OFFIDA (AP) - Rocca
Secondo alcuni storici, Offida già nel VII secolo era un centro di una certa
importanza, sede di un Gastaldato. Dello stesso ci sarebbero tracce in epoca
carolingia e sotto il Sacro Romano Impero quando la città assunse grande rilevanza.
Al 1039 risale la prima testimonianza storica certa, quando Longino d'Azone
cedette all'Abbazia di Farfa il castello di
Ophida. Nel 1261 una bolla
di Papa Urbano IV confermò i poteri dell'Abbazia di Farfa istituendo il
Presidato Farfense, una sorta di governatorato distaccato da Farfa e
indipendente da qualsiasi diocesi. Nel 1292 Papa Niccolò IV concesse ai comuni
marchigiani la facoltà di eleggere podestà, consoli e priori. Per Offida e per
altri grandi centri marchigiani dell'epoca si trattò di un riconoscimento
ufficiale per delle istituzioni già operanti e "collaudate". Analogamente
a tutto il territorio piceno, il periodo compreso tra il XIII e il XVI secolo è
caratterizzato dalle guerre tra Ascoli e Fermo con gli offidani che presero le
parti di quest'ultimi. Risalgono alla prima metà del Cinquecento le terribili
lotte interne tra Guelfi e Ghibellini sfociate in numerosi fatti di sangue. Alla
metà del XVI secolo Offida stipulò una tregua con Ascoli e negli stessi anni
tutto quello che sottostava al Presidato di Farfa passò sotto la giurisdizione
dello Stato della Chiesa. Dopo un secolo sotto la diocesi di Montalto, Offida
passò sotto la diocesi di Ascoli. Nel 1831 fu elevata da papa Gregorio XVI al
rango di città. La cinta muraria fu sostanzialmente costruita in due fasi. La
prima tra il XII e XIII secolo con l'accesso principale sul lato nord-est
mediante un torrione quadrato sormontato da un ordine di caditoie su cui
poggiava un parapetto adorno di merli guelfi. La porta di accesso alla città
era tagliata da un arco a sesto acuto ancora visibile e chiusa a due battenti
ferrati dietro i quali scorreva una saracinesca; dalla porta doveva far capo un
ponte levatoio che sormontava il fossato. Le mura, dal torrione suddetto, si
dilungano verso ovest e verso sud facendo angolo e chiudendo Offida entro una
cinta presso a poco rettangolare interrompendosi laddove i calanchi
costituivano una difesa naturale. Altre due porte, oggi non visibili, si aprivano
a ponente fornite anch'esse di solidi battenti e di saracinesche: quella di S.
Giovanni e quella della fontana. Esse erano usate principalmente dagli
agricoltori ed abitanti del circondario per rifugiarsi all'interno della città
durante le numerose incursioni dei nemici. Da questa parte sorgeva il castello
di Longino di Azone, oggi Chiesa di S.Maria della Rocca. Dalla pianta delineata
nel 1694 da Ferdinando Fabiani, si scorge bene la cinta muraria con le relative
porte, così come sopra descritte. Successivamente, generalizzandosi il nuovo
mezzo di distruzione (polvere da sparo e relativa artiglieria), si dovette
introdurre un radicale mutamento nelle forme e dimensioni delle fortificazioni.
Negli ultimi decenni del secolo XV venne dunque costruita una nuova rocca. Il
progetto di tale opera è stato per diverso tempo attribuito a Giuliano da
Sangallo (1445-1516) ma, da studi effettuati da Pietro Gianuizzi e pubblicati
nell’Archivio Storico dell’Arte nel 1890 a Roma, è risultato che la rocca debba
ritenersi opera dell’architetto fiorentino Baccio Pontelli (1450-1492),
familiare e mazziere di Papa Innocenzo VIII (1432-1492), del quale è ancora
visibile uno stemma in travertino posto sull’alto della rocca. Essa fu fatta
erigere, come già detto, dal pontefice, in occasione dei continui scontri tra
Ascolani ed Offidani. Il lavoro del Pontelli consistette, oltre a consolidare
le cortine esistenti, nel dare una forma circolare all’antico torrione che difendeva
l’entrata della Terra di Offida con un solido rivestimento di mattoni per
ottenere che i proiettili nemici sgusciassero più facilmente sui fianchi. Il
Pontelli, in tale occasione, ebbe la qualifica di ingegnere generale e
ricevette dal tesoriere della Provincia Niccolò Calcagni 25 fiorini al mese, a
partire dal 23 Novembre 1487. L’opera fu realizzata dal maestro Lucchini di
Como e fu portata a termine nel 1494. Il costo totale ammontò a 6.555 ducati.
L’Arduini a tale proposito ci riferisce che il legato della Marca di Ancona
“ripartì un carlino a fuoco (a famiglia) a tutti i luoghi della Marca per
supplire alle spese mentre l’Allevi sostiene che il denaro fu ricavato dal
pagamento delle pene di condanna effettuate nella Provincia della Marca. Risulta
ancora che il papa Innocenzo VIII nominò, come revisori dei conti della
fabbrica della Rocca, Marino da Montalto, notaio della Camera Apostolica (Per
la Camera Apostolica, vedere Statuto di Offida, libro Il, cap. 2) e Antonio
Genovese, commissario dello stesso Pontefice. Nel 1493 la Rocca fu munita, come
ci riferisce sempre l’Allevi, di artiglieria per rendere inattaccabili i tre
capisaldi della costruzione stessa. Il lavoro fu affidato da Raffaele Riario
(1460-1527), cardinale di S. Giorgio, a Luigi Giovanni da Milano, fabbro,
abitante in Osimo. La tradizione sostiene che tale artiglieria, in seguito, fu
tolta per guarnire i fortilizi della S. Casa di Loreto e, in seguito, finì
nelle mani dei Francesi, durante l’occupazione napoleonica. Si conservano
ancora l’antico torrione che difendeva l’entrata della città, una torre
quadrata ed ancora un altro torrione, di forma cilindrica, tutti del sec. XV. Ben
poco è rimasto delle antiche mura castellane che cingevano Offida. Il terremoto
del 1943 contribuì a rovinare quanto ancora rimaneva delle fortificazioni
cittadine ed in seguito anche il vecchio muraglione, presente nei pressi
dell’attuale torrione principale, fu inopportunamente demolito e venne inserita
una balaustra in travertino. Di sicuro sappiamo che, anticamente, tali mura
erano cinte, dalla parte settentrionale, da un fossato pieno d’acqua, chiamato
Carbonara, immesso a protezione del luogo ove, secondo lo Statuto dell’epoca
(vedere Statuto di Offida del 1524), era proibito mettere a macerare il lino. Cortine
di mura a scarpata concatenano l'insieme delle fortificazioni. Delle caditoie
contornano il torrione più grande che era fornito di un parapetto munito di
merli guelfi. La rocca dalla parte dell'abitato rimane aperta per due grandi
voltoni a sesto acuto sovrapposti l'uno all'altro; con molta probabilità
attraverso la botola ancora visibile e di una scala in legno non più esistente,
si discendeva dal più alto a quello di sotto.
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