venerdì 24 marzo 2023

Il castello di venerdì 24 marzo


REINO (BN) - Castello

Verso il Mille, si sa essere giuridicamente costituita la comunità di Reino, vista la citazione di alcuni suoi abitanti nell’atto di costituzione dello scomparso insediamento di "Fragneto Rapinella". Dai documenti storici risulta che il feudo reinese e la sua rocca sono appartenuti nel XII secolo, durante la dominazione normanna, allo stratigoto Girardus de Marchia, ricordato nelle fonti archivistiche per la sua donazione, nel 1122, a favore dell'abbazia beneventana di S. Sofia della chiesa di S. Maria «de Sipagno foris in flnibus de castello nostro Regino», possesso, quest'ultimo, che rimase per vari secoli tra i beni abbaziali. In epoca angioina il feudo fu nelle mani del «miles et familiaris Eustasio de Erdicurt». Nel 1420 la regina Giovanna II lo concesse poi a Nicola Pagano di Salerno; quindi il feudo passò a Tommaso Carafa e nel 1530 a suo nipote Tommaso II. Appartengono alla stessa famiglia gli eredi: Ferrante (1546), Carlo (1566), Eleonora (1568), Fabrizio (1576), Tiberio fino al 1592, e altri eredi sino al 1614, quando il feudo fu acquistato da Giovan Geronimo Nani di Savona, il cui figlio Giovan Battista, caduto in disgrazia, fu costretto a vendere a Nicola Maria di Somma, al cui casato il feudo rimase sino all’abolizione della feudalità. È da precisare che uno dei motivi per cui il castello si trova oggi in rovina è proprio il fatto che i di Somma lo abbandonarono al suo destino, scegliendo come dimora il bastione di Circello. Il tempo e i terremoti hanno poi fatto il resto. Il castello è ubicato su un altopiano che raggiunge una quota massima di m. 402 slm, sovrastante il borgo medievale; il maniero si erge su uno sperone roccioso naturalmente protetto da forti pendii di difficile accesso, con un dislivello di circa 20 metri rispetto alla base. Tale contesto geomorfologico ha favorito la scelta del sito per la costruzione di una fortezza a difesa e controllo del territorio sottostante dove, da un lato scorre il torrente Reinello (affluente del Tammaro) e dall’altro, a poche centinaia di metri, si dirama il tracciato del Regio Tratturo Pescasseroli-Candela. La componente difensiva è fortemente rappresentata dalla imponente cortina muraria che cinge circolarmente l’intero perimetro dell’altopiano, proteggendo il complesso militare e residenziale presente all'interno. Il Castello nacque in epoca Normanna (XI-XII sec.) come molti altri castelli della zona, pur non potendosi del tutto escludere un precedente insediamento longobardo nel sito. Certamente esso esisteva nel 1122 poiché Girardus de Marchia, feudatario del tempo, ne parla come “castello nostro Regino”. Il castello nacque con funzioni militari ed era inizialmente costituito da una torre quadrangolare -adibita ad abitazione del Cavaliere feudatario- con sottostante cisterna (in cui le acque piovane venivano raccolte dalle coperture degli ambienti sovrastanti tramite tubuli di terracotta) nonché, presumibilmente, da una palizzata perimetrale successivamente diventata muro, e qualche piccola stanza di servizio. In epoca Angioina (XIII-XIV sec.) subì un primo rifacimento ed un ampliamento: la torre quadrangolare (probabilmente danneggiata dai movimenti della roccia sottostante o da un terremoto) venne sostituita da un mastio circolare tuttora esistente, solo parzialmente sovrapposto alla antica cisterna che mantenne la sua forma originale. Vennero addossate alla nuova torre alcune stanze, fu realizzato il battifredo (torretta esterna) nel quale stanziava un milite a difesa della strada di accesso in salita e due ripari "sotto roccia", con la tecnica della sagomatura degli speroni rocciosi, che probabilmente ospitavano servitori con la funzione di azionare la porta che fungeva da ponte levatoio a protezione dell’accesso al castello. Nel periodo Rinascimentale (XVI sec) con i Carafa, il castello assunse le sembianze oggi osservabili, in quanto essi realizzarono il definitivo e maggiore ampliamento dell'edificio che perse la sua funzione militare e si trasformò in residenza signorile che presentava una complessa struttura castellare, dettagliatamente descritta da Nicola Maione nel suo “Relevio” del 1630, finalizzato allo “apprezzo” (stima) del feudo in vista della vendita di esso. Fu in questa fase che venne realizzato lo scalone d’ingresso scavato nella roccia mentre venne abbandonato il precedente sentiero acciottolato che portava al Mastio, di cui sono state trovate tracce evidenti nel corso degli scavi che hanno riportato alla luce numerose stanze e il secondo muro esterno a protezione della strada di ingresso. Lungo questa strada “pennice” (in pendenza), come annotato da Maione, ancora nel 1630, si trovavano tre porte di cui la prima fornita di "funicella" per suonare un campanello nella camera del Barone, una costituita da “un ponte di tavole con maniglia per posserlo alzare nei bisogni” ed infine una “porta forte” (oggi diremmo ‘blindata’) con sovrastante saettera a sua difesa. Insomma il “forte e comodo castello” – come lo definisce Maione- era anche molto ben protetto… Esso, dopo la trasformazione operata dai Carafa, contava una quarantina di stanze di varia grandezza, aveva due cortili di cui uno scoperto parzialmente mattonato, un "gallinaro", una “grande cocina con forno focolaro” e poi una “camera per tenere robba” oltre ad una piccola Cappelletta “dove stà il quadro de San Giovanni Battista et ivi si celebra ogni giorno a devozione della baronessa” mentre la Torre era stata trasformata in carcere. Il Castello fu pesantemente danneggiato dal fortissimo terremoto del 5 Giugno 1688 e non più recuperato, al pari della antichissima chiesa di Santa Maria in Gruttis, poco distante. Entrambi i manufatti divennero fonte di approvvigionamento di pietre per la costruzione di nuove abitazioni e furono via via spogliati di ogni elemento costruttivo o di arredo che potesse essere riutilizzato. Ricoperto da terra di riporto e fitta vegetazione nel corso di oltre tre secoli, si era persa cognizione della sua maestosa grandezza e bellezza finché i recenti scavi -peraltro non ancora conclusi- promossi dal Comune di Reino con la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per le province di Caserta-Benevento, non ne hanno riportato alla luce le fattezze, restituendo ai Reinesi un elemento fortemente sentito come identitario dalla comunità e all’intera Regione un pezzo della sua storia. Altri link proposti:https://fondoambiente.it/luoghi/castello-di-reino?ldc, https://www.ntr24.tv/2020/08/29/a-reino-torna-a-splendere-il-castello-di-origine-medioevale/ (video), https://www.offtec.it/progetti/rupe-del-castello-di-reino/ (foto)

Fonti: https://www.comune.reino.bn.it/c062056/images/90x60_lato%20A.pdf, scheda di Michele Calzone su https://www.mondimedievali.net/Castelli/Campania/benevento/reino.htm

Foto: la prima è presa da https://www.ottopagine.it/bn/attualita/227525/castello-medievale-di-reino-rinasce-grazie-al-restauro-foto.shtml, la seconda è presa da https://www.ntr24.tv/2020/08/29/a-reino-torna-a-splendere-il-castello-di-origine-medioevale/

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