venerdì 21 luglio 2017

Il castello di venerdì 21 luglio






TRECCHINA (PZ) - Castello

Trecchina appare in un documento del 1079 col nome di Triclina. Il paese fu successivamente prima roccaforte gotica, poi longobarda. Dopo essere stata distrutta dai Saraceni, fu riedificata dai Longobardi di Salerno. Tra il XI e il XII secolo fu interessata da correnti migratorie di gruppi eretici provenienti dal Piemonte, in particolare dal Monferrato, che hanno lasciato una indelebile traccia nel dialetto locale. Nell'epoca dei regimi feudali appartenne alla contea di Lauria, sotto la famiglia Sanseverino, e a quella di Tortora, sotto la famiglia Vitale. Tra i numerosi passaggi di proprietà del borgo, segnaliamo che nell'anno 1500 circa il feudatario Roberto Sanseverino, principe di Salerno, donò il castello di Trecchina (“la terra di Trecchiena”) al conte Michele Rizzo de Ricci di Castellammare di Stabia, ma questa famiglia detenne il feudo per poco tempo, avendo sostenuto l'entrata dei francesi in Napoli. Il castello di Trecchina, i cui ruderi sovrastano ancora oggi la parte antica dell'abitato, è situato in posizione eminente e circondato da folti e rigogliosi castagneti. Ivi convennero spesso dame e gentiluomini dai feudi vicini, per cacce e altri divertimenti del tempo, coi quali il duca cercava di alleviare le sofferenze delle giovini spose. Molto spesso, oltre alle tristi leggende, tuttora in voga tra il popolo, di signori tirannici, di scene di sangue, di trabocchetti, di veleni, vi sono fatti mondani, come sembra accertato a Trecchina (al contrario di molti altri feudi della Provincia), che non ebbe feudatari oppressori, ma signori che non si avvalsero mai dei privilegi odiosi, che la civiltà del tempo pur loro conferiva a diritto. Più che di un castello, si deve parlare di un palazzo baronale, che fu fatto costruire nel 1530 dal feudatario Antonio Palmieri, barone di Latronico. Piccolo il feudo, piccolo il castello, formato di due piani: quello a piano terra, composto di otto vani e di un lungo corridoio centrale: era addetto agli armati, ai familiari, ai depositi, alle cucine; e quello superiore addetto al feudatario, composto di sei vani e di un vasto salone. In esso immetteva la lunga gradinata interna, che si partiva da una specie di peristilio, compreso fra il corridoio e il portone d'ingresso. Sui lati sud e nord lunghe file di feritoie, insieme ad una torretta merlata posta sulla parte centrale del palazzo e ad un'altra torre posta sulla strada d'accesso, difendevano la dimora del signore, mentre sul lato est, strapiombante sulla valle, s'aprivano gli ampi e soleggiati veroni. Il castello non era una ricca e splendida dimora, poiché abitato dal feudatario solo nelle saltuarie e brevi visite alle terre, né una solida costruzione perché già verso la fine del 1750 era in rovina, prima cioè che lo spaventoso terremoto del 1783 ne abbattesse le ultime vestigia. Anche la sua posizione assai elevata lo rendeva maggiormente esposto all'opera deleteria del tempo. Il castello visse il suo periodo più bello e più romantico con Giovanna Zufia, moglie di a Gianbattista Pescara e duchessa della Saracena (1615). La duchessa Giovanna, di cagionevole salute, venne a stabilirsi per lungo tempo nel ridente per quanto modesto maniero.

Fonti: http://www.vacanzeinbasilicata.it/Basilicata/Potenza/Comuni/Trecchina/Da-Visitare/Trecchina-Castello.asp, https://it.wikipedia.org/wiki/Trecchina

Foto: la prima è di Michele Santarsiere su http://www.michelesantarsiere.it/trecchina-pz/, la seconda è di Studio "Due Piu" su http://www.comune.trecchina.pz.it/scorrevoli/14.jpg

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