MERCATO SAN SEVERINO (SA) – Castello Sanseverino
Mercato S. Severino, comune della provincia di Salerno, è di origini
antichissime. Il toponimo
Rota,
primo dei tre che indicarono il territorio nel corso dei secoli (Rota, San
Severino o Sanseverino, Mercato), intorno all'VIII secolo, indica sia una
città, costruita nei pressi dell'attuale frazione Curteri, sia il Gastaldato,
divisione amministrativa del principato di Salerno, in età longobarda. Fu
abitato dai Romani e successivamente da Bizantini e Longobardi. Questi ultimi
distrussero il complesso urbano-rurale di Rota allorchè gli abitanti del luogo
osarono tagliare la strada alle truppe di Arechi, dirette verso Salerno. La sua
notorietà aumentò con l'avvento dei Normanni, e precisamente con Troisio, che diede
vita alla nobile e potente famiglia dei Sanseverino. Siamo nella seconda metà
del secolo XI. Intanto ai piedi della collina, nei pressi della distrutta Rota,
si andò affermando un nuovo sito - poco più di un villaggio - che, per la sua
attività prevalente nel settore degli scambi commerciali, fu nominato Mercato. Della
storia medievale del luogo si conservano oggi i ruderi della prima dimora dei
Sanseverino: il castello. Esso costituisce uno dei più notevoli esempi di
architettura militare dell' Italia meridionale (è il secondo per estensione in
quest' ambito geografico) essendo composto da un primo nucleo di fondazione
longobarda, un secondo normanno ed un terzo svevo-angioino-aragonese.
L'interesse storico ambientale è reso evidente dalle rovine superstiti dei suoi
ambienti e delle sue tre cinte fortificate. Le strutture murarie del castello,
in parte in buone condizioni, configurano attualmente tutta l'estensione
originaria che raggiunge circa i 350 x 450 metri. Il maniero fu, come detto, la
dimora della più importante famiglia del Regno, i Sanseverino, dopo gli Aragona.
Fu abbandonato a causa della partecipazione dell'ultimo Sanseverino alla
congiura dei Baroni contro Ferrante. Recenti scavi condotti dal
Centro per Archeologia
medievale dell'Università degli Studi di Salerno hanno rivelato
una stratigrafia complessa che ha messo in luce resti di
officine metallurgiche,
sistemi per l'uso di
macchine da difesa, come
catapulte e mangani, e
materiali d'uso quotidiano, come
ceramiche, monete, ecc., che
potrebbero essere ben utilizzati sia per la creazione di un
museo che
di
laboratori per la ricerca scientifica.
La Piazza d'Armi
fa parte del nucleo più
antico del castello. Situata a ridosso del
mastio quadrato, era
probabilmente adibita a manifestazioni militari. Seguendo il perimetro interno
delle mura risultano ben evidenti le piccole
torrette per l'installazione
delle macchine da guerra e i camminamenti di ronda, che conservano ancora i
merli originali collocabili tra l'XI e il XII sec. Poco distante dalla
Piazza d'Armi
si incrocia, sul lato sinistro, il
portico di accesso alla
cisterna.
Il portico, perfetto per la sua volta a botte, è situato alle spalle del
palazzo, che da questo luogo veniva esemplarmente difeso attraverso quattro
aperture di aereazione e illuminazione. La
cisterna,
ad intonaco sovrapposto, è lunga otto metri, essa porta lungo il perimetro una
mensoletta alta un quarto di parete. Dal suo fondo, ancora oggi, è possibile
attingere per dissetarsi della buona acqua piovana. Addossato alla cisterna si
situa il palazzo, sede residenziale del signore. L’edificio presenta dimensioni
molto vaste e non si esclude che possa essere stato occupato dal capostipite
Troisio,
che qui si stabilì fino al 1064 con la sede militare. La parte esterna del
palazzo conserva tre tipi costruttivi: il primo è un
camminamento
di
ronda,
merlato,
molto basso, quasi a livello del fossato; il secondo, un muro con merli; il
terzo è una sopraelevazione, databile probabilmente al 1358 quando sul
castello fu fondata la prima sede del
convento di S. Antonio. I merli sono
quadrati, di quelli chiamati impropriamente guelfi. E guelfi furono i
Sanseverino poichè fin dal XII secolo parteggiarono quasi sempre per il papato.
Accanto al palazzo i
Sanseverino eressero una chiesa un tempo ricca di
affreschi. La forma gotica è evidente ed è certa la sua esistenza a metà
Duecento, poichè sappiamo che in essa
S. Tommaso, recatosi a trovare la
sorella Teodora (sposata Sanseverino), ebbe l'ultima visione prima della morte
che lo colse sulla strada per la Francia, dove si stava recando in qualità di
ambasciatore del papa. Sottostante la chiesa è situata una
cripta. In
essa è probabile che vennero sepolti tutti i Sanseverino presenti nel castello
fino al 1358, anno in cui Tommaso III, uno dei maggiori rappresentanti della
famiglia, fece costruire il convento di
S. Francesco a Mercato, ai piedi
della collina. Verso la
valle di Curteri, là dove sarebbe stato più facile
risalire verso il castello, furono realizzate nel XII sec. due
torri merlate
congiunte fra loro dal muro di cinta. Le mura sono ancora intatte ed è evidente
la loro antichità come è dimostrato dalla fattura elementare quadrata, con
poche saettiere e feritoie e con i merli dei camminamenti di ronda. Nel 1466,
in esecuzione della volontà testamentaria del padre, Giovanni Sanseverino, venne
fondato da Roberto Sanseverino I, principe di Salerno, il convento domenicano
di San Domenico (oggi Palazzo di Città), con annessa chiesa di San Giovanni in
Palco, sorta su una preesistente del 1412. Con la fine della famiglia
Sanseverino, nel 1556 lo Stato di Sanseverino fu donato a don Ferrante Gonzaga.
Nel 1583 fu venduto ai Carafa, duchi di Nocera. Nel 1596 ai Caracciolo,
principi di Avellino, prima come contea, poi come marchesato, fino
all'abolizione del feudalesimo. Recenti scavi condotti dal Centro per
Archeologia medievale dell'Università degli Studi di Salerno hanno rivelato una
stratigrafia complessa che ha messo in luce resti di officine metallurgiche,
sistemi per l'uso di macchine da difesa, come catapulte e mangani, e materiali
d'uso quotidiano, come ceramiche, monete, ecc., che potrebbero essere ben
utilizzati sia per la creazione di un museo che di laboratori per la ricerca
scientifica.
Altre notizie su
http://xoomer.virgilio.it/analfin/mssev3.htm
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