MANDURIA (TA) – Palazzo Imperiali-Filotico (di Mimmo
Ciurlia)
Manduria, città del Salento settentrionale, è posta al
margine sud-occidentale del Tavoliere di Lecce,
al centro delle vie di comunicazione fra i territori di Taranto, Lecce e
Brindisi ed è attraversata dalla statale Salentina. Fu uno dei principali centri
messapici, invano assediata dai tarantini aiutati da Archidamo re di Sparta che
qui morì nel 338 a.C. Della città messapica rimangono oggi la poderosa triplice
cinta muraria eretta tra il V e il III sec. a.C, la vastissima necropoli con
oltre 1000 ed il Fonte Pliniano, che Plinio il Vecchio nel secondo libro della
"Naturalis Historia", annovera tra le più importanti fonti del mondo
allora conosciuto, la cui acqua che sgorga dalla roccia non decresce mai di
livello, come notava con stupore Plinio. Nel Medioevo subì le devastazioni
gotiche (nel 547) e longobarde (nel 924) e nel 977 fu distrutta dai saraceni. Risorse
alla fine del sec. XI col nome di Casalnuovo o Castelnuovo. Dal 1517 fu dei
Bonifacio, dal 1572 al 1785 degli Imperiali. Riassunse l’antico nome di
Manduria nel 1789. Davide Imperiali (1540-1612), patrizio di antica famiglia
genovese, al comando di una nave partecipò alla battaglia di Lepanto. Come
ricompensa, ottenne nel 1572 da Filippo II, re di Spagna, il feudo di Oria,
Francavilla e Casalnuovo in Terra d'Otranto. Sui ruderi di un precedente
castello di epoca normanna don Michele III Imperiali, principe di Francavilla e
signore di Casalnuovo, nel 1717 commissionò all'architetto leccese Mauro
Manieri una nuova residenza feudale, così come riportato dall'iscrizione sul
portale di accesso al piano nobile «Michael lmperialis A.D. MDCCXVII». Concepito
come residenza nobiliare per i soggiorni di caccia, il palazzo è comunemente
detto “delle cento stanze” anche se effettivamente presenta 99 ambienti. Il
complesso, in base al progetto, avrebbe dovuto superare il numero di 120 vani,
ma la costruzione dell'ala sud-est fu interrotta nel 1738, per la morte di
Michele III Imperiali. La leggenda narra che Francesco II Re delle Due Sicilie,
in visita in Terra d'Otranto, vi soggiornò definendolo alloggio ben più comodo
della sua reggia a Napoli. Il palazzo, costruito in carparo bruno, si articola
secondo lo schema classico a pianta quadrata e isolato sui quattro lati con un
atrio centrale collegato alla strada. La facciata è costituita da tre corpi
avanzati (quello centrale col grande portale d’accesso che ancora conserva
l'originale portone ligneo), interrotti da quelli intermedi che si arretrano; è
attraversata interamente da un balcone sostenuto da grandi mensole con balaustra
in ferro battuto e lavorato "a petto d'oca". Conta quarantadue
finestre sui tre piani dell’edificio, quelle dell’ultimo più in alto, murate e
dotate di aperture ovoidali. Alle estremità della facciata dell'edificio sono
posti i due grandi cartigli della famiglia Imperiali, con i gigli, le torri e
il falcone con la corona marchesale. Dal maestoso portale fiancheggiato da due
colonne di ordine toscano, si accede all’androne coperto e, proseguendo,
all’atrio interno sul quale si apre la monumentale scalinata a doppia rampa che
conduce agli appartamenti del secondo piano. Si ipotizza che il disegno dello scalone sia da attribuire
al napoletano Ferdinando Sanfelice. Dal portale d'ingresso posto alla sommità
della scala, si accede direttamente al salone principale (mt. 17,8 x 9), da cui
hanno origine gli appartamenti del piano nobile e le scale che conducono agli
ambienti del piano superiore. L'altissima copertura del salone d'onore,
danneggiata dal terremoto del 1743, fu smantellata nella prima metà del secolo
XIX, a seguito dei danni causati da una tromba d'aria e da allora l'ambiente
assai suggestivo, è denominato "salone scoperto". Sul fondo
dell'atrio invece troviamo il portale di accesso alle stalle, poste sul lato
orientale del palazzo. Alla morte di Michele III Imperiali nel 1738, il palazzo
passò prima al nipote Federico che morì senza lasciare eredi e,
successivamente, al Regio Fisco. Fu occupato dall'esercito francese nel 1806,
infine fu riacquistato da Vincenzo Imperiali, marchese di Latiano e da questi passò al figlio Federico. Nel 1827
Don Vincenzo Filotico, che ebbe intensi rapporti economici con gli Imperiali a
Napoli, acquistò il palazzo di Manduria, privo di arredi e suppellettili,
assieme a parte dei possedimenti tra cui il diruto castello di Uggiano
Montefusco. Ai Filotico si devono alcuni interventi, come la costruzione di un
ampio loggiato su una delle facciate dell’atrio interno, oltre all’arredo e alle
decorazioni interne. L’edificio è tuttora residenza della famiglia Filotico, ad
eccezione di alcuni locali al piano terra che, passati di proprietà in seguito
ad una divisione tra eredi nel dopoguerra, risultano destinati ad attività
commerciali. Palazzo Imperiali-Filotico è uno dei più straordinari esempi di
dimora nobiliare tardo barocca presenti nel Salento, nonchè il più vasto
esempio di palazzo feudale. Sottoposto a vincolo di tutela come "immobile
di rilevante interesse storico-artistico" fin dal 1917, e denominato
"palazzo Imperiali-Filotico" nel decreto ai sensi della L.1089/1939,
è iscritto all'ADSI - Associazione Dimore Storiche Italiane - sezione Puglia.
Fonti: http://www.geoplan.it,
www.itriabarocco.net, it.wikipedia.org,
www.turismo-puglia.eu
Foto: da http://www.prolocomanduria.it/visite/palazzo.php
e la seconda è una cartolina della “collezione” di Valentino Privitera
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