Situato su una rupe a picco sul mare, le sue origini possono essere ritrovate nei resti archeologici visibili all’ingresso della struttura, attuale Palazzo di Città. Lo scavo, effettuato in anni recenti, ha restituito tracce di un torrione di epoca normanno-sveva e dei successivi sviluppi della residenza nobiliare in epoca angioina ed aragonese. Si sa che in epoca angioina la regina Giovanna cedette al suo amante Sergianni Caracciolo il castello per sanare dei debiti contratti e nuovamente riottenuta la proprietà la cedette ad Antonio Carafa detto il Malizia per un altro prestito di 1600 ducati d’oro. Nella lotta tra angioini ed aragonesi il Malizia fu punito con la confisca del castello nel 1424 dalla regina Giovanna per essersi schierato dalla parte degli Aragonesi e così il palazzo fu donato alla Curia Arcivescovile di Napoli. Alfonso d'Aragona, conquistata Pozzuoli corse il 26 dicembre 1441 con una flotta ad espugnare il castello di Torre, tenuto dagli Angioini. Dopo un bombardamento dal mare, questo si arrese. Il re entro poi vittorioso a Napoli il 12 giugno 1442 instaurando anche qui la sua monarchia. Innamorato del luogo e della giovane torrese Lucrezia d'Alagno, figlia del feudatario della vicina Torre dell’Annunciata (Torre Annunziata), egli - come ricorda anche Francesco Balzano - dimorò spesso nel castello torrese e lo ampliò. Con lui, dunque, il Palazzo visse il momento di maggior splendore, in quanto vi furono convocati parlamenti di baroni fra cui importante quello del 1449, Alfonso vi ricevette ambascerie nel 1449 e 50, vi diede udienze e feste. La sua storia d’amore con Lucrezia d'Alagno fu intensa e secondo gli storici anche casta dal momento che il re aveva già una moglie, Maria di Castiglia, rimasta in Spagna e da cui non ebbe figli. Il re si fece costruire una stanza nell’orto della dimora dell’amata per poterle stare accanto (resta nella toponomastica locale l’Orto della Contessa) e solevano passeggiare lungo le fontane che si trovavano ai piedi del castello verso il mare nella speranza di poter coronare con le nozze il loro grande amore, speranza rimasta vana fino alla morte del re. Dopo quel momento anche le sorti di Lucrezia si rovesciarono, accusata di essere a favore degli angioini che reclamavano il trono, dovette fuggire in Dalmazia e poi a Roma dove pare sia morta in povertà. La storia d’amore della bella Lucrezia e del re si può leggere in “Storia e leggende napoletane” di Benedetto Croce. Dopo la morte di Alfonso il Magnanimo il castello fu reclamato dalla curia a cui era stato donato ma anche da Francesco Carafa, primogenito del Malizia che, dopo molte insistenze, Friuscì ad ottenere nel 1454 il castello ma non poté goderne il pieno possesso e dovette rivolgere richiesta al papa Paolo II mentre la Curia napoletana considerava l'inutilità dell'edificio che era in cattive condizioni essendo "di fabbriche deboli assai e senza fortificazioni diruto e quasi cadente". Solo nel gennaio 1467 Francesco potè vedere appagato il suo desiderio dietro promessa dell'offerta annua alla Curia di 100 libbre di cera lavorata, ottenendo nell'aprile seguente dal re Ferdinando I la conferma "in perpetuum", per sé e per i suoi eredi e successori, del possesso del castello con l'obbligo di ripararlo a sue spese. Egli, infatti, lo ristrutturò aprendo anche la sottostante strada del Barbacane per la costruzione dei contrafforti di sostegno. Da allora possedettero pacificamente la dimora tutti i padroni di Torre e la sua comarca. Pare che nel ‘600 il palazzo baronale abbia ospitato anche personaggi vicini al Caravaggio e fu sede della raccolta di opere d’arte antica del viceré Ramiro di Guzmάn e sua moglie Donna Anna Carafa; tra gli oggetti in loro possesso si ricorda il rilievo marmoreo con Ermes, Orfeo ed Euridice rinvenuto in contrada Sora a Torre del Greco dove sorgeva una splendida villa residenziale. Da una dettagliata descrizione fatta nel 1690 per l'estimo dei redditi dei beni e dei diritti che avevano goduto i padroni di Torre e comarca si apprende che il castello sito nell'estrema parte del quartiere Vico da mare, sopra la Ripa, aveva una porta d'ingresso che immetteva in un cortile scoperto che faceva da loggia e permetteva la veduta del mare, da Napoli alla penisola sorrentina, intorno a questo erano