Il nome Gambaro è di origine longobarda e compare per la prima volta in un diploma del re Ratchis del 747, con cui questo territorio viene assegnato al monastero di Bobbio. Nel basso medioevo, Gambaro entrò in possesso dei Malaspina, grande famiglia marchionale originaria della Lunigiana che si espanse fino all’Appennino ligure-emiliano. I Malaspina ricevettero l'investitura feudale di Torrio (in Val d'Aveto) e Noceto (presso Gambaro, in val Nure) nel 1423. In seguito questo feudo si disse correntemente degli Edifizi, dal nome della località presso Gambaro. Ai Malaspina si deve la costruzione del castello attuale (avvenuta probabilmente nella seconda metà del '400, se non – secondo altre fonti - addirittura nel primo decennio del secolo successivo. Nelle divisioni dei beni malaspiniani del 1476, il castello - a differenza di quello di S. Stefano - non è ricordato; chiaramente perché non esisteva ancora) possente e severo, tutto in pietra locale, ma anche sobriamente elegante, con la tipica pianta rinascimentale con corte centrale e quattro torri agli angoli. Forse l'edificio fu eretto da Ghisello figlio del marchese Pietro, cui era toccata questa porzione del patrimonio di famiglia. Nel 1520 proprio in questo castello Ghisello, fu assassinato dai suoi congiunti. Il maniero fu recuperato dai suoi successori che lo tennero fino all'estinzione di questo ramo del casato nel 1624 e fu quindi preso dalla Camera Ducale farnesiana. Nel 1636 le truppe genovesi al servizio dei Doria e dei Malaspina, alleati alla Spagna, occuparono Gambaro spingendosi poi sino a Bettola. Odoardo Farnese mandò le truppe comandate da Francesco Arcelli a ricacciare i genovesi nelle loro terre. La controffensiva terminò a Gambaro con l’attacco al castello che provocò molte vittime. Tra i prigionieri il capitano Polidorone, comandante del presidio genovese, che trasferito in catene a Piacenza suscitò grande curiosità per l’eccezionale statura e i lunghi baffi. Ranuccio II Farnese infeudò nel 1683 questo casale e il suo distretto ai conti Corrado e Ippolito Landi del ramo di Rivalta che nel 1687 ottennero anche l’investitura con il titolo di marchesi in ricompensa per aver ceduto Bardi e Compiano. Gambaro divenne così un importante centro giurisdizionale di confine tra Liguria e Piacentino. I Landi verso il 1785 vendettero il castello ai Bacigalupi, famiglia del genovesato che ne fu proprietaria fino agli anni trenta del Novecento. Durante la dominazione napoleonica il castello fu sede della "mairie" (comune). I membri della famiglia Bacigalupi rivestivano solitamente la figura di prete, notaio e amministratore locale. Nel Novecento il castello conobbe vari proprietari, fu sede scolastica e di azienda agricola. Infine dagli anni sessanta andò incontro a un più grave degrado, abbandonato ai crolli (tra cui quello della torre d’angolo seguita da parziali e diffusi cedimenti negli anni successivi), alle demolizioni e all’asportazione di elementi architettonici di pregio. E’ stato posto il vincolo di tutela dal ministero preposto nel 1985. Nei primi anni Novanta rimaneva integra una porzione di fabbrica a nord mentre le restanti parti murarie erano completamente prive di copertura. Nel 1996, con il passaggio ad un nuovo proprietario furono avviati interventi di restauro sulla parte Nord (la meglio conservata) poi nel 1998 i rilievi hanno consentito la ricostruzione di due volte e di solai piano interrato e primo piano. I lavori furono poi interrotti e la situazione presto fu di nuovo al degrado. Nell’ultimo decennio è stato restaurato per ricavarne un luogo residenziale e di accoglienza. I lavori approvati dalla Soprintendenza ai beni architettonici di Parma e Piacenza sono stati ultimati nel 2013, dopo anni di quotidiano appassionato impegno dei coniugi Clara Mezzadri e Valentino Alberoni. I progettisti, architetti Massimo Ferrari e Marco Iacopini, direttori dei lavori per i cinque anni e mezzo del restauro, hanno