sabato 27 gennaio 2018

Il castello di domenica 28 gennaio



FRIGENTO (AV) – Castello longobardo

Il paese di Frigento emerse agli onori della storia nel 441; in quell'anno per volere del Papa Leone Magno divenne sede della diocesi del meritevole vescovo Marciano che scelse questo lungo come eremo e luogo di preghiera. Con l'avvento dei Longobardi, grazie alla favorevole posizione geografica, Frigento divenne strategico luogo di difesa dei confini del ducato di Benevento finché, nel 988, un terremoto la distrusse. Lentamente ricostruito, il borgo fu per secoli sotto il dominio dei potenti feudatari della vicina Gesualdo che ne mantennero la reggenza fino alla fine della loro discendenza. Successivamente il feudo venne ceduto alla famiglia Filangieri, quindi passò ai Caracciolo di Avellino che ne mantennero il dominio fino alla fine dei diritti feudali. Nel volgere dei secoli, la storia di Frigento fu legata alla presenza della sede vescovile che rimase punto di riferimento religioso ed anche economico della comunità fino alla soppressione definitiva disposta nel 1818. In località Migliano, a circa 5 chilometri dal centro del paese, in posizione dominante, si trovano i ruderi del castello di S. Angelo a Pesco. Dalle ricerche effettuate risulta evidente che questo fortino militare fu eretto in seguito alla pace firmata alla presenza dell'imperatore Federico II, fra i principi Radelchi e Siconolfo. Infatti nel luglio dell'830 il principe di Benevento Sicardo, che mirava ad instaurare un forte potere centrale per dare a tutta la Longobardia meridionale l'assetto politico di uno stato forte ed omogeneo, fu ucciso durante una battuta di caccia a Lavello da un suo tesoriere, Radelchi. Ne seguì un periodo di torbide rivalità fra i duchi longobardi e fra tutti emersero, quali pretendenti alla successione, il conte Adelchi ed il tesoriere Radelchi. Quest'ultimo, dopo un'aspra lotta, uccise Adelchi. Però il conte Orso di Conza ed il conte Radelmado, cognati del principe Sicardo, presero le parti di Siconolfo (fratello di Sicardo) e lo proclamarono loro signore. Dopo altre vicende fra i due intervenne l'imperatore Ludovico II che impose loro la pace nell'anno 849. Pare che nella zona sorgesse anche un villaggio ed una chiesa con monastero. Questa tesi è confermata anche da un documento dell'annalista di S. Sofia che ci parla del Castello di S. Angelo a Pesco saccheggiato e bruciato dai Saraceni nel 1200. Un saccheggio precedente ad opera dei Saraceni fu operato nel 915-916. Ludovico II impose, dunque, ai belligeranti, dopo ben quattro anni di discussioni, la scissione del Ducato conteso, con il distacco da questo di quello di Salerno. Il torrente Fredane rappresentò il confine tra i due Ducati, per la cui sorveglianza, Radelchi, Principe di Benevento, fece edificare due fortilizi a S. Angelo a Pesco (nel territorio di Frigento. In dialetto "pescone" o "piscone" = grossa pietra) ed a Rocca San Felice, mentre Siconolfo, Principe di Salerno, ordinò la costruzione dei fortilizi di Monticchio dei Lombardi, Sant'Angelo dei Lombardi, Torella dei Lombardi e Guardia dei Lombardi. In epoca longobarda, la struttura venne concepita quale cappella dedicata al Santo. A partire dal 1215 venne trasformata in fortezza difensiva, con funzione di controllo dell'area. Le ultime notizie a riguardo di questo fortino risalgono al 1225 dopo di che null'altro è detto e si suppone che in tale data vi fu un violento terremoto che lo distrusse riducendolo allo stato attuale. Il fortino ha pianta irregolare poiché l'architetto dell'epoca dovette adattare le strutture murarie alla conformazione della roccia su cui è costruito. La tipologia è quella caratteristica di un fortino di guardia munito di saettiere. I volumi sono incerti e, probabilmente, alcuni sono sotterranei: la struttura in pietra cementata è abbarbicata