domenica 16 maggio 2021

Il castello di sabato 15 maggio


CERESARA (MN) - Palazzo Secco-Pastore in frazione San Martino Gusnago

San Martino Gusnago è attestata fin dall'epoca longobarda, nell'VIII secolo, come sede di una chiesa alle dipendenze del monastero femminile di San Salvatore, dedicata a San Martino, che con il tempo darà il nome anche all'abitato. Tre documenti parlano di questa località, dal 760 al 771. Sconfitti e tacitati i Longobardi, si spegne ogni voce anche su Gusnago e sulla sua chiesa. Per sapere qualcosa bisogna attendere il testamento del bresciano Bilongo, vescovo di Verona, che nell'847 lega ad alcuni parenti l'usufrutto dei suoi beni nel fondo di Gusnago. A questa pergamena segue un altro secolo di buio documentale. Nel 961 ci si imbatte in un'altra carta relativa a Gusnago, ossia la vendita effettuata dal conte di Seprio Nantelmo al conte Attone di Lecco di proprietà nel vico e nel fondo di Gusnago. La chiesa compare di nuovo solo nella donazione operata dai marchesi Obertenghi Adalberto e Adelaide nel 1033, quando è presente, nel loro patrimonio disponibile trasferito al monastero di Castione Marchesi, anche San Martino in Gonsenago. Il documento fornisce un dato decisivo perché, per la prima volta, indica il nome del luogo anteponendogli il titolo della chiesa, probabilmente sorta per volontà delle badesse del cenobio di San Salvatore tra il 760 e il 765, e in seguito non più attestata. In una carta successiva del marzo 1037, l'imperatore Corrado II riconosce a Istolfo vescovo di Mantova i beni e i diritti della chiesa mantovana, e tra le altre cose elenca le 35 pievi che spettano alla diocesi. Tra queste vi è la plebem de Gulsfenago, ossia la pieve di Gusnago. Sul confine nordoccidentale della diocesi, la pieve di San Martino in Gusnago estende la sua autorità e amministra il battesimo su una circoscrizione piuttosto vasta che include certamente i territori di Ceresara, Villa Cappella e Piubega, con le rispettive chiese che le sono soggette. Altri documenti aiutano a chiarire quale fosse la situazione delle proprietà esistenti in San Martino Gusnago nei secoli dall'XI al XIII negli stessi giorni dell'anno 1037, il medesimo Corrado II, con un diploma conferma, per il monastero mantovano di San Ruffino, i beni di Gussenago. È proprio questa presenza di diritti appartenenti a enti benedettini che spiega il sorgere, non lontano da Gusnago, di un'area denominata Benedesco. A San Martino Gusnago però ancora nell'XI secolo, almeno sulla carta, permanevano pertinenze del monastero bresciano di Santa Giulia. Nel 1060 una bolla di papa Niccolò II, tra i beni di quel cenobio, conferma anche la corte di San Martino Gusnago. Una successiva bolla di papa Pasquale II del 1106 registra come appartenente al monastero anche la stessa chiesa di San Martino, Cusenagum cum ecclesia S. Martini. Da questi dati emerge che la documentazione relativa all'appartenenza ecclesiastica della chiesa di San Martino è, per questi secoli XI e XII, contraddittoria: da una parte – quella costituita dalle carte imperiali destinate all'episcopio di Mantova - Gusnago è incluso nei confini mantovani e staccato dalla originaria dipendenza dalla diocesi di Brescia e dal monastero di S. Salvatore-S. Giulia; dall'altra – con i papi a garantire per S. Giulia – la chiesa di San Martino è confermata al monastero bresciano. Non ci sono tuttavia documenti espliciti che dimostrino che Gusnago sia stato oggetto di vere e proprie controversie tra la diocesi di Mantova e il monastero benedettino di Brescia. Così nel 1132 il conte Abate di Sabbioneta, della stirpe degli Ugonidi, può affermare che i beni da lui donati alla chiesa mantovana di San Pietro, posti tra Gusnago e Casaloldo, sono in comitatu et episcopatu mantuano. I restanti documenti duecenteschi sulla pieve di Gusnago riguardano infine tutti il clero plebano. I conti di San Martino Gusnago, come i conti di Casaloldo, di Montichiari, di Asola, di Mosio, di Marcaria e di Redondesco, sono una famiglia che si afferma alla metà del XII secolo, discesa dalle stirpi dei cosiddetti conti di Sabbioneta e dei conti Arduini di