CASTEL MADAMA (RM) - Castello di Empiglione
(testo di Paolo Amoroso tratto da http://blog.aioe.org/index.php/empiglione/)
Empiglione è un centro abitato a case sparse, abbandonato,
posto lungo la sponda destra dell’omonimo torrente e sito nel comune di Castel
Madama ad una decina di km da Tivoli, in provincia di Roma. Conserva estesi
ruderi del castello e di alcuni edifici privati, tutti in cattivo stato di
conservazione. La valle del torrente Empiglione aveva molto da offrire alla
colonizzazione umana. Il clima era salubre, non troppo freddo in inverno né
torrido d’estate, il terreno fertile e pianeggiante nel fondovalle e versato
per la coltivazione della vite e dell’ulivo lungo i fianchi morbidi delle
colline, l’acqua abbondante in tutte le stagioni mentre le vicine città di
Tivoli e di Roma, facilmente raggiungibili attraverso la Tiburtina, offrivano
un ampio mercato per i prodotti agricoli ed artigianali del luogo. I primi a
stabilirsi lungo il corso dell’Empiglione sembra siano stati gli Equi poi a
partire dalla prima età del IV secolo A.C. sopraggiunsero i romani che
colonizzarono la zona intensamente. Tuttavia, la città di Tivoli era abbastanza
vicina da essere raggiungibile a piedi con poco sforzo mentre il livello di
sicurezza nelle campagne era allora ancora sufficientemente elevato da
consentire alla popolazione di vivere dispersa sul territorio. Per tutta
l’epoca romana il luogo dove oggi sorge il borgo di Empiglione rimase un
sobborgo rurale di Tivoli chiamato Massa Apollonia e debolmente
popolato dove nella tarda antichità venne costruito un mulino sfruttando
l’unico tratto del corso del torrente omonimo in cui il greto è stretto
abbastanza da poter essere facilmente sbarrato. Intorno al mulino formò una
piccola comunità rurale della quale nulla sappiamo. Probabilmente raso al suolo
dagli arabi nel corso del IX secolo insieme con Tivoli, il borgo cambiò nome in
Empiglione e venne rapidamente ripopolato tanto che risulta essere stato un fundus
– terreno coltivato – nel 936, una massa nel 958, un casale –
probabilmente una torre cinta da una palizzata – nel 967 ed infine un castellum
nel 973. La nascita del primo nucleo della fortezza dipese probabilmente
dall’endemico stato di guerra protrattosi per tutto il X secolo fra il Vescovo
di Tivoli – che allora esercitava anche il potere laico sulla città – ed il
monastero di Subiaco, che possedette Empiglione a partire dal 939 e fino al
1125, di cui rappresentava il territorio più vicino al nemico. L’insicurezza
sembra abbia spinto gli abitanti dei dintorni, che prima vivevano dispersi sul
territorio, ad agglutinarsi in un unico centro abitato sorto nei pressi del
mulino già esistente oltretutto ubicato in una contrada ricca d’acqua e vicina
ai campi coltivati. Malgrado gli innegabili vantaggi del luogo, il castello ed
il borgo che lo circondava per contro erano anche difficili da difendere in
caso di attacchi militari da parte dei vicini tiburtini perché adagiati lungo
il fianco morbido e privo di difese naturali di una insignificante collinetta.
Poiché l’edificazione di una cinta muraria ben fortificata era un’impresa assai
costosa a quei tempi, costruire i centri abitati in luoghi difesi almeno
parzialmente da ostacoli naturali insormontabili rispondeva ad un’esigenza
innanzitutto economica perché limitando la porzione del perimetro della
fortificazione effettivamente esposta all’attacco nemico, che era l’unica a
dover essere davvero invalicabile, si riducevano i costi di costruzione della
struttura. Allo stesso tempo, una fortificazione protetta da difese naturali
impossibili da superare era più semplice da sorvegliare per chi la occupava
poiché in caso di attacco era prevedibile la provenienza degli assalitori e
questo rendeva difficile riuscire ad occuparla sfruttando la sorpresa. Poiché
poi il numero di soldati necessari a respingere un assalto nemico dipendeva
dall’ampiezza della porzione del suo perimetro oggetto dell’attacco, un
castello protetto dalla natura richiedeva un minor numero di soldati per essere
difeso perché l’azione ostile doveva per forza concentrarsi sulla sua sola
parte raggiungibile dall’esterno. In un’epoca turbolenta in cui la sicurezza
era un requisito indispensabile per qualunque centro abitato, questa sua
caratteristica finì col favorire il vicino borgo di Castel Sant’Angelo – oggi
Castel Madama – fondato intorno al 1030 sulla cima della collina soprastante il
fosso dell’Empiglione in un luogo difeso per tre lati su quattro da un dirupo e
perciò facile da difendere anche se lontano dai campi coltivati. Dopo essere
conquistato e raso al suolo dai Tiburtini durante il pontificato di Onorio II
probabilmente nel 1125, Empiglione rimase per il successivo secolo e mezzo un tenimentum
agricolo dato in gestione alla famiglia Orsini ed assoggettato al comune
di Tivoli. In un atto del 1275 Empiglione era descritto come un castellarium,
termine che designava una struttura fortificata in stato di abbandono e per
questo non utilizzabile come difesa militare, mentre all’inizio del secolo
seguente è citato come un castellum in piena efficienza nuovamente
abitato a partire dal 1279 e di proprietà della famiglia Orsini. Fra gli ultimi
anni del XIII secolo ed i primi del XIV, il castello raggiunse la forma ancora
attuale che è testimoniata da un atto del 1307. Il castello venne poi
abbandonato probabilmente un secolo dopo, all’inizio del XV, poiché il generale
progresso nel livello di sicurezza delle campagne e la vicinanza con Tivoli e Castel
Madama lo rese inutile sul piano militare. Sopravvisse invece il piccolo borgo
rurale sorto intorno al mulino e lungo il corso del torrente che, sebbene in
parte abbandonato, si presenta ancora in discreto stato di conservazione. Il
reperto più interessante presente ad Empiglione è senza dubbio il suo castello.
