina, il paese, allora situato
nella località di “Aia di Brindisi”, era costituito nel 1277 da 136 “fuochi”
(700 abitanti circa). Intanto, l'esosa politica fiscale imposta dal governo
regio creò malcontento nelle maggiori città e in molti piccoli centri del
Mezzogiorno, specie quelli colpiti prima dalla carestia del 1270 e poi dal
disastroso terremoto del 1273. Vessati dalle pretese e dalle richieste che
provenivano dalla Curia regia e dai vassalli locali, gli abitanti di Brindisi,
si resero protagonisti di un'azione di rivolta contro il proprio feudatario. La
stessa cosa avvenne in altri paesi del circondario, come Trifoglio, Garaguso,
Laurenzana. II carico fiscale non si basava solo su contribuzioni ordinarie ma
anche su collette straordinarie, come il fodro, che consisteva nel fornire i
viveri necessari all'esercito regio, impegnato in importanti ed estenuanti
operazioni militari. Ciò avvenne nel marzo 1269. In quell'occasione, gli
abitanti di Brindisi di Montagna su ordine del re dovettero reperire 60 salme
'di vectugalia' per l'esercito che stava assediando Lucera, uno tra gli ultimi
bastioni della rivolta ghibellina. A partire dalla fine del XIII fino a tutto
il XIV secolo, un velo di silenzio sembra cadere su Brindisi, così come per
molte terre della Basilicata. Solo agli inizi del '400, precisamente nel 1414,
veniamo alla conoscenza di un certo Baldassarre La Zatta signore di Brindisi. Qualche
decennio dopo nel 1449 iniziava il dominio dei Sanseverino, con il V conte di
Tricarico Antonio Sanseverino. Siamo all'epilogo della storia di Brindisi
medievale. Nel 1456 un terremoto di elevata intensità distrusse completamente
il contado, che rimase disabitato fino all'arrivo, intorno al 1535, di una
colonia di Albanesi provenienti dalla città di Corona, per volontà del
feudatario di Brindisi, Pietrantonio IV dei Sanseverino di Bisignano e per
intercessione di sua moglie Irene, che era nipote dell’eroe albanese Giorgio
Castriota Scanderberg. Nonostante il feudo fosse costituito ancora da un
'castrum seu fortellitium', come si legge nei Cedolari del 1639 e del 1654, il
castello aveva ormai perso i caratteri di una fortezza divenendo la residenza
dei Sanseverino, prima, e degli Antinori poi. Altre famiglie che ebbero il
controllo del feudo furono i D’Erario, i Battaglia e, per ultimi, i Fittipaldi che
lo donarono al comune all’inizio del 1900. Del castello, caduto in rovina dopo la
soppressione della feudalità, sono ancora oggi visibili, seguendo il corso del
fiume Basento, all’altezza di Serra del Ponte e a sud di Monte Romito (946 m.),
i monumentali ruderi, ultimi resti di un’antica opera fortificata medievale, divenuta
prima residenza e poi dimora stagionale di alcune famiglie importanti della
nobiltà meridionale. Il castello, fondato su due gobbe rocciose, con i suoi 877
metri sul livello del mare si staglia su di un paesaggio ricco e vario che va
dai toni aspri del blocco roccioso arenario, che cade a strapiombo sul lato
occidentale della rocca, a quelli più dolci della trancia certosina di San
Demetrio, a nord del sito fortificato. II Lenormant nel suo viaggio. da Potenza
a Metaponto considera Brindisi di Montagna “con la sua roccaforte normanna'
l'unico luogo che meriti 'una sosta da parte del viaggiatore”.
Alla rocca si accede attraverso varie strade.
