SAN CIPRIANO PICENTINO (SA) - Castello di Montevetrano in
frazione Campigliano
Sorge
sulla sommità della collina omonima, presidio d’osservazione per l’accesso alla
Valle del Picentino. Castrum romano sin dal III secolo a. C., tra l’XI ed il
XII secolo venne dotato di mura perimetrali, aperte sul lato nord dall’antica porta
di accesso. Di forma tipicamente quadrata, ha una
torre cilindrica, molto alta e decentrata (posta in un angolo) per tenere sotto
controllo i Picentini, colpevoli di aver parteggiato per Annibale. Il mastio centrale è visibile da più punti, per un raggio
di circa trenta chilometri quadrati: dalla costa dell’antica Salernum e di
Pontecagnano, fino al litorale di Eboli; dall’immediato entroterra, alle forre
del fiume Fuorni e più a nord, sino ai confini orientali del territorio anch’esso
fortificato, verso Giffoni, Montecorvino e Olevano. Oggetto di
allargamenti e modifiche rapportabili alle nuove esigenze difensive del regno
in età angioina, il castello viene citato dal celebre storico Carucci come
proprietà della nobile famiglia d'Ajello nota alle cronache storiche per la
sanguinosa faida che la vide contrapposta, intorno alla metà del Trecento, al
clan patrizio dei Santomango. In gioco il controllo del territorio urbano, ma
tutto nacque da un ratto in puro stile mitologico. Quello della bella Bianca,
promessa sposa di un Santomango, rapita il giorno delle nozze dal rampollo di
casa d'Ajello. E rinchiusa dal novello Paride proprio nella torre di Monte
Vetrano. Sebbene lo stato dei luoghi non consenta più l’esatta ricostruzione ambientale,
dopo tanti secoli, numerose spoliazioni e diversi rimaneggiamenti, è
interessante notare la presenza di una “grande cisterna” (documentata e
riscoperta di recente da un gruppo di studio nell’aprile 2011). Si tratta un
ambiente quadrangolare situato ai piedi della torre, coperto da una volta a
botte che porta evidenti segni dell’incannucciato e dell’antico intonaco. Essa
era utilizzata per convogliare e conservare le acque pluviali, attraverso un
sistema di canali in terracotta collegati al mastio. Al suo interno si trova graffita
una stringa di numeri romani IV, XI, LXXXIII. Non a caso una leggenda popolare
vuole che dal castello diparta un misterioso e grande canale che arrivava ai
piedi della collina, fino a Campigliano. Nel 1867, il
castello e le sue adiacenze furono designate quale base di stazionamento dei
Carabinieri reali per vigilare sugli accessi alla valle e all’entroterra,
contro le bande più o meno organizzate di briganti.
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