Posto nel mezzo di una vallata a sud-est di San Severino sulla sinistra del torrente Cesolone, questa fortificazione dall'inusuale positura doveva rivestire notevole valenza strategica se e' la da circa mille anni. La vicinanza del torrente e di un mulino forse ne acuiva l'importanza. Quasi in equidistanza fra gli antichi comuni di San Severino Marche (10Km), Tolentino (4Km), Serrapetrona (6 Km), fu da questi aspramente conteso, tanto da essere distrutto e ricostruito piu' volte. Il toponimo è da taluni fatto risalire all'epoca romana, Carpinianum. Carpignano, uno dei castelli del sistema difensivo sanseverinate, è un piccolo gioiello di architettura militare, dominato dal potente cassero con l'antico mastio fasciato da un alto basamento poligonale, con evidenti scopi anti-bombarda, dove sono ancora visibili le tracce degli incavi in cui era alloggiata la scala mobile in legno per accedere alla torre. Estremamente interessante era il sistema di accesso a questa minuscola rocca che era quindi composta dal puntone-braga (inaccessibile mediante scale permanenti) e dalla torre maestra. Si accedeva infatti ad essa per mezzo di scale e passerelle in legno poggianti su travi che venivano alloggiate in apposite buche pontaie tuttora esistenti. Issando una scala mobile poggiante sul terreno, la torre di comando rimaneva isolata. Se particolari ragioni di sicurezza o di emergenza suggerivano di evitare qualsiasi facile possibilità di scalata, le passerelle che cingevano parte del puntone basamentale venivano rimosse o rapidamente distrutte e la torre era completamente isolata, pronta alla difesa ad oltranza. Giunti al piano di calpestio della massa basamentale (battagliera), per entrare nella torre vera e propria si doveva comunque superare un ulteriore dislivello di alcuni metri. Tanto la braga a puntone che la torre erano probabilmente provvisti di apparato a sporgere al tempo dell'aggiornamento quattrocentesco. Quindi di parapetto merlato e piombatoi. Nulla è però rimasto che ci possa testimoniare questo espediente architettonico che avrebbe permesso tanto la difesa piombante che quella ficcante. L'ipotesi restitutiva che proponiamo prevede tanto il descritto sistema d'ingresso che di difesa per il tramite di caditoie. E' evidente (anche se non esasperata), la scarpatura della braga basamentale. La battagliera della braga serviva, oltrechè per invigilare attorno e proteggere la porta del castello, anche per piazzare bombarde e artiglierie semiportatili con cui rintuzzare eventuali tiri demolitori sparati dal lato della strada. E' da lì, evidentemente, che si temevano più probabili attacchi. La torre si presenta cimata, forse di un terzo. Attualmente la sua altezza è di circa 25 metri. Difficile ipotizzarne l'originaria suddivisione, forse in 5 o 6 piani. Sta di fatto che due terzi dell'odierno manufatto (braga e torre) sono inaccessibili internamente. E' evidente che la torre dovesse essere usufruita anche al di sotto del piano di calpestio delle camera di ingresso. Recente restauri hanno occluso ogni possibile accesso ai piani inferiori che, con tutta probabilità, dovevano condurre a vie sotterranee di fuga qualora, in caso di assedio, la torre non potesse più essere difesa o dovesse essere rifornita. Della porta castellana resta davvero poco, cioè il fornice con arco a tutto sesto. La porta, orientata ad occidente, fu ricavata nello spigolo NE del circuito che ha un andamento irregolarmente trapezoidale. Il fronte nord occidentale del castello era dunque costituito dalla porta primaria, da una cortina dall'andamento spezzato e da un torrioncino rompitratta che vedremo tra breve. La ianua castri era costituita da un corpo di fabbrica delimitato da due tratti di cortina (Nord ed Ovest) e da un muro perimetrale che delimitava il corpo di guardia. Di tutto il complesso residuano resti malandati, anche se restaurati. La porta castellana era verosimilmente sormontata da un coronamento in aggetto su sporto di beccatelli e caditoie di cui non resta nulla. Proseguendo dalla porta verso NW, risulta che la cortina è stata discontinuata per realizzare l'attuale strada d'ingresso al castello. La cinta muraria si angolava quindi verso sud, poi sostituita da un modesto gruppo di case. Interrompe il circuito fortificato un torrioncino circolare cimato lievemente scarpato, poi la cortina prosegue fino ad angolarsi nuovamente ad est. Qui fabbriche gravemente degradate documentano forse gangli funzionali del complesso fortificato. Il fronte sud-orientale del castello non è più in esistenza, demolito. Residua solo un torrioncino circolare, simile a quello già visto, anch'esso cimato con copertura per scopi abitativi. Situato a valle, sulla riva sinistra del Cesolone, in posizione strategica, il castello fu oggetto di lunghe contese tra San Severino e i comuni limitrofi; più volte perduto e riconquistato, distrutto e ricostruito, fu dato nel 1379 da papa Urbano VI a Bartolomeo Smeducci, nuovamente perduto, solo nel 1471 entrò definitivamente in possesso di Sanseverino. In quell'anno, come ricordavano due epigrafi oggi perdute, il console Piermartino Cenci provvide ad ampliarlo e rafforzarlo in modo che potesse sostenere eventuali attacchi delle artiglierie che si stavano allora affermando. Il castello, con un perimetro di circa 200 metri, conserva ancora resti della cinta muraria, la porta e tre piccoli torrioni circolari rompitratta, poggianti su brevi scarpate, adibiti in seguito ad uso abitativo; nella parete di una delle case che fronteggiano il mastio, fortunatamente ancora non ricoperta dall'intonaco, è infisso alla rovescia, forse per dispregio, lo stemma in pietra dei guelfi, un leone rampante ed una banda che attraversa lo scudo triangolare, a testimoniare le contese del passato e l'appartenenza del luogo alla loro fazione. Qui in un tempo remoto era il monastero benedettino femminile di S. Claudio, poi trasferito per motivi di sicurezza al Sassuglio, entro il castello di San Severino. Qui è l'antica chiesa dedicata a S. Maria Assunta per la prima volta menzionata in una pergamena del 1241 in cui Filippo, vescovo di Camerino, concedeva alcuni diritti su chiese e cappelle, tra cui appunto quella di Carpignano, all'abbazia di S. Mariano in Val Fabiana per risollevarne le sorti dopo l'attacco subito da parte delle truppe di Federico II. In seguito all'unione del monastero di S. Martino a quello di Valfucina nel 1327, la chiesa di Carpignano fu annessa alla collegiata di S. Venanzio di Camerino e infine, ricostruita nel 1586 la diocesi di San Severino, fu sottoposta alla parrocchiale di Colleluce, da cui tuttora dipende. Come per molti castelli, anche quello di Carpignano sembra nascondere un tesoro, tanto che sin dal Settecento cercatori si avvicendarono fra quelle mura secolari. Un'ultima notazione. La positura di Carpignano, come detto, non è apparentemente delle più felici. Nonostante ciò, ci è stato riferito da chi ha potuto arrampicarsi sulla sommità della torre, che ha potuto scorgere quella dal castello di Pitino. Ciò permetteva di scambiare segnalazioni che, gradatamente, potevano pervenire all'unità centrale di comando dello scacchiere fortificato: San Severino. Altri link suggeriti: https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-carpignano-san-severino-marche-mc-2/, http://www.beniculturali.marche.it/Ricerca.aspx?ids=67598
Fonte: http://www.castlecarpignano.it/index_italiano.htm
Foto: entrambe prese da https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-carpignano-san-severino-marche-mc-2/
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