giovedì 23 febbraio 2023

Il castello di giovedì 23 febbraio



ARCE (FR) - Torre di Campolato

Detta anche rocca di Campolato, o, localmente, torre di Sant'Eleuterio, "torre del Pedaggio" e "torre saracena", è un'antica fortificazione di Arce, posta sul confine tra lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli, nelle vicinanze di un antico guado sul fiume Liri, in località Sant'Eleuterio o Campostefano, anticamente Campolato, Campo Lauterio o Lauterium. Anticamente nella campagna circostante esisteva un vicus romano o forse un pagus denominato Laterium, citato anche da Cicerone perché qui erano delle proprietà del fratello Quinto. La costruzione è in buono stato di conservazione, oggetto di un recente restauro, ma non più abitabile. Si tratta di una torre e di un edificio, entrambi a pianta quadrata, costruiti dai re di Napoli in età angioina. La località oltre ad essere un presidio militare a controllo di un ponte e fungeva anche da dogana mercantile fra le Due Sicilie e lo Stato Pontificio. La prima testimonianza storica che attesta l'esistenza di una torre è abbastanza recente, risale al 30 aprile 1431, menzionata come “turris Campilati” in una bolla di papa Eugenio IV rivolta all'abate di Montecassino perché costui fosse clemente nei confronti di alcuni ribelli del Lazio meridionale che avevano occupato il presidio militare di Campolato. Nel 1441 e nel 1453 vi soggiornò Alfonso il Magnanimo che nel 1449 la affidò a Carafello Carafa insieme ad altri passi di Terra di Lavoro. Nel ‘500 il recinto fortificato fu adibito a osteria con la costruzione di una parete interna e la creazione di un piano sopraelevato. La Nota, et lista di tutte l’entrate del ducato di Sora e Arce, risalente alla prima metà del XVI secolo, riferisce che il “Passo et Hosteria de Campolato” erano proprietà del principe di Urbino. Successivamente il ducato fu acquistato da Giacomo Boncompagni che nel 1584 diede in affitto il “l’hosteria et passo della Torre di Campolato”. Il ponte fu fatto demolire dal principe Gregorio Boncompagni Ludovisi, per attenersi ad una disposizione fissata dalla Regia Corte di Napoli nel 1690. Con ogni probabilità l’osteria smise di funzionare a seguito della distruzione del ponte. Alta circa 19 metri, la torre è articolata su cinque livelli alcuni dei quali coperti da volta a crociera e comunicanti per mezzo di botole. La superficie muraria esterna presenta una cortina dalla lavorazione accurata in cui sono impiegati blocchetti calcarei ben squadrati disposti a filaretto che evidenziano la finalità anche simbolica e rappresentativa della struttura. Tale connotazione è resa esplicita dalla presenza sul lato est di tre scudi di tipo gotico disposti in verticale e inquadrati da una cornice. Lo stemma superiore è l’emblema della casa d’Angiò (Angiò antico o di Napoli): la partizione sinistra è seminata di gigli con lambello a cinque pendenti, mentre la destra reca la croce di Gerusalemme. La presenza dello stemma degli Angiò di Napoli consente datare la costruzione della torre tra il XIII secolo e il 1381. Lo stemma centrale, costituito da uno scudo pieno a cinque fiamme serpeggianti, trova analogie con una delle varianti dell’insegna dei Bentivoglio. La sommità della torre doveva presentare un coronamento di merli o una struttura lignea aggettante e poggiante sui mensoloni ancora visibili tra cui si aprivano le caditoie per la difesa piombante; nella base rocciosa posta in basso è presente una grotta a cui si accede dalla sponda del fiume. Il recinto a pianta quadrangolare che circonda la torre ha mura dello spessore di circa 1 metro ed è realizzato con bozze calcaree irregolari. Un tempo era dotato, nella parte superiore, di un filare a triplice mensola aggettante e caditoie per la difesa piombante e un camminamento di ronda interno. La porta di accesso, difesa lateralmente da due arciere cruciformi, presenta elementi riconducibili a un sistema di chiusura a ponte levatoio: l’incavo di alloggio della porta e le mensole interne ove ruotava l’argano di sollevamento. Le operazioni doganali erano molto semplici: dopo aver pagato una tassa, tanto all’entrata, tanto all’uscita dal Regno, i viaggiatori ricevevano una bolletta che dovevano restituire agli ultimi custodi dei passi; era dato loro anche un lasciapassare in cui era indicato il numero delle persone, degli animali, la quantità di moneta o di merce che portavano con sé, la meta e lo scopo del viaggio. In genere questi passi appartenevano a privati o feudatari oppure era di proprietà del fisco. Altri link suggeriti: https://www.laciociaria.it/comuni/arce_torre_del_pedaggio.htm, https://www.youtube.com/watch?v=Daz_Pfw03ns (video di Duepassinelmistero), https://www.youtube.com/watch?v=gOUa79AMgdo e https://www.youtube.com/watch?v=KCCiXSog7vc&t=3s (entrambi i video di Daniele Cataldi)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_di_Campolato, https://www.prolocoarce.it/visitarce/torre-di-s-eleuterio/

Foto: la prima è presa da http://www.ilpuntosulmistero.it/8012-2/, la seconda è di Harlock81 su https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_di_Campolato#/media/File:Arce_(IT)_-_Torre_di_sant'Eleuterio_-_2022_-_sud_(2).jpg

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