martedì 3 maggio 2022

Il castello di mercoledì 4 maggio


 
CASTELFRANCO EMILIA (MO) - Castello Malvasia di Panzano

Pur essendo di probabile origine romana e sviluppatosi in epoca barbarica, le prime documentazioni del Castello di Panzano risalgono al 939 d.c. Nel 1100 Panzano entrò nell'orbita d'influenza modenese. Nel 1248 il castello venne devastato dai Bolognesi. Nel 1310 i Bolognesi se ne impossessarono e tranne che per il periodo dal 1362 al 1397, il castello diventò parte importante del sistema di difesa bolognese verso il territorio di Modena, tanto che nel 1359 arrivò ad ospitare ben 400 soldati. Nel 1443 subì il saccheggio con incendio ad opera delle truppe del capitano di ventura Luigi Dal Verme al soldo dei Visconti, impegnati a riconquistare Bologna. Nel 1449 subì gravi danni ad opera di Astorre da Faenza, comandante di un gruppo di fuoriusciti bolognesi partiti da Modena. Nella seconda metà del 1400, con l'avvento dei Bentivoglio, che imposero la loro signoria alla città di Bologna, il castello di Panzano potè godere di un periodo di relativa tranquillità. Nel 1496, Napoleone Malvasia comprò il castello per la cifra di 3200 lire ed iniziò ad apportare migliorie strutturali intese ad agevolare lo sfruttamento agricolo del luogo. Il Castello restò di proprietà della famiglia fino al 1867, quando la presenza dei Malvasia a Panzano si concluse. Il palazzo passò per testamento alla famiglia Frosini per avere Eleonora, sua figlia, sposato il marchese Alessandro di quella casata. Dopo poco più di un decennio l'immobile fu venduto ai Larco di Genova che lo alienarono al marchese Giuseppe Negrotto, marito di Francesca Larco. Fu questi assiduo inquilino del castello fino al 1909 e si occupò non solo della tenuta agricola, ma rivolse la propria attenzione soprattutto al palazzo. Fece decorare di nuovo le sale in cui abitualmente risiedeva, specie il salone a piano terreno, vicino alla cucina, dove tuttora si ammirano sul soffitto alcune immagini a soggetto marinaresco, fra le quali si riconosce la lanterna, che simboleggia la sua città di origine. Dai Negrotto la tenuta passò al cavalier Giovanni Lombardini e da questi, nel 1917, a Giovanni Orlandini, che ne fu proprietario per lunghi anni contraddistinti da pesante incuria verso il palazzo e dai danni conseguenti al secondo conflitto mondiale. Dal 1972 la proprietà passò a Mario Righini che, oltre a pesanti lavori di restauro, arricchì il Castello con una delle collezioni di auto d'epoca più prestigiose d'Italia, sistemata nello spazio destinato un tempo ad ambienti di servizio (https://www.righiniauto.it/). Immerso in un ambiente di classico sapore agreste, il Castello di Panzano si inserisce armoniosamente nel paesaggio padano, caratterizzato com’è da un accentuato andamento orizzontale che richiama le linee della pianura circostante. Unici elementi verticali le torri, che si innalzano poderose e ben disegnate a interrompere il piatto profilo lineare. L’aspetto attuale dell’edificio risale alla fine del Cinquecento, se si escludono alcune modifiche e aggiunte (comunque non sostanziali) operate successivamente. Nel XVI secolo, infatti, la potente famiglia dei Malvasia di Bologna riedificò sul luogo di antichi precedenti insediamenti medievali il proprio Castello, nato ad uso di residenza per villeggiatura e corte agricola. Nello specifico fu Innocenzo Malvasia che volle richiamarsi stilisticamente alle numerose costruzioni fiorite in Epoca Rinascimentale nel territorio padano, che testimoniano la famosa evoluzione dal castello alla villa. Innocenzo provvide innanzitutto a ristrutturare l'area, rettificando il corso del canal Torbido che da allora scorre a est delle mura e portando il mulino, dapprima all'interno del castello nel secondo cortile, nell'attuale posizione sul lato meridionale. Chiamato poi a Roma per disimpegnare i suoi doveri di ecclesiastico, il prelato dopo il 1600 fece soltanto sporadiche apparizioni a Panzano e affidò la ristrutturazione del castello alla sorella Isabella. La prima a essere conclusa