MOTTA SAN GIOVANNI (RC) – Castello di Sant’Aniceto
Noto anche come castello di San Niceto, è una
fortificazione bizantina costruita nella prima metà del XI secolo sulla cima di
un'altura rocciosa a forma di tronco di cono, tra quelle che dominano la città
di Reggio Calabria, nei pressi del centro abitato di Motta San Giovanni. Tale
posizione strategica consentiva in epoca medievale il controllo delle saline e
dell'ampio tratto di mare dello Stretto di Messina che si estende da Taormina a
Capo d'Armi passando per Reggio Calabria. Rappresenta uno dei pochi esempi di
architettura alto medievale calabrese, nonché una delle poche fortificazioni
bizantine sottoposte a lavoro di restauro e recupero. Il castello fu costruito come luogo di
avvistamento e di rifugio per la popolazione reggina, in seguito
all’intensificarsi delle scorribande saracene lungo le coste calabresi e
siciliane. Con il passaggio della Calabria sotto il dominio dei Normanni, che
conquistarono la fortezza intorno all'anno 1050, tale struttura fu
ristrutturata ed ampliata con l’aggiunta di alcune torri rettangolari. Da
questo momento vennero scritti documenti che ne danno notizia. Nel corso del XIII
secolo esso divenne il centro di comando del fiorente feudo di Sant’Aniceto che nel 1200 fu tormentato dalle guerre
tra Angioini ed Aragonesi, che si avvicendavano sul territorio reggino e, come
molte altre zone della Calabria, passò in diverse mani.Nel 1268, per la prima
volta, viene citato con l'appellativo di "castrum" in un diploma
angioino e nel 1321 fu consegnato proprio agli Angioini. Nel 1434 Santo Niceto diventa baronia e dominò
sui territori di Motta San Giovanni e Montebello (un riferimento antecedente a
Motta San Giovanni si trova in un documento del 1412). Con il passare del tempo
Sant'Aniceto perse
progressivamente potere entrando in conflitto con la città di Reggio e per tale
motivo fu distrutto nel 1459 dal duca Alfonso di Calabria. Sant'Aniceto dunque cadde
definitivamente per mano dei Reggini appoggiati dagli Aragonesi, definitivi
vincitori della secolare lotta contro gli Angioini. In un documento del 1604 Santo Niceto è detto appartenere alla
Baronia di Motta San Giovanni. Il
castello presenta una pianta irregolare, che ricorda la forma di una nave con
la prua rivolta alla montagna e la poppa al mare. Ai piedi della breve salita
che la collega con la pianura sottostante vi è una chiesetta munita di una
cupola affrescata con un dipinto del Cristo Pantocratore, soggetto tipico
dell'arte bizantina. Le mura hanno un’altezza variabile da 3 a 3,5 metri, uno
spessore di circa un metro e sono ancora in ottimo stato di conservazione. I
materiali di costruzione utilizzati sono per lo più costituiti da pietra
squadrata, laterizi e malta molto resistente. All’interno della cinta sono
ancora visibili alcuni ruderi come quelli di un'imponente cisterna idrica per
la raccolta dell'acqua piovana. Non c'è traccia di edilizia privata,
probabilmente gli edifici che sorgevano dentro la cinta fortificata erano
destinati alle attività dei funzionari e alle truppe stanziali e gli spazi ampi
atti ad accogliere le popolazioni rurali in caso di attacchi esterni
garantivano di resistere a lungo. Di rilevante importanza sono la cortina
muraria con torrette di guardia poco sporgenti e la porta d'ingresso con arco a
tutto sesto. Questa risulta incastonata tra due monumentali torri a base
quadrata impiantate direttamente sulla roccia che costituisce il piano fondale
delle strutture. Delle due torri, comunicanti attraverso il mesopirgo, quella
destra presenta una porta che conduce allo spazio interno un tempo diviso in
due piani da un solaio ligneo, oggi scomparso, di cui rimangono i fori nella
muratura atti ad ospitare le travi. Alla torre di sinistra si accede con una
scala in pietra che conduce direttamente al piano superiore. Entrambe le torri
venivano illuminate da finestre arciere. Le mura sono interrotte all'altezza del
mastio da un muro trasversale che divide l'area della fortificazione in due
zone, creando una seconda linea di difesa. La tecnica costruttiva di questa
parte è differente rispetto alla cinta muraria e ciò fa pensare ad una seconda
fase di intervento. Da ciò si evincono le diverse stratificazioni che si sono
sommate nel tempo ad opera di dominazioni diverse che hanno occupato la
fortificazione. La cinta, di spessore murario costante, era sicuramente
percorribile nella sua interezza mediante un camminamento ligneo continuo per
tutto il perimetro con travi incassate nei fori tuttora visibili nella
muratura. Gli sbalzi di quota erano probabilmente raccordati da scale in legno
di cui non c'è più traccia. Rimangono invece resti ben chiari di due scale in
pietra di cui una collocata presso l'ingresso principale ed una accanto al muro
di sbarramento trasversale. Una terza scala in pietra costituiva l'accesso al
primo piano del palazzo addossato alle mura. A livello formale non vi è quasi
più traccia delle merlature. La dedica del castello a Sant’Aniceto tradisce
l’origine siciliana di parte dei fondatori: in quegli anni infatti in Sicilia
era particolarmente diffusa la devozione all’ammiraglio bizantino San Niceta,
vissuto fra il VII e l'VIII secolo. Sbarcati in Calabria con il sostegno del
governo bizantino, i profughi siciliani parteciparono con le popolazioni locali
alla edificazione di un kastron, chiamandolo col nome del loro santo protettore.
Il Castello di Sant'Aniceto, fino a qualche anno fa in completo stato di
abbandono da parte degli organi competenti, è entrato a far parte di quei
complessi architettonici che sono stati restaurati per consentire la loro
conservazione futura e soprattutto il loro recupero storico e culturale. Alcuni
spazi aperti ed il palazzo centrale ospitano oggi eventi artistici e culturali.
Fonti: http://it.wikipedia.org, http://atlante.beniculturalicalabria.it,
http://www.comunemottasg.it/index.php?option=com_content&view=article&id=58&Itemid=59,
Scheda Dott. Andrea Orlando su http://www.icastelli.it
Ecco un video dedicato alla fortificazione: http://www.youtube.com/watch?v=T5QM6I5rWDQ
Foto : di cirimbillo su http://it.wikipedia.org
e di Alessandro Gandolfi su http://www.icastelli.it
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