CARPI (MO) – Castello dei Pio
E’ un insieme disomogeneo di edifici di periodi diversi che si estende su piazza Martiri e su piazza Re Astolfo, cuore medioevale della città di Carpi. Oltre 160 metri è lungo il fronte del palazzo sulla piazza dei Martiri e oltre 14.000 i metri quadrati di superficie del palazzo, che comprendono cortili, porticati, terrazze, sale affrescate, loggiati, una cappella, ma anche uffici, sale conferenze, sale espositive. Il complesso, un tempo circondato da fossati, è composto da più corpi edificati tra l'XI e il XVII secolo, e fu abitato dai Pio dal XIV al XVI secolo. Tra i corpi di fabbrica unificati a più riprese si contano l'uccelliera, la torre del Passerino (o del Bonacolsi), la facciata centrale, le stanze del vescovo, la torre dell'orologio, il torrione degli Spagnoli (o di Galasso), le rocche vecchia e nuova. L'impulso decisivo fu dato da Alberto III Pio, principe umanista nipote del celebre Pico della Mirandola, che trasformò la rocca medievale in una residenza in stile rinascimentale nel XVI secolo. Il complesso fu poi adibito a scopi diversi nei secoli successivi alla caduta dei Pio e attualmente ospita l'archivio storico comunale di Carpi, alcuni musei e il "Castello dei ragazzi" ed è sede saltuaria di mostre d'arte. Il corpo centrale dell’edificio è occupato sulla piazza dalla maestosa facciata rinascimentale, ritmata in modo chiaroscurale per la presenza di finestre e nicchie dove si trovavano affreschi policromi di soggetto antico, raffiguranti imperatori romani a mo’ di statue. Resti di affreschi di Giovanni del Sega (1506) sono presenti al piano superiore. Sono evidenti nell’architettura gli influssi dei modelli classicheggianti di derivazione romana, portati a Carpi dall’architetto senese Baldassarre Peruzzi. In realtà la facciata rinascimentale sull’antico Borgogioioso terminava all’altezza del grande pinnacolo angolare merlato, tuttora esistente, che si eleva alla sinistra della Torre dell’Orologio. La facciata era collegata all’Uccelliera a nord e al Torrione a sud da una bassa muraglia, quanto rimaneva dell’antico muro perimetrale del Castello. Tra 1582 e 1589 il corpo centrale fu ampliato verso nord, mantenendo e completando l’aspetto rinascimentale dell’edificio, con l’aggiunta di un’intera ala (la cosiddetta aggiunzione estense) che collegava la parte cinquecentesca alla più antica torre del Passerino, a dare l’idea di un unico complesso palaziale. A sud in seguito, nel 1779, fu alzata di un piano l’ala bassa che congiungeva il Torrione degli Spagnoli alla parte centrale del palazzo, per trovare una sede temporanea per l’abitazione del vescovo di Carpi eletta in quell’anno a sede vescovile, in attesa della costruzione del Palazzo accanto al Duomo. Il centro della facciata, dove in antico era collocato il rivellino, è caratterizzato dalla presenza della Torre dell’Orologio, che costituisce l’ingresso principale al Palazzo dei Pio. La costruzione della torre, collocata al centro del palazzo dove si trovava il cassero fortificato dell’antico ingresso, iniziò nel 1577. Dopo un parziale crollo nel 1597, l’edificio fu ricostruito nelle attuali forme tra 1625 e 1637 su progetto di Guido Fassi. La torre, che ha mantenuto parte del vestibolo monumentale con il grande portale a paraste doriche di bugnato, si presenta caratterizzato da una composita verticalità definita da masse sovrapposte degradanti per dimensioni verso l’alto e terminante con un pinnacolo aperto in quattro archi centinati e sormontato da un cupolino rivestito in rame. L’angolo nord ovest della facciata del palazzo sulla piazza è segnata dalla caratterizzante presenza della torretta dell’Uccelliera. E’ un basso edificio rotondo costruito nel 1480 che aveva funzione di torretta angolare intorno a cui girava il canale. All’inizio del Cinquecento fu trasformata da Alberto III Pio in ninfeo con retrostante giardino segreto e con una voliera sul tetto per la sua collezione di uccelli rari, da cui il nome di Uccelliera. Altra analoga torretta esisteva nell’angolo meridionale delle mura prospicienti