sabato 25 agosto 2018

Il castello di domenica 26 agosto




CERVARO (FR) – Castello

Cervaro porta questo nome perché sul Pesculum, dove venne fondato il castello, un branco di cervi usava pascolarci. Nel 757 vi si ritirò come monaco benedettino il re longobardo Rachis, che vi fondò una piccola comunità monastica ispirata al culto mariano e alla coltivazione dell'ulivo. Nell'alto medioevo, l'abate di Montecassino Petronace fece erigere un castello detto Castrum Cerbari. Entrato a far parte in epoca remota dei possedimenti di Montecassino, la cosiddetta "Terra Sancti Benedicti", Cervaro è citato per la prima volta nel 1038 anno in cui, secondo quanto riportato nel Chronicon Casinense, la popolazione del "Castrum Cerbari" si ribellò al dominio dei Benedettini durante un conflitto tra l'abate di Montecassino, Richerio, ed i Conti di Aquino. Di qualche anno più tarda (1057) è la menzione del castello di "Turriculum" (l’attuale Trocchio), attualmente in territorio cervarese, ricordato, assieme al castello di "Cervaro", in una bolla di papa Vittore II di conferma dei beni di Montecassino. Tra il X e l' XI secolo, si costituì anche il primo nucleo della popolazione locale, derivata da immigrazioni di agricoltori abruzzesi-molisani, chiamati dall'abate Aligerno per ripopolare le terre di Montecassino dopo le devastazioni saracene della seconda metà del Nono Secolo, e dalla presenza sul territorio di Normanni e Baresi, seguaci di Melo da Bari e di suo cognato Datto, rifugiatisi nel Lazio Meridionale e nella Campania settentrionale dopo le sconfitte subite ad opera dei Bizantini. Testimonianza di tale fusione è il dialetto locale, con caratteristiche del tutto particolari rispetto ai vernacoli delle zone limitrofe. La popolazione di Cervaro, assieme a quella della vicina Sant'Angelo in Theodice, fu tra le più insofferenti all'autorità cassinese e dopo la ribellione del 1038, più volte, nel corso dei secoli tentò di affermare la propria indipendenza con esiti alterni. Nel 1142 fu la prima tra le comunità della Terra di San Benedetto ad avere in concessione dai Cassinesi una Charta Libertatis, ma nel 1423, con l'impiccagione e la confisca dei beni dei quattro cervaresi promotori dell'insurrezione, subì la repressione dei Benedettini, essendosi schierata contro l'abate durante la lotta tra i Durazzo ed i D'Angiò per la successione del Regno di Napoli. L'esemplarità della pena inflitta ai ribelli testimonia la pericolosità dei Cervaresi per il governo cassinese che in casi analoghi, come la rivolta degli abitanti di Sant'Elia del 1273, aveva commutato in sanzioni più lievi l'iniziale condanna alla pena capitale dei capi dei ribelli. Tra i secoli XVII e XVIII, l'aumento della popolazione del Castello di Cervaro comportò anche un'espansione dell'abitato al di fuori delle mura cittadine, riproducente nell'impianto urbanistico la struttura originaria del centro storico, come testimoniano numerosi resti di abitazioni civili. Nel 1794, con la progettazione e successiva inaugurazione due anni dopo, della strada rotabile fra Sora e Napoli, Cervaro incrementò notevolmente i traffici commerciali esportando più agevolmente verso l'Abruzzo e la Campania i propri prodotti, primo tra tutti l'artigianato orafo, di antica tradizione. In seguito alle riforme amministrative introdotte durante la dominazione francese Cervaro fu annesso al Circondario di Sora, nel distretto omonimo, in Terra di Lavoro. L'amministrazione comunale, dopo l'eversione dei beni feudali, fu affidata ad un Decurionato mentre le funzioni giurisdizioni furono assegnate ad un giudice di pace, secondo quanto stabilito dai governanti francesi per il riassetto delle amministrazioni locali. I beni della Rettoria Cassinese di Cervaro, incamerati dall'Amministrazione dei Reali Demani, furono in parte acquistati da un cervarese, Diego Elia, in parte dal barone di Celenza, Orazio Giliberti, mentre all'Università con ordinanza del 07.11.1811 veniva assegnata in compenso degli usi civici una porzione di terreno equivalente ad un terzo del fondo "Colli" (60 tomoli), successivamente ceduto in efiteusi a trenta