varie stanze, la cavallerizza capace di venticinque cavalli, il carcere maschile e quello femminile, una cucucina, una rimessa, un pozzo d'acqua sorgiva, il cellaio, i lavatoi... Una scala a due rampe conduceva all'appartamento del primo piano consistente in una grande sala, una cappella con varie stanze con balconi di ferro affaccianti sul cortile, due stanzette e altre stanze, una loggia a cinque arcate coperta, una loggetta panoramica scoperta. Pietro Balzano nel suo libro "Il corallo e la sua pesca" precisa che la forma antica della costruzione era quadrangolare e chiudeva dentro di sé il largo spiazzo del cortile assai più ampio di quello di Castello Capuano, in Napoli, ma privo di porticati; che la parte di mare ai suoi tempi era interamente distrutta e solo si scorgeva in un trarupato burrone alcuni avanzi di interne fabbriche. Nel 1699 col riscatto da parte dei cittadini il palazzo passò in comune possesso delle tre Università di Torre, Resina e Portici sancendo così la fine del governo dei feudatari. Il 14 giugno di quell’anno il barone Giovanni Langella prendendo possesso della sua carica onorifica (aveva 85 anni ed apparteneva ad una famiglia modesta, non avrebbe rispristinato la signoria) con un solenne corteo composto dal Governatore, dagli Eletti torresi e dalla cittadinanza, mosse dalla chiesa di S. Croce e si recò in castello dove compì atti di imperio dimostrativi della sua podestà, fra cui l'apertura e chiusura delle finestre, l'amministrazione della giustizia con la scarcerazione di detenuti ivi imprigionati. Nel 1711 l’edificio, essendo tutto deteriorato, venne messo in vendita e acquistato per intero dall’Università di Torre che riscattò le quote delle altre cittadine tenendo la struttura per sé; così rimase esclusivo possesso della città e divenne sede del governatore e alloggio dei soldati. Nel 1851 il castello divenne sede del municipio e subì in quel periodo una decisiva trasformazione: l'ala orientale che con la porta d'ingresso chiudeva parte del cortile arrivando fino all'orlo della scarpata, venne demolita con la conseguente creazione di un piazzale. Rimase in piedi, trasformata in palazzo ottocentesco, solo l'ala settentrionale sul lato del barbacane che vediamo oggi. All'interno, in gran parte adattato, sono varie stanze adibite ad uffici, al piano terreno; una scala, sovrastata da una grande statua in gesso di Garibaldi, copia di quella in bronzo di Tommaso Solari che è in piazza Luigi Palomba, si divide a metà in due rampe laterali e conduce al primo piano ove sono altre sale di ufficio e un salone per le sedute consiliari. Raffaele Raimondo nel suo libro "Itinerari torresi" (II ediz. pag. 69) ha disegnato una pianta dimostrativa che può dare una chiara idea dell'insieme dell'antico edificio e far comprendere le varie trasformazioni da esso subite nel tempo. Intorno al castello-palazzo municipale persiste, con la chiesa di S. Maria di Costantinopoli, una parte del quartiere di Vico di Mare, che faceva parte della vecchia città ed è rimasta indenne nell'eruzione del 1794: essa ha stretti vicoli e case spesso dotate di scale esterne o di archetti, tipiche di certi paesi rivieraschi e isolani del Mediterraneo. Il Palazzo Baronale oggi è anche sede di manifestazioni ed eventi culturali. Altri link suggeriti: https://www.vesuviolive.it/vesuvio-e-dintorni/notizie-di-torre-del-greco/82165-la-storia-di-palazzo-baronale-o-castiello-e-funtana/, http://www.vesuvioweb.com/it/wp-content/uploads/Natale-Palomba-Il-Castello-Baronale-di-Torre-del-Greco-vesuvioweb.pdf, https://www.youtube.com/watch?v=psmWQIHe1r0 (video di Raffaele Cozzolino), http://www.torreomnia.it/lacitta/lacitta10.htm
Fonti: https://www.ecampania.it/napoli/itinerari/palazzo-baronale-torre-greco-dove-re-alfonso-am-lucrezia, http://www.torreweb.it/citta/castello.htm,
Foto: la prima, che mostra l’edificio ristrutturato come lo si vede oggi, è presa da https://www.torresette.news/comuni-vesuviani-torre-del-greco/2015/05/26/torre-del-greco---rifiuti-gdf-a-palazzo-baronale-sindaco-indagato. La seconda e la terza, che mostrano la costruzione come era in passato, sono prese rispettivamente da http://www.torreomnia.it/lacitta/lacitta10.htm e da http://www.torreweb.it/raimondo/tubi2002.htm
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