Parma, chiamate nel loro insieme Ugonidi. Ognuna delle famiglie citate per distinguersi prende il nome dal feudo sede della sua residenza o dei suoi principali interessi, pur rimanendo in possesso comune e porzionario del comitatus. Nel corso del XVIII secolo il territorio di San Martino Gusnago fu assegnato dall'imperatore Giuseppe d'Asburgo (unitamente alla Corte di Soave) in feudo a Carlo Antonio Giannini Conte del Sacro Romano Impero e quindi scorporato amministrativamente dal Ducato di Mantova. Estinti i Giannini, il territorio fu inglobato di nuovo nel mantovano. Il Palazzo Secco-Pastore fu edificato nella seconda metà del XV secolo per volere del condottiero Francesco Secco d'Aragona su progetto dell'architetto Luca Fancelli, che pose la sua inconfondibile firma nella facciata con merlatura cieca. Il Secco era amico e confidente del marchese Ludovico III Gonzaga e nel 1451 sposò Caterina, sua figlia naturale, dalla quale nacque Paola, che maritò Marsilio Torelli, conte di Montechiarugolo. In questo palazzo, il 15 giugno 1491, furono ospiti di Francesco Secco per un sontuoso convivio il duca di Ferrara Ercole I d'Este e Francesco II Gonzaga, marchese di Mantova, che intendeva riconciliarsi con il Secco. Ma costui, nello stesso anno, ebbe contatti segreti con Lorenzo de' Medici per passare al suo servizio e per questo Francesco Gonzaga operò la confisca di tutti i suoi beni, compreso il suo palazzo di San Martino Gusnago, che venne venduto a Caterina Pico, consorte di Rodolfo Gonzaga. Agli inizi del Cinquecento pervenne, con Aloisio, al ramo dei “Gonzaga di Castel Goffredo”. Il terzogenito Orazio Gonzaga lo cedette alla famiglia Furga alla fine del Cinquecento. Passò quindi in proprietà agli Orsini di Bracciano, baroni romani, i quali esercitarono il loro potere su di esso per oltre cento anni. Nel 1709 l’imperatore d’Austria nominò San Martino Gusnago feudo imperiale e per questo motivo il palazzo divenne la sede del feudatario conte Carlo Antonio Giannini. Alla fine del Settecento venne acquistato (con il vasto latifondo che vi era annesso) dalla famiglia Pastore, che modificò la struttura, aggiungendo due lunghi corpi di fabbrica al nucleo centrale originario. Nel 1889 morì nel palazzo Cesare Pastore, senatore del Regno d'Italia. In origine doveva esistere un portale di ingresso alla corte che nella seconda metà del Settecento venne abbattuto da una tromba d'aria e mai più ricostruito. L'edificio a 3 piani è caratterizzato da una volumetria poderosa e squadrata, rimasta tale, nonostante i rimaneggiamenti successivi. Presenta elementi tipici delle residenze castellate gonzaghesche quali la merlatura chiusa la fascia a dentelli (il blocco originario è però limitato alla fascia orizzontale), i comignoli a torretta (ma ne resta uno solo) e altri elementi stilistici. Rifacimenti successivi hanno infatti modificato la disposizione delle aperture. L'interno è affrescato secondo gusto mantegnesco. Di notevole interesse, oltre agli affreschi quattrocenteschi che decorano alcune sale, sono anche la galleria e gli ambienti ottocenteschi, ben conservati. Tuttora di proprietà della famiglia Pastore, l'edificio è aperto al pubblico una sola volta all'anno per la rievocazione storica del convivio del 1491. Ecco un video girato al riguardo: https://www.facebook.com/compagniadelletorri/videos/convivio-a-palazzo/1537469679649298/

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/San_Martino_Gusnago, https://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_Secco-Pastore, https://web.archive.org/web/20110420201315/http://www.mantovabox.it/index.php?micro=25&macro=5&what=detailalign&type=news&id=115, http://www.comune.ceresara.mn.it/index.php?option=com_content&%20view=article&%20id=195:palazzo-secco-pastore&%20catid=58&%20Itemid=127, https://www.fondoambiente.it/luoghi/palazzo-secco-pastore, https://catalogo.reggedeigonzaga.it/it/sirbec/nome=palazzo_secco_pastore_a_san_martino_di_gusnago%7Cid=24%7Ctipo=MSCH_ARCH%7Ccomune=ceresara#

Foto: entrambe prese da http://www.terrealtomantovano.it/luogo/palazzo-secco-pastore/

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