CASERTA - Palazzo Cocozza di Montanara in frazione Casolla
Lungo la strada che sale da Casolla verso Piedimonte si eleva il palazzo Cocozza di Montanara del XVI secolo. L'insigne monumento, oggi curato dall'architetto Nicola Tartaglione, ha la facciata a tre livelli, con portale arricchito da decorazioni in piperno e stemma gentilizio. Presenta due finestre ed una torre angolare con elementi architettonici catalani, forse collocati in sito durante i restauri seguiti alle devastazioni del 1860; l'attuale facciata, pertanto, data appena 140 anni. Le restanti finestre hanno cornici settecentesche simili al portale della chiesa di San Lorenzo; tutte sono arricchite da candelabri, a testimonianza dell'importanza politico-sociale della famiglia nel complesso nobiliare casertano e napoletano. Alle spalle del palazzo si estende per 1000 metri quadri un grande giardino all'italiana. L'edificio originario è della fine del Quattrocento (appartenne alla famiglia dei d'Amico, successivamente passò ai Tomasi), semidistrutto nel 1860, nel corso degli scontri fra borbonici e garibaldini. Alla fine dell'Ottocento la marchesa Luisa Cocozza di Montanara adattò il palazzo per trasformarlo in una residenza di villeggiatura, importando a Casolla il tipico gusto eclettico dell'epoca. Il palazzo ha una pianta ad U, con corte centrale. Elemento significativo della corte è la scala settencentesca in piperno, che da un lato è addossata alla dimora e dall'altro presenta una teoria di arcate che va a congiungersi con un'ampia loggia. Fanno parte della proprietà anche un frantoio e la cappella di famiglia, collocati nel piazzale che precede l'ingresso al palazzo. Quest'ultima, chiusa al culto da molti anni, ripete in facciata i caratteri architettonici dell'edificio, con una finestra in stile catalano che sormonta il portale. Nella ricostruzione ottocentesca furono salvati gli elementi quattrocenteschi della facciata: il portale e le finestre al pian terreno, ornate alla catalana, che si estendono anche alla torretta difensiva a nord della facciata. Su questa torre sono ancora visibili i danni arrecati da un incendio avvenuto nel 1860, durante un’occupazione dell’esercito garibaldino. Alla regolare sequenza delle modanature che incorniciano le bucature, d'ispirazione classica, fanno da controcanto alcune bifore, inserite nel registro murario, forse rapportabili a modelli angioini, mentre del tutto singolare è la presenza di una scultura zoomorfa, sicuramente precedente alla costruzione dell'edificio, incastrata nella muratura alla base della torretta angolare. Il maestoso portale è in piperno, e reca in alto lo stemma di famiglia diviso in due parti. Quella in basso presenta una zucca fogliata, sormontata al centro da una stella ad otto raggi, quella in alto un leone rampante sormontato dal motto "Vis Est potens" a sinistra, e le due F sovrapposte, che sono l'acronico del motto Fidelis Famiglia a destra. Alle spalle dell'edificio un imponente giardino all'italiana, articolato sul pendio naturale del colle, si estende per circa un ettaro; al giardino è possibile accedere da due ingressi distinti, che propongono due visioni singolarmente diverse dello spazio verde. Al primo ingresso si giunge attraversando il cortile, chiuso sul fondo da un muro di contenimento, rivestito da glicine, gelsomino, plumbago e vite. Qui si apre un portale di tufo, coronato da un'originale merlatura seicentesca sempre in tufo, che tramite una gradinata immette al livello inferiore del giardino, definito anche "aranceto di sotto". L'altro accesso al giardino passa, a causa dei dislivelli, attraverso un cancello posto sul terrazzo del piano nobile. Esso conduce ad un piccolo giardino all'italiana - con aiuole in tufo dallo schema barocco - superato il quale, appare la prospettiva centrale del viale degli aranci, definito da due filari di aranci lunghi all'incirca 80 metri, che conducono ad un boschetto di lecci, lauri, aceri e ligustri. La bellezza di questo giardino non si affida soltanto alla qualità della vegetazione, composta sia da piante tipicamente mediterranee che da altre esotiche, ma alla felice fusione dell'elemento naturale con l'opera dell'uomo: il disegno dei viali e delle aiuole, la presenza di antiche olle, di frammenti archeologici, di marmi settecenteschi e neoclassici, accanto ad arredi in conglomerato o in pietra, come pozzi, sedili, statue allegoriche, conferiscono all'insieme quel fascino sottile, proprio di tanti giardini eclettici, cui concorrono simultaneamente la storia, l'artificio e la natura, e che è sempre il frutto di una profonda cultura e di una grande passione. Furono queste caratteristiche, insieme a quelle dell'abitato circostante, a indurre Pier Paolo Pasolini, nel 1970, ad ambientarvi alcune scene del suo film "Decameron" e ad adottare il giardino Cocozza come scenografia della novella di Caterina e Riccardo, dove si riconosce il tempietto circolare, col suo giro di sei colonnine, ancora intatto, prima che la caduta di un pino lo riducesse ad un povero rudere, ormai preda della vegetazione. Di particolare interesse è il sistema di irrigazione originariamente adottato per il giardino, oggi in buona parte in disuso e distrutto. Partendo dal vicino acquedotto Carolino, una derivazione alimentava una cisterna addossata al muro di cinta, posizionata nel punto di quota più elevata. Dalla cisterna partiva un sistema di irrigazione per scorrimento, tramite canaline di tufo a cielo aperto che, seguendo il declivio naturale del terreno, portava direttamente l'acqua ai piedi degli alberi del boschetto. Le canaline proseguivano poi collegandosi in rettilineo ad alcune vaschette lungo il viale degli aranci, costituendo così piccole riserve d'acqua.
Fonti: http://sit.comune.caserta.it/progettobuonarroti/01_cocozza.htm, http://www.casertanews.it/eventi/cultura/art_20081103122026.html, https://caserta.italiani.it/palazzo-cocozza-decameron/
Foto: la prima è presa dahttps://caserta.italiani.it/palazzo-cocozza-decameron/, la seconda è di TCampan su http://lacittadelsale.blogspot.com/2010/11/palazzo-detto-della-coccozza-casolla.html
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