la piazza, ma fu distrutta nel Settecento per costruire Palazzo Scacchetti, ora sede del Municipio. Le cosiddette Stanze del Vescovo erano formate da grandi sale con soffitti in cannucciato e una cappella in scagliola bianca. Le pareti erano decorate ad affresco con motivi e decorazioni di carattere neoclassico, e oggi sono in parte ancora visibili. L’elemento più imponente del lato ovest del Palazzo dei Pio è invece il Torrione degli Spagnoli (o di Galasso) che ora chiude il complesso monumentale verso sud. L’edificio, costruito tra 1440 e 1450 unendo due precedenti torri, si presenta come un ampio torrione a pianta rettangolare dalla caratteristica struttura verticale, articolato su più piani con stanze dalle volte a crociera, sontuosamente affrescate. Alcuni altissimi pinnacoli che si alzano dalla linea del tetto sottolineano ancor oggi lo slancio dell’edificio. Di particolare interesse sono gli affreschi a piano terra, attribuibili a pittore di scuola ferrarese della metà del Quattrocento, e le decorazioni nelle sale al primo piano, in particolare uno stemma dei Pio di Savoia, della medesima epoca, notevole per fattura e qualità artistica. Il Torrione è l’unica parte del complesso del Palazzo dei Pio di proprietà dello Stato, mentre il resto è del Comune di Carpi. Entrando dal cassero della torre dell’Orologio, si accede al maestoso Cortile d’onore, oltre 900 metri quadrati di superficie. L’inserimento del cortile d’onore al centro del complesso residenziale dei Pio è l’elemento fondamentale che nel primo decennio del Cinquecento (tra 1504 e 1511), per volontà di Alberto III Pio, dà una nuova immagine al palazzo, tanto che non serve solo come punto di snodo tra le diverse parti dell’edificio (a nord gli appartamenti, a sud una zona di rappresentanza e oltre il Torrione di Galasso) e tra la nuova piazza e l’antico centro medievale a levante, ma anche come primo luogo di rappresentanza per chi accede al palazzo. Il cortile, costituito da un regolare loggiato con colonne in marmo a formare un portico ad arcate a tutto sesto sormontato da due sopralogge chiuse ai piani superiori, rappresenta una delle più felici realizzazioni rinascimentali a Carpi e rivela l’influenza di modelli urbinati e romani nei loggiati sovrapposti e nei loro particolari decorativi di buona qualità realizzativa - capitelli, peducci, mensole, con elementi figurati - opera del reggiano Bartolomeo Spani. Rimasto incompiuto nell’apparato ornamentale, fu integrato e concluso fra 1875 e 1876 da Achille Sammarini.Spicca nella piccola corte a nord del Cortile d'onore la Torre del Passerino (o Bonaccolsi), che costituisce l’edificio più antico attualmente esistente nell’intero complesso palaziale. La struttura architettonica è caratterizzata dalle tipiche merlature ghibelline (rifatte intorno al 1820, dopo la distruzione di quelle antiche), che dimostrano l’originaria funzione prettamente difensiva dell’edificio e come molte torri di avvistamento è orientata precisamente secondo i quattro punti cardinali. È alta circa trenta metri ed è suddivisa in cinque piani che originariamente dovevano essere intercomunicanti; nel XV secolo la stanza al primo piano fu inglobata nell’appartamento nobile (la Sala della Dama) e ne vennero affrescate le pareti. Parzialmente adibita a deposito di granaglie a inizio Ottocento, con la distruzione di alcune delle volte originarie, fu recuperata poco dopo con ampi rifacimenti. Sul lato est del cortile d’onore, verso piazzale Re Astolfo, è rimasta parte dell’area del palazzo denominata in antico Palazzolo o Corridoio. Questa struttura, che collegava la Rocca Nuova a nord con la Rocca Vecchia a sud, era costituita da un ampio e alto porticato che si apriva sui giardini del palazzo, collocati nell’area ora occupata dall’ex opificio Loria, sull’attuale piazzale Re Astolfo. A questo edificio appartengono due spesse colonne cilindriche in cotto con capitelli cubici arcaicizzanti che reggono volte a crociera, collocate in un vano attiguo alla cosiddetta Sala ex Poste, in cui è stato rinvenuto un affresco databile alla