seguito meticolosamente ogni fase dell'opera. I materiali usati sono quelli dei crolli e demolizioni degli anni passati e dove non bastavano si sono utilizzati materiali provenienti da antichi fabbricati. L'opera è stata eseguita da maestranze tutte locali che hanno sapientemente curato il restayling conservando ogni elemento distintivo. La pietra e il legno sono gli elementi qualificanti del restauro. Ora il castello appare come nelle ultime immagini reperite negli anni sessanta, con la stessa volumetria e le medesime fattezze. La destinazione d'uso dell'immobile prevede un'ala destinata alla residenza ed un'altra destinata all'accoglienza dove sono disponibili cinque camere per gli ospiti del room end breakfast. Sono inoltre previste anche visite storiche guidate. La visita inizia di fronte alla facciata centrale del castello per osservarne la struttura e la parte presumibilmente più antica costituita dalla torre d'ingresso, dove sono ancora presenti le due nicchie e i cardini fulcrali, ai quali erano ammorsati i due bolzoni di legno con catene sorreggenti il ponte levatoio. Si procede con la parte sommitale della torre centrale arricchita sul lato di fronte da beccatelli in pietra portanti il cornicione. A seguire, considerazioni sull'ambiente dell'Alta Valnure e sulle strade di comunicazione, fondamentali per comprendere il senso dell'ubicazione degli abitati e delle fortificazioni, quella di Gambaro (di origine longobarda), e quella ormai scomparsa, ma indagata dall'archeologo Monaco negli anni Cinquanta, posta di fronte, sul monte Castellaro. Si entra poi dal portone centrale della torre d'ingresso e si osservano le volte in pietra che sorreggono i solai del loggiato rinascimentale, con eleganti e massicce lesene; quindi si procede nella corte interna e da qui si può ammirare nel suo complesso la struttura del loggiato e leggere le tracce lasciate dai volumi ormai scomparsi, come la terza torre di sud-ovest. Si prosegue quindi entrando in una porzione di loggiato tamponato, che comunica con la sala del biliardo, dove troviamo gli stemmi, che sintetizzano la storia secolare del maniero, rappresentando le nobili famiglie che detennero il potere anticamente e il Marchesato di Gambaro, quali i Nicelli, i Visconti, i Malaspina, a cui si deve la nascita del Castello, i Farnese e i Landi. Si passa poi all'altra ala del Castello che fu sede municipale, notarile e scolastica, dove attualmente c'è il salone dei banchetti. La visita prosegue nei suggestivi sotterranei con volte in pietra dove è visibile la prigione, che alla fine dell' 800 fu utilizzata come ghiacciaia per la conservazione delle derrate alimentari deperibili e quindi in tema di delitti viene rievocata la tragica vicenda dell'assassinio di Ghisello II (1520). Si entra quindi in un ambiente voltato da cui si accedeva ad altri antri che sono attualmente colmi di detriti e impraticabili, ormai classificati come zona archeologica. Si torna alla luce esterna e con la rievocazione delle ultime vicende del castello e del villaggio di Gambaro, la visita ha termine. Altri link suggeriti per approfondire: http://www.ilpiacenza.it/eventi/ferriere-oltre-7-anni-di-lavoro-ed-ecco-resuscitato-il-castello-di-gambaro.html, https://www.youtube.com/watch?v=Jns04f7K5Wc&vl=de (video di Top Hotels Best Prices), https://www.youtube.com/watch?v=bL_62I4XMa4 (video di Italian Hotels reviews).
Fonti: http://www.castellodigambaro.it/ (sito ufficiale dell'attuale struttura ricettiva), articolo di Renato Passerini su http://www.ilpiacenza.it/eventi/ferriere-domenica-l-inaugurazione-del-castello-di-gambaro-restaurato.html, http://www.castellidelducato.it/castellidelducato/castello.asp?el=castello-malaspina-di-gambaro
Foto: la prima è presa da https://www.booking.com/hotel/it/castello-malaspina-di-gambaro.it.html, la seconda è di GiamesPhoto su http://www.panoramio.com/photo/54248490
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