SIENA - Castello di Belcaro
Fu fondato da un certo Marescotti intorno al 1190; le prime
notizie sulla sua esistenza si trovano in una pergamena del 1199 all'archivio
di Stato di Siena, che ne ricorda i proprietari, Guido e Curtonecchia di
Marescotto. Sulle origini del nome esistono solo leggende: una dama del
castello, attendendo il ritorno del suo sposo dalla guerra e passeggiando sulle
mura con il suo bambino in braccio, nello scorgere il marito all'orizzonte
avrebbe proteso le braccia verso di lui, facendo cadere il bimbo nel giardino
sotto le mura. Per questo la donna avrebbe esclamato rivolta verso lo sposo: «Sei
bello, ma mi costi caro!». Da allora il castello fu chiamato
"Belcaro". Nel 1258 è ricordato da Sigismondo Tizio uno scontro tra
guelfi e ghibellini che ridusse in rovina il castello; successivamente nel 1269
venne distrutto ancora. Nel Trecento passò alla famiglia Salimbeni, i quali ne rivendettero
le macerie ai Salvini nel 1375. Nanni di ser Vanni, appartenente a quest'ultima
famiglia, ne fece dono nel 1376 a santa Caterina da Siena, che lo fece
trasformare in un convento per le monache, con il nome di Santa Maria degli
Angeli. Non passò molto tempo che il castello tornò in possesso dei Salvini, i
quali lo vendettero nel 1408 ai Bellanti, che lo restaurarono. Nel 1525 venne
acquistato dal banchiere Crescenzio Turamini, la quale gli dette la sua forma
attuale. Il restauro e la riedificazione furono affidati a Baldassarre Peruzzi,
come testimonia anche un progetto conservato nel Gabinetto dei Disegni e delle
Stampe degli Uffizi. In realtà non è chiaro quanto resti oggi del progetto
originale del Peruzzi, sebbene alla sua mano siano riferibili alcuni affreschi
all'interno della villa, come il Giudizio di Paride. Nel 1554 fu
assalito dall'esercito imperiale di Carlo V che combatteva contro i senesi dopo
essersi alleato con l'esercito francese, capitanato dal duca di Belforte. Il
castello divenne di proprietà di Cosimo I de' Medici, come ricorda una lapide
apposta sulle mura; fu il suo parente Giangiacomo de' Medici ad occuparsi della
ricostruzione. Quest'ultimo, che era Marchese di Marignano, utilizzò il
castello come base per l'assedio che poi portò alla caduta di Siena con la
conseguente sua annessione a Firenze. Nel 1710 il castello fu acquistato dalla
famiglia Camajori che, nel 1802, ne commissionò il restauro all'architetto
Serafino Belli, rifacendo la facciata della villa interna in stile
neorinascimentale. Nel 1944 il castello fu sequestrato dalla truppe tedesche
che ne fecero un ospedale militare. Subì vari danni, restaurati poi dal
proprietario Giuseppe Lapo Barzellotti. Gli importanti restauri, dentro e fuori
la villa, ne fanno oggi uno dei castelli meglio conservati di tutta la
provincia di Siena. Il complesso è interamente compreso in una cinta muraria a
forma di cuneo, ed è composto da vari edifici che si articolano attorno a tre
spazi aperti: un giardino e due corti. Il portale di accesso, protetto da due
piombatoi e a sinistra da un torrione semicircolare con due archibugiere, si
trova sul lato ovest. Immette nel primo cortile, di stile medievale e forma
triangolare, dove si affacciano i locali di servizio addossati alla
fortificazione e alla villa e caratterizzati da terminazioni aggettanti su
archetti pensili e mensole in laterizio. Attraverso un'apertura ad arco
ribassato, si giunge nel secondo cortile, quello principale, in stile
rinascimentale e lastricato in cotto a spina di pesce. Sul cortile principale
si affacciano l'edificio padronale, che si sviluppa su tre piani ed ha forma
rettangolare, e la casa del custode, un tempo usata dai servitori. La forma
rettangolare fu creata in un intervento dell'architetto Partini del 1865-70,
che creò i due paramenti-filtro confinanti rispettivamente col cortile di
accesso e col giardino, e la casa di servizio, che si ispirò ai disegni del
Peruzzi, sebbene su scala leggermente ingrandita. Qui, vicino al passaggio
verso il giardino, si trova anche il pozzo. Il prospetto principale della
villa, affacciato sul cortile e opera neoclassica di Serafino Belli, mostra tre
ordini con otto assi di aperture: al piano terra, coperto da bugnato, si
trovano portali incorniciati e di foggia varia (ad arco a tutto sesto o
architravati), oltre ad alcune aperture sono tamponate. Qui una lapide marmorea
ricorda la visita di Margherita di Savoia. Ai piani superiori le finestre mostrano
timpani curvilinei e, all'ultimo piano, architravi. Cornici marcadavanzale
corrono lungo tutto l'edificio, con particolare cura nel disegno di quella al
secondo piano. Il cornicione a dentelli fa da base alla copertura a padiglione
di scarso aggetto. L'edificio di servizio sul lato opposto mostra due livelli e