La più importante di queste parte dal belvedere, all’estremità meridionale del
sottostante abitato, nei pressi della chiesa di San Vincenzo, e si inerpica tra
spuntoni rocciosi che solo a tratti lasciano intravedere le muraglie del
castello. Dopo una salita ripida e una doppia curva, propizia per eventuali
imboscate dei difensori del castrum contro il nemico in assalto, si offrono
allo sguardo alti totem murari che evocano un passato antico e sofferto. II
complesso difensivo è costituito da tre elementi principali. II primo,
centrale, sorge a mezzacosta lungo il dorso roccioso della collina, con
differenti livelli a monte e a valle. II secondo, all’estremità settentrionale,
è dato da una torretta che, sorta come punto di avvistamento, venne poi
trasformata dagli Antinori in una cappella dedicata a San Michele. L’ultimo
elemento si allunga sulla sommità della seconda gobba, a sud del corpo
centrale, e presenta poche ma significative tracce murarie incastonate, ancora
una volta, tra elementi rocciosi. La presenza di feritoie e la sua posizione
sovrastante l’incrocio tra i due tratturi di accesso alla rocca fanno pensare
ad una originaria funzione difensiva. La prima notizia documentata sul castello
risale al 1240. Dagli
Statuta Officiorum emanati da Federico II sappiamo
che il
castrum Brundusii de Montana rientrava in quell’elenco di 29
castelli demaniali e
domus imperialibus solaciis deputate, facenti parte
del Giustizierato della Basilicata, e alla cui manutenzione dovevano
provvedere, in maniera sistematica, gli abitanti delle università vicine. Il castello
faceva parte di una fitta rete di vedette e di presidi che costituivano il
sistema di difesa e di controllo del territorio del Regno delle Due Sicilie che
l’imperatore svevo, in parte, aveva ereditato dagli antenati Altavilla. La
struttura fortificata si trovava in una posizione dominante l’alta valle del
Basento. Nel medioevo il fiume, in mancanza di strade, rappresentava una delle
principali vie di comunicazione. Attraverso tratturi che lo costeggiavano o
mediante la navigazione, che era possibile soprattutto verso la sua foce, il
Basento collegava vaste aree interne della Basilicata alla costa ionica, lungo
la quale si snodava una catena di castelli che sorgevano lungo gli itinerari
che le truppe militari, di scorta agli ufficiali imperiali o allo stesso
imperatore svevo, percorrevano nei frequenti spostamenti tra la Capitanata e la
Sicilia. Il castello di Brindisi non ha l’impianto planimetrico né i caratteri
formali e tanto meno le tecniche costruttive di un tipico castello federiciano,
sia perché ha subito varie trasformazioni a partire dall’epoca angioina e sia
perché esisteva prima degli Svevi. Il castello conserva, però, ancora molti
elementi e caratteri tipici di strutture fortificate normanne. Innanzitutto
l’ubicazione periferica della rocca rispetto all’abitato che è una costante di
molti centri normanni dell’Italia meridionale, sia quelli importanti come
Messina, Catania, Palermo, Melfi, Aversa, sia altri meno noti, nelle immediate
vicinanze di Brindisi, come Calvello e Anzi. In quest'ultima località, ad
esempio, il castello scomparso doveva trovarsi sulla cima del monte Siri,
intorno al quale è sorto l'abitato. Inoltre da un rilievo planimetrico
risalente agli inizi di questo secolo, si ha la netta sensazione che
l'organismo architettonico centrale, per grandi linee, sia stato edificato
almeno in due fasi distinte. La prima si riferisce alla costruzione di un corpo
quasi quadrato, di m. 10 x 9,6 circa, e di altezza a valle variabile da m. 14 a
m. 10. II manufatto ha l'aspetto e i rapporti dimensionali di un mastio
normanno e si contraddistingue dal resto dell'impianto per i grossi spessori
murari e la posizione planimetrica rientrante rispetto al corpo confinante . A
questi si aggiunga la differente tessitura muraria e la presenza di numerose
feritoie ai vari livelli che consentivano di osservare il fiume, la trancia e
l'abitato. La seconda fase, invece, consiste nell'edificazione in adiacenza al
predetto torrione, di un altro corpo di forma quadrangolare ed avente le
seguenti dimensioni laterali m. 18.2, 16.5, 16.4, 14.4. Non è escluso però che
effettuando scavi e saggi in profondità, si possano individuare e datare altre
fasi costruttive. Allo stato attuale delle ricerche, mediante l'analisi delle
tecniche costruttive, vengono alla luce tipi murari ben differenziati, sia per
quanto riguarda le caratteristiche lito-mineralogiche e il grado di
assortimento dei conci lapidei nell'apparecchio murario, sia per le modalità
esecutive del manufatto. Ad esempio, prima del corpo centrale, alla sinistra
dell'entrata principale, vi è un avancorpo basso, munito di numerose feritoie e
strette aperture, baluardo di difesa da incursioni nemiche provenienti da Sud.
II suo apparecchio murario presenta due tipologie che si riferirono ad
altrettante stratificazioni. La prima è costituita da filari suborizzontali di
pietre arrotondate estratte dal fiume o dai torrenti sottostanti. La seconda,
che si trova al di sopra e in adiacenza alla prima, mostra una certa somiglianza,
per quanto riguarda la tessiture le caratteristiche litologiche, con la prima
stratificazione muraria del nucleo normanno. E' probabile, quindi, che l'avancorpo, di cui rimangono le fondazioni parte dei
muri in elevazione, appartenga ad una fase anteriore allo stesso mastio
normanno. Dunque, Brindisi poteva rappresentare già prima della fase normanna e
della ristrutturazione sveva un importante sistema di avvistamento. Le
sentinelle avevano modo di controllare da nord a sud il movimento di transito
lungo il Basento tra il potentino ed il territorio circostante, dove, fin dal
IX secolo Saraceni costituirono numero presidi. Tante altre foto del castello
le trovate qui: http://www.aptbasilicata.it/Galleria-Immagini.1332+M5f6e81c3e2e.0.html#gallery. Segnalo poi questo bel video di Patrizio Infante: https://youtu.be/VteQK1R_U94
Fonti:
http://it.wikipedia.org, http://www.prolocobrindisimontagna.it/ilcastello.asp,
http://www.comune.brindisimontagna.pz.it/index.php?module=ContentExpress&func=display&ceid=13&bid=19&btitle=STORIA%20E%20TRADIZIONE&meid=54
Foto: da
http://www.aptbasilicata.it/Brindisi-di-Montagna.298.0.html
e di
Ca.Ro., dal sito www.basilicata.cc
Nessun commento:
Posta un commento