Rimane ancora ben visibile la mole maestosa dell'antica principesca residenza dei conti Nogarola, che acquistarono il fondo di Azzano e i diritti sulla campagna circostante dagli Scaligeri. Il castello era circondato da ampi porticati, folti boschetti, viali ombrosi, peschiere, fiumicello e ponte, come ricorda nel 1820 Giovan Battista da Persico. La residenza venne elogiata da numerosi scrittori dell'età umanistica, che avevano in essa un ameno luogo di incontri e di raffinate conversazioni. La villa fu particolarmente amata da Isotta Nogarola, fine poetessa, che in essa trascorse gran parte della sua vita e che della dimora immortalò le lodi in un elegante poemetto in distici elegiaci latini. In quel poemetto Isotta Nogarola rievoca le visite di uomini illustri che onorarono con la loro presenza la dimora dei conti Nogarola. Il castello si presentava con una planimetria a struttura rettangolare, a breve distanza dal laghetto pure di proprietà dei conti Nogarola e circondato interamente da un largo fossato recinto da alti pioppi. Vi si accedeva dal fianco sud-orientale mediante un ponte. Esso si presentava con quattro torri d'angolo, una torricella all'ingresso, il mastio e due case di abitazione. Evidentemente, come tutte le residenze feudali, anche il castello dei Nogarola, sorto in origine con un prevalente scopo difensivo, con il trascorrere del tempo era stato riconvertito in sontuosa dimora della nobile famiglia. Nel secolo XIX il grande maniero subì un radicale restauro, nel corso del quale l'edificio venne ancora ingrandito e decorato da statue scolpite da Pietro Muttoni, ma oggi scomparse. Fu il conte e generale Dinadano Nogarola a commissionare i lavori, quasi certamente all'architetto ticinese Simone Cantoni. Il rinnovamento della residenza era in corso attorno al 1820, anno in cui il da Persico, già menzionato, pubblicò la sua Descrizione di Verona e della sua provincia: l'edificio venne rifatto, a quanto pare da quella testimonianza, in stile neoclassico; particolare maestosità fu conferita alle due facciate del corpo centrale della fabbrica. Al piano inferiore tre grandi archi a tutto sesto aprono ancora la vista sul verde giardino retrostante; al piano superiore un loggiato, che ripete il motivo dei tre archi terreni, separati da semi-colonne a capitelli ionici; il tutto dominato da un frontone a timpano triangolare, ornato da bassorilievi con decorazioni ispirate a tematiche militari e a figurazioni mitologiche. Lo stesso vescovo di Verona, monsignor Innocenzo Liruti, nella visita pastorale compiuta nel 1812, rimase colpito dall'amenità e dall'eleganza del luogo, tanto da annotare nel suo diario: "Nogarola: sessanta campi chiusi entro un muro di tre miglia di giro... Nel recinto di tre miglia canali d'acqua, viali coperti di salici marini, pioppe cipressine e piante esotiche, statue, Peschiera, tutto disposto senza apparenza d'arte, come all'inglese". All'interno della residenza spiccava il grandioso soffitto a copertura del salone centrale: oltre centosedici metri quadrati di superficie interamente affrescati da Domenico Mancanzoni, il quale si ispirò alle pitture di analogo soggetto che si trovano nella loggia del Seminario vescovile di Verona (quello antico di Via Seminario), opera del suo maestro Marco Marcola. Sullo sfondo di un cielo azzurro e di stelle dorate vi si ammiravano una sessantina di costellazioni, tra cui spiccava quella del Toro, eseguita con abile tecnica illusionistica. La conservazione della storica dimora rimase legata nei secoli alla discendenza della nobile famiglia dei Nogarola. Ultimo discendente diretto fu il conte Antonio Nogarola, il quale, dopo l'annessione del Veneto al Regno d'Italia, ricoprì l'incarico di sindaco di Castel d'Azzano tra il 1871 e il 1889. Da quell'anno al 1917 fu sindaco colui che ne aveva raccolto l'eredità, il conte Ludovico Violini Nogarola. Alla sua morte incuria e uso militare - siamo nel periodo più critico e cruciale della prima guerra mondiale - precipitarono la residenza in uno stato deplorevole: adibita a carcere per prigionieri di guerra, essa conobbe lo sfogo vandalico dei reclusi. Analogamente fu la fine del lago di Vacaldo che si trasformò in pantano ed acquitrino. Attualmente solo una minima parte della villa è restaurata. Dal 1997 è diventata proprietà comunale. Ospita il municipio e tutti i suoi uffici, la sede della polizia municipale e la biblioteca. Di recente sono iniziati i lavori per il suo completo recupero. Altri link suggeriti: http://www.accademiafabioscolari.it/villa-nogarola-storia-del-castello-di-castel-dazzano/, http://www.larena.it/territori/villafranchese/castel-d-azzano/prigionieri-nel-castello-ce-ne-furono-40mila-1.5351146, https://www.youtube.com/watch?v=S78scgRHPLA (video di Diemmegrafica Pubblicità per Crescere)
Fonti: http://guide.travelitalia.com/it/guide/verona/castel-d-azzano-il-lago-di-vacaldo-e-il-castello/, https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_d%27Azzano
Foto: la prima è presa da http://www.accademiafabioscolari.it/villa-nogarola-storia-del-castello-di-castel-dazzano/, la seconda è di teozanca70 su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2012/164479/view
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