fu la porzione abitativa padronale dalla parte del canal Torbido, a cui fece seguito la realizzazione di una torre, presumibilmente quella posta a sud, terminata nel 1612. La fase essenziale della struttura poteva dirsi invece conclusa fin dal 1609, anche se i lavori procedevano ancora quando, alla morte di monsignor Innocenzo, avvenuta proprio nel 1612, gli subentrò il fratello Ercole che diede nuovo impulso alla fabbrica con l'esecuzione delle opere di decorazione interna, in particolare quella della cappella in cui volle fosse ritratto il fratello Innocenzo. La morte, che lo colse nel 1619, pose il suggello alla prima fase di conversione dell'immobile che, posta in essere da Napoleone seniore, da monsignor Innocenzo e dal fratello Ercole, venne poi conclusa definitivamente dal figlio di quest'ultimo, il marchese Cornelio. Generale dell'artiglieria estense, Cornelio Malvasia amò soggiornare lungamente a Panzano e dopo la morte di Alfonso IV d'Este vi prese stabile dimora. Appassionato di astronomia, intorno al 1650 fece costruire un munito osservatorio proprio nella torre centrale del castello; e qui compirono le loro osservazioni alcuni dei più illustri astronomi del tempo, fra i quali Gian Domenico Cassini e Geminiano Montanari, già suoi compagni di studi. E anche il duca Francesco I, che si dilettava di astronomia, si recò spesso a Panzano per prendere parte alle attività e visionare gli strumenti di cui era dotata la specola: fu qui che nel 1652 assistette all'osservazione della cometa, apparsa poco prima del natale, e studiata dal Malvasia e dal Corsini con strumenti nuovi appositamente costruiti. Altra opera intrapresa da Cornelio fu l'edificio comprendente il convento, la chiesa, la sagrestia e le celle per i frati cappuccini, fatto erigere fra l'orto ed il giardino: e non di rado egli stesso si ritirava qui in preghiera e meditazione. Al termine dei lavori di trasformazione dell'antica struttura, di cui peraltro manteneva alcuni elementi fondamentali quali le torri, le merlature e le feritoie, era compiuto il nuovo assetto residenziale all'interno di una vasta azienda funzionale alla produttività agricola: era, come afferma il Capelli, una tipologia di transizione dall'architettura fortificata alla residenza nobiliare di campagna. Il palazzo-castello conservava alcune caratteristiche tipologiche di epoca feudale, ma rispecchiava anche i mutati intendimenti di una borghesia cittadina trasferitasi nel contado con precisi interessi legati all'attività agricola; ed essenziale alla sua conformazione risultava anche il canal Torbido presso cui il complesso aziendale era stato ricomposto. Le sue acque, oltre che alimentare le varie attività dell'azienda (mulino, frantoio, segheria, peschiera, cartiera), costituivano in alternativa un'importante via di comunicazione attraverso la quale le merci prodotte in loco raggiungevano Bomporto, e da qui Venezia. Dal 1735, si procedette infatti prima alla demolizione del torrazzo seicentesco fatto costruire da monsignor Innocenzo e quindi al rifacimento del prospetto che nel 1745 non era ancora completato. Il risultato dell'opera intrapresa è visibile in un'incisione settecentesca conservata presso la Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio di Bologna, in cui si possono ammirare il rinnovato ingresso meridionale, la torre osservatorio centrale e quella a nord ancora scoperta. Cesare, del ramo bolognese dei Malvasia, provvide quindi a ricavare nuovi appartamenti con la sopraelevazione di un'ala della corte interna padronale, in cui furono ricavati lo splendido salone dirimpetto al giardino e tre stanze finemente decorate. Il figlio Giuseppe, a cui si deve la riedificazione della chiesa di Panzano nel 1787, completò la struttura castellana facendo costruire un nuovo corpo di fabbrica nella zona settentrionale che servì a congiungere il conventino di Cornelio alla corte padronale e da utilizzare quale stalla, fienile e depositi; nel 1775 fu infine interrata la peschiera realizzata nel XVI secolo. Impegnato soprattutto