seconda metà del Quattrocento raffigurante un guerriero in veste di “sentinella del palazzo”. In epoca estense vennero qui sistemate le scuderie, mentre l’attuale decorazione in stucco liberty della sala fu realizzata in occasione dell’apertura dell’ufficio postale nel 1911. Anticamente la zona costituiva l’accesso sul lato orientale agli appartamenti della Rocca nuova, in prossimità dello scaloncino che conduce all’appartamento inferiore e quindi al piano nobile, alla loggia e all’appartamento. Malgrado il nome, la Rocca Nuova costituisce o meglio ingloba invece il nucleo originario (XII secolo) del complesso del Palazzo dei Pio, ora non più esistente ma in parte leggibile nella struttura architettonica. Su questa struttura si insediò poi nella seconda metà del Trecento Giberto Pio con la sua rocca, che fu poi inclusa, lasciando chiare tracce architettoniche e decorative, in un rifacimento successivo - la Rocca Nuova appunto -, quello attualmente visibile, databile verso gli anni Settanta del Quattrocento. È questa l’area residenziale di maggior prestigio del Palazzo dei Pio, con i due appartamenti collocati al piano ammezzato e al primo. All’appartamento inferiore si accede dallo scaloncino nell’angolo nord ovest del cortile d’onore. È costituito da cinque ambienti di dimensioni e funzioni differenti, tutti comunque abbelliti da decorazioni ad affresco databili tra la fine del Quattrocento e il primo decennio del Cinquecento, ascrivibili all’epoca e alla volontà di Alberto III Pio. La sala dei Cervi è un ambiente di notevoli dimensioni decorato nella volta con crociere e nelle lunette da affreschi con soggetti tipicamente cortesi con scene di caccia. La volta presenta eleganti motivi geometrici intrecciati al cui interno sono iscritte le iniziali di Alberto Pio. Le decorazioni furono purtroppo irrimediabilmente danneggiate dal punto di vista cromatico nella quasi totalità da un incendio che si sviluppò nella sala intorno al 1861, dando alle pitture una scura tonalità brunastra, ben diversa dai brillanti azzurri e verdi che dovevano caratterizzarla. La successiva sala degli Stemmi o dei Re presenta sulle due belle volte a crociera e sulla parte superiore delle pareti affreschi con stemmi dei re di Francia, con i tre gigli dorati, di Ludovico il Moro di Milano e di Anna di Bretagna. La volta presenta sul fondo bianco numerose code di ermellino (elemento decorativo piuttosto frequente nelle residenze dei re di Francia), mentre i costoloni delle crociere sono sottolineati da belle decorazioni a candelabra bianche su fondo blu. La presenza di stemmi legati ai re di Francia in questa e nella sala successiva dei Gigli è dovuta all’alleanza di Alberto Pio con i Francesi nel 1506; nel 1509 Carlo d’Amboise passò per Carpi e a questi anni sono da far risalire queste decorazioni. L’adiacente sala dei Gigli presenta decorazioni nelle lunette delle pareti e nella volta, caratterizzata da piccoli soli con gigli dorati all’interno. Due delle lunette presentano invece su fondo azzurro una serie di gruppi statuari marmorei figurati, tra cui spiccano ben riconoscibili i Dioscuri di Montecavallo, tra cui sono inseriti medaglioni raffiguranti imprese araldiche e gigli di Francia sorretti da coppie di putti. Sulle altre due lunette sono ben identificabili Dioniso a cavallo di una pantera e la Sfinge che schiaccia un leone. Emerge in queste decorazioni, opera di Giovanni del Sega, un gusto antiquariale tipico della pittura romana di quegli anni che caratterizza buona parte delle decorazioni cinquecentesche del palazzo di Carpi, prima di tutte la sala dei Mori. Un piccolo gioiello è l’attigua sala delle Muse, tipicamente rinascimentale per gusto e per scelta iconografica. La decorazione, ricca di figure allegoriche umanistiche, si sviluppa dal centro della volta, dove è rappresentato Pegaso in una cornice di grottesche di straordinaria qualità pittorica, alle lunette delle pareti dove si trovano le Muse in veste di musiciste e dove su un camino perduto doveva esserci anche Apollo, in una rappresentazione del Parnaso, come