sulla roccia. Il tutto si presume unificato da scale e cunicoli da accertare. Secondo alcuni, infatti, vi è un condotto sotterraneo che collega questo fortino con delle "cisterne romane" presenti nel centro storico di Frigento. Non è stato possibile localizzare con precisione l'ingresso alla struttura (ponte levatoio?) e la stessa domina, visualmente, un'area vastissima, il panorama visibile si estende per oltre 20 km. Non si segnalano beni mobili ma se ne presume l'esistenza sotto le macerie e la vegetazione. Le immagini del castello come appare esternamente, osservandolo a pochi passi di distanza, sono alquanto eloquenti: lo stato generale di conservazione della struttura lascia assai a desiderare. Vi sono zone del castello probabilmente ancora in buono stato di conservazione (tra cui un cortile con feritoie difensive), ma il cui accesso è alquanto pericoloso. Infatti, in alcuni punti le mura si sono sfaldate, tanto che molte pietre sono rotolate ai piedi della struttura, all'esterno di questa, tra i rovi e la terra coltivata. Questa struttura medievale merita di essere recuperata poiché si presenta assai interessante storicamente e, nel contempo, si inserisce in modo mirabile nel contesto scenografico e paesaggistico. L'immane imponenza della roccia su cui si erge e la vastissima panoramica che si offre allo sguardo del visitatore fanno di questo "rudere" un monumento di elevato valore storico, artistico e paesaggistico tale da meritare di essere inserito in un itinerario turistico dell'Irpinia. Varie e fantasiose sono le leggende che gravitano intorno al sito in questione. Alcuni pensano che sia un luogo popolato da diavoli e forze strane; c’è addirittura chi parla di fantasmi e spettri che attraverserebbero le pareti della roccia calcarea. I più razionali attribuiscono i fugaci rumori e movimenti ad animali selvatici ed impauriti presenti sul territorio e nella vegetazione. Altri parlano di tesori qui nascosti dai Briganti che occuparono l’area tra il 1850 e il 1870. C’è, poi, la versione più leggendaria che considera “la preta re lo Piesco” un’opera incompiuta di un frate che voleva costruirvi un eremo solitario ma, svegliato dal canto squillante di un gallo, fuggì via, sostenendo che il luogo fosse già occupato. I Frigentini collegano al castello i loro santi protettori: San Marciano e San Michele. A “la preta re lo Piesco” è legata anche la figura del brigante di Frigento: Marciano Sapia, detto Sacchetta, sul quale tanti sono i racconti narrati dal popolo; conosciuto come “Il Brigante del Pesco”, dal momento che il rifugio della sua banda si concentrò in questo posto. La tradizione popolare lo riconosce come il capo dell’area più amato dai suoi uomini in tutta la storia del brigantaggio. Questo posto fu per lui un punto di riferimento importantissimo, il luogo dove organizzare le sue imprese. Il bandito, all’ ombra de la preta re lo Piesco, si incontrava con i poveri del posto per dare loro beni di prima necessità sottratti ai benestanti della zona. Successivamente, Sacchetta decise di trasferirsi nelle Puglie, lontano da “ O’ piemontese c’avimma caccià”. Durante la fuga, la banda di briganti da lui capeggiata fu scovata dalla Guardia Nazionale di Monteleone, nei pressi di Candela e, fu la fine di una leggenda … la leggenda del Brigante re lu Piesco che rivive ancora nella Storia locale.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Frigento, http://www.irpinia.info/sito/towns/frigento/castle.htm, testi di Pasqualina Giusto su http://www.lacooltura.com/2016/01/la-preta-re-lo-piesco-leggenda-frigento/, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Campania/avellino/provincia000.htm#frigentpesc

Foto: entrambe sono prese da http://wwwbisanzioit.blogspot.it/2017/01/la-preta-re-lo-piesco-castello-del-pesco.html

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