BELMONTE CALABRO (CS) - Castello
Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, nell' 846 i Saraceni conquistarono la città bizantina di Nepetia, collocata nel sito dell'attuale Amantea e il cui territorio comprendeva anche quello di Belmonte, e ne rimasero padroni dopo aver creato un Emirato fino all'885 quando i Bizantini al comando di Niceforo Foca il vecchio riconquistarono la città. I primi abitati attestati nel territorio belmontese in età medioevale sono i casali di Santa Barbara, corrispondente con molta probabilità all'attuale frazione omonima, e Tinga, corrispondente probabilmente alle località attuali di Annunziata e Serra. Nel casale di Santa Barbara c'erano due chiese, Santa Barbara e San Pietro, menzionate per la prima volta nel 1097, quando il duca di Puglia e Calabria Ruggero Borsa concesse queste chiese in beneficio all'abbazia benedettina della SS. Trinità di Mileto. In seguito nel giugno 1202 Riccardo vescovo di Tropea concesse le stesse chiese all'abbazia florense di Fontelaurato di Fiumefreddo. Durante il tentativo di Corradino di Svevia di conquistare il regno di Napoli, la città fortificata di Amantea, poiché si era ribellata agli Angioini, venne assediata e conquistata da questi ultimi nel 1269 (Carlo I d'Angiò, appoggiato dal Papato e dal Regno di Francia, inviò il conte di Catanzaro Pietro Ruffo a riconquistare quel castello che, dopo aver resistito per tre mesi all'assedio angioino, fu costretto alla resa e gli esponenti del partito filo-svevo vennero puniti orribilmente). Per mantenere sotto controllo la città irrequieta, Carlo I d'Angiò ordinò al maresciallo Drogone de Beaumont di costruire un castello di proprietà demaniale in territorio amanteano, a guardia di future rivolte. Nacque così, tra il 1270 ed il 1271, Belmonte (dal nome del responsabile della costruzione del castello deriva probabilmente il nome attuale del paese). Per quanto riguarda la manodopera impiegata nella costruzione, la leggenda vuole che fosse composta da quaranta contadini della località Vallizzo o Chirico Varrizzo, obbligati a lavorare per corvée. Beaumont fondò anche un altro castello omonimo nel Foggiano, oggi in comune di San Paolo di Civitate, prima di partire per la Grecia per la difesa del principato d'Acaia (il Peloponneso), nominalmente territorio di Carlo d'Angiò.Intorno al castello iniziò rapidamente a sorgere un borgo, il cui nucleo iniziale fu l'attuale piazza senatore Del Giudice. Sorsero alcune controversie tra gli amanteoti ed i nuovi abitanti e signori di Belmonte: per risolvere alcune questioni in merito ai confini tra Belmonte ed amantea il 27 maggio 1345 Giovanna I d'Angiò emanò un decreto regionale, secondo il quale Belmonte era incluso nel territorio amanteota. Dall'inizio del XIV secolo il castello di Belmonte vene infeudato ad alcuni esponenti della nobiltà napoletana. Tra il 1305 ed il 1338 fu sottoposto alla famiglia Mastroiodice o Mastrogiudice, tra il 1338 ed il 1367 ai Cossa o Salvacossa, dal 1367 al 1443 alla famiglia Sacchi. Negli stessi periodi, i casali di Santa Barbara e Tinga avevano una loro successione feudale, fino a che non scomparvero e vennero unificati anche loro nel territorio di Belmonte. Un diploma della regina di Napoli Giovanna I di Napoli risalente al 1345 delimitò il territorio di Belmonte separandolo da quello di Amantea, sancendo de iure l'autonomia del primo paese dalla città costiera. La famiglia Di Tarsia entrò in possesso del castello e dei suoi casali nel 1443 e lo mantenne fino al 1578 tra alterne vicende. Forse, Vincenzo Di Tarsia si sposò a Belmonte nel 1506 con Caterina del Persico; di sicuro egli dovette difendersi in questo castello nel 1528 da un attacco francese, durante la seconda franco-spagnola (1526-1529), fase dei complicati rapporti tra Carlo V e Francesco I. Dovette arrendersi ai francesi, ma al termine del conflitto ottenne come ricompensa dal viceré di Napoli don Filiberto di Chalons un'esenzione fiscale decennale per sé e per il feudo di Belmonte. Nel castello soggiornò il poeta petrarchista Galeazzo di Tarsia, sesto barone di Belmonte. Nonostante il suo spirito poetico, si distinse per malgoverno e vessazioni che lo portarono addirittura in carcere sull'isola di Stromboli. Il 15 luglio 1562 venne posata la prima pietra del convento dei Padri Carmelitani, su un terreno donato appositamente dal barone Tiberio Di Tarsia e da sua moglie Ippolita Carafa. La signoria dei Di Tarsia si interruppe momentaneamente quando Tiberio Di Tarsia vendette il feudo a Camillo Sersale per la somma di 15.000 ducati, con diritto di retrovendita dopo dieci anni. Nel 1570 Tiberio morì a Napoli senza eredi legittimi, e lasciò i suoi beni al nipote Cola Francesco Di Tarsia, che aveva dei precedenti con la giustizia spagnola. Il Demanio nel frattempo requisì Belmonte e gli altri feudi ai Di Tarsia, in forza del testamento di Galeazzo Di Tarsia che sanciva, in assenza di figli maschi di Tiberio, che i suoi beni sarebbero stati donati alla Corona. Nel 1578 il feudo fu venduto ai Ravaschieri, ricca famiglia genovese. Sotto di loro Belmonte fu elevato a principato (1619). I Ravaschieri abbandonarono il castello e si trasferirono a risiedere nel palazzo Ravaschieri della Torre, con splendida vista sul mare dall'alto del colle. A loro successero i Pinelli ed i Pignatelli. Il castello risultò gravemente danneggiato dal terremoto del 1638 ed ancor di più da quello del 1783: e tuttavia non abbiamo notizia di restauri compiuti su di esso. La spedizione della Reale Accademia delle Scienze di Napoli che giunse in Calabria dopo quel devastante evento sismico, riportava che: «La porta, che dall'est presta l'ingresso agli abitatori, è di momento in momento in pericolo di cadere. Il soprastante castello è nelle interne sue membra altamente magagnato; e quasi tutta la porzione superiore è in una parte ruinante, e in altra diroccata.»