prospetto classicheggiante, con tre aperture timpanate a sesto scemo (al
centro) o triangolari (ai lati). Dentro la villa la decorazione più illustre è l'affresco
del giudizio di Paride, realizzato da Baldassarre Peruzzi. Dietro al
giudice-pastore si possono notare le Grazie, ognuna con un vaso diverso. Paride
siede sopra uno scoglio, in mezzo alle tre contendenti, ognuna delle quali è
contraddistinta da un diverso uccello: il pavone per Giunone, la civetta per
Minerva e la colomba per Venere. Quest'ultima appare sorridente e sicura della
sua vittoria. In lontananza, tra le nuvole, si può scorgere il consiglio degli
dei sostenuto dalle spalle di Atlante. Quasi metà dello spazio interno alle
mura è occupata dal giardino, che confina per tre quarti con le mura stesse. Il
giardino, situato in uno spazio di forma trapezoidale, comprende a sinistra la
cappella, e nella parte terminale un loggiato ad arcate affrescato con figure,
ghirlande di fiori, frutta e uccelli. L'area verde progettata dal Peruzzi, come
giardino segreto separato da un orto, è attualmente divisa in sei aiuole
bordate di bosso e decorate con arbusti. Originariamente l'ingresso all'orto e
al giardino non avveniva tramite il muro, che costituiva una quinta
architettonica per il cortile rinascimentale, ma per mezzo di un'apertura sul
lato estremo delle mura. Il Peruzzi, incidendo lungo la cinta muraria un
passaggio perimetrico, creò un singolare percorso sopraelevato, che separa il
giardino dal bosco di lecci attorno al castello. All'interno del giardino vi è
anche una limonaia. La cappella, intitolata ai santi Giacomo e Cristoforo, ha
l'esterno semplice, con facciata a capanna timpanata e arricchita da due lesene
ai lati e da un San Jacopo a robbiana nel timpano. Sopra la porta
d'ingresso, semplicemente architravata, si trova un oculo circolare. L'interno
è ad aula unica, coperta a botte, e completata da un'abside dietro l'altare.
Interamente affrescata, ha alle pareti finte specchiature marmoree e grottesche
a monocromo su sfondo dorato in larga parte frutto dei restauri ottocenteschi.
Nella volta, divisa in scomparti, sono dipinti agli angoli coppie di angeli che
reggono un candelabro con la fiaccola accesa; sui lati i quattro evangelisti
con i rispettivi simboli, e al centro uno stemma araldico. Sull'abside si
trovano dei santi a tutta figura, san Pietro e san Paolo, affiancati da
riquadri con scene di martirio. Al centro un grande affresco con la Madonna
col Bambino tra i santi Caterina da Siena, Sebastiano, Cristoforo e Caterina
d'Alessandria. In alto, nella cupoletta, quindici quadretti con le otto
sibillee quattro scene della Passione e resurrezione di Gesù. Sempre sul
giardino si affacciano le logge, leggermente arretrate rispetto alla cappella e
composte da tre arcate a tutto sesto oggi chiuse da vetrate. All'interno, nelle
tre campate, sono raffigurate storie mitologiche. Sulla volta a destra sono rappresentati
miti riguardanti la dea Diana, su quella centrale sono raffigurate le Tre
Grazie e gli Amori di Venere, mentre su quella a sinistra il Ratto
di Europa. Il tutto è contornato da un finto pergolato, ricco di foglie,
uccelli e frutta, con agli angoli dei vivaci mascheroni. Questi affreschi e
quelli della cappella erano un tempo attribuiti al Peruzzi, ma studi più
approfonditi hanno permesso di assegnarli a un allievo di quest'ultimo, Giorgio
di Giovanni. Furono restaurati (abbastanza pesantemente in alcuni punti) alla
fine dell'Ottocento dal pittore Ernesto Sprega, che comunque ebbe il pregio di
rimuovere quei "rimaneggiamenti morali", che avevano coperto le scene
mitologiche più licenziose. Tutto il perimetro delle mura è percorribile attraverso
il camminamento, un tempo usato con funzioni difensive. Vi si accede dal primo
cortile, e si innesta direttamente nel piano nobile della villa. Ha il suo
culmine nel torrino sopra la loggia, da cui si vedeva, prima che la vegetazione
la coprisse, la città di Siena. Si scorgono comunque in lontananza la villa le
Volte, l'eremo di Lecceto e la villa di Santa Colomba, presso Monteriggioni. Il
castello è aperto al pubblico ogni primo lunedì del mese. Altri link
consigliati: https://www.youtube.com/watch?v=ualnk6NN8b4 (video di Luigi
Fabiani), http://www.sienaonline.it/castello_belcaro.html
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Belcaro, http://www.fortezze.it/castello_belcaro_it.html,
http://www.regione.toscana.it/-/castello-di-belcaro
Foto: la prima è di Matteo Tani su https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Belcaro#/media/File:SDC12492_Castello_di_Belcaro.JPG,
la seconda è presa da http://www.siena-guide.com/west-of-siena.htm
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