famiglie tra le più bisognose*. Nel 1927, nell'ambito del riassetto amministrativo voluto dal regime fascista, Cervaro entrò a far parte della neonata Provincia di Frosinone. Durante la seconda guerra mondiale il paese subì perdite umane e materiali, che condizionarono pesantemente la ripresa economica del dopoguerra. L’antico castello è situato nel centro storico, e precisamente sopra un colle (Pesculum) del monte Aquilone, circondato da via Municipio Vecchio e via Sobborgo, vicino alla Chiesa Santa Maria Maggiore. Rispetto alla casa comunale (250 metri s.l.m.) il colle è alto 10/15 metri in più, e lo si raggiunge da via Municipio Vecchio, prima denominata via Castello, come testimonia una targa. Si tratta dell'unica strada che consentiva l'accesso al castello. Da lì si può ammirare (e un tempo controllare) un ampio e magnifico panorama. Il castello è facilmente raggiungibile da piazza Casaburi, il centro nevralgico del paese, là dove sono situati o vicini la posta, le banche, il municipio, i bar e i pub più frequentati del paese). Occorre imboccare via Cervo e poi, a sinistra, via Municipio Vecchio. La distanza è di appena centocinquanta, ma sembrano portarti in un'altra dimensione, indietro nel tempo. Adesso il castello si offre piuttosto malmesso e diruto, ma è ancora visibile, presentandosi come un parco con molti alberi, dal quale si ammira uno stupendo e ampio panorama che comprende il Monte Trocchio e Cassino. Tuttavia è riduttivo pensare il castello solo come l’edificio costruito sul colle, che comunque ospitava già il capitano e la guarnigione di soldati. Per avere una ricostruzione immaginaria del complesso, è necessario tener conto delle mura che circondano il centro storico e degli archi, con i loro robusti portoni che si chiudevano durante la notte o in caso di pericolo. La stessa condizione urbana si ripete ad esempio nel vicino paese di San Vittore, dove le torri in pratica sono situate fra le abitazioni. Quelle mura adesso sono incorporate nelle abitazioni civili ed è chiaro che costituiscono adesso certi lati degli edifici. Più che una dimora gentilizia il castello infatti era un centro fortificato (appunto castrum) che serviva a riparare la popolazione dalle incursioni barbariche. Da questo arroccamento si poteva tenere sotto controllo facilmente la pianura circostante. Lungo la “via castello”, ora denominata Via Municipio Vecchio, si svolge ancor oggi il percorso della via crucis vivente. Urbanisticamente parlando, qui avviene un singolare raffronto fra i due castelli siti nello stesso comune di Cervaro, che è conosciuto anche come il “paese dei due castelli”: quello del centro storico e quello di Trocchio. E difatti gli stessi abitanti del centro storico e della periferia tendono a far confusione fra un castello e l’altro. Nel secolo XVI Cervaro ebbe una notevole espansione al di fuori della mura castrali, fenomeno dovuto soprattutto allo spopolamento del borgo-castello di Trocchio e al suo successivo inglobamento in un unico complesso. Di fatti una delle versioni dello stemma araldico di Cervaro recava, oltre al cervo, anche una C e una T, per indicare appunto Cervaro e Trocchio. Purtroppo le condizioni del castello sono peggiorate rispetto alle prime due foto che accompagnano questo articolo. Sono stato in visita a Cervaro nel luglio di quest’anno e tutte le rovine rimaste sono ora circondate (se non ricoperte in alcuni casi) da vegetazione e sterpaglie che ne impediscono una visuale chiara. Non sapevo cosa fotografare esattamente…..

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Cervaro, http://archivicomunali.lazio.beniculturali.it/ProgettoRinasco/inventarionline/html/frosinone/Cervaro.html, scheda di Livio Muzzone su https://www.mondimedievali.net/Castelli/Lazio/frosinone/cervaro.htm

Foto: la prima è di augusto giammatteo su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/174379/view, la seconda è presa da https://www.mondimedievali.net/Castelli/Lazio/frosinone/cervaro.htm. Infine la terza è stata scattata da me durante la mia visita dello scorso luglio.

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