nelle vicende politiche bolognesi, il senatore Giuseppe utilizzò scarsamente la struttura edilizia di Panzano, tanto che durante la seconda metà del Settecento provvide a diverse affittanze, fra le quali è curioso ricordare quella concessa agli alunni del Collegio San Carlo di Modena che vi furono ospitati durante due villeggiature estive. Nessun altro consistente intervento si realizzò fino al 1867, quando, con la morte di Marc'Antonio, la presenza dei Malvasia a Panzano si concluse. Come detto, agli elementi tipici dell’architettura fortificata, come le imponenti torri dotate di merli e apparato a sporgere, si affiancarono così anche porticati e finestrature proprie di un’elegante dimora signorile. La torre centrale sulla facciata e l'elegante cortile d'onore ricordano le "delizie estensi" ferraresi. Oltre alla particolarità delle due torri merlate in passato impreziosite da affreschi (una del XVII secolo, l’altra del 1735 rifatta dal Conte Cesare Malvasia ma originariamente le torri erano tre. Quella “astronomica” crollò all'improvviso nell'estate del 1899, gravata dal peso dei sacchi di grano ivi immagazzinati; fu risparmiata miracolosamente la famiglia Negrotto, appena transitata in carrozza attraverso l'arco sottostante per recarsi al consueto appuntamento mattutino con la messa), è particolarmente interessante la tipologia d'insieme, che si caratterizza di due grandi corti: quella padronale posta a sud e quella adibita alle attività agricole dell'azienda posta a nord. Ortogonalmente si situa una terza corte nella quale trova luogo il convento degli Agostiniani. La cinta muraria, di forma irregolare semi rettangolare, è quasi totalmente integra, anche se in più punti il recinto ha subito abbattimenti parziali o totali. Delle due torri d'angolo superstiti, una funge da campanile della chiesa mentre su quella di sud est sono ancora visibili tracce dei beccatelli che sostenevano l'apparato a sporgere. Nonostante questo il cassero quadrato, integro nell'altezza originaria, svetta ancora dalla piazzetta del nucleo più antico, attraverso il quale si accede dall'unica porta originaria rimasta con bell'arco a tutto sesto. Da alcuni elementi sembra che questa porta fosse preceduta da un piccolo barbacane o altra difesa, oggi scomparsa. Ulteriori edifici conservano strutture medievali, soprattutto la casa torre che sorge di fronte al cassero, e altri che si affacciano sull'unica stradella presente dentro le mura. Tra le varie cose che si possono ammirare all’interno del castello vi sono gli splendidi apparati pittorico-decorativi: al piano nobile, campeggia nel salone un’importante pittura di Gian Giacomo Monti e Baldassarre Bianchi, celebri pittori impegnati in quegli stessi anni al servizio degli Estensi, che risale al XVII secolo. Interessante la cappellina completamente decorata dai pittori Lorenzo Pisanelli e Scipione Bagnacavallo, attivi dal 1609 al 1612: in essa sono riconoscibili i ritratti dei più illustri esponenti della famiglia Malvasia. Accanto al portone principale, balza all’occhio il meccanismo di funzionamento del vecchio mulino. Il mulino Malvasia, unitamente al mulino della Pieve, è tra i più antichi del territorio. La proprietà sta procedendo a una accurata ristrutturazione di tutto il complesso e consente la visita al Castello ma anche alle stanze del mulino, in cui sono conservate le macine ancora in buon stato. Ecco un video del castello e della collezione d'auto d'epoca che tuttora ospita:https://www.youtube.com/watch?v=CTLcYz5pZ3g&t=6s (di Emilia Romagna Tourism). Altro video con riprese effettuate da drone: https://www.youtube.com/watch?v=i0n9olSPlM4 (di Luca T.)

Fonti: https://www.preboggion.it/CastelloIT_di_MO_CastelfrancoE_Panzano.htm, https://www.icastelli.it/it/emilia-romagna/modena/castelfranco-emilia/castello-di-panzano, https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_Malvasia

Foto: entrambe di Solaxart 2014 su https://www.preboggion.it/CastelloIT_di_MO_CastelfrancoE_Panzano.htm

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