lunedì 13 maggio 2019

Il castello di lunedì 13 maggio





NARNI (TR) - Castello in frazione San Vito

San Vito è una frazione del comune di Narni, posta a 267 m s.l.m., su un colle che poi digrada verso la valle solcata dal fiume Tevere. In epoca storica, più precisamente nell'XI secolo, San Vito risulta essere fatto a mo' di corte, cioè una serie di fondi rurali chiusi da recinzioni. In un documento del Regesto Farfense del 1036, un tal Pietro, Abate di San Angelo in Massa e suo nipote Adriano, cedono all’abbazia dei terreni di loro proprietà, tra i quali: “La curti Sancti Viti de Colle de Maclae“. Nel 1227 San Vito e Striano erano gli unici castelli che dovevano fare solo atto di onore e reverenza per la festa di San Giovenale a Narni, gli altri offrivano alcune libbre di cera. Nel 1279, Pietro di Ottaviano Scotti acquistò il castello dalla famiglia degli Annibaldi. Nel 1350, come tutti i feudi del territorio, doveva denunciare al vicario di Narni tutti i delitti commessi. Data la sua posizione, che lo rendeva accessibile facilmente dalla pianura tiberina, esso è sempre stato oggetto di preda di molte truppe di passaggio, tanto che nel 1371 gli Scotti offrirono a Narni ingenti quantità di frumento ed altre materie per assicurarsi la protezione contro questi nemici. Nell’anno 1454, agli Scotti fu data l’investitura del titolo comitale sul castello di San Vito. Nel 1591-1592, soffrì la carestia e la terribile pestilenza, che spopolarono anche altri contadi tra i quali Bufone, Marinata e Striano. Sicuramente, nel 1593 risulta essere totalmente assoggettato a Narni e posto sotto la sua giurisdizione. In un tomo del ‘600, conservato all’Archivio segreto Vaticano, è presente una causa “per questioni di confini” tra i Montini di Guadamello e gli Scotti di San Vito, durata 39 anni tra il 1651 e il 1690. Sappiamo che in questo periodo il castello e tutte le terre circostanti erano divise tra tre proprietari: un terzo agli Scotti, un terzo all’abbazia dei Santi Andrea e Gregorio al Celio e un terzo all’abbazia di San Vittore in Otricoli, nella persona di cardinali commendatari. Erano, però, solo gli Scotti che ufficialmente gestivano il potere, come veri e propri feudatari. Nel 1703, morì Marta Scotti, senza lasciare eredi diretti, se non un nipote, Giovanni Mancinelli di Narni, figlio di Pirro, suo cugino di secondo grado, che per atto testamentario, divenne suo erede universale. Alla memoria della defunta Marta, i successori avrebbero dovuto far celebrare nella chiesa parrocchiale di san Vito 56 messe annue (legato Marta Scotti), insieme ad altri obblighi. Tra il 1790 e il 1816, poco a poco diminuì in San Vito, dopo tanti secoli, il potere degli Scotti e dei successori (Mancinelli-Scotti). Il feudo venne diviso fra nuovi possidenti: gli Stinchelli, i conti Casali, il canonico don Paolo Petrignani di Amelia. Dopo il “motu proprio” pontificio del cardinal Consalvi del 06/07/1816, i Mancinelli Scotti, gravati da pesanti oneri per le spese di mantenimento amministrativo della giustizia ed altri servizi pubblici, in data 06/12/1816 rinunciarono alla “baronia” su San Vito, mantenendo, però, nella persona del conte Ferdinando, alcune proprietà, per un certo periodo. Tra il 1824 e il 1828, attraverso un’oculata opera di acquisizioni, tra i vari proprietari di San Vito, subentrò, la potente famiglia romana, di origini spagnole, dei conti Ruiz De Cardenas, nella persona di Luigi; questi in data 29/09/1828, divenne ufficialmente il nuovo “signore” di San Vito. I suoi discendenti, i conti Marcello e Francesco (quest’ultimo primo sindaco di Otricoli dopo l’unità d’Italia nel 1861), furono coloro, che portarono avanti il nome del casato, fino alla fine dell’800. Con la morte, nel 1956, della contessa Maria Luisa (figlia di Francesco) e moglie del cavaliere Quirino Pellizza, è da considerarsi estinto il nome del casato. I successori continuarono ad avere delle proprietà fino agli inizi degli anni ’70, quando la tenuta venne definitivamente venduta a vari piccoli imprenditori agricoli locali. La Torre quadrata svetta al centro del castello, una fortezza circolare con due porte di accesso, in posizione dominante e da sempre funge da “sentinella” per il controllo del territorio circostante, fin dall’epoca romana. I suoi spigoli sono rinforzati da conci squadrati in pietra ed è ottimamente conservata. L’antica chiesa parrocchiale, sita nel borgo antico, sotto la torre quadrata, di piccole dimensioni, ora non esiste più.
La nuova chiesa parrocchiale, di magnifica imponenza, con campanile cuspidato, è una struttura che sorge in posizione dominante su un poggio. Vi si accede da una scenografica scalinata in mattoni e fu costruita a cavallo della prima guerra mondiale, grazie alla tenacia e alla volontà di un parroco indimenticato e indimenticabile: il toscano don Carlo Checcucci di San Casciano Val di Pesa, che ora riposa dal 1963 all’interno dell’edificio. La torre fu testimone, nel Medioevo, delle scorrerie dei pirati saraceni, che risalivano il Tevere con le loro agili barche per razziare il territorio e di quelle di vari capitani di ventura, tra i quali Di Vico e Braccio da Montone. Altri link suggeriti: http://www.turismonarni.it/ita/19/territorio/, https://www.zankyou.it/f/castello-del-tempovita-599979, https://www.youtube.com/watch?v=aqchUhyB4-4 (video di Selene Corrù)

Fonti: http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-san-vito-narni-tr/, https://it.wikipedia.org/wiki/San_Vito_(Narni)

Foto: la prima è presa da https://www.residenzedepoca.it/en/weddings/s/luxury_location/castello_del_tempovita/, la seconda è presa da https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-san-vito-narni-tr/

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