MONTERODUNI (IS) - Castello Pignatelli
È uno dei castelli più belli del Molise, sia per quanto
riguarda la struttura architettonica che per lo stato di conservazione e la
posizione, sulla sommità del centro abitato, ben visibile dalla vallata. All’epoca
sannita, nella zona dove oggi sorge il castello, vi era un nucleo abitativo. La
costruzione del maniero avvenne in epoca longobarda, quando la popolazione fu
costretta ad arroccarsi per sottrarsi agli attacchi dei saraceni. Esisteva certamente
nel XII secolo, infatti dalle fonti storiche si apprende che il conte Bertoldo
di Kunsberg, comandante supremo delle armi di Enrico III, nel maggio del 1193,
volle occupare la contea di Molise, ponendo l'assedio al castello, tenuto dai fedeli di Tancredi. Gli successe il duca
Corrado di Lutzelinhart, detto il Mosca in Cervello, che portò avanti l'assedio
fino alla resa. Nel 1202 il feudo passò ai conti di Celano, schierati contro
Federico II. Nei secoli successivi appartenne agli Ardicourt, agli Evoli, agli
Angiò (Giovanna I d’Angio tenne Monteroduni dal 1345 al 1363), ai De Sus. Nella
prima metà del XVI secolo, all'epoca dei D'Afflitto, finì con il perdere
l'originario aspetto prettamente militare per trasformarsi parzialmente in
struttura residenziale, subendo rilevanti interventi di abbellimento. Nel 1668
divenne di proprietà dei principi Pignatelli della Leonessa, che lo
trasformarono da maniero-fortezza esclusivamente in lussuosa residenza, cui
rimase fino all'eversione della feudalità. Il loro archivio domestico è particolarmente utile per comprendere le
condizioni disastrose in cui i Pignatelli trovarono l'edificio e quali opere
siano state effettuate per restaurarlo ed adattarlo alle esigenze dell'epoca. Oggi
il restauro ci consente di vederlo quasi integralmente e di cogliere di esso i
caratteri decorativi e celebrativi. Il castello, in posizione centrale
nel contado di Isernia, fu sede di esattoria delle imposte di pedaggio, come
dimostra una lapide del 1570, murata all'ingresso, che elenca appunto i dazi da
pagare per uscire dallo stato napoletano. La struttura planimetrica presenta
una forma leggermente trapezoidale a causa dell'inclinazione del lato
meridionale. Presenta delle mura portanti molto spesse, che in certi punti
raggiungono anche i 5 metri. L’intera struttura è difesa da una cinta muraria
esterna. Sul lato meridionale è collocata la porta d’ingresso che non
corrisponde a quella originaria. Da essa si può raggiungere il “viale Rampa”
che dirige ad un piazzale sul quale affaccia un secondo portone che conduce
all’interno. Inizialmente la struttura era delimitata da un fossato e
l’ingresso dal giardino all’interno era possibile solo dopo aver oltrepassato
il ponte levatoio. All’interno del piazzale è presente la casa del fattore, che
era adibita a stalla. Al di sopra del portone d’ingresso è collocata una
balconata in stile rinascimentale. Da questo portone è possibile raggiungere,
mediante una scalinata, un elegante loggiato al primo piano. Il piano terra, destinato
alla servitù, era caratterizzato da ampie cucine, stanze fornite di forni e altri
strumenti da lavoro nonchè da altri ambienti che in passato erano adibiti a
cantine e dove oggi è possibile ammirare grosse botti in legno. L’accesso
da tali stanze ai piani alti era permesso attraverso delle strette scalinate
presenti nei torrioni. Tali passaggi permettevano di portare dalle cucine le
vivande nelle sale del primo piano senza essere visti dal principe e dai suoi
ospiti. Dal loggiato si giunge alle sale del primo piano, tra cui primeggia per
importanza la sala di rappresentanza, che conserva sul lato lungo un camino in
marmo ed è dotata di una pavimentazione in cotto nella quale è stampato lo
stemma della famiglia Pignatelli. Il soffitto è interamente in legno (190 tavole di querciolo) affrescato da dipinti a
tempera dai motivi cavallereschi. Nel salone è anche visibile la cappella
gentilizia con pavimento di ceramica. All’interno di una delle torri è stata
ottenuta una stanza da letto rivestita da maioliche decorate con lo stemma
della famiglia Pignatelli. Al secondo piano sono disposte altre stanze,
collegate tra loro attraverso lo stretto e suggestivo cammino di ronda
caratterizzato da feritoie e caditoie che in passato venivano utilizzate dagli
abitanti del castello per versare i liquidi bollenti sugli assedianti. Il
castello è caratterizzato da quattro robuste torri cilindriche sormontate, ai
quattro angoli, da merli guelfi. Fino al 1960 le torri, caratterizzate
dall’essere di diversa altezza l’una dall’altra, erano coperte da tegole. Nel
1961 il principe Giovanni Pignatelli le alzò, arricchendole di merli guelfi e
le mise in comunicazione attraverso un camminamento. Furono anche realizzate le quinte merlate del coronamento
apicale. Dall’esistenza delle quattro torri, si desume che l’attuale
struttura abbia la stessa pianta dell’edificio originario: gli ampliamenti
della superficie sono infatti avvenuti in altezza. Ormai solo la poderosa
struttura muraria, le grandi cisterne per la raccolta dell'acqua piovana, le
feritoie e le caditoie per versare i liquidi bollenti sugli assedianti,
ricordano la rude fortezza di un tempo. Recentemente il castello è stato
acquistato dal comune di Monteroduni, che ha provveduto a restaurarlo ed ha
aperto al pubblico alcune sale per visite e manifestazioni culturali. Purtroppo
molti pavimenti in cotto ed in maiolica decorati con le tre “pignate”, simbolo
della famiglia Pignatelli, sono andati perduti a seguito dei lavori effettuati per
dar posto a discutibili pavimentazioni in parquet. Negli ultimi anni sono stati
allestiti diversamente gli spazi interni, con l'ala Pignatelli che comprende
una sala con cimeli di famiglia, un'altra con l'archivio di storia del
mezzogiorno sempre appartenuto alla stessa famiglia, ed una terza con una ricca
biblioteca di circa duemila volumi, alcuni dei quali di accertato valore. Internamente si possono trovare inoltre armi antiche e visitare le
stanze di tortura. Sul fianco del castello c’è la cappella dedicata a
San Michele Arcangelo che conserva lo stemma dei d’Angiò.
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