venerdì 13 maggio 2016

Il castello di venerdì 13 maggio






MIRABELLA IMBACCARI (CT) - Palazzo Biscari

Il feudo Imbaccari nel periodo arabo si trovava nel vastissimo territorio di Manzil Khalīl o Malgâ Halīl o Abū Halīl (alla lettera "Quello di Abramo", letto come "Rifugio di Abramo") e il suo casale, Ambakarih (829) o Imakarah (834), faceva parte dei quindici casali che gravitavano attorno al borgo più importante di Iblātasah (che poteva costituire la variante araba del toponimo Ibla, o del latino Platea o Plutia, che avrebbe originato il nome di Piazza Armerina), che sembra si trovasse nei pressi dell'odierna Villa Romana del Casale). Dopo la guerra contro i musulmani il feudo venne concesso dal conte Ruggero I d'Altavilla ai più valorosi combattenti lombardi, ma la popolazione rimase prevalentemente araba. Nel 1160 tra i grandi feudatari e gli abitanti delle provincie del regno e soprattutto delle colonie lombarde, montarono i malumori, le preoccupazioni e il risentimento per la politica permissiva di Guglielmo I il Malo verso gli Arabi e i Greci, che ancora abitavano quei territori e che si erano mostrati sudditi fedeli assai utili nell'amministrazione dello Stato e nelle fila dell'esercito normanno. Una congiura di corte, capeggiata da Matteo Bonello, signore di Caccamo, e dai baroni più influenti del regno, portò all'uccisione dell'ammiraglio Maione da Bari, paladino della politica di pacifica convivenza con gli Arabi e coi Greci. Tancredi d'Altavilla dei conti di Lecce e Ruggero Sclavo, figlio illegittimo del conte Simone Aleramico di Policastro, si ribellarono a Guglielmo I e tornati da Palermo, dove era fallita la loro rivolta, furono aiutati dagli abitanti dei casali lombardi di Rambaldo, Rossomanno, Ciappa, Polino, Eliano e Comicino ad assaltare e massacrare i Saraceni che ancora vivevano nei casali di Iblātasah, Anaor, Rahal Phididi, Rahal Biât, Rabugino, Ramursura, Rachulmet, Garsiliato, Imbaccari e Gallinica, distruggendoli totalmente. L'anno seguente Guglielmo I, appena saputo della grave insurrezione, assediò i casali ribelli di Rambaldo, Rossomanno, Ciappa, Polino, Comicino ed Eliano servendosi anche dei soldati saraceni pronti a vendicare il massacro dell'anno prima. Li espugnò e li rase al suolo e lo stesso fece con Butera, risparmiando solo Fundrò, Rossomanno, Pietratagliata, Agata, Anaor e qualche altro casale dove si rifugiarono i superstiti. Il re tornò a Palermo a costituire due corpi di spedizione per combattere gli insorti della Calabria e della Puglia. Ad uno di questi corpi si arruolarono volontari i Lombardi superstiti dei borghi distrutti che, nella battaglia di Taverna (Cz), si coprirono di gloria a tal punto da meritarsi dal re il decreto di ricostruzione della loro città. Mentre, però, Ibla, Platia, Platea, Placea, Placia (Piazza Armerina) venne ricostruita nel 1163, gli altri casali rimasero definitivamente distrutti. Il casale feudale di Imbaccari, comprendente anche il màrcato di Piana di Minnelli, dal 1296 si frazionò in Imbaccari Sottano, diviso a sua volta in Baldo Inferiore e Baldo Superiore, e in Imbaccari Soprano, diviso anch'esso nei màrcati Sortavilla Inferiore e Sortavilla Superiore. Nei secoli XII, XIII e XIV Imbaccari appartenne alle famiglie di nobili abitanti a Piazza (Goffredo di Mazzarino, Ugo Lancia, de Cardona, Villardita) e, nei primi anni del Quattrocento, alla famiglia de Landolina abitante a Caltagirone. Nel 1425 Giovanni (de) Landolina di Caltagirone fu costretto a vendere Imbaccari Sottano a Gualtiero Paternione (Paternò) e Spadafora V barone del Burgio e I barone di Imbaccari Sottano. La famiglia Paternò continuò il possesso del feudo per oltre un secolo e mezzo, sino al 1585, quando il barone Giuseppe Maria Paternò e Gravina, barone di Granieri e Raddusa, vendette Imbaccari Sottano a Pietro Gaffori, barone del Toscano, tenendo per sé Baldo e Piana di Minnelli. Dieci anni più tardi il barone Paternò Giuseppe Maria e Gravina, rimasto vedovo, si sposò a Modica, per la seconda volta, con