(Michele Sarconi, Istoria de' fenomeni del tremuoto avvenuto nelle Calabrie e nel Valdemone nell'anno 1783, posti in luca dalla Reale Accademia delle Belle Lettere di Napoli, Napoli 1784, in Gabriele Turchi, Storia di Belmonte, Cosenza 2004.)
Ciò nonostante, i borbonici belmontesi resistettero per circa due mesi ad un esercito napoleonico. L'Assedio di Belmonte (1806), iniziato il 30 dicembre 1806 con l'occupazione del convento dei padri Cappuccini, durò più a lungo dell'assedio della vicina Amantea, difesa dal suo forte castello, che capitolò a condizioni onorevoli il 7 febbraio 1807: Belmonte probabilmente fu presa manu militari solo il 17 febbraio di quello stesso anno. Il castello subì danni tali che fu reso inabitabile. Già i francesi dopo l'occupazione demolirono le parti pericolanti, operazione completata dopo il terremoto del 1905 dal Genio Civile di Cosenza. Negli anni Settanta la rupe del castello è stata assediata dalle case dell'espansione moderna del paese, che furono addirittura addossate ai pochi resti. Il 16 agosto 1974 venne fatta saltare in aria la praca scavata nella roccia, ossia l'accesso al castello con il fossato ed il ponte levatoio, che doveva essere analoga a quella del vicino castello della Valle di Fiumefreddo Bruzio: al suo posto venne eretto l'attuale Municipio, e l'evento viene ancora oggi festeggiato con la sagra degli ziti con carne di pecora, che si tiene ogni anno il 16 agosto. Nel 2000 il Comune di Belmonte Calabro ha realizzato nei pochi locali accessibili la biblioteca comunale. Nel 2008 anche il resto dell'area del castello è stata resa accessibile come area pic-nic attrezzata. Oggi è davvero molto difficile ricostruire la planimetria del castello, e l'articolazione dei suoi ambienti interni. Lo storico locale Gabriele Turchi ha ipotizzato una pianta quadrilatera con quattro torrioni angolari: al centro del quadrilatero, si apriva il cortile della piazza d'armi o vaglio: l'ingresso principale probabilmente era coincidente con quello attuale, in piazza Galeazzo di Tarsia. Il lato settentrionale del castello, quello rivolto verso l'attuale via Michele Bianchi, è rappresentato nella calcografia allegata alla relazione sul terremoto del 1783 eseguita dalla Reale Accademia delle Scienze di Napoli: si presentava come una robusta struttura con finestre, probabilmente rimodernata e resa abitabile dai baroni tra Quattrocento e Cinquecento, provvista di due torrioni angolari quadrati. L'unico tratto merlato rimasto è quello incluso nella ristrutturata biblioteca comunale, tra piazza Galeazzo di Tarsia e l'inizio di via IV Novembre, proprio davanti alla collegiata di Santa Maria Assunta. Nel cortile della biblioteca, si intravede l'imboccatura di una cisterna di acqua piovana. Mentre la cerchia di mura urbica è ben conservata in diversi tratti, e sono intatte addirittura quasi tutte le torri circolari a scarpa che difendevano Belmonte, della cerchia del castello resta solo un trascurabile avanzo sul lato occidentale. Ad ogni modo una salita al culmine della roccia del castello è consigliabile per il panorama sul mare e sul vasto entroterra belmontese (si domina gran parte della valle del fiume Veri), anche perché non è neppure tanto difficoltosa. Altri link per approfondire: https://www.calabriaportal.com/belmonte-calabro/4126-belmonte-calabro-castello.html, http://www.italiavirtualtour.it/dettaglio.php?id=95713 (con visita virtuale), https://www.youtube.com/watch?v=dWRPlz8UY0E (video con drone di Giuseppe De Luca), http://www.comune.belmontecalabro.cs.it/index.php?action=index&p=339
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Belmonte_Calabro, https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Belmonte_Calabro
Foto: la prima è un fermo immagine del video di Giuseppe De Luca precedentemente citato, la seconda è di Giuseppe Pagnotta su https://www.pinterest.it/pin/420382946442754446/?lp=true
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