sabato 25 ottobre 2014

Il castello di domenica 26 ottobre





ROVESCALA (PV) – Castello dei Conti di Rovescala

Rovescala fu donata nel 943 dai re d'Italia Ugo e Lotario al vescovo di Pavia; da questi fu successivamente infeudata ai discendenti di Bernardo, di stirpe carolingia, conte di Parma e Pavia, che, già conti di Sospiro nel Cremonese, furono in seguito detti Conti di Rovescala, venendo annoverati, con i Langosco, i Gambarana e gli Sparavara, tra l'ampio consortile dei conti palatini di Lomello. Contesa tra Piacentini e Pavesi, Rovescala passò nel 1164 sotto il dominio di questi ultimi, che vi nominarono podestà e castellani, ma i conti continuarono a conservarne il possesso effettivo. Capi del partito guelfo e duramente ostili alla crescente influenza viscontea nella Lombardia meridionale, i Conti di Rovescala esercitarono per buona parte del XIII e XIV secolo una grande influenza su tutto l'Oltrepò, scontrandosi con i Malaspina di Varzi e i Landi di Piacenza. Banditi nel 1315 da Pavia (della quale avevano la cittadinanza) con le altre principali casate guelfe, i conti nel 1358 riottennero i loro beni sequestrati, ma nel 1370 sostennero una dura guerra contro Galeazzo Maria Visconti, che devastò gran parte dei loro possedimenti. Perdonati una prima volta dal signore di Milano, alla sua morte si ribellarono nuovamente al dominio visconteo (1405-07), finché nel 1416 Filippo Maria Visconti non marciò contro di loro, impadronendosi di Rovescala. Imprigionati e privati dei loro beni, donati dal duca a Giorgio Aicardi, detto Scaramuzza Visconti, i conti si trasferirono a Pieve Porto Morone, sulla sinistra del Po, sempre in territorio pavese, ottenendo in seguito, nel 1427 e poi nel 1456, la reintegrazione dei loro possessi, ma non del castello e della signoria di Rovescala, rimasta alla discendenza di Scaramuzza. Nel 1482, morto Gasparino Visconti senza eredi, il duca Gian Galeazzo Sforza vendette per trecento ducati la signoria di Rovescala al nobile piacentino Gherardo Pecorara, concedendogli l'investitura feudale e la separazione del territorio dalla giurisdizione di Pavia e di ogni altra città, quale corpo separato. Il fatto che i maggiori proprietari terrieri continuassero ad essere gli antichi conti, fu causa di una lunghissima serie di controversie legali con i nuovi feudatari, che più volte degenerarono in scontri armati tra gli opposti partigiani. Nel 1491 i conti rientrarono temporaneamente in possesso del castello, ma negli anni '30 del Cinquecento i Pecorara riuscirono definitivamente ad imporsi quali signori del feudo, grazie anche ad una serie di accordi matrimoniali con gli antichi conti, ormai in progressiva decadenza. Retto in condominio da diversi rami della famiglia Pecorara (dal 1536 annoverata tra la nobiltà decurionale di Pavia), nel 1623 il feudo fu interamente acquistato da Pietro Paolo Pecorara, restando alla sua discendenza fino alla morte, nel 1783. In mancanza di eredi diretti, il re di Sardegna Vittorio Amedeo III (nei cui stati l'Oltrepò pavese era pervenuto nel 1739) tre anni dopo investì Rovescala al giureconsulto pavese Gerolamo Pecorara, come più prossimo affine, il quale fu anche l'ultimo feudatario. Il castello di Rovescala fu distrutto e ricostruito più volte. Dell'antico maniero è però visibile la torre, che appartiene al periodo della denominazione viscontea, attualmente inglobata in un grande edificio settecentesco eretto proprio sul perimetro dell’antico castello. Il vano passante della torre, alta una ventina di metri, presenta un soffitto a volta, incerta testimonianza di una preesistente cappella. Degni di nota gli affreschi e le tele del XVIII secolo, in esso conservati. Notizia curiosa: poco tempo fa è stato scoperto, all'ingresso di sinistra del triportico, un vero e proprio trabocchetto medievale, consistente in un pozzo circolare di profondità non precisata, che si apre all'interno del locale, appena dopo la soglia. Attualmente l’edificio è una residenza privata.

Foto: una cartolina della mia collezione

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