era nello studiolo ferrarese di Belfiore e nel tempietto delle Muse di Federico da Montefeltro a Urbino. All’incrocio delle vele, entro medaglioni, i busti dei grandi poeti dell’antichità. Questo piccolo vano era molto probabilmente lo studiolo di Alberto Pio, un luogo intimo e privato, direttamente collegato alle sale dell’appartamento del piano nobile in cui veniva conservata parte della sua biblioteca. Dell’attiguo stanzino, denominato dei Cartigli per la presenza nella decorazione di cartigli incompleti degli stemmi, è da citare la bellissima crociera della volta segnata da una decorazione a candelabra di notevole qualità esecutiva. Si tratta probabilmente di un piccolo ambiente di passaggio per il vano attiguo, in cui ancora oggi rimane l’imposta dell’antica presenza di una scala a chiocciola che saliva, oltre che per le labili ma ben leggibili tracce di una trecentesca decorazione ad affresco a motivi vegetali dell’antico muro esterno della rocca, poi inglobato. Attraverso lo scalone d’onore si accede alla loggia di primo ordine e quindi, attraverso la sala dei Mori, all’appartamento nobile. È questo il percorso rinascimentale di accesso al palazzo, quello che passando per la piazza e il cortile, costituiva un itinerario di avvicinamento al signore attraverso i luoghi di rappresentanza della sua residenza. La loggia di primo ordine, coi suoi quattro bracci caratterizzati da alte volte, riprende i modelli architettonici romani della gallerie vaticane e di palazzo Chigi, a cui lavorò lo stesso Baldassarre Peruzzi chiamato a Carpi da Alberto Pio. La loggia costituisce il punto focale di snodo dei percorsi di visita del palazzo e nella sua maestosa compostezza risulta una delle più belle e interessanti realizzazioni del Rinascimento a Carpi. La sala dei Mori è già dal 1470 il salone dove si svolgono le funzioni pubbliche della signoria. Costruita nelle attuali forme e con l’apparato decorativo che la caratterizza, con funzioni di rappresentanza, nei primissimi anni del Cinquecento da Alberto Pio, fu denominata sala dei Mori solo nel Settecento perché utilizzata per la produzione della seta (il moro è il frutto del gelso). Gli affreschi furono realizzati tra aprile e giugno 1506 da Giovanni del Sega, riprendendo i modelli antichizzanti di ascendenza di cui già si è parlato. Le pareti si aprono con funzione scenografica, dilatando l’ambiente verso lo spazio aperto, attraverso una partitura architettonica prospettica formata da una loggia architravata sostenuta da pilastri a candelabra. Sul basamento poggiano statue antiche disposte come in una collezione antiquaria secondo la moda diffusa a Roma e nelle grandi corti rinascimentali in quegli anni. Il fregio superiore è percorso da una decorazione a racemi con medaglioni raffiguranti i ritratti dei Cesari e di Luigi XII di Francia, mentre lo zoccolo inferiore è caratterizzato da una decorazione a finta tarsia marmorea intervallata da medaglioni purtroppo poco leggibili. Sulla parete meridionale della sala dei Mori si apre la Cappella dei Pio. Ambiente di piccole dimensioni dal decoro tipicamente rinascimentale, è formato da una navatella rettangolare con volta a crociera e da un vano quadrato con cupola che finge da presbiterio. Gli affreschi (abbondantemente restaurati all’inizio del Novecento) coprono tutte le pareti e le volte e riportano episodi della vita di Cristo e di Maria, a cui è dedicato l’ambiente, realizzate entro il 1511 da Bernardino Loschi, con moduli stilistici che si rifanno alla tradizione pittorica tardo quattrocentesca lombarda e padana di ascendenza mantegnesca. Particolarmente interessante, anche per il valore storico, il ritratto del principe Alberto III, dedicatario della cappella, nella zona presbiteriale, insieme al fratello Lionello e due prelati. Nelle lunette della navatella si trovano quattro medaglioni in terracotta invetriata a bassorilievo raffiguranti gli Evangelisti, opera di Andrea della Robbia. A ovest della sala dei Mori si apre un vasto ambiente, la cosiddetta stanza del Forno, che conserva come le due stanze successive