Aveva pianta rettangolare e misurava circa settanta metri per cinquanta,
dimensioni di tutto rispetto per i tempi che lo rendevano molto più vasto di Saccomuro,
Vallebona
o di Castiglione di Cottanello e circa doppio
per superficie rispetto a Rocchettine ed a Stazzano
che di contro si sono conservati in condizioni assai migliori. Era fornito di
una singola porta, ancora visibile malgrado sia in cattivo stato di
conservazione, lungo il suo lato nord occidentale, l’unico che si sia
conservato, curiosamente priva di contrafforti ed affacciata sul lato delle
mura opposto a quello parallelo al corso del torrente Empiglione e rivolta
quindi verso il fianco della valle. Della fortificazione medievale, oggi in
rovina, di proprietà privata ed accessibile solo scavalcando una recinzione,
restano pochi ruderi utilizzati da un contadino come depositi agricoli ed
oltretutto sottoposti in epoca recente ad un pesante intervento di restauro
effettuato aggiungendo solette e rinforzi in cemento armato alla struttura in
pietra originale. Del manufatto originario sono ancora chiaramente
distinguibili il mastio e le tre torri a pianta rettangolare
che si ergevano lungo il lato occidentale del suo perimetro e la porzione del
muro di cinta compresa fra questi. Nulla si è conservato, invece, del lato
orientale. Sicuramente costruito in più fasi, come facilmente provato
dall’alternarsi nelle mura di strati costruiti con differenti tecniche murarie,
nel suo nucleo più antico – comprendente almeno il mastio e forse la porzione inferiore delle
mura di cinta – il castello dovrebbe risalire al X secolo. L’aspetto molto
inconsueto è la tecnica di costruzione con cui è parzialmente realizzato che il
Castello di Empiglione condivide con un piccolo numero di altre fortificazioni
quali il Borghetto di Grottaferrata ed il Castello Savelli di Albano. Uno dei
pochi brandelli sopravvissuti del muro perimetrale è infatti edificato con una
muratura, detta alla sarcinese o sarcinesca, composta da
blocchetti di pietra a forma di parallelepipedo regolare e di dimensioni
grossomodo costanti legati fra loro da una minima quantità di malta. L’origine
di questa inconsueta tecnica costruttiva è ancora al giorno d’oggi dubbia dopo
essere stata ritenuta per secoli tipica degli edifici costruiti nel corso del X
secolo e così chiamata perché importata in Italia dagli arabi, allora chiamati saraceni.
Sebbene oggi si propenda per una datazione più tarda, in ogni caso non
anteriore alla metà del XI secolo, si tratta comunque di una tecnica di uso
raro tanto più in un luogo ricco di argilla, legname ed acqua che sono le tre
materie prime necessarie per fabbricare i mattoni. Da rimarcare infine la
presenza di una struttura ipogea sicuramente artificiale, di epoca e funzione
ignota, posta al di sotto della porzione nord occidentale del castello ed in
rovina, articolata in vari vani collegati da un disimpegno ed accessibile
attraverso una porticina che si apre immediatamente al di sotto del piano delle
mura. A valle del castello, lungo il corso del torrente, che in quel tratto
corre parallelo alla via Empolitana, sono ancora ben visibili l’antico mulino,
in larga parte ricostruito in epoca recente ed adibito a struttura ricettiva
turistica, ed alcune fattorie in stato di abbandono, una delle quali anche di
pregevole fattura. Sono riconoscibili due case coloniche, dirute ma in discreto
stato di conservazione, ed una serie di depositi o stalle inaccessibili e
cadenti.
Foto: entrambe prese da http://blog.aioe.org/index.php/empiglione/
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