Eleonora (o Leonora) Mirabella figlia ed erede di Biagio Mirabella e Landolina, signore di Carcaci e Racalcaccia, e quindici anni dopo, l'11 settembre 1610, chiese ed ottenne da re Filippo III d'Asburgo II di Spagna e II di Sicilia, la "licentia populandi" e il "mero e misto imperio" per il suo feudo Baldo e Piana di Minnelli per costruirvi così una "Terra", ovvero un paese, dandogli il nome di Mirabella in onore della famiglia della moglie Eleonora. Nel 1624 il figlio di Giuseppe Maria Paternò e Gravina, Giacinto Maria Paternò e Mirabella, barone di Raddusa, Granieri e Destra, riacquistò il feudo di Imbaccari Sottano dai discendenti di Pietro Gaffori (Pietro e Chierico Francesco Gaffori) e nel 1630 ottenne la licenza, dal viceré Francesco Ferdinando de La Cueva, di trasferirvi il paese, già fondato nel 1610 nel feudo di Baldo, che, purtroppo, si era rivelato insalubre persistendo la malaria. A questo trasferimento si oppose la città di Piazza che si vedeva lesa nei suoi diritti perché privata da una parte delle entrate fiscali. Dopo sei anni di contrasti, pagando 200 onze ai Giurati di Platia, arrivò l'accordo risolutivo per ottenere la totale giurisdizione. Infatti, il viceré Luigi Moncada, principe di Paternò, concesse l'autorizzazione definitiva al trasferimento. Nel 1693 il feudo di Imbaccari Sottano insieme alla Terra di Mirabella, per i debiti contratti da Francesco Maria Paternò e Tornambene, se lo aggiudicò il barone piazzese Trigona Aloisio (Luigi) I. Dopo la rinunzia del figlio primogenito di Aloisio, Matteo Trigona, sacerdote e vescovo di Siracusa, ne mantenne il possesso nel 1715 il fratello, Ottavio Trigona. Nel 1730 Ottavio rinunciò in favore del figlio Aloisio II che se ne investì nello stesso anno. Poco tempo dopo Aloisio II vendette il feudo a Trigona Vespasiano, duca di Misterbianco. Ma nel 1734 lo recuperò, pagando i debiti del fratello Francesco Maria, Geronimo Paternò e Tornambene che, poco prima che morisse, vendette il diritto al recupero del feudo a Vincenzo Paternò Castello IV principe di Biscari (1685-1749), il quale si investì del titolo di Imbaccari Sottano, Baldo e Terra di Mirabella nel 1737. Alla morte di Vincenzo Paternò Castello il feudo d'Imbaccari Sottano, Baldo e Terra di Mirabella passò nel 1750 al suo primogenito, Ignazio Paternò Castello e Scammacca V principe di Biscari detto il Grande (1719-1786), perché illustre mecenate, archeologo, numismatico e letterato nonché fondatore del museo "Biscari" di Catania. Alla morte del padre Ignazio si investì del feudo il figlio primogenito Vincenzo Ignazio Paternò Castello e Morso VI principe di Biscari (1743-1813). Durante il suo possesso si congiunse nel 1792, sotto un unico signore, anche il feudo di Imbaccari Soprano e Sortavilla avendolo acquistato da Antonino La Grua e Branciforte principe di Carini e, sempre Vincenzo Ignazio, nel 1809, s'investì anche del feudo confinante Gatta. A Vincenzo Ignazio Paternò Castello e Morso successe il figlio Ignazio Vincenzo Paternò Castello e Arezzo VII principe di Biscari (1781-1844) e barone di Imbaccari Sottano, Baldo, Terra di Mirabella, Imbaccari Soprano, Sortavilla e Gatta, alla cui morte successe il fratello Roberto Vincenzo Paternò Castello e Arezzo VIII principe di Biscari (1790-1857) che nel 1814 sposò Lucrezia Tedeschi ricevendo in dote anche le signorie del Toscano, Mandrile e màrcati di Toscanella. Nel 1862 il Regio Decreto del re d'Italia Vittorio Emanuele II stabilì che il paese fosse denominato Mirabella Imbaccari. A Roberto Vincenzo Paternò Castello e Arezzo successe nel 1861 per metà il figlio terzogenito Ignazio Vincenzo Paternò Castello e Tedeschi (1819-1888), per l'altra metà successe il 14º e penultimo figlio, Camillo Paternò Castello e Tedeschi (1835-1880), sposatosi nel 1872 con Maria Stagno dei principi d'Alcontres. Dal loro matrimonio nacquero Roberto Paternò Castello e Stagno (1875-1895) e Ignazio Paternò Castello e Stagno (Catania 1879 - Monza 1944). Ignazio fu l'ultimo della famiglia Paternò Castello