tracce di affreschi nella parte superiore delle pareti, che costituiscono un fregio decorativo analogo per iconografia e motivi stilistici alle decorazioni dell’attigua sala dei Mori, opera di Giovanni del Sega. Di notevole interesse il soffitto ligneo decorato di recente recuperato, databile ai primi anni del Cinquecento, con una struttura a cassettoni dal fondo blu con al centro un elemento floreale dorato. Le travi, di colore rosso con motivi decorativi dorati, si intersecano alle pareti dove, sopra al fregio, sono presenti elementi affrescati a dadi di colore rosso anch’essi. Passate queste prime tre sale, attraverso un’intercapedine ricavata dall’originario muro esterno della torre del Passerino, si accede alla sala della Dama. La stanza presenta sulle pareti e sulla volta a crociera decorazioni ad affresco di artista emiliano databili al XV secolo, in cui spiccano le figure di una dama a cavallo e di un’altra sotto un baldacchino, interessanti per i riferimenti a temi cortesi diffusi tra Trecento e Quattrocento. Dai documenti antichi risulta che la stanza era la camera cubicularia (cioè la stanza da letto) dell’appartamento nobile e sembra che i due personaggi rappresentati entro mandorla nella volta, una donna con capo velato di bianco e un uomo con tutte le caratteristiche del signore, siano Lionello Pio e Caterina Pico, genitori di Alberto III Pio. Tornando nella Rocca Nuova, si accede alla sala Ornata o del Principe, che presenta affrescato alle pareti un finto loggiato architettonico con archi a tutto sesto, opera probabile dell’inizio del Cinquecento di Bernardino Loschi. Molto interessante è lo splendido soffitto ligneo intagliato e dorato, con motivi di candelabre, racemi, sirene e putti reggistemma. Al centro del soffitto, integrazione di inizio Cinquecento, c’è una figura allegorica su trono, all’interno di una struttura prospettica con volta. Allo stesso periodo sono databili una parte delle decorazioni della successiva stanza dei Trionfi. Il ciclo di affreschi della sala, uno degli ambienti più suggestivi dell’appartamento nobile del palazzo, raffigura il tema dei Trionfi, immagini allegoriche di carri in trionfo secondo la tradizione dell’antica Roma rappresentanti l’Amore, la Morte, la Carità, la Fama, l’Eternità e il Tempo. Nella scelta del soggetto è ipotizzabile un riferimento all’omonima opera poetica di Francesco Petrarca, i cui rapporti con Carpi sono tra l’altro documentati da un soggiorno del poeta alla metà del Trecento. Alla seconda metà del Quattrocento sono attribuibili le scene del Trionfo del Tempo, del Trionfo dell’Amore e di un Corteo di cavalieri di dame, assolutamente estraneo all’iconografia classica dei Trionfi, con evidenti riferimenti alla cultura decorativa espressa a Palazzo Schifanoia a Ferrara e a Palazzo Ducale a Mantova. Di qualche decennio successive, sono le scene con il frammentario Trionfo della Morte e il Trionfo della Fama, attribuibili a Bernardino Loschi. Sotto il ciclo pittorico dei Trionfi sono di recente emerse tracce di affreschi di carattere decorativo con motivi vegetali e animali e un grande sole, databili a una fase precedente della storia del palazzo e facenti parte dell’antica decorazione esterna della rocca medievale. Analogo ciclo pittorico dell’inizio del Cinquecento, purtroppo rimasto solo per brani, ornava anche le pareti della sala dell’Amore, in cui rimangono al momento poche e labili tracce di decorazione. Interessante il soffitto ligneo a cassettoni dipinti con rosette dorate del XVI secolo (ma ampiamente restaurato a fine Ottocento), in cui si ritrovano le imprese di Alberto III Pio. Altri due piccoli ambienti concludono il percorso dell’appartamento nobile. Nell’angolo nord ovest è collocato il cosiddetto Studiolo, un vano di collegamento con l’appartamento inferiore nel quale sono stati recentemente collocate alcune tavolette da soffitto in legno intagliate e dorate del XVI secolo, provenienti da un vano del palazzo di analoga struttura. Molto interessante, sulla parete meridionale, parte dell’antica (trecentesca) decorazione