martedì 12 settembre 2017

Il castello di martedì 12 settembre






BORGO VAL DI TARO (PR) - Castello

Tra il VIII e il X secolo anche nell'area dell'alta valle del Taro, così come in molte zone di transito, sorsero i monasteri colombaniani detti regi perché beneficiavano delle donazioni imperiali. Questi monasteri avevano giurisdizione su vasti territori e proprio dall'abbazia di San Colombano di Bobbio, fondato da San Colombano, dipendeva Torresana, antico nome di Borgo Val di Taro. La corte di Torresana era uno dei più vasti e redditizi possessi del monastero bobbiense e fu divisa dai frati in 47 livellari dai quali la comunità colombaniana riscuoteva redditi non solo dalle attività agricole e pastorali, ma anche dal transito di merci e persone tra la pianura padana e le città di Genova e Lucca. Intorno all'anno mille i Platoni e i Lusardi (Luxiardus de Platis), tra i più potenti livellari dell'Alta Valle del Taro, mal sorvegliati dal monastero di Bobbio, cominciarono a considerare le terre e i proventi affidati loro in gestione come beni propri e a suddividerli tra gli eredi, dai quali ebbero origine nuove famiglie che fecero la storia di Borgo Val di Taro e dintorni. Un probabile imparentamento dei Platoni con i Malaspina favorì l'espandersi di questa potente famiglia nel valtarese. I Platoni, impossibilitati a controllare le terre di cui erano signori, nella prima metà del XII secolo, giurarono fedeltà e vassallaggio al Comune di Piacenza adottandone leggi e statuti che regolarono la vita della comunità borgotarese anche nei secoli successivi. Burgus Vallistari, di parte guelfa, rimase nell'orbita di Piacenza, anch'essa guelfa, fino al 1317, quando Galeazzo I Visconti divenne signore di tutto il vescovado piacentino. Da quel momento fu tutto un susseguirsi di signorie che esercitarono il loro potere in nome del Duca di Milano o contro di lui: la Chiesa di Giovanni XXII, Francesco Scotti, Azzo Visconti, Borromeo dei Borromei, i Piccinini, i Landi. Nel XIII secolo fece la sua comparsa nel valtarese la potente famiglia genovese dei Fieschi, che per tutto il Quattrocento e il Cinquecento contese alla famiglia piacentina dei Landi il potere sulla Repubblica di Borgo Val di Taro, lasciando evidenti segni di buon governo come attestano i numerosi capitoli tra i Fieschi e la Comunità di Borgo Val di Taro. I Fieschi abbandonarono definitivamente il Borgo nel 1547, dopo la fallita congiura di Gianluigi Fieschi contro la Repubblica di Genova (per la verità contro Andrea Doria), alla quale parteciparono molti borgotaresi e pontremolesi. Con i Fieschi fuori gioco, i Landi rientrarono in Borgo Val di Taro assumendo verso la nobiltà locale e la popolazione un atteggiamento vessatorio che portò alla loro cacciata il 23 febbraio 1578. Del fatto approfittò il duca Ottavio Farnese che occupò il Borgo in aperto contrasto con l'imperatore. Nel 1636 truppe imperiali entrarono in Borgo Val di Taro e restituirono il borgo al Doria marito di Polissena Landi, ultima erede della famiglia. Su iniziativa del papa Urbano VIII il Doria-Landi dovette restituire il borgo al duca Farnese nel 1646 e, da quell'anno, Borgo Val di Taro entrò nel Ducato farnesiano. I Farnese lasciarono a Borgo Val di Taro un buon grado di autonomia e, nonostante la perdita dell'aureola di principato posseduta con i Landi ed i Fieschi, la società borgotarese continuò a ben svilupparsi considerata la natura montuosa e poco accessibile del luogo. Continuarono a fiorire le arti meccaniche e liberali e si rafforzò una componente di nobiltà da sempre esistente, una nobiltà civica strettamente connessa con la detenzione e l'esercizio del potere cittadino. Nacque così quell'élite cittadina che costituì una classe sociale separata dalle altre, selezionata per prestigio e ricchezza e che comprendeva le famiglie dei