che nel 1897 ereditò i beni di Mirabella Imbaccari parte per diritto ereditario e parte per transazione. Si sposò nel 1899 con Angelina Auteri (Napoli 1880-Legnano 1964), in seguito suor Maria di Gesù, figlia del barone catanese Franco e della pugliese Maria Gaetana Gionti. Il barone Ignazio frazionò il feudo in piccoli appezzamenti e donò sia il Palazzo Baronale all'Istituto delle Suore Dorotee (1928) che il terreno in c/da Orto Canale per la costruzione delle Scuole Elementari (1930), prima di entrare tra i Chierici Regolari di San Paolo detti PP. Barnabiti a Monza. Il Palazzo Biscari è il monumento più insigne, unitamente alla Chiesa Madre, che c'è nel Comune di Mirabella. Fatto costruire intorno al 1630 da Giacinto Paternò e gravemente danneggiato dal terremoto del 1693, venne ricostruito e sopraelevato di un secondo piano agli inizi del sec. XVIII da Ottavio Trigona. In esso attualmente ha sede l'Istituto delle Suore di Santa Dorotea. Sorge sul punto più alto del paese, sullo sfondo della via Trigona, che è l'arteria più centrale e più antica. Di esso così si esprime un poeta locale: Sorge in alto l'antico maniero costruito da secoli ormai; da lontano mirar lo potrai: maestoso, superbo lassù. Ecco là! In cima a quel monte! È del popolo nostro la gloria che richiama remota la storia di nostr'avi, di gente che fu.È di architettura barocco-locale, dal portale, dagli stipiti e dalle finestre di pietra intagliata. Dai balconi di ferro bombato, sul frontespizio troneggia lo stemma della casa gentilizia dei Biscari (sul campo sinistro di chi guarda si vede uno scudo con otto strisce verticali tagliate da una trasversale e, sul campo destro, una torre merlata). È un palazzo molto ampio, con un cortile interno, o baglio, cinto da terreno coltivato a giardino e orto, e dal boschetto dalla parte di levante. Comprende molte ampie stanze che un tempo erano adibite in parte ad abitazione e in parte a dispensa, cucina, cavallerizza, magazzini. Al centro dell'androne, pavimentato con mattoni di argilla ordinari, vi è una grande cisterna con due colonnine di ferro battuto, alimentata dalle acque piovane. Dall'androne si accede, attraverso un'ampia scala tutta in pietra ivi compreso il passamano, al piano superiore dove, tra l'altro, sono ben custoditi alcuni mobili antichi lasciati dai Biscari, e qualche quadro pregevole di loro antenati. Nella grande stanza che un tempo fu la camera da letto dei coniugi Biscari c'è la Cappella delle Suore dove si possono ammirare un artistico altare scolpito in noce con un altro in mogano di recente fattura sullo stile basilicale e due preziosi candelabri di bronzo. Annesso al palazzo Biscari nella parte di tramontana sorge quello che comunemente si chiama "Castello" o anche "il Carcere" (tipica costruzione coi merli sovrapposti, sul tipo dei castelli medioevali, che un tempo serviva come luogo di pena e adesso è stato ristrutturato internamente per attività sociali). Un Monumento ai Caduti, inaugurato nel 1938 durante l'Amministrazione del Cav. Benedetto Lo Presti, fu collocato di fronte al Palazzo Biscari. Il monumento, realizzato in bronzo da Pietro Montana e raffigurante un poderoso soldato che sorregge una donna prostrata e afflitta, è un dono dei Mirabellesi residenti negli Stati Uniti d'America. Nel 2014 piazza S.Paola Frassinetti è stata sottoposta a restauro (ricostruita la scalinata d'accesso al Palazzo Biscari e ripulito il Monumento ai Caduti che è stato spostato alla sinistra del palazzo). Altro link suggerito: http://www.fdcmessina.org/index.php/sotto-pag-sezione/palazzo-biscari-a-mirabella-imbaccari/,

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Mirabella_Imbaccari, http://www.sicilie.it/sicilia/Mirabella%20Imbaccari%20-%20Palazzo%20Biscari

Foto: la prima è presa da http://www.cronarmerina.it/images/temi/ricerche-storiche/luoghi-ed-eventi/Castello-Mirabella-Imbaccari1.jpg, la seconda da http://www.sicilyweb.com/foto/1482/1482-04-56-46-7251.jpg

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