della facciata esterna della rocca, poi inglobata dai rifacimenti quattrocenteschi. Infine, in un’intercapedine muraria a sud della sala dei Trionfi si apre un piccolissimo ambiente rettangolare che presenta sulla fascia superiore delle pareti un fregio iscritto a lettere capitali dorate su fondo blu, che riporta presumibilmente una invocazione di preghiera o di protezione in lingua latina. Prima di salire al livello superiore, sullo stesso piano nobile, con accesso diretto dallo scalone d’onore, si apre un vasto spazio che, intorno al 1642, fu sistemato per ospitare il teatro a strutture fisse del palazzo. La nuova costruzione, realizzata su progetto di Gaspare Vigarani, occupò un grande vano dell’altezza di due piani che fu ricavato nell’ala di levante del palazzo, modificando anche la facciata esterna sull’attuale piazzale Re Astolfo, che venne utilizzata per il gioco del pallone. Dopo la costruzione del nuovo teatro comunale nel 1859, la grande sala venne sventrata e di lì a poco diventò sede della palestra della società La Patria, funzione che ha mantenuto fino al 2001. Il livello del sottotetto, dove oggi si sviluppa il Museo della città, non è caratterizzato da strutture architettoniche di particolare pregio. Accanto al quadrilatero della sopraloggia, uguale per estensione ma con un’altezza inferiore, alla sottostante loggia di primo ordine, si aprono a nord due vasti ambienti che presentano traccia delle antiche strutture architettoniche della rocca trecentesca e in un ampio vano all’estremo nord, la sala delle vedute, brani di affreschi con vedute urbane piuttosto interessanti. Accanto a questi due ambienti, nella torre del Passerino, si trova la sala delle Carceri, che riporta sulle pareti e sul pavimento scritte graffite dei prigionieri che lì passavano la detenzione. A sud della sopraloggia, si aprono poi una serie di vani di sottotetto, di scarso pregio, che sormontano gli ambienti del piano nobile a meridione del cortile che, date le decorazioni e la posizione, dovevano avere funzioni di rappresentanza. La parte sud est del complesso del Palazzo dei Pio è occupata dalla cosiddetta Rocca Vecchia. Così come la vediamo ora, fu costruita intorno alla fine del Quattrocento. Il nome fa tuttavia riferimento a un edificio più antico che lì si doveva trovare, forse una precedente rocca, di cui rimangono le tracce, benché modifiche e integrazioni dei secoli successivi abbiano parzialmente cambiato la forma originaria. Sulla facciata orientale infatti sono ben visibili brani di decorazioni esterne e soprattutto i rilievi degli antichi merli di un edificio che doveva avere una qualche funzione difensiva. All’interno della rocca, sede dell’Archivio Storico Comunale, è presente la cosiddetta sala dei Cimieri, caratterizzata da una bella decorazione ad affresco quattrocentesca con giganteschi cimieri e un bel fregio a motivi vegetali con pigne dorate, simbolo dei Pio. All'interno del castello si trovano i musei civici, ordinati in più sezioni: il Museo civico Giulio Ferrari, il Museo della Città, l'esposizione di xilografie di Ugo da Carpi, l'omaggio a Blumarine di Anna Molinari e altre sezioni didattiche e storiche. Al piano nobile gli ambienti attorno al cortile sono organizzati come un loggiato continuo (oggi chiuso da vetrate), che si ispira alle logge di Raffaello e dove non si può escludere un intervento di Baldassarre Peruzzi, allievo del Raffaello. Da qui si può accedere all'appartamento monumentale, nell'ala nord-est. Si incontra per primo il "Salone dei Mori", ispirato ai saloni estensi come a palazzo Schifanoia e decorato da prospettive, statue all'antica e allegorie (poco leggibili) di Giovanni del Sega (1506). A destra si apre la cappella, costituita da due campate di una navatella e da un presbiterio quadrato con cupoletta su pennacchi (restauro nel 1921). Le pareti e le volte sono coperte da affreschi del primo Cinquecento di Bernardino Loschi (Storie di Maria, Alberto Pio e familiari). Sull'altare si trovava l'Annunciazione di Vincenzo Catena, oggi in un'altra sala del museo. Alle