Bertucci, Boveri, Capredasca, Cassio, Celio, Costamezzana, Costaerbosa, Fenaroli, Ena (o Hena), Leonardi, Lusardi, Manara, Menaglioto, Misuracchi, Piccenardi, Platoni, Rugali, Ruinaglia, Tardiani. Nel 1802 con la morte del Duca Ferdinando e passando suo figlio Ludovico a governare l'Etruria, il Governo del ducato restò vacante. Ne approfittò Napoleone che introdusse le leggi francesi, pose il ducato nel dipartimento degli Appennini, sotto la prefettura di Chiavari e la sottoprefettura di Pontremoli. Edificato originariamente nel XII secolo probabilmente dal Comune di Piacenza, il castello passò nel 1243 ai Fieschi, ma nel 1257 fu conquistato dai Landi, che ne mantennero quasi ininterrottamente il possesso fino al 1414, quando i Fieschi se ne riappropriarono; espugnato nel 1429 dalle truppe di Filippo Maria Visconti, fu concesso a Niccolò Piccinino, che lo ampliò e rinforzò; riassegnato a Obietto Fieschi nel 1444, nel 1477 fu occupato da Manfredo Landi col favore di Galeazzo Maria Sforza; riconquistato dai Fieschi nel 1488, fu completamente ricostruito e notevolmente rinforzato su progetto del maestro Martino da Lugano. Espugnato da Pier Luigi Farnese in seguito al fallimento della congiura di Gianluigi Fieschi del 1547, dopo l'uccisione del Duca fu occupato dalle truppe imperiali guidate da Ferrante I Gonzaga e assegnato nel 1551 ad Agostino Landi, che fece abbattere la cinta muraria del paese danneggiando anche il castello; espugnato nel 1578 da Ottavio Farnese chiamato dai borghigiani ribellatisi ai Landi, fu rinforzato nel 1610 ma nuovamente occupato per alcuni mesi nel 1636 da Giovanni Andrea II Doria, marito di Maria Polissena Landi. Perse nel tempo le originarie funzioni difensive, il maniero fu più volte modificato e adibito prima a sede carceraria e successivamente a palazzo comunale; demolito nel 1926 nella porzione orientale per consentire la realizzazione della strada di circonvallazione del centro storico, nel 1936 fu parzialmente abbattuto con lo scopo di costruire sulle sue macerie la casa del Fascio di Borgotaro, ma i lavori furono interrotti dallo scoppio della seconda guerra mondiale e riavviati solo nel 1952, con l'edificazione sulle macerie della nuova "Casa del Fanciullo" completata nel 1970. Oggi dell'antico castello a pianta quadrangolare restano soltanto due lati e parte del terzo della torre posta accanto alla chiesa di Sant'Antonino. Rivestita interamente in pietra, la costruzione mozza, inglobata nell'edificio scolastico, è caratterizzata dalla presenza di due sole aperture in facciata, tra cui la finestra ad arco ogivale al centro. La torre, prospiciente piazza XI Febbraio, è stata riportata alla luce da pochi anni, ed ora aiuta visivamente a comprendere l’immagine che fu del castello di Borgotaro. Ci restano anche alcune interessanti descrizioni, come per esempio quella del castello ai tempi dei Fieschi: “Era cinto di assai bella muraria, con rivellino e fossa ed aveva numero di torri attorno in modo che per battaglia non aveva da temere un mediocre esercito ed avrebbe rovesciato per molti giorni ogni impeto.”. Altro link suggerito: http://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/castelli/index.jsp?id=2722

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Borgo_Val_di_Taro, https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Borgo_Val_di_Taro, http://www.comune.borgo-val-di-taro.pr.it/la-citt%C3%A0/arte-e-cultura/punti-di-interesse-storico-artistico-nel-centro-storico

Foto: la prima è presa da http://www.mondimedievali.net/Castelli/Emilia/parma/borgovdtkast02.jpg , la seconda (che mostra l'aspetto originario del castello prima della demolizione), è di Plato Platoni su https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Borgo_Val_di_Taro#/media/File:Medievale_Catello_Borgo_Val_di_Taro.jpg

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