pareti inoltre quattro tondi in terracotta policroma invetriata di Andrea della Robbia, raffiguranti gli Evangelisti. Pregevole ma non originale il pavimento maiolicato. L'annessa "stanza del Forno" ha un camino cassettonato ligneo del XIV secolo, e conserva affreschi staccati del XVI secolo. Seguono la "stanza Ornata", con prospettive di Bernardino Loschi, e la "stanza dei Trionfi", con resti di affreschi dello stesso autore ispirati ai Trionfi del Petrarca, tema assai caro alle corti rinascimentali. Un tempo si trovava qui il nucleo più significativo della pinacoteca, mentre oggi si preferisce dare maggior risalto agli affreschi restaurati. Annessa è la "stanza dell'Amore", con una camino del XV secolo e una volta decorata da dipinti e stucchi; gli affreschi scialbati sono del XV-XVI secolo. Altri ambienti sono la "Sala dei cervi" (affreschi a soggetto venatorio del XVI secolo) e la "stanza degli Stemmi" (affreschi del XVI secolo). La pinacoteca è in corso di riallestimento. Tra i dipinti della collezione la Vendetta di Progne di Mattia Preti, l'Allegoria del Vizio e della Virtù di Jacopo Palma il Giovane, l'Annunciazione del ferrarese Scarsellino, il Battesimo di Cristo di Denijs Calvaert (maestro di Guido Reni) e opere di Giovanni del Sega, Bernardino Loschi, del Mastelletta, di Vincenzo Catena e di molti altri pittori di scuola emiliana. Conserva inoltre ceramiche rinascimentali di scuola emiliana e arredi storici. In alcune salette del piano nobile è stato ricavato dal 1936 il "Museo della xilografia italiana", dedicato a Ugo da Carpi e ai maestri italiani e stranieri. Vi sono esposte opere originali a rotazione, matrici e un torchio del XIX secolo. Al secondo piano, recentemente riordinato, si trova il "Museo della città". Negli ambienti per lo più attorno al loggiato l'esposizione raccoglie materiali del territorio a partire da una sezione archeologica, con materiali preistorici, etrusco-padani, celtici, romani e medievali. Segue una sezione moderna, con particolare attenzione ai signori della città (i Pio da Carpi prima e gli Estensi poi), una dedicata ai bronzetti francesi del XIX secolo, una alla produzione di piani in scagliola tra i secoli XVII e XVIII, una al Risorgimento, una al mondo contadino e una alla Carpi industriale e contemporanea, con particolare attenzione al mondo del tessile e all'eccellenza del territorio rappresentata dalle creazioni di Anna Molinari per Blumarine. In un cortile secondario si trova il Museo-monumento al deportato politico e razziale, inaugurato nel 1973 su progetto di Ludovico Belgioioso. Traccia la storia durante la seconda guerra mondiale del campo di internamento di Fossoli, l'unico del suo genere in Italia, situato a poca distanza da Carpi. Qui gli internati erano raccolti nell'attesa di proseguire per i campi di sterminio in Germania, luoghi ricordati da 16 grandi stele in cemento coi nomi dei lager nazisti. Dal cortile si accede anche alla Biblioteca comunale, che può vantare 30.000 volumi e una rara collezione di opere antiche e incunaboli provenienti dalla Libreria dei Padri francescani. Ecco il sito ufficiale del monumento, consigliatissimo per chi volesse cercare approfondimenti: http://www.palazzodeipio.it/. Altri link suggeriti: http://www.arte.rai.it/articoli/rinasce-un-piccolo-gioiello-a-carpi/22822/default.aspx, https://www.youtube.com/watch?v=z97FL3uiOZA (video di InCarpi Promozione e Turismo Comune di Carpi), https://www.youtube.com/watch?v=N9q8sAeoByA (altro video di InCarpi Promozione e Turismo Comune di Carpi).
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_dei_Pio,
http://www.castellidimodena.it/page.asp?IDCategoria=287&IDSezione=5838, http://www.icastelli.it/it/emilia-romagna/modena/carpi/castello-dei-pio-di-carpi
Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, la seconda è presa da http://www.routard-di-classe.com/2017/05/visitare-carpi/
Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, la seconda è presa da http://www.routard-di-classe.com/2017/05/visitare-carpi/
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